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Con i nuovi fondi sarà possibile chiudere gli arretrati del 2014. Nei prossimi giorni l'incontro con le regioni per definire le modalità di riparto.

Kamsin Per la cassa e mobilità in deroga il Governo stanzierà tra i 480 e i 500 milioni per coprire l'arretrato del 2014. A giorni verrà emanato il decreto con le risorse attese da decine di migliaia di lavoratori, secondo quanto ha annunciato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, nell'incontro che con le Regioni che lamentavano di avere le domande ferme a causa del blocco dei finanziamenti e hanno sollecitato certezze per assicurare la copertura del 2015. Con i nuovi fondi sarà possibile chiudere il 2014 poiché le Regioni Calabria, Sicilia e Sardegna provvederanno a coprire il proprio fabbisogno attraverso la riprogrammazione dei fondi comunitari, attingendo a proprie risorse.

«Poletti ci ha assicurato che nel bilancio dello Stato ci sono le risorse per coprire tutto il 2015 spiega l'assessore Gianfranco Simoncini, coordinatore del Lavoro per la Conferenza delle Regioni. «Abbiamo offerto al Governo - spiega Simoncini - tutta la nostra collaborazione per la soluzione dei problemi sia relativi alla cassa integrazione che per i centri dell'impiego, al fine di seguire un percorso comune che superi le gravi situazioni presenti». Nei prossimi giorni si svolgeranno incontri ravvicinati bilaterali tra le Regioni e il ministero del lavoro per la puntuale definizione del riparto.

Coperture per il 2015. L'assessore Simoncini, a nome delle Regioni, ha chiesto che insieme al decreto per il 2014 venga emanato il decreto che attribuisce le risorse per il 2015. «Il Ministro Poletti ha assicurato che nel bilancio dello Stato ci sono le risorse per coprire tutto l'anno. Ragione in più per far presto. Questo decreto, quindi, permetterebbe alle Regioni di cominciare ad autorizzare la Cig a quelle aziende che ne hanno fatto richiesta dall'inizio dell'anno. Il Ministro si è riservato di dare una risposta in merito, pur ritenendo ragionevole la richiesta da parte delle Regioni».

Centri per l'impiego.  Per quanto riguarda invece la riorganizzazione dei Centri per l'impiego, l'incontro è servito per ribadire la fortissima preoccupazione per il loro futuro e per mettere in rilievo l'emergenza nella quale si trovano quasi tutte le Province. «I servizi per il lavoro - afferma Simoncini - si trovano oggi in una situazione di limbo, grazie al combinato disposto della riforma delle Province e del Jobs act. Molte Province denunciano il rischio che, nelle prossime settimane, possano trovarsi nella impossibilità di pagare gli stipendi ai dipendenti, con il conseguente blocco delle attività di questi servizi, fondamentali per il lavoro e per il sostegno all'occupazione». La Conferenza delle Regioni ha consegnato al Ministro un'ipotesi di riordino dei servizi per il lavoro che pun ti sia ad un rafforzamento del livello centrale di coordinamento delle politiche del lavoro, sia al mantenimento a livello territoriale di questi servizi. Il ministro ha fatto le sue valutazioni e l'incontro si è concluso con l'attivazione di un tavolo di confronto ravvicinato per arrivare a una ipotesi di proposta condivisa da presentare a Governo e Conferenza delle Regioni.

Nei prossimi giorni si terranno incontri bilaterali tra le Regioni e il ministero del Lavoro per la definizione del riparto.

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Per il segretario confederale Vera Lamonica occorre introdurre meccanismi di flessibilità in un sistema rigido e iniquo in cui l'innalzamento dell'età pensionabile, destinato a crescere progressivamente, ha raggiunto soglie insostenibili 

Kamsin "Nonostante i reiterati annunci, non ci è ancora arrivata la convocazione del ministro Poletti per discutere di previdenza. Ribadiamo la necessità di aprire il prima possibile un tavolo per cambiare in modo radicale la legge Fornero". Con queste parole la segretaria confederale della Cgil Vera Lamonica, intervenendo all'iniziativa dello Spi Cgil 'Pensieri e Pensioni', è tornata a chiedere un incontro al governo, come fatto più volte nelle ultime settimane, anche con Cisl e Uil.

"Non si può più aspettare, occorre introdurre meccanismi di flessibilità in un sistema rigido e iniquo – continua Lamonica – in cui l'innalzamento dell'età pensionabile, destinato a crescere progressivamente con l'aumento delle aspettative di vita, ha portato al raggiungimento di soglie insostenibili. Soglie che vanno abbassate modificando i requisiti di accesso alla pensione".

La dirigente sindacale precisa che "la flessibilità non può però essere barattata con ulteriori penalizzazioni: il sistema contributivo comporta già una riduzione dell'assegno in caso di pensionamento anticipato, e ulteriori tagli non sarebbero ammissibili". "Un intervento è doveroso anche in nome della giustizia sociale", sostiene Lamonica, che spiega come l'innalzamento dell'età pensionabile si abbatta "su tutti i lavoratori e su tutte lavoratrici, indipendentemente dagli impieghi svolti". "È inaccettabile: i lavori non sono tutti uguali e non si può chiedere a chi ha un'occupazione usurante o comunque gravosa, di lavorare fino a 67 anni.Così come non è possibile non tener conto dei lavoratori precoci".

Infine, per la segretaria confederale della Cgil "mettere mano alla legge Fornero è necessario anche per il futuro dei giovani". Infatti "ad essere maggiormente penalizzati dalle norme introdotte dal governo Monti, oltre alle donne, sono coloro che a causa della dilagante precarietà hanno carriere e storie contributive discontinue". "Se oggi vivono una condizione occupazionale di incertezza e di bassi salari - sottolinea - rischiano domani di diventare pensionati poveri, un danno enorme per il futuro del Paese".

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L'indennità di disoccupazione si può cumulare con il nuovo reddito di lavoro dipendente se non supera gli 8 mila euro annui. 

Kamsin Cumulabilità piu' ampia dei trattamenti Aspi con i redditi da lavoro. L'indennità di disoccupazione, infatti, si potrà cumulare, anche se solo in parte, con il nuovo reddito di lavoro dipendente se questo non è superiore al reddito annuale minimo personale escluso da imposizione fiscale (cioè 8 mila euro annui). Lo ha precisato l'Inps con il messaggio 2028/2015. 

La novità deriva dalla disciplina sul riconoscimento dello status di disoccupazione di cui all'art. 4, comma 1 lett. a) del dlgs n. 181/2000. La norma, che dispone la «conservazione dello stato di disoccupazione a seguito di svolgimento di attività lavorativa tale da assicurare un reddito annuale non superiore al reddito minimo personale escluso da imposizione», è stata prima abrogata dalla legge n. 92/2012 (riforma Fornero che ha pure introdotto l'Aspi e miniAspi) e poi reintrodotta dal dl n. 76/2013 convertito dalla legge n. 99/2013.

Pertanto oggi tale status si conserva anche in caso di rioccupazione con lavoro dipendente, a patto che non si consegua un reddito oltre gli 8mila euro annui (in caso di lavoro autonomo o collaborazione il limite di reddito è di 4.800 euro annui).

Le Ipotesi che danno luogo al cumulo dell'Aspi con i redditi da lavoro

Con la reintroduzione del requisito reddituale, spiega l'Inps, si potranno verificare le seguenti nuove ipotesi:

  • 1) rioccupazione per un periodo pari o inferiore a sei mesi con reddito annuo oltre 8 mila euro: scatta la sospensione dell'Aspi (cioè fino sei mesi);
  • 2) rioccupazione per un periodo superiore a sei mesi con reddito annuo oltre 8mila euro: scatta la decadenza dall'Aspi (per perdita dello stato di disoccupazione);
  • 3) rioccupazione per un periodo inferiore, pari o superiore a sei mesi ma con reddito annuo inferiore a 8 mila euro: l'Aspi viene erogata in misura ridotta (il lavoratore, quindi, «cumula» Aspi e nuovo reddito).

In tale circostanza, però, ai fini del cumulo, il lavoratore è tenuto a comunicare all'Inps, entro un mese dall'inizio del nuovo rapporto dipendente, il reddito annuo che prevede di guadagnare. In caso di mancata comunicazione se il nuovo rapporto di lavoro è di durata pari o inferiore a sei mesi scatta la sospensione dell'Aspi; se il nuovo rapporto di lavoro è di durata superiore a sei mesi o è a tempo indeterminato scatta invece la decadenza. Inoltre l'assegno Aspi sarà ridotto di un importo pari all'80% del nuovo reddito, con conguaglio d'ufficio in sede di dichiarazione dei redditi.

Ad esempio se un lavoratore percepisce un'indennità Aspi di 800 euro al mese e trova un contratto a tempo determinato da cui ottiene un reddito mensile di 600 euro per 6 mesi manterrà il diritto all'Aspi in quanto il reddito conseguito resterà comunque al di sotto del limite di 8mila euro annui (600 x 6 = 3.600 euro annui). L'assegno Aspi, però, non sarà erogato in forma piena ma verrà ridotto di un importo pari all'80% del nuovo reddito. In pratica l'assegno Aspi risulterà pari a 320 euro al mese [800 euro - (600 x 0,80)] e potrà integrare il reddito conseguito dalle attività lavorative.

Le predette indicazioni trovano applicazione anche in relazione alla mini-Aspi, tenendo però conto dei diversi tempi di sospensione (cinque giorni e non sei mesi). La stessa disciplina regolerà, inoltre, la Naspi, il nuovo ammortizzatore universale che, a partire dagli eventi di disoccupazione intervenuti dal 1° maggio 2015, prenderà il posto dell'attuale Aspi e Mini-Aspi.

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Il Presidente dell'Inps conferma: gli sgravi contributivi introdotti dalla legge di stabilità stanno aiutando la crescita del tempo indeterminato.

Kamsin Il dato sulle nuove assunzioni a tempo indeterminato, anticipati ieri dal Ministro del Lavoro Giuliano Poletti e dal presidente dell'Inps Tito Boeri, conferma una crescita a doppia cifra. Nei primi due mesi del 2015 sono infatti 79 mila i contratti attivati, il 38,4% in più rispetto ai primi due mesi del 2014.

Un segnale che è stato subito ribadito dal premier Matteo Renzi come la conferma che l'Italia sta ripartendo. «E' solo l'inizio. Ci hanno detto di tutto in questi mesi, ma noi stiamo dando diritti a chi non ne ha mai avuti». La crescita a doppia cifra è quella degli assunti a tempo indeterminato che, nel solo mese di gennaio, sono cresciuti del 32,5% su base annua mentre per i giovani tra i 15 e i 29 anni i contratti stabili sono aumentati del 43,1%. La Cgia di Mestre ha ricordato ieri che la legge di stabilità 2015 prevede la creazione di 1 milione di nuovi contratti incentivati grazie alla decontribuzione triennale per i nuovi assunti.

I fattori chiave

Del resto sono molti i fattori che stanno contribuendo a invertire un ciclo economico fino a poche settimane fa disastroso. I più importanti sono esterni all'azione del governo e passano dall'immissione di liquidità monetaria della Banca centrale europea (quantitative easing) che sta facendo ripartire il credito e dall'allentamento del rigore sul debito pubblico da parte della
Commissione europea. A questo si aggiunge la riduzione del costo del petrolio e il miglior cambio euro-dollaro che favorisce le esportazioni. Detto questo, però, sarebbe un vero errore negare che almeno due azioni del Governo stanno contribuendo alla ripartenza dell'economia.

Oltre agli 80 euro al mese, l'intervento piu' significativo è la decontribuzione Inps per tre anni introdotta dalla Legge di Stabilità 2015 per chi assume a tempo indeterminato. Una norma, tuttavia, che durerà sino a fine anno salvo non si mettano nuovi denari con la prossima finanziaria. E non la sola molla. La possibilità appena diventata concreta di assumere con le regole del Jobs Act dovrebbe spingere molte altre imprese ad alimentare questo trend e fare nuovi investimenti. Ma anche il taglio sull'imponibile Irap della componente lavoro sta facendo la sua parte.

Poletti: non siamo in grado di chiarire se sono tutti contratti "nuovi"

Il dato ufficiale, comunque, è di quasi 80 mila posti di lavoro a tempo indeterminato nei primi due mesi, anche se i dati non chiariscono in che misura si tratti di contratti che stabilizzano rapporti precari (co.co.pro., partite Iva e contratti a tempo) e in che misura invece siano posti di lavoro nuovi, nati sull'onda dei tagli contributivi e fiscali. «Non siamo in grado di dire se questi contratti siano aggiuntivi o di conversione», ha detto Poletti.

Garanzia Giovani: aumentano gli iscritti

Ad andar bene è anche il piano Garanzia Giovani. Sono 476 mila i giovani, infatti, che si sono iscritti al programma europeo di avviamento al lavoro: di questi 234 mila «sono stati presi in carico dalle istituzioni» (i corsi sono gestiti dalle Regioni) mentre altri «49 mila hanno già avuto un'opportunità tra stage, servizio civile, tirocinio, lavoro o formazione», con un boom a febbraio del 43% di nuovi ingressi. I dati sono stati illustrati ieri dal ministro Paletti: «Se prosegue questo ritmo, entro dicembre si iscriveranno 800 mila giovani a fronte di risorse disponibili per 560 mila persone. La discussione è come troveremo i soldi per tutti», ha precisato il ministro.

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Zedde

E' stata pubblicata in Gazzetta la legge 19/2015 che sposta al 31 marzo il termine per saldare l'Imu sui terreni montani relativa all'anno 2014. Confermate le regole di esenzione per i terreni totalmente montani.

Kamsin E' stata pubblicata in Gazzetta la legge 19/2015 che converte il decreto legge 4/2015 in materia di esenzione imu per i terreni montani. Con la definitiva entrata in vigore del provvedimento i contribuenti che devono ancora versare l’Imu 2014 sui terreni avranno tempo sino al 31 marzo per effettuare il pagamento del tributo, la cui scadenza era fissata lo scorso 10 febbraio,  senza incappare in sanzioni e interessi.

Per quanto riguarda il versamento, ricordiamo innanzitutto chi è tenuto a presentarsi alla cassa. Al riguardo, il provvedimento ha abbandonato il criterio altimetrico introdotto dal dm 28 novembre 2014, che aveva suddiviso i comuni in tre fasce (fino a 280 metri, fra 281 e 600 metri e oltre i 600 metri) in base all’altitudine del centro. Il nuovo regime, invece, modula le esenzioni a seconda che gli enti siano riconosciuti come totalmente o parzialmente montani, tassando sempre e comunque i terreni ubicati in municipi non montani. Per capire quale caso si rientra occorre accedere al sito dell’Istat e verificare il codice riportato nella colonna «R» rubricata «comune montano», che potrà essere «T» (totalmente montano), «P» (parzialmente montano), «NM» (non montano).

Nel primo caso (comuni totalmente montani), l’Imu non è dovuta (e, se versata nel 2014, può essere chiesta a rimborso). Nel secondo caso (comuni parzialmente montani), sono esenti solo i terreni afferenti a coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali iscritti alla previdenza agri- cola (Iap). L’esenzione spetta anche nel caso di concessione degli stessi terreni in comodato o in affitto ad altri coltivatori diretti e Iap, purché il concedente abbia egli stesso la medesima qualifica. Nel terzo caso (comuni non montani), tutti i terreni sono assoggettati al prelievo.

Per il 2014, tuttavia, restano valide tutte le esenzioni previste dal dm di novembre, anche se non confermate dal provvedimento successivo. Quindi non devono versare l’Imu 2014: a) i terreni agricoli (anche non coltivati) ubicati i comuni con altitudine superiore a 600 metri (anche se non inclusi nell’elenco Istat); b) i terreni agricoli (anche non coltivati) posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali ubicati i comuni con altitudine tra 281 e 600 metri (anche se non inclusi nell’elenco Istat); c) i terreni agricoli (anche non coltivati) concessi in comodato o in affitto a coltivatori diretti e a imprenditori agricoli professionali ubicati i comuni con altitudine tra 281 e 600 metri (anche se non inclusi nell’elenco Istat).

Le regole per la determinazione dell'imposta. Non sono invece mutate le regole per la determinazione di quanto si deve pagare. La base imponibile si ottiene applicando all’ammontare del reddito dominicale risultante in catasto, vigente al 1° gennaio dell’anno di imposizione, rivalutato del 25%, un moltiplicatore pari a 130, che scende a 75 per i coltivatori diretti e gli Iap. A favore di questi ultimi, inoltre, è prevista una franchigia di 6 mila euro e una riduzione per scaglioni sull’eccedenza fino a 32 mila euro. Quanto all’aliquota, infine, per il 2014 si applica quella «di base» stabilita dalla legge (7,6 per mille), salvo che l’ente non abbia approvato una specifica aliquota per i terreni. La stessa aliquota dovrà essere utilizzata per calcolare l’acconto 2015, mentre per il saldo si dovrà tenere conto delle eventuali decisioni assunte dai sindaci nei prossimi mesi.

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