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La legge di stabilità 2014 ha riconosciuto l'idoneità della contribuzione figurativa maturata attraverso i permessi della legge 104/92 ad evitare le penalizzazioni. 

Con il nuovo anno si ampliano i periodi di contribuzione figurativa utile ad escludere le penalizzazioni previste per chi accede alla pensione anticipata prima di aver compiuto i 62 anni di età.

Com'è noto, l’articolo 6, comma 2-quater del decreto legge 216/2011, per favorire i cd. lavoratori precoci, aveva stabilito l'esclusione dalla decurtazione dell’assegno pensionistico a quei lavoratori che raggiungessero i requisiti contributivi utili per la pensione anticipata entro il 31.12.2017 a condizione che la contribuzione risultasse composta solo da prestazione effettiva di lavoro e da limitati periodi di contribuzione figurativa quali l’astensione obbligatoria per maternità, l’assolvimento degli obblighi di leva, infortunio, malattia e cassa integrazione guadagni ordinaria.

Il Governo, sotto la pressione dei partiti della maggioranza, aveva già arricchito con il Dl 101/2013 i periodi di contribuzione figurativa utili ad escludere la penalizzazione ricomprendendo sia quella derivante dalla donazione di sangue e di emocomponenti sia quella dei congedi parentali di maternità e paternità previsti dal Dlgs. 151/ 2011. Ora la legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 493, legge 147/2013) è intervenuta nuovamente sulla materia aggiungendo alla contribuzione figurativa utile ad escludere la penalizzazione anche quella derivante dai congedi e permessi per l'assistenza di parenti con gravi disabilità secondo quanto previsto dall'articolo 33 della legge 104 del 92.

"Si tratta di un rimedio atteso da tempo" afferma Bruno Palmieri del Patronato Inca di Roma: "penalizzare quei lavoratori che hanno fruito dei permessi per assistere i portatori di handicap era assurdo ed è stato piu' volte segnalato al Ministero e all'Inps. Va sottolineato però che non sono ancora valorizzabili tutti gli altri periodi sottoposti a contribuzione figurativa: cioè la mobilità, cassa integrazione straordinaria o in deroga, le giornate di sciopero e le aspettative senza assegni conseguite a qualsiasi titolo. Ci aspettiamo che il governo intervenga anche su questi fronti" ha detto il sindacalista.

I dipendenti pubblici che hanno raggiunto i requisiti per la pensione ante Riforma Fornero entro la fine del 2011 sono soggetti al vecchio regime, ma non sono obbligati a sfruttarli fino ai 65 anni di età.

Secondo una nota interpretativa del Ministero della Funzione pubblicata la scorsa settimana, i dipendenti pubblici che hanno maturato i requisiti per l'accesso alla pensione secondo le regole antecedenti alla riforma Fornero entro il 31 dicembre 2011 rimarranno obbligatoriamente soggetti al vecchio regime pensionistico e alle relative decorrenze.

La nota interpreta gli effetti dell'articolo 2, comma 4 del recente decreto pubblico impiego (Dl 101/2013) che aveva sollevato dubbi da parte di diverse amministrazioni comunali. In primo luogo il Ministero chiarisce che il lavoratore pubblico che abbia raggiunto un diritto a pensione entro il 31/12/2011 non può esercitare l'opzione di andare in pensione con il nuovo regime. Questi soggiace obbligatoriamente al regime previgente. Per cui, ad esempio, resta preclusa la possibilità di rimanere in servizio sino al perfezionamento dei nuovi requisiti per la pensione di vecchiaia previsti dalla normativa Fornero (66-67 anni).

In secondo luogo la nota chiarisce che il dipendente può continuare a rimanere in servizio fino a che non abbia raggiunto i limiti ordinamentali per il collocamento a riposo previsti dalla disciplina ante Fornero, cioè i 65 anni. In pratica il perfezionamento del diritto a pensione, laddove non siano stati compiuti i 65 anni, non comporta automaticamente il collocamento a riposo.

E' questo il caso di quei dipendenti pubblici che abbiano raggiunto la vecchia quota 96 per la pensione di anzianità o i 40 anni di contributi (oppure i 61 anni e 20 anni di contributi se donne per la pensione di vecchiaia) entro il 31.12.2011. In tali casi i lavoratori possono decidere se andare in pensione o se rimanere in servizio sino al perfezionamento dei 65 anni di età. E solo al compimento di tale età l'amministrazione pubblica dovrà procedere obbligatoriamente al loro collocamento a riposo.

Resta comunque salva la possibilità della concessione del trattenimento in servizio per un ulteriore biennio secondo quanto previsto dall'articolo 16 del Dlgs. 503 del 92 se i dipendenti dichiarino la propria disponibilità e l'Amministrazione intenda sfruttarla.

La nota infine ricorda che per questi soggetti restano in vigore le finestre mobili annuali secondo quanto disposto dall'articolo 12, commi 1 e 2 del Dl 78 del 2010.

Dopo un'attesa di due anni arrivano le nuove norme per il pensionamento per attori, ballerini, marittimi.

È stato pubblicato lo scorso 16 gennaio il regolamento di armonizzazione dei requisiti minimi di accesso al sistema pensionistico per quelle tipologie di lavoratori per le quali la riforma Fornero non aveva trovato immediata applicazione ai sensi dell'articolo 24, comma 18 del Dl 201/2011. Si tratta del DPR 157 del 2013 che ha fissato i nuovi requisiti armonizzati per accedere alla pensione per quelle categorie di lavoratori la cui attività svolta richiede una declinazione piu' favorevole rispetto ai requisiti pensionistici generali.

In ogni caso, anche dopo la pubblicazione del regolamento, le categorie beneficiarie potranno andare in pensione con requisiti di età e di contribuzione significativamente inferiori a quelle previste per la generalità dei lavoratori cui si applica il regime generale. È chiaro però che, rispetto alle vecchie regole, i lavoratori "armonizzati" subiranno un incremento di requisiti anagrafici e contributivi che la maggior parte dei casi sarà compreso tra i due e i quattro anni. Vediamo dunque quali sono le novità principali. 

Innanzitutto la data spartiacque tra vecchia e nuova disciplina è il 31.12.2013: il personale interessato che entro il 31 dicembre 2013 abbia maturato i requisiti anagrafici e contributivi previsti dalle vecchie regole potrà accedere alla pensione secondo tale normativa.

Di significativa importanza il regolamento chiarisce che a decorrere dall'inizio di questo anno trovano applicazione gli adeguamenti legati alla speranza di vita sia ai requisiti anagrafici sia ai requisiti contributivi per l'accesso alla pensione indipendentemente dall'età anagrafica previsti nel regolamento stesso (quindi i requisiti in questione dovranno essere incrementati di 3 mesi e di ulteriori 4 a partire dal primo gennaio 2016). Ai lavoratori "armonizzati" vengono poi disapplicate le finestre mobili accesso di cui ai commi 1 e 2 del DL 78/2010.

Entrando nello specifico per i ballerini l'età pensionabile passa a 46 anni dai 45 anni previsti precedentemente. L'età pensionabile degli attori invece salirà da 63 a 64 anni. Gradualmente salirà anche l'età pensionabile delle attrici (nello specifico saliranno dai 58 anni precedenti a 64 anni nel 2022).

L'incremento dei requisiti di pensionamento riguarderà anche i minatori che vedranno passare l'età per il riposo dai 55 anni - a condizione che siano stati versati almeno 20 anni di contributi (15 per chi ha lavorato nel sottosuolo) - a 56 anni.

Il regolamento incrementa poi i requisiti pensionistici del cd. personale viaggiante cioè i dipendenti di pubblici servizi di trasporto. Sino al 31.12.2013 i soggetti potevano andare in pensione a 60 anni (55 anni le donne); dal 2014 il requisito per il riposo viene fissato in 5 anni prima dell'età pensionabile prevista nel regime generale obbligatorio.

Per i lavoratori marittimi l'età pensionabile viene stabilita in 60 anni per gli uomini e 55 per le donne. Viene inoltre rivisto l'istituto della pensione anticipata di vecchiaia che, lo si ricorda, prevedeva l'erogazione del trattamento pensionistico al raggiungimento dei 55 anni a condizione di avere 20 anni di contributi di cui almeno 10 di effettiva navigazione. Ora requisito anagrafico viene portato a 56 anni di età fino al 31 dicembre 2014, e innalzato a 57 anni per il periodo intercorrente tra il primo gennaio 2015 e il 31 dicembre 2017. Dal primo gennaio 2018 il requisito viene fissato al raggiungimento di 58 anni di età.

L'armonizzazione riguarda poi anche gli iscritti al soppresso Fondo degli spedizionieri doganali. Qui il requisito anagrafico per la prestazione differibile viene innalzato a 66 anni, rispetto ai 65 della vecchia normativa. Inoltre viene consentita la possibilità di totalizzare questi contributi che finora erano rimasti esclusi (in tal caso la finestra mobile di 18 mesi continua a trovare applicazione).
Per i poligrafici dipendenti da aziende in crisi il requisito contributivo di trentadue anni per accedere al prepensionamento viene innalzato a 35 anni per il biennio 2014-2015, a 36 anni per il 2016-2017 e a 37 anni a decorrere dal 2018.

Il governo intenzionato ad optare per un commissario che traghetterà l'istituto sino alla riforma. Spuntano i nomi di Geroldi e Marè. 

Dopo le dimissioni di Antonio Mastrapasqua il governo pare intenzionato a nominare un super commissario che gestirà l'Inps sino alla riforma della governance dell'ente previdenziale. Secondo quanto emerso da un incontro tenuto ieri tra il Ministro del Lavoro Enrico Giovannini e il Direttore Generale dell'Inps Mauro Nori e i rappresentanti delle associazioni sindacali, l'esecutivo sta vagliando i nomi del futuro successore. Tramontata l'ipotesi nomina dell'ex ministro del Lavoro Cesare Damiano, in prima linea sono circolati ieri i nomi di Gianni Geroldi, già commissario alla spending review in materia previdenziale, e quello di Mauro Marè presidente di Mefop, la società a partecipazione pubblica dedicata allo sviluppo del mercato dei fondi pensione.

Appare evidente comunque che la nomina sarà temporanea in quanto il super commissario decadrà una volta completata la riforma dell'ente previdenziale (i cui tempi non sono ancora chiari ma probabilmente avverrà entro la fine dell'anno). Il commissario straordinario dovrà inoltre soddisfare i requisiti di incompatibilità e sul divieto di conflitto d'interesse per ora contenuti solo in bozza nel disegno di legge licenziato dal Consiglio dei Ministri la settimana scorsa.

Per quanto riguarda Mastrapasqua, l'ex presidente dell'Inps ancora deve formalmente ufficializzare le dimissioni annunciate alcuni giorni fa e ovviamente, fino al passaggio delle consegne, continuerà a rimanere in carica per l'ordinaria amministrazione dell'Inps. Ad ogni modo sul fronte economico le dimissioni non avranno grandi conseguenze negative sui redditi di Mastrapasqua: su 1,2 milioni di reddito dalla presidenza Inps arrivano appena 173 mila euro. Gli effetti economici negativi potrebbero tuttavia aumentare una volta approvate le nuove norme sull'incompatibilità. Il Manager dovrà ulteriormente scegliere quali poltrone abbandonare sui nove incarichi che attualmente ancora ricopre in diverse società. Quelle piu' in bilico sono l'incarico di direttore generale dell'ospedale israelitico di Roma (su cui è indagato), l'incarico in Idea Fimit Sgr e la vicepresidenza di Equitalia. Sempre che il disegno di legge sia approvato in tempi rapidi dal Parlamento.

Il candidato alla guida del SuperInps non potrà avere conflitti d'interesse e doppi incarichi secondo le regole contenute nel disegno di legge approvato dal Cdm la scorsa settimana

All'indomani delle dimissioni di Mastrapasqua il governo è alle prese con la patata bollente di individuare il nuovo Presidente dell'Inps.Come accennato dal presidente del Consiglio Enrico Letta la scorsa settimana, il solco all'interno del quale si muove l'esecutivo è in realtà piu' grande. Si tratta infatti di rivedere completamente la dirigenza dell'Istituto previdenziale dopo l'accorpamento dell'Inpdap ed Enpals avvenuto alla fine del 2011. La nuova governance dovrà necessariamente contenere un minore numero di dirigenti e una importante revisione dell'articolazione del Superinps sul territorio: in pratica meno sedi territoriali e minori spese per il contribuente.

 Ma per la completa ridefinizione della nuova "pianta organica" dell'Ente ci vorranno ancora diversi mesi, probabilmente un anno. Ovvio quindi che durante questa fase transitoria l'Inps dovrà essere guidato da qualcuno che non sia il dimissionario presidente Antonio Mastrapasqua (che è formalmente ancora in carica per la gestione degli affari correnti in attesa della successione). Appare infatti fondamentale non lasciare vacante la guida dell'INPS in un momento così delicato per la gestione della materia previdenziale. Sullo sfondo ci sono infatti diversi problemi prima fra tutti quello degli esodati che non sono stati ancora risolti.

Secondo fonti vicine a Palazzo Chigi decisione sarà assunta entro la metà del mese di febbraio. Tra i nomi che circolano come candidati alla presidenza (o come commissario) del super INPS c'è in particolare quello di Cesare Damiano e quello del giuslavorista Tiziano Treu. Damiano sarebbe in prima linea nella gestione di questo ruolo transitorio: oltre ad aver già ricoperto l'incarico di Ministro del Lavoro (nel governo Prodi), è un candidato espressione del Partito Democratico gradito anche alla componente renziana. Nella rosa di nomi c'è anche quello dell'ex ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, appartenente al Nuovo Centro Destra, e un nome interno, di profilo tecnico, quello del direttore generale dell'Inps Mauro Nori.

Il candidato dovrà comunque rispettare i requisiti (per ora solo abbozzati) di incompatibilità contenuti nel disegno di legge licenziato dal Consiglio dei ministri a seguito della vicenda Mastrapasqua. Un ddl che sancisce finalmente il divieto di doppi incarichi e i conflitti d'interesse agli amministratori di enti e società pubbliche. In pratica Letta non può permettersi di nominare un nuovo dirigente con poltrone in altri enti o società in conflitto d'interesse: l'incarico dovrà essere "esclusivo" come ha piu' volte detto lo stesso Premier.

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