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Lavoratori Precoci, i permessi ex legge 104 escludono la penalizzazione
La legge di stabilità 2014 ha riconosciuto l'idoneità della contribuzione figurativa maturata attraverso i permessi della legge 104/92 ad evitare le penalizzazioni.
Con il nuovo anno si ampliano i periodi di contribuzione figurativa utile ad escludere le penalizzazioni previste per chi accede alla pensione anticipata prima di aver compiuto i 62 anni di età.
Com'è noto, l’articolo 6, comma 2-quater del decreto legge 216/2011, per favorire i cd. lavoratori precoci, aveva stabilito l'esclusione dalla decurtazione dell’assegno pensionistico a quei lavoratori che raggiungessero i requisiti contributivi utili per la pensione anticipata entro il 31.12.2017 a condizione che la contribuzione risultasse composta solo da prestazione effettiva di lavoro e da limitati periodi di contribuzione figurativa quali l’astensione obbligatoria per maternità, l’assolvimento degli obblighi di leva, infortunio, malattia e cassa integrazione guadagni ordinaria.
Il Governo, sotto la pressione dei partiti della maggioranza, aveva già arricchito con il Dl 101/2013 i periodi di contribuzione figurativa utili ad escludere la penalizzazione ricomprendendo sia quella derivante dalla donazione di sangue e di emocomponenti sia quella dei congedi parentali di maternità e paternità previsti dal Dlgs. 151/ 2011. Ora la legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 493, legge 147/2013) è intervenuta nuovamente sulla materia aggiungendo alla contribuzione figurativa utile ad escludere la penalizzazione anche quella derivante dai congedi e permessi per l'assistenza di parenti con gravi disabilità secondo quanto previsto dall'articolo 33 della legge 104 del 92.
"Si tratta di un rimedio atteso da tempo" afferma Bruno Palmieri del Patronato Inca di Roma: "penalizzare quei lavoratori che hanno fruito dei permessi per assistere i portatori di handicap era assurdo ed è stato piu' volte segnalato al Ministero e all'Inps. Va sottolineato però che non sono ancora valorizzabili tutti gli altri periodi sottoposti a contribuzione figurativa: cioè la mobilità, cassa integrazione straordinaria o in deroga, le giornate di sciopero e le aspettative senza assegni conseguite a qualsiasi titolo. Ci aspettiamo che il governo intervenga anche su questi fronti" ha detto il sindacalista.
Pensioni Pa, la cessazione scatta solo al compimento dei 65 anni
I dipendenti pubblici che hanno raggiunto i requisiti per la pensione ante Riforma Fornero entro la fine del 2011 sono soggetti al vecchio regime, ma non sono obbligati a sfruttarli fino ai 65 anni di età.
Secondo una nota interpretativa del Ministero della Funzione pubblicata la scorsa settimana, i dipendenti pubblici che hanno maturato i requisiti per l'accesso alla pensione secondo le regole antecedenti alla riforma Fornero entro il 31 dicembre 2011 rimarranno obbligatoriamente soggetti al vecchio regime pensionistico e alle relative decorrenze.
La nota interpreta gli effetti dell'articolo 2, comma 4 del recente decreto pubblico impiego (Dl 101/2013) che aveva sollevato dubbi da parte di diverse amministrazioni comunali. In primo luogo il Ministero chiarisce che il lavoratore pubblico che abbia raggiunto un diritto a pensione entro il 31/12/2011 non può esercitare l'opzione di andare in pensione con il nuovo regime. Questi soggiace obbligatoriamente al regime previgente. Per cui, ad esempio, resta preclusa la possibilità di rimanere in servizio sino al perfezionamento dei nuovi requisiti per la pensione di vecchiaia previsti dalla normativa Fornero (66-67 anni).
In secondo luogo la nota chiarisce che il dipendente può continuare a rimanere in servizio fino a che non abbia raggiunto i limiti ordinamentali per il collocamento a riposo previsti dalla disciplina ante Fornero, cioè i 65 anni. In pratica il perfezionamento del diritto a pensione, laddove non siano stati compiuti i 65 anni, non comporta automaticamente il collocamento a riposo.
E' questo il caso di quei dipendenti pubblici che abbiano raggiunto la vecchia quota 96 per la pensione di anzianità o i 40 anni di contributi (oppure i 61 anni e 20 anni di contributi se donne per la pensione di vecchiaia) entro il 31.12.2011. In tali casi i lavoratori possono decidere se andare in pensione o se rimanere in servizio sino al perfezionamento dei 65 anni di età. E solo al compimento di tale età l'amministrazione pubblica dovrà procedere obbligatoriamente al loro collocamento a riposo.
Resta comunque salva la possibilità della concessione del trattenimento in servizio per un ulteriore biennio secondo quanto previsto dall'articolo 16 del Dlgs. 503 del 92 se i dipendenti dichiarino la propria disponibilità e l'Amministrazione intenda sfruttarla.
La nota infine ricorda che per questi soggetti restano in vigore le finestre mobili annuali secondo quanto disposto dall'articolo 12, commi 1 e 2 del Dl 78 del 2010.
Pensioni, da quest'anno arriva l'armonizzazione dei requisiti
Dopo un'attesa di due anni arrivano le nuove norme per il pensionamento per attori, ballerini, marittimi.
È stato pubblicato lo scorso 16 gennaio il regolamento di armonizzazione dei requisiti minimi di accesso al sistema pensionistico per quelle tipologie di lavoratori per le quali la riforma Fornero non aveva trovato immediata applicazione ai sensi dell'articolo 24, comma 18 del Dl 201/2011. Si tratta del DPR 157 del 2013 che ha fissato i nuovi requisiti armonizzati per accedere alla pensione per quelle categorie di lavoratori la cui attività svolta richiede una declinazione piu' favorevole rispetto ai requisiti pensionistici generali.
In ogni caso, anche dopo la pubblicazione del regolamento, le categorie beneficiarie potranno andare in pensione con requisiti di età e di contribuzione significativamente inferiori a quelle previste per la generalità dei lavoratori cui si applica il regime generale. È chiaro però che, rispetto alle vecchie regole, i lavoratori "armonizzati" subiranno un incremento di requisiti anagrafici e contributivi che la maggior parte dei casi sarà compreso tra i due e i quattro anni. Vediamo dunque quali sono le novità principali.
Innanzitutto la data spartiacque tra vecchia e nuova disciplina è il 31.12.2013: il personale interessato che entro il 31 dicembre 2013 abbia maturato i requisiti anagrafici e contributivi previsti dalle vecchie regole potrà accedere alla pensione secondo tale normativa.
Di significativa importanza il regolamento chiarisce che a decorrere dall'inizio di questo anno trovano applicazione gli adeguamenti legati alla speranza di vita sia ai requisiti anagrafici sia ai requisiti contributivi per l'accesso alla pensione indipendentemente dall'età anagrafica previsti nel regolamento stesso (quindi i requisiti in questione dovranno essere incrementati di 3 mesi e di ulteriori 4 a partire dal primo gennaio 2016). Ai lavoratori "armonizzati" vengono poi disapplicate le finestre mobili accesso di cui ai commi 1 e 2 del DL 78/2010.
Entrando nello specifico per i ballerini l'età pensionabile passa a 46 anni dai 45 anni previsti precedentemente. L'età pensionabile degli attori invece salirà da 63 a 64 anni. Gradualmente salirà anche l'età pensionabile delle attrici (nello specifico saliranno dai 58 anni precedenti a 64 anni nel 2022).
L'incremento dei requisiti di pensionamento riguarderà anche i minatori che vedranno passare l'età per il riposo dai 55 anni - a condizione che siano stati versati almeno 20 anni di contributi (15 per chi ha lavorato nel sottosuolo) - a 56 anni.
Il regolamento incrementa poi i requisiti pensionistici del cd. personale viaggiante cioè i dipendenti di pubblici servizi di trasporto. Sino al 31.12.2013 i soggetti potevano andare in pensione a 60 anni (55 anni le donne); dal 2014 il requisito per il riposo viene fissato in 5 anni prima dell'età pensionabile prevista nel regime generale obbligatorio.
Per i lavoratori marittimi l'età pensionabile viene stabilita in 60 anni per gli uomini e 55 per le donne. Viene inoltre rivisto l'istituto della pensione anticipata di vecchiaia che, lo si ricorda, prevedeva l'erogazione del trattamento pensionistico al raggiungimento dei 55 anni a condizione di avere 20 anni di contributi di cui almeno 10 di effettiva navigazione. Ora requisito anagrafico viene portato a 56 anni di età fino al 31 dicembre 2014, e innalzato a 57 anni per il periodo intercorrente tra il primo gennaio 2015 e il 31 dicembre 2017. Dal primo gennaio 2018 il requisito viene fissato al raggiungimento di 58 anni di età.
L'armonizzazione riguarda poi anche gli iscritti al soppresso Fondo degli spedizionieri doganali. Qui il requisito anagrafico per la prestazione differibile viene innalzato a 66 anni, rispetto ai 65 della vecchia normativa. Inoltre viene consentita la possibilità di totalizzare questi contributi che finora erano rimasti esclusi (in tal caso la finestra mobile di 18 mesi continua a trovare applicazione).
Per i poligrafici dipendenti da aziende in crisi il requisito contributivo di trentadue anni per accedere al prepensionamento viene innalzato a 35 anni per il biennio 2014-2015, a 36 anni per il 2016-2017 e a 37 anni a decorrere dal 2018.
Inps, Giovannini pronto a nominare un Supercommissario
Il governo intenzionato ad optare per un commissario che traghetterà l'istituto sino alla riforma. Spuntano i nomi di Geroldi e Marè.
Dopo le dimissioni di Antonio Mastrapasqua il governo pare intenzionato a nominare un super commissario che gestirà l'Inps sino alla riforma della governance dell'ente previdenziale. Secondo quanto emerso da un incontro tenuto ieri tra il Ministro del Lavoro Enrico Giovannini e il Direttore Generale dell'Inps Mauro Nori e i rappresentanti delle associazioni sindacali, l'esecutivo sta vagliando i nomi del futuro successore. Tramontata l'ipotesi nomina dell'ex ministro del Lavoro Cesare Damiano, in prima linea sono circolati ieri i nomi di Gianni Geroldi, già commissario alla spending review in materia previdenziale, e quello di Mauro Marè presidente di Mefop, la società a partecipazione pubblica dedicata allo sviluppo del mercato dei fondi pensione.
Appare evidente comunque che la nomina sarà temporanea in quanto il super commissario decadrà una volta completata la riforma dell'ente previdenziale (i cui tempi non sono ancora chiari ma probabilmente avverrà entro la fine dell'anno). Il commissario straordinario dovrà inoltre soddisfare i requisiti di incompatibilità e sul divieto di conflitto d'interesse per ora contenuti solo in bozza nel disegno di legge licenziato dal Consiglio dei Ministri la settimana scorsa.
Per quanto riguarda Mastrapasqua, l'ex presidente dell'Inps ancora deve formalmente ufficializzare le dimissioni annunciate alcuni giorni fa e ovviamente, fino al passaggio delle consegne, continuerà a rimanere in carica per l'ordinaria amministrazione dell'Inps. Ad ogni modo sul fronte economico le dimissioni non avranno grandi conseguenze negative sui redditi di Mastrapasqua: su 1,2 milioni di reddito dalla presidenza Inps arrivano appena 173 mila euro. Gli effetti economici negativi potrebbero tuttavia aumentare una volta approvate le nuove norme sull'incompatibilità. Il Manager dovrà ulteriormente scegliere quali poltrone abbandonare sui nove incarichi che attualmente ancora ricopre in diverse società. Quelle piu' in bilico sono l'incarico di direttore generale dell'ospedale israelitico di Roma (su cui è indagato), l'incarico in Idea Fimit Sgr e la vicepresidenza di Equitalia. Sempre che il disegno di legge sia approvato in tempi rapidi dal Parlamento.
Inps, per la dirigenza Damiano è in pole
Il candidato alla guida del SuperInps non potrà avere conflitti d'interesse e doppi incarichi secondo le regole contenute nel disegno di legge approvato dal Cdm la scorsa settimana
All'indomani delle dimissioni di Mastrapasqua il governo è alle prese con la patata bollente di individuare il nuovo Presidente dell'Inps.Come accennato dal presidente del Consiglio Enrico Letta la scorsa settimana, il solco all'interno del quale si muove l'esecutivo è in realtà piu' grande. Si tratta infatti di rivedere completamente la dirigenza dell'Istituto previdenziale dopo l'accorpamento dell'Inpdap ed Enpals avvenuto alla fine del 2011. La nuova governance dovrà necessariamente contenere un minore numero di dirigenti e una importante revisione dell'articolazione del Superinps sul territorio: in pratica meno sedi territoriali e minori spese per il contribuente.
Ma per la completa ridefinizione della nuova "pianta organica" dell'Ente ci vorranno ancora diversi mesi, probabilmente un anno. Ovvio quindi che durante questa fase transitoria l'Inps dovrà essere guidato da qualcuno che non sia il dimissionario presidente Antonio Mastrapasqua (che è formalmente ancora in carica per la gestione degli affari correnti in attesa della successione). Appare infatti fondamentale non lasciare vacante la guida dell'INPS in un momento così delicato per la gestione della materia previdenziale. Sullo sfondo ci sono infatti diversi problemi prima fra tutti quello degli esodati che non sono stati ancora risolti.
Secondo fonti vicine a Palazzo Chigi decisione sarà assunta entro la metà del mese di febbraio. Tra i nomi che circolano come candidati alla presidenza (o come commissario) del super INPS c'è in particolare quello di Cesare Damiano e quello del giuslavorista Tiziano Treu. Damiano sarebbe in prima linea nella gestione di questo ruolo transitorio: oltre ad aver già ricoperto l'incarico di Ministro del Lavoro (nel governo Prodi), è un candidato espressione del Partito Democratico gradito anche alla componente renziana. Nella rosa di nomi c'è anche quello dell'ex ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, appartenente al Nuovo Centro Destra, e un nome interno, di profilo tecnico, quello del direttore generale dell'Inps Mauro Nori.
Il candidato dovrà comunque rispettare i requisiti (per ora solo abbozzati) di incompatibilità contenuti nel disegno di legge licenziato dal Consiglio dei ministri a seguito della vicenda Mastrapasqua. Un ddl che sancisce finalmente il divieto di doppi incarichi e i conflitti d'interesse agli amministratori di enti e società pubbliche. In pratica Letta non può permettersi di nominare un nuovo dirigente con poltrone in altri enti o società in conflitto d'interesse: l'incarico dovrà essere "esclusivo" come ha piu' volte detto lo stesso Premier.
Altro...
Esodati, l'Inps apre alla doppia salvaguardia per i prosecutori volontari
Doppia possibilità di salvezza per i lavoratori autorizzati alla contribuzione volontaria che rientrano nel terzo provvedimento di salvaguardia di cui al Decreto Interministeriale 22 Aprile 2013. L'Inps ha infatti stabilito questa settimana con il messaggio 1684 che gli autorizzati alla prosecuzione volontaria che non abbiano ancora ricevuto la lettera di certificazione della salvaguardia e abbiano presentato domanda alle Dtl entro il 25 Settembre 2013 per essere tutelati come lavoratori cessati a seguito di accordi individuali o collettivi, a fronte dell'accoglimento della richiesta dalle Dtl, devono essere valutati da parte delle sedi territoriali Inps anche come lavoratori cessati.
I lavoratori in questione possono pertanto essere inclusi nel contingente dei lavoratori cessati dal servizio ai sensi della lettera c) dell'articolo 1, comma 231 della legge 228/2012 qualora evidentemente la capienza del contingente dei prosecutori volontari (peraltro incrementata di 6mila unità ai sensi della recente legge di stabilità 2014, ln. 147/2013) non sia sufficiente a garantirne la salvaguardia.
Inps, Mastrapasqua si dimette dalla presidenza
Antonio Mastrapasqua si è dimesso dopo l’intenzione del Governo Letta di voler riformare il sistema di governance dell'ente previdenziale e di introdurre il divieto di cumulo degli incarichi.
Alla fine, sfiduciato dal governo, Antonio Mastrapasqua ha dovuto rassegnare le dimissioni dall'incarico di presidente dell'Inps. La decisione è arrivata oggi dopo che il premier Letta ha annunciato ieri di voler vietare il cumulo di incarichi che l'ex dirigente aveva abilmente ottenuto in questi ultimi anni in oltre 20 società e consigli di amministrazione.
Il pressing del governo era del resto aumentato da diverso tempo. A pesare era la notizia che il commercialista romano, in qualità di direttore generale dell’ospedale israelitico di Roma era stato indagato dai magistrati per truffa aggravata. L'accusa è quella di truccare e gonfiare cartelle cliniche per ottenere rimborsi cospicui dal sistema sanitario nazionale e dalla Regione Lazio.
E' chiaro però che oltre ai problemi giudiziari a rendere indifendibile la posizione dell'ex numero dell’INPS e' stato il cumulo di poltrone incarichi ed emolumenti. Ben 25 secondo l' ultima inchiesta del Fatto Quotidiano, con compensi ovviamente milionari per il superdirigente.
Ma nonostante tutto Mastrapasqua ha provato a resistere fino all’ultimo, irremovibile nel non voler lasciare il suo incarico: “ non faccio nulla di male, nessuna legge lo vieta”. In pratica Mastrapasqua faceva leva su un vuoto normativo secondo il quale per i presidenti e gli amministratori pubblici non esiste un divieto di cumulare un altro incarico in strutture private. Divieto che invece scatta per i politici.
Inevitabile dunque l’intervento di Letta incalzato anche dalla nuova governance del Pd, particolarmente irritata per il comportamento del dirigente. Oggi quindi, di fronte alla presentazione ieri di un disegno di legge che vieta ai presidenti e amministratori pubblici di rivestire cariche in società private e che rivede il complesso normativo della dirigenza dell’Inps e dell’INAIL, Mastrapasqua non ha avuto altra scelta che quella di rassegnare le dimissioni. Era chiaro che non godeva più dell'appoggio del governo.
Per Letta, "questa scelta credo sia saggia e giusta, e ha colto l'iniziativa" presa dal governo e" perché "non si possono assumere incarichi così rilevanti senza esclusività". "Voglio dare atto del suo lavoro in questi anni, fatto in modo corretto", ha proseguito il presidente del Consiglio, ricordando passaggi importanti quali l'unificazione tra Inpdap e Inps. Il premier, poi, è quindi tornato ad auspicare che per la nuova "governance ci sia un'accelerazione dei tempi".
Opzione donna, il Parlamento preme per l'estensione del regime sperimentale
Il governo dovrà chiedere all'Inps la rimozione dei paletti occultamente imposti all'opzione donna dall'istituto previdenziale nel 2012.
Sul regime sperimentale donna l'Inps potrebbe fare finalmente dietrofront nei prossimi mesi. Il Parlamento ha votato infatti questa settimana una risoluzione, presentata dall'onorevole Maria Luisa Gnecchi in commissione Lavoro alla Camera, che impegna il governo a chiedere all'Inps di rivedere la circolare numero 35/2012, con l'obiettivo di non applicare la finestra mobile, l'aspettativa di vita e ritenere sufficiente la maturazione dei requisiti anagrafici e contributivi entro il 31 dicembre 2015.
L'ozione donna (articolo 1, comma 9 della legge 243/04) consente alle lavoratrici di accedere alla pensione sino al 31.12.2015 con 57 anni di età (58 se autonome) e 35 anni di contributi a condizione di optare per la liquidazione del trattamento pensionistico con il solo calcolo contributivo. La circolare Inps 35/2012 ha precisato però che - ai fini dell'accesso al regime - entro il 31 dicembre 2015 deve verificarsi la decorrenza del trattamento pensionistico e non la maturazione dei requisiti oltre a disporre l'applicazione della stima di vita (con il risultato che i requisiti anagrafici dal 1° gennaio 2013 sono passati a 57 anni e 3 mesi per le dipendenti e 58 anni e 3 mesi per le autonome).
L'interpretazione restrittiva dell'Inps ha dunque escluso dal beneficio parecchie lavoratrici: tenuto infatti conto che alle donne interessate si applica la finestra di 12 o 18 mesi, rispettivamente per dipendenti o autonome, le lavoratrici in questione sono obbligate a perfezionare i requisiti anagrafici e contributivi entro novembre di quest'anno se dipendenti o maggio 2014 se autonome. In pratica con un anno di anticipo rispetto a quanto previsto originariamente dalla legge 243/04.
Pensioni, anche il personale della scuola mantiene le vecchie regole
Secondo il Ministero dell'Istruzione la mini-sanatoria del Dl 102/2013 prevista in favore di 2.500 soggetti si applica anche al personale della scuola.
Anche il personale della scuola potrà godere dei benefici del dl 102/2013 ai fini dell'accesso alla pensione secondo le vecchie regole. E' quanto ha stabilito la nota numero 481 del Ministero dell'istruzione il 21 gennaio 2014 scorso secondo la quale vengono estese al personale della scuola le disposizioni contenute nell'articolo 11 bis del decreto legge 102/2013. Disposizioni, lo si ricorda, che sanciscono la possibilità di accedere al trattamento pensionistico con i requisiti previgenti all'entrata in vigore della legge Fornero (articolo 24, Dl 201/2011) ai lavoratori pubblici e privati - nel limite di 2500 unità - che nel corso dell'anno 2011 erano in congedo straordinario oppure fruivano dei permessi previsti dalla legge 104.
Tra i potenziali beneficiari, secondo la precisazione ministeriale, si possono dunque annoverare i lavoratori della scuola che nel corso del 2011 erano in congedo straordinario ai sensi dell'articolo 42, comma 5 del DL 151/2001 per assistere parenti disabili in situazione di gravità oppure che fruivano dei permessi (pari a 3 giorni al mese) previsti dalla legge 104 a condizione che maturino la decorrenza della prestazione pensionistica - secondo le vecchie regole - entro il trentaseiesimo mese successivo all'entrata in vigore del DL 201/2011 (cioè entro il 6 gennaio 2015). In ogni caso i primi assegni saranno in pagamento non prima del 1° gennaio 2014 secondo quanto disposto dall'articolo 11-bis del Dl 102/2013.
Si è tratta chiaramente di una mini sanatoria che potrà recuperare solo una piccola percentuale dei quasi 4.000 dipendenti scolastici, tra insegnanti e Ata (personale ausiliario, tecnico e amministrativo), che sarebbero dovuti andare in pensione tra il 2012 e il 2015. Secondo alcune previsioni, potranno accedere al beneficio una quota tra il 15 e il 20% dei 2500 posti complessivamente in palio tra pubblico e privato.
La domanda di pensione deve essere inoltrata alle competenti direzioni territoriali del ministero del lavoro entro il 26 febbraio 2014 con le modalità indicate nella circolare n. 44 del 12 novembre 2013. La domanda di cessazione dal servizio potrà essere inviata all’amministrazione scolastica, con la modalità cartacea, oltre il termine del 7 febbraio 2014 stabilito dal decreto ministeriale n. 1058 del 23 dicembre 2013.
Esodati, la legge di stabilita' salva altri 23mila lavoratori
Con la legge 147/2013 vengono estesi i benefici del mantenimento delle vecchie regole previdenziali ad ulteriori 23 mila lavoratori esodati
Com'è noto il governo è intervenuto per la quinta volta in materia di salvaguardia rispetto alle nuove regole previdenziali introdotte con la legge 201/2011. Il veicolo utilizzato questa volta, come l'anno scorso, è stata la legge di stabilità approvata poche settimane fa dal Parlamento (legge 147/2013) che di fatto estende il rispetto delle vecchie norme previdenziali (vigenti sino al 31 dicembre 2011) ad un ulteriore contingente di 23 mila esodati.
La misura nello specifico interviene su due fronti. Da un lato il governo estende con il comma 191 dell'articolo 1 della legge 147/2013 di 6mila unità il contingente dei prosecutori volontari salvaguardati ai sensi della lettera b) dell'articolo 1, comma 231 della legge 228/2012. Si tratta degli autorizzati alla prosecuzione volontaria entro il 4 dicembre 2011, con almeno un contributo volontario accreditato o accreditabile al 6 dicembre 2011, anche che abbiano lavorato (purchè non con contratti a tempo indeterminato e con un reddito massimo lordo annuo di 7.500 euro) che maturano la decorrenza della pensione entro il 6 gennaio 2015. Con questo intervento il contingente passa dunque dalle originarie 1.590 unità (come individuate dal Dm 22 Aprile 2013) a 7.590 unità.
Il secondo fronte invece, riguardante 17mila persone, introduce nuove fattispecie di salvaguardia (Art. 1, commi 194-198, legge 147/2013). Nello specifico vengono ammessi alla tutela:
a) gli autorizzati alla contribuzione volontaria prima del 4 dicembre 2011 con un contributo volontario accreditato o accreditabile al 6 dicembre anche se hanno svolto dopo il 4 dicembre 2011 attività lavorativa non a tempo indeterminato (indipendentemente quindi dal reddito conseguito);
b) i contributori volontari anche se non hanno un contributo volontario accreditato o accreditabile al 6 dicembre a condizione che abbiano almeno un contributo accreditato derivante da effettiva attivita' lavorativa nel periodo compreso tra il 1º gennaio 2007 e il 30 novembre 2013 e che alla data del 30 novembre 2013 non svolgano attivita' lavorativa riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;
c) i cessati dal servizio entro il 31 dicembre 2012 a seguito di accordi individuali o collettivi di incentivo all'esodo sottoscritti entro il 31 dicembre 2011 anche se dopo l'esodo hanno lavorato purché non a tempo indeterminato;
d) chi è stato licenziato tra il 2007 e il 2011 anche se in seguito ha lavorato purché non a tempo indeterminato;
e) coloro che sono stati collocati in mobilità ordinaria entro il 4 dicembre 2011 ed sono stati autorizzato alla prosecuzione volontaria della contribuzione se entro sei mesi dalla fine della mobilità verseranno i contributi volontari per raggiungere i requisiti ante riforma.
E' posta come condizione che la decorrenza della pensione per queste 17mila persone debba verificarsi - secondo quanto prevedevano le vecchie regole - tra il 1° Gennaio 2014 ed il 6 gennaio 2015 (comma 195, articolo 1, legge 147/2013). La formulazione della norma è tuttavia dubbia. Nello specifico il comma 195 infatti non precisa se coloro che avrebbero l'apertura della finestra prima del 1° Gennaio 2014 siano esclusi tout court dalla salvaguardia o se, come sembra, il pagamento della pensione avverrà solo da quella data.
Come si nota, nella maggior parte dei casi, l'ampliamento della platea di beneficiari è stato ottenuto allentando il vincolo riguardante il reddito da lavoro previsto nei precedenti interventi di salvaguardia. Le modalità operative di attuazione saranno definite, in modo analogo a quanto già avvenuto per altre misure precedenti, con un decreto interministeriale che dovrà essere promulgato entro il 2 marzo 2014 (60 giorni dall'entrata in vigore della legge 147/2013).
Per la salvaguardia dei 23mila è prevista una spesa massima di 950 milioni di euro dal 2014 al 2020, finanziata, tra l'altro, anche con l'ulteriore innalzamento delle aliquote contributive a carico di una parte degli iscritti alla gestione separata dell'Inps. L'Inps, come al solito, monitorerà le domande presentate dai lavoratori interessati e al raggiungimento di quota 17mila, non dovrà accettare ulteriori richieste di ammissione al beneficio in parola.