Eleonora Accorsi

Eleonora Accorsi

Sono una giornalista freelance. Collaboro con diverse testate e blog nella redazione di notizie ed approfondimenti su materie fiscali e di diritto del lavoro. Dal 2014 collaboro con la redazione di PensioniOggi.it

La Sottocommissione Esodati di Palazzo Madama procederà all'acquisizione dei dati del censimento al fine di studiare e proporre ulteriori interventi in materia di salvaguardia.

Kamsin "Il censimento dei lavoratori esodati esclusi dalle attuali sei tutele varate dal Parlamento sarà a disposizione sul sito del senato entro pochi giorni". Lo ricorda in una nota la titolare della Sottocommissione Esodati di Palazzo Madama, Annamaria Parente (Pd).

Com'è noto si tratta di un'indagine online - concordata con i Comitati degli esodati - con lo scopo di accertare quanti siano numericamente i lavoratori rimasti attualmente esclusi dai sei provvedimenti di salvaguardia e sarà la base per procedere ad un ulteriore intervento in materia.

La bozza del censimento è stata già diffusa in anteprima dai lavoratori che hanno preso parte all'incontro con la Sottocommissione Esodati presso la Commissione Lavoro di Palazzo Madama nei giorni scorsi. Il documento chiede ai lavoratori la compilazione di un questionario volto a comprendere le cause che hanno dato luogo alla cessazione del rapporto di lavoro; l'esatta data di cessazione del rapporto di lavoro; l'eventuale prosecuzione di attività lavorativa (autonoma o subordinata) successivamente alla cessazione dal lavoro con le retribuzioni maturate. 

Una ulteriore sezione della scheda è destinata a comprendere la situazione contributiva del lavoratore alla data attuale con l'indicazione della (eventuale) contribuzione volontaria e di quella figurativa maturata.

Dovrebbe restare facoltativa, invece, la compilazione del campo dedicato alla situazione reddituale del nucleo familiare del lavoratore, un punto sul quale si era battuta la Rete dei Comitati. Dal canto loro i Comitati, nonostante le aperture del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, e del Presidente dell'Inps, Tito Boeri, ad una revisione della Legge Fornero entro fine anno, continuano a restare scettici. Secondo i Comitati è necessario piuttosto garantire un'estensione dei termini per la fruizione delle salvaguardie utilizzando, eventualmente, i denari del Fondo Esodati rimasti inutilizzati.

La bozza del questionario

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Zedde

Finirà davanti al Tar del Lazio, con una class action il nodo dell'«opzione donna». Si tratta della possibilità concessa dalla legge 243 del 2004 per le donne con almeno 57 anni d'età e 35 anni di contributi di andare in pensione ma con l'assegno calcolato con il sistema contributivo.

Kamsin E' partita la class action per ottenere la pensione a 57 anni. Il Comitato guidato da Dianella Maroni ha concluso ufficialmente la raccolta delle firme per la promozione del ricorso contro l'Inps volto ad ottenere la revoca o la modifica delle Circolari Inps 35 e 37 del 14 marzo 2012 che impediscono alle lavoratrici che maturano i requisiti nel 2015 di accedere alla cd. opzione donna. Gli avvocati che assistono il Comitato hanno depositato ieri il ricorso innanzi al Tar del Lazio.

L'Inps è intervenuta il 2 dicembre scorso con un messaggio interno ai propri uffici (messaggio inps 9304/2014) con il quale ha riaperto i termini per la domanda in attesa di ricevere istruzioni dai ministeri vigilanti (Lavoro ed Economia), che non risulta siano ancora arrivate. In sostanza gli sportelli lnps devono continuare ad accettare le domande anche nel 2015, ma non si sa se esse poi verranno accolte. Il comitato opzione donna ha ritenuto insufficiente il messaggio Inps e ha quindi deciso di avviare il ricorso collettivo.

Il TAR dovrà ora fissare l'udienza d'ufficio in una data compresa tra il 90mo e il 120mo giorno dal deposito. Pertanto, ricordano dal Comitato, già entro l'estate il Tar potrebbe, se non ci saranno intoppi, esprimersi sulla questione.

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Zedde

Un disegno di legge presentato dal Movimento 5 Stelle intende ripristinare la pensione privilegiata di servizio per gli operatori della polizia locale.

Kamsin Ripristinare gli istituti dell'accertamento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio, del rimborso delle spese di degenza per causa di servizio, dell'equo indennizzo e della pensione privilegiata al personale della polizia locale. E' quanto prevede un ddl di iniziativa dei deputati del Movimento 5 Stelle (Catalfo e Crimi) presentato alla Camera dei Deputati nella giornata di ieri. Il disegno di legge (numero 1799) intende estendere i benefici abograti con la legge Fornero nel 2011 e attualmente riconosciuti esclusivamente nei confronti del comparto pubblica sicurezza di cui la Polizia Locale non fa parte.

La vicenda. Com'è noto per causa di servizio si intende comunemente il riconoscimento della dipendenza dal servizio di una infermità o di lesioni fisiche, contratte, appunto, a causa del servizio prestato previsto per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche in generale, gli appartenenti alle Forze di polizia e alle Forze armate (nonchè alle altre categorie indicate nel decreto del Presidente della Repubblica 1092 del 1973).

L'individuazione di tale dipendenza da causa di servizio comporta il riconoscimento del diritto alla fruizione di particolari benefici, quali indennizzi o trattamenti pensionistici privilegiati. Al fine del riconoscimento della causa di servizio è necessario che l'infermità o le lesioni derivino da fatti accaduti in servizio o per cause inerenti al servizio stesso come, ad esempio, l'ambiente e le condizioni di lavoro. Infine, la causa di servizio può essere riconosciuta anche se i fatti di servizio abbiano concorso in maniera determinante con altri fattori nell'insorgenza di infermità  o lesioni.

L'articolo 6 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (il cd. Salva Italia) ha stabilito l'abrogazione degli istituti dell'accertamento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio, del rimborso delle spese di degenza per causa di servizio, dell'equo indennizzo e della pensione privilegiata nei confronti di tutto il pubblico impiego con l'eccezione del personale appartenente al comparto sicurezza, difesa, soccorso pubblico e al corpo dei vigili del fuoco.

"Questa norma - ricordano i deputati - colpisce in particolare i lavoratori della Polizia locale, i quali pure ogni giorno svolgono, al pari delle forze di polizia dello Stato, appartenenti al citato comparto sicurezza, le medesime funzioni (svolte da queste ultime) di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza, come previsto dall'articolo 5 della legge speciale n. 65 del 1986." "Pertanto - proseguono i deputati - la Riforma del 2011, produce una criticità  oggettiva in relazione alla tutela degli operatori, che accentua altresì il divario di trattamento tra la polizia locale e le forze di polizia dello Stato che deve essere risolta".

"Si può affermare - concludono i deputati - che l'articolo 6 del citato decreto-legge n. 201 del 2011 fa venire meno le più elementari forme di tutela del lavoratore della polizia locale, creando delle evidenti discriminazioni e disparità  di trattamento nell'ambito di forze di polizia, che, sebbene appartenenti ad enti pubblici diversi (Stato ed enti locali), sono chiamati a svolgere, nell'interesse primario dello Stato, le stesse funzioni di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza".

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Zedde

La Rassegna Stampa

Il grande disegno di legge, ora in viaggio tra commissioni di Camera e Senato, sembrava il mezzo ideale per affrontare e risolvere la questione dei Quota 96. Kamsin Sono quei docenti che, arrivati sulla soglia della pensione, nel gennaio 2012 - governo Monti, ministro del Lavoro Fornero - si sono visti cambiare le carte sulla cattedra e hanno visto allontanarsi il loro riposo. Secondo le nuove regole, pensate per cancellare le pensioni d'anzianità, realizzate con l'accetta, gli insegnanti sessantenni prossimi alla quiescenza lavorativa avrebbero potuto salutare gli alunni solo se la somma della loro età anagrafica e contributiva non fosse stata inferiore a 96 (60 anni di età più 36 di contributi, per esempio). O se avevano quarant'anni di contributi. Risultato: almeno quattromila persone hanno visto spostare in avanti, in alcuni casi molto in avanti, il traguardo. Nel 2013, poi, le cose sono progredite in senso peggiorativo. A quella data la quota per la pensione era già salita a 97,3.

I "quota 96" non sono esodati della scuola, come erroneamente vengono chiamati. Non sono pensionati senza pensione. Sono aspiranti pensionati a cui si è chiesto di restare in cattedra ora un anno in più, ora due, ora tre. E loro, logorati da 35 stagioni di insegnamento a 1.300 euro il mese - insegnare a scuola, sì, logora - sono rimasti. Controvoglia. Impedendo a precari più giovani di entrare in ruolo.

Il premier Matteo Renzi aveva promesso che avrebbe preso in mano la situazione, che avrebbe trovato i soldi per chiudere i pasticci forneriani. E due emendamenti di Sel, approvati in aula, sembrarono aver sistemato la faccenda e i cinquemila: pensionamento alla prima finestra utile, settembre 2015. Ma la Ragioneria dello Stato intervenne motu proprio e cancellò gli emendamenti: non c'era copertura finanziaria. Renzi incassò la sconfitta e non riaprì più la questione. Maestri e prof sono tornati in classe e il disegno di legge "La buona scuola" semplicemente li ha ignorati. Anche se il deputato Pd Francesco Boccia aveva detto, dopo la bocciatura degli emendamenti: "La scelta è una ferita aperta tra il governo e la Commissione Bilancio".  Anche se il viceministro dell'Economia, Enrico Morando, aveva assicurato che i soldi si sarebbero trovati proprio con il ddl "La buona scuola".

Dopo tre anni di rinvii a decreti successivi, i "Quota 96" sono fisiologicamente scesi a tremila (una decina di insegnanti sono deceduti, assicurano i sindacati), Visto che il miliardo stanziato per la grande riforma serve ad altro, c'è chi ipotizza di ricollocarli - stanchi, demotivati - nell'organico funzionale della nuova scuola italiana.

Di Corrado Zunino - Repubblica.it

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Zedde

L'Inps ha aggiornato il report delle procedure di monitoraggio dei lavoratori cd. salvaguardati. Restano insufficienti i posti dedicati ai lavoratori che hanno assistito disabili nel corso del 2011.

Kamsin Quasi 11.000 pensioni certificate e poco più di 800 prestazioni liquidate nell'ambito della sesta salvaguardia. È quanto emerge dal report diffuso dall'Inps relativo alle operazioni di salvaguardia aggiornato al 20 marzo.

Questa la suddivisione delle certificazioni in base ai diversi profili di tutela individuati dalla legge 147/2014. Per quanto riguarda i lavoratori in mobilità ordinaria l'Inps ha emesso 1.119 certificazioni a fronte di una platea di 5.500 posti disponibili; ammontano invece a 3.773 le certificazioni per i lavoratori autorizzati ai volontari (sia con contributo versato entro il 6 dicembre 2011 sia senza) su una platea prevista di 12.000 posti; sono 1.836 le certificazioni relative a coloro che sono cessati con accordi con il datore di lavoro entro il dicembre 2012, la platea disponibile è 8.800 posti.

Continua invece a registrarsi un deficit di posti disponibili per i lavoratori che hanno fruito dei permessi e dei congedi per assistere disabili nel corso del 2011. A fronte di una capienza di 1.800 posti le certificazioni rilasciate sono infatti più del doppio, ben 3.701. A questo punto appare evenidente la necessità di un intervento ad hoc per estendere la capienza del contingente utilizzando le posizioni avanzate negli altri profili di tutela. In questo profilo, del resto, si era già avuto modo di evidenziare l'insufficienza dei posti previsti per legge già nel corso della quarta salvaguardia (legge 124 2013). In tale occasione, infatti, il legislatore aveva fatto male i calcoli fissando in 2.500 ma l'Inps certificò in quasi 5mila i potenziali aventi diritto. 

Crescono anche le prestazioni liquidate nelle altre 5 salvaguardie. Complessivamente l'Inps ha certificato il diritto in favore di circa 110mila lavoratori mentre sono 70mila le pensioni già poste in pagamento. Queste norme, lo si ricorda, consentono a lavoratori che hanno perso il lavoro entro il 2011 di mantenere l'ultrattività delle regole pensionistiche ante-fornero e quindi di accedere alla pensione prima rispetto a quanto stabilito dalla Riforma del 2011.

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