Disabili, Tutele anche per i parenti del partner dell'unione civile

Martedì, 08 Marzo 2022
Dietrofront dell'INPS dopo il mutato orientamento del Ministero del Lavoro preoccupato per i rischi di una possibile discriminazione sessuale (vietata dal diritto comunitario). Permessi mensili e congedo straordinario fruibili anche per assistere gli affini (cioè suoceri e cognati) disabili dell'altra parte dell'unione civile. Nessuna estensione, invece, per le coppie conviventi di fatto.

L'unione civile apre ai permessi mensili di cui alla legge n. 104 e al congedo straordinario biennale anche per assistere suoceri e cognati del partner dello stesso sesso e viceversa. Lo rende noto l'INPS nella Circolare n. 36/2022 con la quale, smentendo precedenti istruzioni, riconosce il rapporto di affinità tra la parte dell'unione civile ed i parenti dell'altro esattamente come avviene tra coniugi. Il dietrofront matura a seguito del mutato orientamento del Ministero del Lavoro preoccupato dai rischi di una possibile discriminazione sessuale, vietata dal diritto comunitario.

La questione

Nasce dall'approvazione della legge sulle unioni civili (legge n. 76/2016) con la quale il legislatore ha introdotto la possibilità di contrarre "matrimonio" tra persone dello stesso sesso facendo discendere gli stessi diritti e doveri sanciti per i coniugi. L'equiparazione, tuttavia, è stata incompleta dato che la legge n. 76, non menzionando l'articolo 78 del codice civile, aveva negato la costituzione di un rapporto di affinità tra la parte dell'unione civile e i parenti dell'altro.

Di conseguenza l'INPS aveva precisato (Circ. Inps n. 38/2017) che, a differenza di quanto avviene per i coniugi, la parte di un’unione civile avrebbe potuto usufruire dei permessi di cui alla legge n. 104/1992 e del congedo straordinario di cui all'articolo 42, co. 5 del dlgs n. 151/2001 unicamente nel caso in cui presti assistenza all’altra parte dell’unione e non nel caso in cui l’assistenza sia rivolta ad un parente dell’unito.

Rischio discriminazione

Il Ministero del Lavoro ha osservato però come tale lacuna costituisce una discriminazione per orientamento sessuale, in contrasto con la normativa comunitaria (Direttiva 200/78/CE) che vieta la discriminazione basate sull’orientamento sessuale, in particolare per quanto concerne l’occupazione, le condizioni di lavoro e la retribuzione. Il diritto ai benefici in oggetto nei confronti delle parti di un’unione civile, infatti, non avrebbe la stessa estensione riconosciuta ai soggetti legati da un rapporto di coniugio (al quale pur volendo non potrebbero accedere), anche se in presenza di situazioni comparabili, caratterizzate entrambe da una stabile relazione tra le parti e da un rapporto di affettività che da essa deriva anche nei confronti dei parenti del partner.

Gli effetti

Di conseguenza l'INPS, correggendo le precedenti istruzioni, precisa che i permessi mensili di cui all'articolo 33, co. 3 della legge n. 104/1992 vanno riconosciuti non solo per assistere il partner disabile ma anche, negli stessi casi previsti per i coniugi, per assistere i parenti disabili del partner entro il secondo grado (cioè suoceri, nonni del partner ed i cognati). Allo stesso modo tali soggetti avranno diritto ad assistere l'altra parte dell'unione civile.

Idem per il congedo straordinario biennale di cui all'articolo 42, co. 5 del dlgs n. 151/2001: il diritto va riconosciuto all’unito civilmente oltre che nel caso in cui in cui questi presti assistenza all’altra parte dell’unione, anche nel caso in cui rivolga l’assistenza a un parente dell’unito (entro il limite del terzo grado e fermo restando il requisito della convivenza) e viceversa.

Fuori i conviventi di fatto

Il cambio di orientamento non si estende ai conviventi di fatto (che possono anche non essere dello stesso sesso) i quali - a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 213/2016 - possono fruire dei soli permessi mensili di cui alla legge n. 104/1992 (e non anche del congedo straordinario). In tal caso, infatti, spiega l'INPS non nasce alcun rapporto di affinità, non essendo la “convivenza di fatto” un istituto giuridico, ma "una situazione di fatto tra due persone che decidono di formalizzare il loro legame affettivo stabile di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale".

Pertanto, a differenza di quanto avviene per i coniugi e gli uniti civilmente, il “convivente di fatto” può usufruire dei permessi di cui alla legge n. 104/1992 unicamente nel caso in cui presti assistenza al convivente e non nel caso in cui intenda rivolgere l’assistenza a un parente del convivente.

Documenti: Circolare Inps 36/2022

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