
Pensioni
Pensioni, uscita anticipata per i lavori usuranti
Una normativa rimasta in vigore anche dopo la Riforma Fornero del 2011 consente, a coloro che svolgono lavori particolarmente faticosi e pesanti, di andare in pensione con il quorum 97,3 ed un'età di almeno 61 anni e 3 mesi.
Kamsin L'inps ha fissato al 1° marzo 2015 il termine per la presentazione della domanda volta al riconoscimento dei benefici connessi alle attività usuranti per chi perfezionerà il diritto alla pensione durante il prossimo anno. L'eventuale ammissione al beneficio sarà comunicato dall'Inps agli interessati entro il 30 ottobre.
L'inps ricorda che possono fare domanda di riconoscimento dell'attività usurante coloro che perfezioneranno il diritto alla pensione nel 2015. In esito alle richieste l'Inps comunicherà agli interessati, entro il 30 ottobre 2015 l'accoglimento della domanda, con indicazione della prima decorrenza utile della pensione, qualora sia accertato il possesso dei requisiti relativi allo svolgimento delle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti e sia verificata la sussistenza della relativa copertura finanziaria.
Qualora sarà accertato il mancato possesso dei requisiti sullo svolgimento delle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti l'istituto comunicherà il rigetto della domanda.
L'Inps ricorda, infine, che la domanda del beneficio non sostituisce quella di pensionamento vero e proprio e che l'accesso anticipato alla pensione sconterà la vecchia «finestra mobile», ossia il periodo di 12 mesi per i dipendenti e di 18 mesi per gli autonomi dopo la maturazione dei requisiti pensionistici.
I benefici - Per tutelare i lavoratori impiegati in attività particolarmente faticose e pesanti il Dlgs 67/2011 ha previsto la possibilità di anticipare l'uscita rispetto ai requisiti introdotti dalla riforma Fornero del 2011. Nella tabella sono indicati i benefici previdenziali per chi si riconosce in questo stato.
I beneficiari si distinguono in due categorie: gli addetti a lavori faticosi e pesanti, ossia lavoratori addetti alle mansioni particolarmente usuranti (lavori in galleria, cava o miniera ecc.); lavoratori addetti alla cosiddetta «linea catena»; conducenti di veicoli adibiti a servizio pubblico di trasporto collettivo; e i lavoratori notturni. Per godere dei benefici che vedremo i lavoratori sopra citati devono avere svolto queste attività per almeno 7 anni, compreso l'anno di maturazione dei requisiti, negli ultimi dieci anni di attività lavorativa per le pensioni con decorrenza fino al 31 Dicembre 2017; per le pensioni aventi decorrenza dal 1° Gennaio 2018 tali attività devono essere state svolte per almeno la metà della vita lavorativa complessiva.
seguifb
zedde
Riforma Pensioni, via la decurtazione sugli assegni anticipati
Scatterà il 1° gennaio 2015 lo stop alla penalizzazione sugli assegni dei lavoratori con meno di 62 anni di età. La misura resterà in vigore sino al 2017. Da comprendere gli effetti sugli assegni già decurtati.
Kamsin Da domani entra ufficialmente in vigore lo stop alla penalizzazione. La novità, contenuta nell'articolo 1, comma 113 della legge di stabilità 2015 (legge 190/2014), introduce una deroga rispetto al principio generale secondo cui chi accede alla pensione anticipata con un'età inferiore ai 62 anni ha una penalizzazione sulla quota retributiva della pensione. La penalizzazione scatterà, infatti, solo dal 2018.
In sostanza, quindi, chi matura i requisiti di anzianità contributiva tra il 1° gennaio 2015 ed entro il 31 dicembre 2017, otterrà sempre l'importo intero della pensione anticipata a prescindere dalla natura della contribuzione che ha dato diritto alla pensione anticipata.
La penalizzazione di cui stiamo parlando, com'è noto, prevede un taglio dell'1% per ogni anno di anticipo sino a 60 anni e del 2% per ogni anno ulteriore rispetto all'età dei 60 anni. A conti fatti pertanto un lavoratore che ha 60 anni e decide di lasciare incorre in un taglio del 2%, taglio che sale al 4% se ha 59 anni e al 6% se ha 58 anni. Scopo della norma è, infatti, quello di incentivare il lavoratore a restare sul posto di lavoro sino, almeno, a 62 anni per limitare i costi per lo Stato.
La legge nulla dice, invece, per quanto riguarda i lavoratori che già hanno subìto il taglio dell'assegno, perchè hanno lasciato prima del 2015. L'Inps, tuttavia, potrebbe ammettere al ricalcolo e quindi alla depenalizzazione dell'assegno a partire dal 1° gennaio 2015 su apposita domanda dell'interessato.
Seguifb
Zedde
Pensioni, è ufficiale lo slittamento di 4 mesi
Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto interministeriale che incrementa di 4 mesi l'età pensionabile dal 1° gennaio 2016. Gli effetti riguarderanno anche i lavori usuranti e i salvaguardati.
Kamsin Come anticipato ieri da pensionioggi.it il decreto del ministero dell'Economia 16 dicembre 2014 è stato pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale» del 30 dicembre (qui il testo del decreto 16 Dicembre 2014). Dal 2016, dunque, scatterà il secondo aumento dei requisiti anagrafici e contributivi dopo l'adeguamento avvenuto nel 2013. In particolare, per le pensioni anticipate diventeranno necessari, per gli uomini, 42 anni e dieci mesi di contributi; per le donne 41 anni e dieci mesi di contributi.
Per la pensione di vecchiaia i requisiti restano differenti per le donne del settore privato rispetto agli uomini e alle donne del settore pubblico. Gli uomini, dipendenti o lavoratori autonomi, dovranno raggiungere i 66 anni e sette mesi di età. Lo stesso requisito è fissato per le donne del pubblico impiego. Per le lavoratrici del settore privato l'aumento della speranza di vita sarà piu' elevato in quanto so cumulano gli effetti dell'innalzamento dei minimi fissati dalla riforma previdenziale per arrivare a parificare i requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia. Per le dipendenti del
settore privato serviranno quindi 65 anni e sette mesi, per le autonome 66 anni e un mese.
Novità anche per i lavoratori salvaguardati e per gli usurati, cioè per coloro che si applica il sistema delle quote di cui alla Tabella B allegata alla legge 23 agosto 2004, n. 243. Dal 2016 sarà necessario perfezionare 61 anni e 7 mesi di età anagrafica ed il contestuale raggiungimento del quorum 97,6 con un minimo di 35 anni di contributi. Per gli autonomi serviranno, invece, 62 anni e 7 mesi ed un quorum pari a 98,6.
Qui il pensionometro di pensionioggi.it per verificare la data di pensione.
seguifb
Zedde
TFS Salvaguardati, così il pagamento della buonuscita
I lavoratori salvaguardati nel pubblico impiego otterranno il pagamento della buonuscita dopo 24 mesi dalle dimissioni. La vicenda coinvolge soprattutto i 4300 lavoratori in congedo per assistere parenti disabili.
Kamsin L'Inps ha chiarito i termini di pagamento dei Tfs e Tfr dei dipendenti pubblici interessati dalle salvaguardie per l'accesso al pensionamento in base alla disciplina previgente al decreto legge 201/2011. Lo ha fatto con il messaggio inps 8680/2014 con il quale ricorda che la salvaguardia disposta dal decreto legge 201/2011 e da successive norme per particolari categorie di lavoratori, consistendo nella conservazione delle regole di accesso alla pensione precedenti il 6 dicembre 2011 (data di entrata in vigore della riforma Monti Fornero), non ha alcun effetto diretto sui termini e le modalità di pagamento dei trattamenti di fine servizio e fine rapporto per i lavoratori che accedono alla salvaguardia.
L'Inps ricorda, pertanto, che i termini di pagamento del TFS per i lavoratori salvaguardati sono quelli vigenti nel regime generale e conseguentemente, qualora non operi alcuna deroga all’applicazione della disciplina generale, si deve tener conto della causa e della data di cessazione dal servizio ai fini dell’applicazione del corretto termine di pagamento secondo le istruzioni diramate con la circolare Inps 73/2014.
La questione interessa soprattutto i lavoratori del pubblico impiego che fruiscono dei congedi e dei permessi di cui alla legge 104/1992 (2500 in quarta salvaguardia ed altri 1800 lavoratori in sesta salvaguardia). In altri termini, secondo la disciplina generale, tali lavoratori, riceveranno il pagamento dell'indennità di buonuscita, dopo 24 mesi dalla data di dimissioni volontarie. Scaduti questi termini, l’istituto ha l'onere di porre in pagamento la prestazione entro 3 mesi pena il pagamento degli interessi. Nei casi di risoluzione da parte della pubblica amministrazione e/o di raggiungimento del limite ordinamentale (65 anni) i termini vengono accorciati a 12 mesi.
Per importi superiori a 50mila euro ma inferiori a 100mila euro il pagamento sarà frazionato secondo quanto previsto dalla legge 147/2013. L'erogazione avverrà in due rate di cui la prima erogata con i termini sopra citati e la seconda trascorsi ulteriori 12 mesi. Se la prestazione dovesse risultare superiore a 100mila euro, l'erogazione avverrà in tre rate con l'ultima rata pagata dopo ulteriori 12 mesi dalla seconda erogazione.
Si ritiene, peraltro, che i dipendenti che grazie alla salvaguardia riescano a conseguire un diritto a pensione entro il 2013 i frazionamenti di 50mila e 100mila siano portati rispettivamente a 90mila e 150mila euro.
seguifb
Zedde
Pensioni, ecco di quanto aumenterà l'età per la pensione
Firmato il decreto interministeriale che incrementa di 4 mesi l'età pensionabile dal 1° gennaio 2016. Per la pensione serviranno 66 anni e 7 mesi o 42 anni e 10 mesi di contributi.
Kamsin Dal 2016 bisognerà lavorare 4 mesi in piu' per agguantare la pensione. E' l'effetto del decreto interministeriale Lavoro-Economia che adeguerà tutti i requisiti necessari per conseguire la pensione alla stima di vita istat. L'adeguamento fu introdotto da una legge del 2010 (governo Berlusconi) con cadenza triennale. La riforma Fornero lo accelerò, disponendo dal 2019 scatti ogni due anni. Serve, nella logica della legge, per la sostenibilità finanziaria del sistema: più si allunga la durata della vita, più tardi si va in pensione.
Come anticipato da pensionioggi.it i ministeri confermano che il relativo decreto è stato firmato e che sarà a breve pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Dopo il primo scatto nel 2013, che fu di tre mesi, questa volta, quindi, l'aumento sarà maggiore: 4 mesi. Che si sommano sia al minimo d'età richiesto per la pensione di vecchiaia sia al minimo di anni di contributi necessario per la pensione anticipata. Pensione di vecchiaia Questo significa che dal primo gennaio 2016 ai lavoratori dipendenti, sia del privato sia del pubblico e ai lavoratori autonomi, per andare in pensione di vecchiaia non basteranno più 66 anni e tre mesi d'età, come fino alla fine del 2015, ma ci vorranno 66 anni e sette mesi (oltre a un minimo di 20 venti anni di contributi).
Stessa cosa per le lavoratrici dipendenti del pubblico impiego, mentre per quelle del settore privato l'aumento, sempre nel 2016, sarà più forte perché segue uno specifico percorso di armonizzazione previsto dalla legge, che prevede un aumento da 63 anni e 9 mesi, valido fino al termine del 2015, a 65 anni e 7 mesi. Discorso analogo per le lavoratrici autonome che passeranno dagli attuali 64 anni e 9 mesi a 66 anni e un mese dal primo gennaio 2016. Crescono, poi, i requisiti per accedere alla pensione di vecchiaia prevista per chi ha cominciato a lavorare dopo il 1995 (sistema contributivo). Si passa da 63 e 3 mesi a 63 e 7 mesi.
Dal 1° gennaio 2016 aumenteranno anche i requisiti per lasciare con la pensione anticipata. Per lasciare il lavoro in anticipo rispetto alla pensione di vecchiaia, gli uomini devono avere attualmente almeno 42 anni e sei mesi di contributi mentre alle donne bastano 41 anni e sei mesi. Sarà così ancora per un anno, fino alla fine del 2015. Poi dal 2016 il requisito salirà a 42 anni e dieci mesi per gli uomini e a 41 anni e dieci mesi per le donne.
Si ricorda, inoltre, che con la legge di stabilità (pubblicata ieri in Gazzetta Ufficiale), è andata in soffitta la penalizzazione - sino al 31 Dicembre 2017 - per chi, pur raggiungendo questo minimo contributivo, fosse andato in pensione con meno di 62 anni d'età.
Ecco quindi i requisiti per conseguire le prestazioni pensionistiche nei prossimi anni.
Le tabelle elaborate dalla Ragioneria generale dello Stato al momento della riforma Fornero sviluppano, infati, fino al 2050 e oltre le conseguenze della norma sull'adeguamento periodico dei requisiti alla speranza di vita. Sulla base di queste stime, peraltro confermate dallo scatto decretato per il 2016, l'età per la pensione di vecchiaia salirà progressivamente fino a 70 anni nel 2050, anno in cui gli anni di contributi necessari per accedere alla pensione anticipata saranno arrivati a 46 anni e 3 mesi.
Seguifb
Zedde
Quota 96, il testo della sentenza che cancella la Riforma Fornero
Una sentenza del Giudice del Lavoro di Salerno ha accolto il ricorso di 42 docenti salernitani promosso dallo Snals. Gli insegnanti potranno essere collocati in pensione con effetto giuridico dal 1.9.2012.
Kamsin ll giudice del lavoro del Tribunale di Salerno, Ippolita Laudati, ha riconosciuto con sentenza numero 31595 lo scorso 3 novembre il diritto al pensionamento di 42 prof salernitani in Quota 96, di fatto bocciando la Legge Fornero che li aveva costretti a restare in servizio. Il ricorso è stato presentato dallo Snals. Pubblichiamo di seguito il testo della sentenza del Giudice di Salerno che potrà risultare utile per altri lavoratori nella medesima situazione.
Si rammenta che si stratta di una sentenza di primo grado alla quale Miur e Inps potranno promuovere appello.
TRIBUNALE DI SALERNO - Sentenza 03 novembre 2014, n. 4216
Pubblico impiego - Comparto istruzione - Requisiti anagrafici e contributivi - Collocamento in quiescenza - Diritto a partire dal primo settembre 2012
Ragione di fatto e di diritto
Con ricorso (in riassunzione) depositato in data 11.10.2012, i ricorrenti come in premessa epigrafati, nella loro qualità di docenti attualmente in servizio, convenivano in giudizio il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca ritenendo sussistente il loro diritto alla pensione dal 31.8.2012 in forza di quanto delineato dal sistema ante d.l. 201/11 conv. in L. 214/11.
L’art. 24 d.l. 201/11, al comma 3, individua quale elemento discriminante del regime applicabile la data di maturazione dei requisiti di età e di anzianità contributiva alla data del 31.12.2011: per coloro che hanno maturato il diritto entro tale termine vale il vecchio regime, per gli altri il regime successivo.
La circolare n. 2 dell’8.3.2012 del Dip. Funzione Pubblica al punto 6) prende in esame la particolarità del comparto scuola affermando espressamente che rimane ferma la vigenza degli specifici termini di cessazione dal servizio stabiliti in relazione all’inizio dell’anno scolastico per le esigenze di servizio.
Orbene, condividendo quanto già statuito da parte della giurisprudenza di merito, ad avviso dell’ufficio detta circolare appare in linea con il testo della citata legge la quale si occupa esclusivamente della riforma dei requisiti per la maturazione del diritto al trattamento pensionistico, e dunque dei fatti costitutivi del diritto a pensione, modificando le regole stabilite in precedenza con riferimento all’età ed all’anzianità contributiva.
Non sembra invece preoccuparsi dei problemi relativi ad eventuali sfasature temporali tra il momento in cui si verificano i fatti costitutivi del diritto (età-anzianità contributiva) ed il termine dal quale si può far valere tale diritto (cessando di fatto la prestazione lavorativa).
La circolare della quale si sta discorrendo distingue la data di maturazione del diritto dai termini di cessazione dei servizio, ossia distingue i fatti costitutivi del diritto a pensione dai momento afferente la decorrenza Dunque, se la legge nuova non si occupa della decorrenza, avendo presente come discrimen il momento di maturazione dei requisiti di età/anzianità, il termine di decorrenza è regolato dalla vecchia normativa.
Questo è quanto accade nel comparto scuola laddove il DPR n. 358/98 stabilisce una sfasatura tra data di maturazione del diritto e data di collocamento a riposo che coincide con la fine dell’anno scolastico, ossia il 31.8.2012 nel caso di specie.
Di questa sfasatura dà atto la circolare n. 2/12 che evidenzia che nel comparto scuola ci sono specifici termini di cessazione del rapporto a differenza di altri comparti, per cui il dipendente - pur avendo maturato i requisiti costitutivi del diritto a pensione al 31.12.2011 - deve aspettare la fine dell’anno scolastico che termina il 31.8.2012.
Poiché per evitare un disservizio e garantire la continuità didattica al docente viene "imposto" di continuare a lavorare fino al 31.8.2012, appare irragionevole che proprio in forza di questa esigenza egli subisca gli effetti (negativi o positivi poco importa) di leggi successive che modificato il suo diritto già acquisito e non ancora esercitato.
Sulla scorta delle suesposte considerazioni, il ricorso deve esser accolto e, per l’effetto, accertato e dichiarato il diritto dei ricorrenti al collocamento in quiescenza alla data dell’1.9.2012.
Spese di lite compensate in ragione del contrasto giurisprudenziale In materia.
P.Q.M.
1) Accoglie il ricorso e, per l’effetto, accertata e dichiara il diritto dei ricorrenti tutti ad esser collocati in quiescenza alla data dell’1.9.2012;
2) Compensa le spese di lite.
Motivi contestuali.
(Gdl Ippolita Laudati)
Come già anticipato da pensionoggi.it ad analoghe considerazioni era giunto nel 2012 il giudice dr.ssa Baroncini del Tribunale di Roma, collocando in quiescenza due docenti in deroga alla vigente riforma Fornero, senza che il M.I.U.R. proponesse specifico ricorso in appello. Mentre altri giudici del Lavoro si sono espressi differentemente da quelli di Roma e Salerno: in taluni casi hanno respinto la richiesta dei ricorrenti; in altri si sono dichiarati incompetenti per materia e hanno rinviato alla Corte dei Conti; in altri, ancora, hanno rinviato alla Corte Costituzionale per eventuali profili di incostituzionalità.
La Consulta, il 19 Novembre 2013, si è espressa sull’inammissibilità del ricorso per la sua formulazione: conseguentemente, due ricorsi sono stati ripresentati (da parte dei tribunali di Siena e Ragusa) e sono in attesa di sentenza della Corte stessa.
Tra le particolarità della sentenza che ci appaiono interessanti c'è il fatto che il personale ricorrente sarà posto in quiescenza dal 1° settembre 2012. Ciò dovrebbe far pensare che il tribunale abbia ritenuto inapplicabile anche l'articolo 1, comma 21 del decreto legge 138/2011 che aveva introdotto, dal 1° gennaio 2012, la finestra mobile "suppletiva" anche al comparto in parola.
Seguifb
Zedde