Pensioni
Pensione anticipata, ricalcolo per gli assegni già decurtati?
L'inps dovrà precisare i limiti allo stop alla penalizzazione introdotto dalla legge di stabilità per il 2015. Tra i chiarimenti attesi la possibilità di ammettere al ricalcolo gli assegni già decurtati sino al 31 Dicembre 2014.
Kamsin Dello stop alla penalizzazione ne abbiamo già discusso. Fino al 31 dicembre 2017 chi accede alla pensione prima dei 62 anni l'età non subirà la penalizzazione Fornero che prevede che sulla quota di pensione "retributiva" sia applicata una riduzione dell'1% per ogni anno di anticipo della pensione rispetto ai 62 anni di età e una riduzione del 2% per ogni anno ulteriore di anticipo rispetto ai 60 anni. Con la norma inserita nella legge di stabilità, ci sarà, in pratica, un periodo di sospensione della penalizzazione sino al 2017 con la conseguenza che le pensioni anticipate dal 2018 torneranno ad essere penalizzate se l'accesso avverrà con meno di 62 anni.
Ma ci sono diversi punti che dovranno essere chiariti dall'Inps nelle prossime settimane. Innanzitutto: cosa accadrà a quegli assegni che sono stati già decurtati prima dell'entrata in vigore della legge di stabilità. Rimarranno tali oppure saranno depenalizzati a partire dal 1° gennaio 2015? In attesa della risposta ufficiale ricordiamo che c'è un precedente che avvalora la seconda ipotesi. Con il messaggio inps 5280/2014 l'istituto ha infatti ammesso, in passato, al ricalcolo quegli assegni decurtati sulla base di periodi contributivi successivamente "depenalizzati" da disposizioni di legge.
Ovviamente anche accogliendo questa seconda ipotesi le mensilità già corrisposte non potranno essere recuperate.
Da chiarire anche cosa accade a quei lavoratori che raggiungono l'anzianità contributiva entro il 31 Dicembre 2017 ma scelgono di andare in pensione in data successiva alla maturazione del requisito contributivo, ad esempio, nel 2019. Si pensi ad un lavoratore che raggiunge nel novembre 2017 i 42 anni e 10 mesi di contributi e 58 anni di età e decide di restare sul lavoro per altri due anni. Nel 2019, all'età di 60 anni esce: il suo assegno sarà penalizzato? La risposta dovrebbe essere negativa nel senso che comunque il suo assegno non sarà decurtato, ma un chiarimento ufficiale sarebbe rassicurante.

seguifb
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Pensioni, piu' benefici previdenziali ai lavoratori che estraggono amianto
La misura riguarderà circa 200 lavoratori dell'Isochimica di Avellino che si sono ammalati di amianto. Si estendono, inoltre, per il triennio 2015-2017 le prestazioni assistenziali erogate dal Fondo vittime dell'amianto.
Kamsin L'articolo 1, commi 116 e 117 della legge di stabilità 2015 (legge 190/2014) introducono alcuni benefici previdenziali per i lavoratori operanti nelle imprese che rimuovono l'amianto. In particolare con la misura:
1) si estendono (in via sperimentale per il triennio 2015-2017) le prestazioni assistenziali erogate dal Fondo per le vittime dell’amianto (nel limite delle risorse disponibili nel Fondo stesso) ai malati di mesotelioma che abbiano contratto la patologia, o, per esposizione familiare, ai lavoratori impiegati nella lavorazione dell'amianto ovvero per comprovata esposizione ambientale;
2) in deroga alla normativa previdenziale vigente, si prevede l’applicazione della maggiorazione contributiva (di cui all’articolo 13, comma 2, della L. 257/1992), ai fini del conseguimento del diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico (solamente nel corso del 2015 e senza la corresponsione di ratei arretrati), anche per gli ex lavoratori, occupati in specifiche imprese (esercenti attività di scoibentazione e bonifica e con attività di lavoro cessata per chiusura, dismissione o fallimento e il cui sito sia interessato dal Piano di Bonifica da parte dell'Ente territoriale), a condizione che non abbiano maturato i requisiti anagrafici e contributivi previsti dalla normativa vigente e che risultino malati con patologia asbesto correlata accertata e riconosciuta dalle disposizioni vigenti.
Si ricorda che l’articolo 13, comma 2, della L. 257/1992 ha disposto che, con effetto fino a settecentotrenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, i lavoratori occupati nelle imprese che utilizzano ovvero estraggono amianto, anche se in corso di dismissione o sottoposte a procedure fallimentari, e che possano far valere nell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti almeno trenta anni di anzianità assicurativa e contributiva hanno facoltà di richiedere la concessione di un trattamento di pensione secondo la disciplina con una maggiorazione dell'anzianità assicurativa e contributiva pari al periodo necessario per la maturazione del requisito dei trentacinque anni, in ogni caso non superiore al periodo compreso tra la data di risoluzione del rapporto e quella del compimento di sessanta anni, se uomini, o cinquantacinque anni se donne.
Come già anticipato da pensionioggi.it il pensionamento anticipato riguarderà, in particolare, per i lavoratori dell'Isochimica di Avellino ammalati con patologia di asbesto. Secondo le stime del Governo il beneficio interessa circa 200 soggetti con un onere pari circa 25.000 euro annui per ciascun trattamento pensionistico.
Seguifb
Zedde
Pensioni Esodati, la pensione si allontana anche per i salvaguardati
L'aumento della stima di vita interesserà anche quei lavoratori che, in virtu' di speciali disposizioni di legge, mantengono tutt'oggi in vigore le regole di pensionamento antecedenti alla Riforma Fornero.
Kamsin Il recente Decreto 16 Dicembre 2014 ha ufficialmente fissato in 4 mesi l'incremento dell'età pensionabile nel triennio 2016-2018. E' così dal prossimo 1° gennaio 2016 si dovrà lavorare 4 mesi in piu' di quest'anno. Almeno. L'incremento tuttavia non interessa solo i lavoratori che accedono alla pensione con le regole individuate dalla Riforma Fornero del 2011 ma anche quei lavoratori che, sulla base di specifici provvedimenti legislativi possono continuare a godere delle regole ante-Fornero.
Si tratta dei 170mila esodati salvaguardati, soggetti per i quali il legislatore ha approvato ben sei provvedimenti legislativi ad hoc per dargli la pensione prima, l'ultimo con la legge 147/2014. Restando, eccezionalmente, in vigore nei loro confronti la disciplina ante-fornero appare utile riassumere le regole di pensionamento.
E' appena il caso di precisare, preliminarmente, che questi soggetti possono accedere alla pensione o con il trattamento di vecchiaia o con la pensione di anzianità ma devono scontare, in entrambi i casi, una finestra mobile standard pari a 12 mesi per i lavoratori dipendenti e 18 mesi per gli autonomi.
Pensione Anzianità - Sino al 31 Dicembre 2015 i lavoratori possono accedere con 40 anni di contributi oppure con il perfezionamento di 61 anni e 3 mesi di età unitamente al quorum 97,3 (con almeno 35 anni di contributi). Dal 2016 serviranno 61 anni e 7 mesi di età unitamente ad quorum di 97,6 (e sempre un minimo di 35 anni di contributi).

Pensione Vecchiaia - Sino al 31 Dicembre 2015 per i lavoratori e le lavoratrici del pubblico impiego bastano 65 anni e 3 mesi di età. Dal 2016 il requisito anagrafico passa a 65 anni e 7 mesi. Piu' ripido invece l'incremento per le lavoratrici private. Secondo la vecchia normativa sino al 31 Dicembre 2014 bastavano 60 anni e 4 mesi che diventano, per effetto della legge 111/2011, 60 anni e 6 mesi dal 1° gennaio 2015 e schizzano, considerando anche la stima di vita di 4 mesi, a 61 anni e 1 mese dal 1° gennaio 2016.

Queste norme, come già indicato, si applicano solo ai lavoratori destinatari delle cosiddette salvaguardie detti, in gergo, esodati.
Seguifb
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Riforma Pensioni, si riapre la partita sulle ricongiunzioni
Una proposta di legge all'esame della Commissione Lavoro della Camera si propone la totale abolizione degli oneri richiesti per i trasferimenti all'Inps.
Kamsin Riprenderanno dopo le feste i lavori della Commissione lavoro della Camera. È all'esame in questi giorni la proposta congiunta (C/225 Fedriga e C/929 Gnecchi) per modificare le regole sulle ricongiunzioni dei contributi pensionistici di chi ha avuto carriere lavorative "discontinue". Dopo l'introduzione della legge 122/2010 che ha abolito il trasferimento gratuito dei versamenti al Fondo Inps dei lavoratori dipendenti, le ricongiunzioni richiedono oggi un costo insostenibile per gli interessati, al punto che col provvedimento allo studio della Commissione si propone la totale abolizione degli oneri richiesti per i trasferimenti all'Inps.
Ma c'è di piu'. La proposta di legge unificata, oltre all'eliminazione degli oneri per l'esercizio della ricongiunzione dei contributi, prevede la possibilità di restituire gli oneri versati. Trattamento di favore anche per coloro che hanno accettato gli oneri della ricongiunzione, oppure la totalizzazione dei contributi, pur di raggiungere il pensionamento. Potranno chiedere il ricalcolo più favorevole di queste operazioni entro dodici mesi dall'entrata in vigore della nuova legge.
La proposta, inoltre, intende equiparare i requisiti contributivi pensionistici dell'INPS e dell'ex INPDAP, ed offrire la possibilità a coloro che sono iscritti a qualsiasi cassa previdenziale di poter ottenere, a domanda, una pensione supplementare con il sistema contributivo per coloro che sono già titolari di pensione.
Anche contro il pacchetto "ricongiunzioni", impensabile dopo la riforma Fornero, è stato opposto dal ministero del Lavoro il solito ostacolo della mancanza delle risorse necessarie per un provvedimento di questa portata. Il finanziamento sarebbe invece rinvenibile a parere della Commissione iniziando dal cancellare il requisito di 20 anni di contributi oggi richiesto per esercitare il cumulo introdotto di recente dalla legge 228/2012. Sempre secondo la Commissione la legge di stabilità 2015 offre margini di manovra grazie ai risparmi che derivano dal nuovo limite all'importo delle pensioni, comprese quelle già liquidate, che non potrà essere superiore a quello spettante con le norme ante riforma.
Seguifb
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Pensioni, la crisi colpisce gli assegni. Nel 2015 aumenti irrisori
La frenata dell'inflazione limiterà la crescita degli assegni nel 2015 e i pensionati dovranno restituire all'Inps i soldi elargiti in eccesso.
Kamsin Inizio d'anno amaro per i pensionati italiani. L'inflazione più bassa del previsto avrà effetti sulla consueta rivalutazione degli assegni ed a gennaio l'Inps taglierà i trattamenti riducendo gli importi. I calcoli sono facili: dato che l'andamento dei prezzi a fine 2014 (l'1,1% ) è stato più basso rispetto alle previsione dell'1,2 sulla base della quale, l'anno scorso, era stato calcolata la consistenza delle pensioni i pensionati devono restituire allo Stato i soldi elargiti in eccesso. Uno 0,1% in meno di inflazione reale rispetto a quella prevista.
A conti fatti una pensione minima (importo intorno ai 500 euro lordi) perderà 5,40 euro su dicembre 2014, mentre a una da 1.500 euro mancheranno 16,30 euro. La pessima sorpresa, però, avrà un effetto limitato al mese di gennaio perchè già a partire da febbraio la rivalutazione automatica prevista per il 2015 (calcolata sulla base di un'inflazione annua dello 0,3%) porterà nelle tasche di un pensionato con il trattamento al minimo 1,50 euro in più sul 2014 e tre euro di maggiorazione per una pensione da 1.500 euro. Insomma un piccolo recupero dopo la brutta sorpresa di inizio anno. Anche se bisognerà aspettare fine maggio per recuperare quanto perso a fine gennaio.
Il meccanismo - L'inflazione incide anche sul valore della pensione. E, proprio per scongiurare che con il passare del tempo l'assegno perda potere d'acquisto, esiste un meccanismo di salvaguardia che prende il nome di perequazione o rivalutazione automatica e che indica esattamente l'adeguamento periodico di quanto si percepisce all'aumento del costo della vita.
L'Istat determina la percentuale di incremento del livello dei prezzi da un anno all'altro ed eroga, da quel momento in avanti, la pensione aumentata di quella percentuale. Nel corso degli ultimi anni la leva della rivalutazione è stata ampiamente utilizzata — secondo diverse modalità — per realizzare risparmi per le casse dello Stato. Per il 2015 il meccanismo prevede l'adeguamento al 100% dell'indice Istat per le pensioni fino a tre volte il trattamento «minimo» (1.503,64 euro), mentre per quelle di importo superiore la rivalutazione sarà via via decrescente, fino a scomparire, come si vede nella tabella. Il punto è che per il 2015 proprio l'indice Istat utile per la perequazione — fissato a novembre dal ministero dell'Economia — sarà solo dello 0,30% e, dunque, i benefici saranno di conseguenza prossimi allo zero. Non solo, Poiché per il 2014 sono stati corrisposti incrementi superiori dello 0,10% a quanto dovuto, il risultato sarà un aumento ancora più basso: solo 0,20%. Per i trattamenti sopra i 3mila euro mensili lordi, per effetto di ulteriori aggiustamenti e conguagli, si arriverà addirittura a un taglio dell'assegno.
In tema di pensioni, è arrivata almeno una schiarita sul «caos date» per i pagamenti. La legge di stabilità ha fissato che gli assegni Inps saranno liquidati il primo del mese mentre quelli Inpdap il 16, così come è avvenuto fino ad oggi. Invece, per i titolari di due o più pensioni e nello specifico quelle di reversibilità, invalidità civile e di rendite vitalizie per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro le prestazioni saranno liquidate il 10 del mese. Ma ieri l'Inps ha ridimensionato la portata della novità indicando che nel mese di gennaio non ci sarà nessuna novità sul calendario dei pagamenti delle pensioni: gli assegni verranno liquidati come sempre il primo del mese e il 16 del mese. La questione si presenterà però nei mesi successivi, per cui occorrerà trovare «una soluzione ha precisato l'Inps. Il quale ha spiegato che «il problema riguarda i soli pensionati che incassano più assegni legati a carriere sia nel settore pubblico che in quello privato». Per loro, stando alla legge di Stabilità, la data sarebbe il 10 del mese.
Seguifb
Zedde
Riforma Pensioni, con Boeri più vicina una modifica dell'età pensionabile
Il Professore giudicava «inique» le pensioni calcolate con il metodo retributivo, in vigore parzialmente fino alla riforma Fornero, in quanto assicurano un assegno previdenziale superiore a quello che si avrebbe con il solo metodo contributivo.
Kamsin La missione di Boeri all'Inps non è semplice. «Il nostro Paese è segnato da importanti cambiamenti demografici» e dunque quello delle pensioni è un terreno minato. «Lo verifico anche in queste ore», si limita a dire il neo-commissario . Gli «importanti cambiamenti demografici» di cui parla Boeri sono quelli che finiscono per imporre una specie di patto tra generazioni sulle pensioni. In pratica, è necessario trovare qualcuno in grado di sbrecciare il muro che divide oggi giovani e anziani. Insieme a Fabrizio e Stefano Patriarca, Boeri ne aveva parlato un anno fa in un articolo pubblicato su «La Voce.info», il sito economico di cui è stato fin dall'inizio l'ispiratore.
Cerchiamo di mandare a mente le tesi dell'economista. Boeri e Patriarca spingono per un'operazione basata sul seguente presupposto: «Principi di equità distributiva e intergenerazionale legittimano interventi sulle pensioni in essere circoscritti a 1) redditi pensionistici al di sopra di un certo importo e 2) su quella parte della prestazione che non è giustificabile sulla base de contributi versati, vale a dire la differenza fra le pensioni che si sarebbero maturate con il sistema contributivo definito dalla legge del 1995, e quelle effettivamente percepite». In pratica, si dovrebbero ricalcolare con il metodo contributivo (che mette in relazione l'importo dell'assegno con i contributi versati), tutte le prestazioni previdenziali liquidate nei decenni passati. E a quelle (superiori a 2mila euro ) che non rispettano l'equilibrio versamenti/prestazioni si dovrebbe applicare un taglio.
I due economisti si sono spinti anche a simulare gli effetti dell'operazione. Il numero dei 'colpiti' si aggirerebbe attorno a 1,7 milioni di persone: 850mila ex dipendenti privati (soprattutto pensionati di anzianità), 770mila ex pubblici e 100mila ex autonomi. La sforbiciata dovrebbe essere progressiva: meno 20% sulla quota in più garantita dal metodo retributivo per pensioni tra 2mila e 3mila euro; meno 30% per quelle tra 3mila e 5mila; meno 50% per quelle superiori a 5mila. In soldoni, ogni assegno in ballo subirebbe una decurtazione tra il 3 e il 10 per cento. Il gettito ottenibile sarebbe pari a circa 4,2 miliardi.
Il Boeri oggi diventato presidente dell'Inps, proverà ad applicare quella ricetta? «Credo in quel che ho scritto», si limita a rispondere. Tutti capiscono che tanta prudenza si spiega con i precedenti in una materia estremamente delicata, e quindi, molto probabilmente questo progetto sarà accantonato. Ma sulle pensioni il 2015 potrebbe riservare alcune sorprese mascherate sotto-forma di flessibilità in uscita. Proprio alla Vigilia di Natale, mentre ìl premier Renzi negava in un'intervista al Quotidiano nazionale la possibilità di interventi sulle pensioni, Gutgeld, con altrettanta sicurezza, in un'intervista a Repubblica affermava l'esatto contrario: nel 2015 il tema della previdenza sarà ai primi posti nell'agenda del governo, sia pure con un approccio più furbo, meno punitivo di quello prospettato un anno fa.
Ora Gutgeld non dice più che bisogna tagliare le pensioni retributive in essere, ma quelle future, pagando «agli ultracinquantenni che hanno perso il posto l'assegno sulla base del sistema contributivo, e solo su quello, non un euro di più». Uno strumento che già esiste e che potrebbe essere esteso in favore di tutti i lavoratori. Si tratta dell'opzione donna (articolo 1, comma 9 della legge 243/04) che consente un anticipo dell'età pensionabile a quelle lavoratrici che accettano il ricalcolo dell'assegno con il contributivo puro a condizione che abbiano 57 anni e 3 mesi di età e 35 anni di contributi. In sostanza c'è una rinuncia alla quota retributiva eventualmente maturata. Un intervento, peraltro, più facile da proporre e da digerire. Vedremo se il 2015 riserverà tale sorpresa.
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