Pensioni

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Tra le altre scelte che il Governo si accinge a compiere nelle prossime settimane c'è quella sull'attuale sistema di uscite verso la pensione che secondo molti all'interno dell'esecutivo dovrebbe essere reso più flessibile. La stessa recente nomina di Tito Boeri alla presidenza dell'Inps potrebbe favorire un restyling pensionistico.

Kamsin Il premier durante le feste natalizie ha subito fatto capire che la nomina di Boeri non rappresenta il primo passo verso nuovi interventi in materia previdenziale. Ma, come afferma il sottosegretario all'Economia, Pier Paolo Baretta, «una manutenzione della legge Fornero» potrebbe essere «utile» ed il governo esaminerà, in occasione della Riforma della Governance dell'Inps, quelle proposte volte ad introdurre maggiore flessibilità delle uscite verso il pensionamento.
 
Fonti vicine a Palazzo Chigi fanno osservare come già in questa direzione si colloca un emendamento alla legge di stabilità approvato in Parlamento con cui sono state eliminate le penalizzazioni per chi va in pensione con il requisito dei 42 anni di anzianità contributiva prima di aver compiuto i 62 anni di età. Vediamo dunque quali sono le ipotesi attualmente sul tavolo di Palazzo Chigi e cosa significano per i lavoratori.

La prima, nota a molti, è quella relativa ai pensionamenti flessibili. L'ipotesi vuole far agguantare la pensione a chi ha raggiunto almeno 62 anni e 35 di contributi, seppur con una penalità dell'8%. La penalità decresce del 2% l'anno per ogni anno di permanenza sul lavoro e, pertanto, si azzera al compimento di 66 anni. 

C'è poi l'ipotesi di consentire il pensionamento con il perfezionamento della quota 100 (somma di anzianità contributiva e anagrafica) cara al presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano. Qui si vuole introdurre un meccanismo simile alla vecchia pensione di anzianità partendo da un minimo anagrafico e contributivo con il contestuale perfezionamento di una quota data dalla somma dell'età anagrafica e contributiva. Nei fatti si potrebbe accedere alla pensione con 62 anni e 38 anni di contributi, con 61 anni e 39 di contributi oppure con 60 anni e 40 di contributi.

Da menzionare anche il cd. prestito pensionistico, un'idea elaborata dall'Ex ministro del lavoro, Enrico Giovannini, che consentirebbe di anticipare l'età pensionabile sino ad un massimo un paio d'anni rispetto ai requisiti vigenti. L'anticipo poi sarebbe restituito con dei micro prelievi una volta conseguito l'assegno previdenziale. Infine, un'altra ipotesi rilanciata in questi giorni dopo la nomina di Boeri all'Inps è quella di estendere in favore di tutti i lavoratori l'opzione per il calcolo contributivo dell'assegno in cambio di un anticipo sull'età pensionabile. Qui si potrebbero ottenere anticipi molto piu' consistenti al prezzo però di un assegno decurtato anche del 25% rispetto alle regole standard.

Il confronto a Palazzo Chigi è già partito. Del resto sul versante previdenziale c'è già un intervento obbligato nell'agenda del Governo: la riforma della governance dell'Inps che dovrà diventare più snella e funzionale. Riforma che potrebbe vedere la luce entro febbraio. Entro tale mese, pertanto, si dovrebbero conoscere le intenzioni del Governo. Sullo sfondo c'è poi la decisione della Consulta sul referendum abrogativo della Riforma Fornero. Se dovesse essere giudicato ammissibile, ipotesi per ora remota, il Governo dovrebbe proporre una Riforma molto piu' profonda.

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Nella prima versione della Stabilità la sforbiciata era di 300 milioni. Poi si è via via ridotta. Prima a 150 milioni, poi a 75. E, infine a 35. Ora dimagrirà solo dell'8% il Fondo totale di 440 milioni a disposizione dei patronati.

Kamsin La tagliola sui fondi dei patronati è stata notevolmente allentata dal governo Renzi. Nella legge di stabilità la riduzione prevista scende a 35 milioni, al posto dei 150 inizialmente messi in cantiere. Di conseguenza il prelievo sui lavoratori dipendenti diventerà più leggero. Scende da 0,226 a 0,207 la percentuale di contributi previdenziali obbligatori destinati al finanziamento di queste strutture.

E altre novità si fanno strada. Vengono infatti esclusi dal finanziamento gli enti che non riescono ad effettuare un numero consistente di pratiche. Per ciascuno la soglia limite è infatti di una quota dell'1,5% (in precedenza era del 2,5%), sul totale nazionale. Ma il pericolo di escludere definitivamente i più piccoli da questo grande business sembrerebbe sventato. I patronati minori, che non riescono a detenere questa percentuale, in quanto svolgono un'attività ridotta, potrebbero rimanere in piedi prendendo la strada del consorzio, già prevista dalla normativa attuale (la legge 152 del 2001). Le restrizioni, certo, non finiscono qui. C'è un'altra sorpresa, introdotta dalla manovra appena varata.

Saranno ammessi alla ripartizione dei contributi solo quei patronati che operano «in un numero di province riconosciute la cui somma della popolazione sia pari ad almeno il 60% della popolazione italiana accertata nell'ultimo censimento e che abbiano sedi in almeno otto Paesi stranieri», anche se sono esclusi dal rispetto di quest'ultima condizione i patronati delle organizzazioni agricole.

La legge apre poi a nuove competenze. I patronati avranno la possibilità di svolgere, senza scopo di lucro, attività di sostegno, informative, di consulenza, di supporto, di servizio e di assistenza tecnica in favore di soggetti privati e pubblici e, quindi, non solo piu' nei confronti dei lavoratori in materie come diritto del lavoro, sanità, diritto di famiglia e delle successioni, diritto civile e legislazione fiscale, risparmio, tutela e sicurezza sul lavoro.

La novità piu' evidente rispetto al passato, riguarda quelle attività di supporto di consulenza che dal prossimo anno potranno essere svolte anche a favore delle pubbliche amministrazioni sulla base di apposite convenzioni. Non solo. I patronati potranno essere di aiuto anche per i servizi anagrafici o certificativi e nella gestione di servizi di welfare territoriale. Avranno poi un ruolo anche nella riorganizzazione della pubblica amministrazione facilitando il dialogo telematico tra uffici periferici e i cittadini. Le nuove competenze dovranno essere regolate tramite un apposito decreto del Ministero del Lavoro da emanarsi entro il 30 giugno 2015.

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La legge di stabilità riconosce a circa 700 lavoratori genovesi i benefici pensionistici legati all'esposizione ultradecennale all'amianto.

Kamsin Per il conseguimento delle prestazioni pensionistiche da parte dei lavoratori esposti all’amianto attualmente in servizio, con effetto dal 1° gennaio 2015 e senza corresponsione di ratei arretrati, non si tiene conto (salvo il caso di dolo da parte del soggetto interessato, accertato giudizialmente con sentenza definitiva) dei provvedimenti di annullamento delle certificazioni rilasciate dall’INAIL per il conseguimento dei benefici pensionistici previsti dalla normativa vigente per gli stessi lavoratori.

E' quanto prevede l'articolo 1, comma 112 della legge di stabilità (legge 190/2014), provvedimento che è entrato in vigore lo scorso 1° gennaio 2015. 

Con la norma si dispone che non dovranno essere considerati i provvedimenti di annullamento delle certificazioni rilasciate dall’INAIL (salvo dolo provato dell’interessato) per il conseguimento dei benefici previsti dall’art. 13, c. 8, della L. n. 257/1992 secondo cui, ai fini delle prestazioni pensionistiche, per i lavoratori esposti all'amianto per un periodo superiore a 10 anni l'intero periodo lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali è moltiplicato per il coefficiente di 1,25.

La novella dovrebbe risolvere la vicenda di oltre 700 lavoratori genovesi ai quali erano stati annullati dall'Inail i benefici pensionistici legati all’esposizione all’amianto per l'avvio di dell'indagine giudiziaria sulle cd. false pensioni.

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La legge di Stabilità non ha bloccato l'aumento dei contributi alla gestione separata dell'Inps, dando via agli aumenti. Dall'1° gennaio 2015 si passerà dal 27,72 al 29,72% e poi un punto l'anno fino al 33,72%.

Kamsin Sul tavolo del consiglio dei ministri dopo il termine delle vacanze di natale ci sarà un intervento in favore dei professionisti e della loro previdenza. Matteo Renzi ha infatti annunciato un provvedimento ad hoc al fine di colmare il gap normativo verificatosi nei confronti dei professionisti nell'approvazione della citata legge e relativo al blocco dell'aliquota contributiva Inps al 27% e all'innalzamento del volume d'affari per coloro che vorranno accedere al regime forfettario.

Nell'occhio delle polemiche ci sono proprio questi due nodi, minimi ed aliquote previdenziali. In relazione al regime dei minimi, che adottato sotto la gestione Tremonti, aveva scelto un forfettone semplificato a 30 mila euro con prelievo del 5%, ora, con la legge di stabilità, si vede cambiare l'asticella che è stata abbassata per «le attività professionali, scientifiche, tecniche, sanitarie, di istruzione, servizi finanziari e assicurativi» a 15 mila euro con una tassazione del 15% (ma applicato al 78% del fatturato, perché si presume un'incidenza dei costi del 22%). Vengono esclusi dal forfait al 15% coloro il cui reddito supera i 20 mila euro. Nella sostanza un duro colpo per i professionisti che contrasta con gli slogan governativi dell'abbassamento della pressione fiscale e di semplificazione.

La manovra sui minimi, tra l'altro, s'accompagna all'aumento dei contributi previdenziali per gli iscritti alla gestione separata dell'Inps, previsto dalle disposizioni del governo Monti, che balza di due punti percentuali (al 29,72%) e, nel 2018, finirà per sfiorare quota 33%. Un'aliquota superiore sia a quella che versano i lavoratori dipendenti che gli autonomi come i commercianti ed artigiani (22-23%), che non concede prestazioni previdenziali piu' robuste. Anzi. La liquidità della gestione separata dell'Inps viene utilizzata per sostenere il fondo lavoratori dipendenti dell'Inps ora in forte deficit dopo l'accorpamento con l'Inpdap e la cassa dirigenti.

Dal provvedimento governativo si attende dunque una revisione del regime dei minimi per i professionisti, in primis l'innalzamento del volume d'affari almeno a 30 mila euro, e una contestuale riduzione del prelievo fiscale al 5%. Inoltre occorrerà considerare che a parità di reddito, mentre per i professionisti iscritti alla gestione separata Inps, l'importo dei contributi è calcolato sulla base di un'aliquota del 28%, per le imprese e per gli autonomi l'aliquota applicata è del 22% circa, ben 6 punti percentuali in meno. L'unificazione delle aliquote rappresenta, in questo caso, la soluzione ideale per trattare alla pari tutti i lavoratori.

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Scadono il 5 Gennaio i termini per la presentazione delle istanze di accesso ai benefici previdenziali connessi alla sesta salvaguardia.

Kamsin Domande al rush finale per la sesta salvaguardia. I lavoratori che intendano fruire delle regole pensionsionistiche ante-Fornero hanno tempo sino a Lunedì 5 Gennaio 2015 per la presentazione delle istanze di accesso alla DTL o all'Inps. Sono 32.100 i soggetti che potenzialmente potranno accedere alla tutela introdotta con la legge 147/2014. Il beneficio, per i fortunati che vi rientreranno, si tradurrà in un anticipo della pensione di circa 2-4 anni rispetto alle regole attuali.

Vediamo, dunque, di riassumere quali sono le caratteristiche e chi potrà, potenzialmente, presentare domanda per fruire del beneficio.

La legge 147/2014 prevede che possano presentare domanda i lavoratori appartenenti ad uno dei seguenti profili.

a) i lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione anteriormente al 4 dicembre 2011 i quali possano far valere almeno un contributo volontario accreditato o accreditabile alla data del 6 dicembre 2011, anche se hanno svolto, successivamente alla data del 4 dicembre 2011, qualsiasi attivita', non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;

b) i lavoratori il cui rapporto di lavoro si e' risolto entro il 30 giugno 2012 in ragione di accordi individuali sottoscritti anche ai sensi degli articoli 410, 411 e 412-ter del codice di procedura civile, ovvero in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale entro il 31 dicembre 2011, anche se hanno svolto, dopo il 30 giugno 2012, qualsiasi attivita' non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;

c) i lavoratori il cui rapporto di lavoro si e' risolto dopo il 30 giugno 2012 ed entro il 31 dicembre 2012 in ragione di accordi individuali sottoscritti anche ai sensi degli articoli 410, 411 e 412-ter del codice di procedura civile, ovvero in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale entro il 31 dicembre 2011, anche se hanno svolto, dopo la cessazione, qualsiasi attivita' non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;

d) i lavoratori il cui rapporto di lavoro sia cessato per risoluzione unilaterale, nel periodo compreso tra il 1º gennaio 2007 e il 31 dicembre 2011, anche se hanno svolto, successivamente alla data di cessazione, qualsiasi attivita' non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;

e) i lavoratori che, nel corso dell'anno 2011, risultano essere in congedo ai sensi dell'articolo 42, comma 5, del decreto legislativo n. 151 del 2001 e successive modificazioni, o aver fruito di permessi ai sensi dell'articolo 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992, e successive modificazioni;

f) i lavoratori con contratto di lavoro a tempo determinato cessati dal lavoro tra il 1° gennaio 2007 e il 31 dicembre 2011, non rioccupati a tempo indeterminato;

g) i lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione anteriormente al 4 dicembre 2011, ancorche' al 6 dicembre 2011 non abbiano un contributo volontario accreditato o accreditabile alla predetta data, a condizione che abbiano almeno un contributo accreditato derivante da effettiva attivita' lavorativa nel periodo compreso tra il 1º gennaio 2007 e il 30 novembre 2013 e che alla data del 30 novembre 2013 non svolgano attivita' lavorativa riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;

h) i lavoratori collocati in  mobilità ordinaria a seguito  di   accordi  governativi o  non  governativi, stipulati  entro  il 31 dicembre 2011,  cessati dal  rapporto di  lavoro entro il 30 settembre 2012 e  che perfezionano, entro il periodo di  fruizione dell’indennità di  mobilità, ovvero, anche  mediante  il  versamento  di contributi  volontari,  entro  dodici  mesi dalla fine dello stesso periodo, i requisiti previdenziali vigenti al 31.12.2011.

La legge prevede che i soggetti di cui alle lettere a-g possono accedere al beneficio a condizione che la data di decorrenza del trattamento pensionistico (cioè comprensiva della finestra mobile) si apra entro e non oltre il 6.1.2016. 

Per i lavoratori di cui alla lettera h) (cioè i lavoratori nel profilo "mobilità") si richiede invece il perfezionamento di un diritto a pensione con le vecchie regole di pensionamento entro la data di scadenza dell'indennità di mobilità. Sul punto, abbiamo appreso da una nota diffusa dalla Direzione Generale Pensioni in risposta ad un quesito dell'Inca Nazionale, potranno fare domanda anche coloro che maturano un diritto previdenziale, con la vecchia normativa, entro i 12 mesi successivi alla scadenza dell'indennità di mobilità (ordinaria) indipendentemente dalla prosecuzione volontaria dei contributi.

Le domande

I lavoratori di cui alle lettere a), g) ed h) (prosecutori volontari e mobilità) devono presentare istanza di accesso all'Inps mediante procedura online sul sito inps.it; gli altri lavoratori devono invece presentare istanza di accesso tramite dtl (si veda in tal senso la Circolare del Ministero del Lavoro numero 27 del 7 Novembre 2014).

Si ricorda che l'Istituto ha indicato, con il messaggio inps 8881/2014 che i lavoratori che hanno già presentato istanza di accesso al beneficio previsto per 2.500 lavoratori di cui all’art. 11 bis della legge n. 124 del 2013 (c.d. quarta salvaguardia), in possesso di un provvedimento di accoglimento della competente DTL e rimasti esclusi dal contingente numerico, non devono presentare una nuova istanza per accedere ai benefici della salvaguardia in parola. L’Istituto, infatti, provvederà ad individuare d’ufficio i soggetti aventi diritto a rientrare nel nuovo contingente di n. 1800 unità previsto dalla salvaguardia di cui alla legge n. 147 del 2014.

L'Inps provvederà al monitoraggio delle domande di pensionamento inoltrate sulla base della data di cessazione del rapporto di lavoro, e provvederà a pubblicare nel proprio sito internet, in forma aggregata al fine di rispettare le vigenti disposizioni in materia di tutela dei dati personali, i dati raccolti a seguito dell'attivita' di monitoraggio, avendo cura di evidenziare le domande accolte, quelle respinte e le relative motivazioni. Qualora dal monitoraggio risulti il raggiungimento del limite numerico delle domande di pensione ammissibili per il contingente in questione l'INPS non prenderà in esame ulteriori domande di pensionamento finalizzate ad usufruire dei benefici in parola.

Si ricorda, inoltre, che è possibile verificare in anteprima il rispetto dei vari paletti tramite l'apposito programma realizzato da Pensioni Oggi (vai al software)

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Zedde

Qualora passasse il referendum le prestazioni potrebbero essere conseguite a 61 anni e 3 mesi oppure con 40 anni di contributi. Verrebbe abolito anche il sistema contributivo dal 1° gennaio 2012.

Kamsin Dovrebbe iniziare mercoledì 14 gennaio alle 9,30 la camera di consiglio della Corte costituzionale sull'ammissibilità del referendum che intende abrogare la Legge Fornero. Il relatore sarà il giudice Mario Rosario Morelli. Entro il 10 gennaio, Presidenza del Consiglio e ministero del Lavoro dovranno inoltre presentare le memorie per dimostrare davanti ai giudici della Corte l'eventuale inammissibilità del referendum abrogativo, promosso dalla Lega Nord.

Se ci sarà il via libera dei giudici costituzionali, il Governo Renzi dovrà stabilire una data per il voto in una domenica compresa fra il 15 aprile e il 15 giugno.

Semplice il testo del quesito proposto dalla Lega Nord: «Volete che sia abrogato: l'articolo 24 (Disposizioni in materia di trattamenti pensionistici) del decreto legge 6 dicembre 2011, n.2011
modificazioni e integrazioni successive?».

Difficile, però, comprendere se la Consulta darà il via libera. Il fatto, osservano in molti, è che il quesito ha effetti rilevanti sulla stabilità dei conti pubblici e, pertanto, rischia di essere dichiarato inammissibile dalla Consulta.

Qualora la Corte desse il via libera si aprirebbero, tuttavia, scenari molto interessanti. Il Governo sarebbe costretto ad approvare entro la primavera, per evitare la consultazione, una nuova legge in materia previdenziale. Infatti, se il referendum fosse ammesso e delle urne emergesse la volontà di abrogare la Riforma del 2011 si ritornerebbe al vecchio sistema delle quote e delle finestre mobili. Cosa significherebbe in concreto? Che si potrebbe andare in pensione con requisiti molto piu' agevoli rispetto a quelli attuali.

Ad esempio nel 2015 secondo quanto stabiliva la vecchia normativa (si veda la tabella seguente) era possibile accedere alla pensione di anzianità con 61 anni e 3 mesi, unitamente al quorum 97,3 e 35 anni di contributi, oppure, indipendentemente dall'età anagrafica, con 40 anni di contributi.

Effetti positivi anche per le prestazioni di vecchiaia. Invece degli attuali 66 anni e 3 mesi la vecchia normativa chiedeva, per il 2015, 65 anni e 3 mesi di età per gli uomini e per le donne del pubblico impiego e soli 60 anni e 6 mesi per le donne nel settore privato.


Senza contare che verrebbe abolito anche il sistema contributivo dal 1° gennaio 2012 con conseguenze positive sull'importo degli assegni per coloro che erano nel sistema retributivo sino al 2011. Una grana considerevole per Renzi.

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