Buonuscita, Fuori dal calcolo la retribuzione di posizione corrisposta ai funzionari

Valerio Damiani Giovedì, 05 Novembre 2020
L'orientamento della giurisprudenza di legittimità è ormai nel senso di escludere l'emolumento dalla formazione della base contributiva utile per la determinazione della misura dell'indennità premio di servizio per i dipendenti degli enti locali. 

Una delle questioni che spesso interessa chi ha raggiunto la pensione riguarda le modalità di calcolo dell'indennità premio di servizio (IPS), cioè quella somma di denaro “una tantum” corrisposta al dipendente al momento della cessazione dal servizio (a condizione che l’iscritto abbia almeno un anno di iscrizione). Per i dipendenti del settore locale assunti a tempo indeterminato prima del 31 dicembre 2000 il calcolo dell'indennità è infatti particolarmente favorevole in quanto consiste, ai sensi della legge 152/1968 in 1/15 dell’80% della retribuzione di riferimento dell’ultimo anno precedente la cessazione moltiplicato per gli anni utili (ivi compresi quelli riscattati), computando per anno intero la frazione di anno superiore a sei mesi (trascurando quella uguale o inferiore).

La base contributiva utile

La valutazione degli emolumenti al momento della cessazione dal servizio assume quindi una particolare importanza; giacché tanto più ampia è la base contributiva utile tanto maggiore sarà l'indennità conseguibile. A tal fine occorre ricordare che l'articolo 11 della predetta legge 152/1968 stabilisce che la retribuzione contributiva utile ai fini della determinazione della misura dell'IPS è costituita dallo stipendio o salario, comprensivo degli aumenti periodici, della tredicesima mensilità e del valore degli assegni in natura, spettanti per legge o regolamento e formanti parte integrante ed essenziale dello stipendio stesso. Secondo la giurisprudenza di legittimità che si è formata nel solco della pronuncia a sezioni unite della Cassazione (Cass. SU, n. 3673 del 1997) la dizione "stipendio o salario" ha però carattere rigorosamente tassativo dovendosi respingere la tesi secondo cui possa desumersi l'esistenza di un principio di onnicomprensività della retribuzione che abiliti al computo di emolumenti aggiuntivi, ancorchè corrisposti con carattere di fissità e continuità, al di fuori dello stipendio base e dei relativi adeguamenti (come il salario di anzianità) (Cfr. Cass. n. 18999 del 2010, n. 3833 del 2012, n. 10160 del 2001; n. 681 del 2003; n. 9901 del 2003).

Fuori l'indennità di posizione

Sulla base di tale orientamento per quanto riguarda i dipendenti degli enti locali la giurisprudenza di legittimità ha escluso dalla base di calcolo dell'IPS in particolare la retribuzione o l'indennità di posizione ove corrisposta per l'esercizio di funzioni superiori rispetto a quelle previste dalla propria qualifica. Nella sentenza n. 27547/2020 la Cassazione ha infatti affermato che «l'indennità di fine servizio attiene al rapporto a tempo indeterminato quale funzionario e dunque deve essere ancorata al trattamento retributivo formalmente spettante all'assicurato per la sua qualifica come funzionario sulla quale è stato effettuato il trattamento contributivo, e non già all’incarico di dirigente con riferimento al quale è stato calcolato ed ha percepito il TFR».

Con la sentenza n. 1063/2008, peraltro, è stato affermato che l'ampliamento della base contributiva prevista per il TFR non ha effetti ai fini della determinazione dell'IPS «posto che i contratti collettivi, salvo che non siano a tanto abilitati da specifiche disposizioni di legge, non possono in alcun modo disporre o comunque modificare i rapporti previdenziali, distinti dai rapporti di lavoro, intercorrenti tra soggetti diversi e disciplinati da norme legali inderogabili».

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