Camere di Commercio, Il lavoro straordinario non entra nella base di calcolo dell'indennità di Anzianità

Bernardo Diaz Venerdì, 05 Marzo 2021
La Corte di Cassazione riafferma i criteri di computo degli elementi retributivi che concorrono al calcolo del TFS per il personale delle Camere di Commercio.
Il lavoro straordinario e gli altri elementi accessori dello stipendio non sono utili ai fini della determinazione della misura del TFS per il personale delle camere di commercio. E' il principio espresso dalla Cassazione con la sentenza n. 5831/2021 con il quale i giudici ricostruiscono il quadro normativo.

I chiarimenti riguardano i criteri di accertamento della base retributiva ai sensi dell'articolo 3, co. 2 della legge n. 125/1968 per il personale delle Camere di Commercio. L'articolo 77 del D.I. del 12 luglio 1982, come noto, fissa come base di calcolo dell'indennità di anzianità l'ultima retribuzione corrisposta a titolo di stipendio, tredicesima mensilità ed «altri assegni pensionabili e quiescibili». L'indennità è pari ad 1/12 dello stipendio annuo complessivo moltiplicato per gli anni utili.

La Corte di Cassazione spiega che tale normativa è rimasta immutata sia dopo la privatizzazione del rapporto di lavoro (avvenuta con legge n. 680/1993) sia dopo la Riforma Dini (legge n. 335/1995) nonché dopo l'entrata in vigore del DPCM 20.12.1999 nei confronti dei dipendenti della Camera di Commercio in servizio alla data di entrata in vigore del predetto DPCM. In particolare la Corte ha respinto la tesi secondo cui, essendo dopo la legge 335/1995 tutte le voci retributive pensionabili, dal 1° gennaio 1996 tutte confluirebbero nella base di calcolo della indennità di anzianità, giacchè l'art. 77 del decreto del 1982 vi include le indennità pensionabili.

Di conseguenza, precisa la Corte, è corretto escludere dal computo, nell'ultima retribuzione utile alla determinazione della indennità di anzianità, del compenso per lavoro straordinario, del compenso incentivante e dell'indennità ex art. 36 del CCNL di comparto. La decisione, peraltro, si pone nel solco dell'orientamento ormai consolidato della Cassazione (cfr: ex multis Cass. n. 852/2018).

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