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L'aumento della stima di vita interesserà anche quei lavoratori che, in virtu' di speciali disposizioni di legge, mantengono tutt'oggi in vigore le regole di pensionamento antecedenti alla Riforma Fornero.

Kamsin  La Circolare Inps 63/2015 ha fissato gli effetti del prossimo incremento dell'età pensionabile nel triennio 2016-2018. E' così dal prossimo 1° gennaio 2016 si dovrà lavorare 4 mesi in piu' di quest'anno. Per la pensione anticipata bisognerà raggiungere i 42 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 mesi per le donne) mentre per la vecchiaia saranno necessari 66 anni e 7 mesi (65 anni e 7 mesi per le lavoratrici dipendenti e 66 anni ed un mese per le autonome).

Nella Circolare c'è, tuttavia un passaggio che ha destato tra i lettori di pensionioggi.it molta confusione. Il passaggio "incriminato" è il seguente: "Ciò posto, dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2018, i soggetti per i quali continuano a trovare applicazione le disposizioni in materia di requisiti per il diritto a pensione con il sistema delle c.d. quote, possono conseguire tale diritto ove in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 35 anni e, se lavoratori dipendenti pubblici e privati, di un’età anagrafica minima di 61 anni e 7 mesi, fermo restando il raggiungimento di quota 97,6, e, se lavoratori autonomi iscritti all’Inps, di un’età anagrafica minima di 62 anni e 7 mesi, fermo restando il raggiungimento di quota 98,6". Molti lettori hanno interpretato questa disposizione nel senso che fossero tornate in vigore le pensioni con le quote in forma generalizzata e che quindi fosse possibile uscire con 61 anni e 7 mesi di età e 35 anni di contributi. Viene sorridere perchè, naturalmente, non è così.

Il passaggio infatti si riferisce solo a due categorie "particolari" di lavoratori per i quali è ancora oggi previsto il sistema delle quote. Da un lato ci sono i lavoratori salvaguardati, cioè coloro che sulla base di specifici provvedimenti legislativi possono continuare a godere delle regole ante-Fornero, tra cui c'era, per l'appunto, la possibilità di accedere alla pensione con le cd. quote. Sono 170mila i lavoratori che si trovano in questa condizione e, per avvalersi di questo beneficio, bisogna rispettare parecchi vincoli e condizioni stabiliti in sei diversi provvedimenti di salvaguardia. Si tratta comunque di lavoratori che avevano perso il lavoro entro il 2011 o che avevano, sempre entro tale data, stipulato accordi con il datore che prevedevano l'uscita nei mesi successivi.

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Dall'altro lato ci sono i lavoratori addetti a lavori particolarmente faticosi e pesanti e notturni ai sensi di quanto previsto dal Dlgs 67/2011 (vedi voce lavori usuranti). Anche per questi lavoratori è, infatti, previsto un canale di uscita basato sulle cd. quote che chiederà, per il triennio 2016-2018, il perfezionamento di almeno 61 anni e 7 mesi di età unitamente ad quorum di 97,6 (per gli autonomi i requisiti sono di un anno piu' elevati).

E' appena il caso di precisare che chi beneficia di questa normativa riporta in vita anche il vecchio sistema basato sulle finestre mobili. E quindi dovrà attendere 12 mesi o 18 mesi dal perfezionamento dei suddetti requisiti prima di poter ottenere la liquidazione della prestazione.

L'Inps propone anche un esempio di come deve essere condotta la verifica per il diritto a pensione. Ad esempio per verificare il raggiungimento del requisito al 31 ottobre 2016 di un lavoratore nato il 20 marzo 1955 con 1877 settimane di contributi bisogna trasformare l’età e i contributi del lavoratore in questo modo: 61 anni e 225 giorni sono pari a (61+225/365)= 61,616 anni; si divide quindi il numero di contributi per le settimane (1877/52) e si ottiene il valore 36,096 anni. La somma tra età e anzianità contributiva alla data del 31 ottobre 2016 è pari a 61,616 + 36,096 = 97,712.  Il lavoratore ha quindi raggiunto il diritto a pensione avendo superato quota 97,6 ed essendo in possesso dei requisiti minimo di 61 anni e 7 mesi di età e 35 anni di contribuzione.

Ad ogni modo, dunque, un lavoratore dipendente, pubblico o autonomo che non si riconosca in una delle due deroghe appena citate non potrà fruire delle quote. Ma dovrà attendere i requisiti previdenziali introdotti dalla Riforma Fornero citati all'inizio dell'articolo.

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Zedde

Per ogni lavoratore indipendentemente dal reddito percepito, il datore di lavoro dovrà versare 5.000 euro l'anno per 40 anni. «Il principio - spiega Siri - è lo stesso della Flat Tax; tutti percepiranno la stessa pensione indipendentemente dal reddito.

Kamsin A esprimere parere favorevole nei confronti della proposta di Armando Siri, condivisa dalla Lega Nord, che lega il sistema di previenza sociale alla Flat Tax così da garantire a ciascun lavoratore mille euro di pensione al meseper quattordici mensilità è Nino Galloni, oggi membro effettivo del Collegio dei sindaci dell'Inps per conto del Ministero del Lavoro, dove è stato direttore generale a partire dal maggio 1990.

Lo riporta oggi un articolo comparso sul quotidiano Il Tempo. «La proposta di Armando Siri - spiega Galloni - renderebbe più conveniente per le imprese la stabilizzazione dei lavoratori piu pagati, riducendo il cuneo, ma lasciando invariata la contribuzione a carico del lavoratore. Questa sembrerebbe una delle poche proposte in grado di contrastare l'errore gravissimo che si commise trent'anni fa volendo scambiare la flessibilità con l'occupazione invece che col salario. Quell'errore produsse la precarizzazione e i bassi salari che rendono e soprattutto renderanno socialmente insostenibile attuale modello a contribuzione».

Il programma di Siri prevede per i lavoratori dipendenti un versamento annuale medio di 7.500 euro (5.000 di contributo annuale fisso a carico del datore di lavoro a prescindere dal reddito percepito dal lavoratore e un contributo pari al 10% della retribuzione a Carico del dipendente). Tale versamento in 40 anni produrrà una contribuzione complessiva di 300mila euro che, calcolando vent' anni di erogazione della pensione in base all' aspettativa di vita media, consentirà al lavoratore di ottenere una pensione di mille euro al mese netti. Per i lavoratori autonomi invece la pensione viene così calcolata: 3.500 euro di versamenti all'anno per 35 anni danno diritto a 500 euro di pensione al mese; 3.500 euro per 40 anni daranno una pensione di 600 euro al mese; con 5.000 per 40 anni si avrà diritto invece a mille euro al mese.

La riforma di Siri si applicherebbe a tutti i lavoratori a prescindere dal reddito e senza vincolo di età. Quindi sarebbe possibile andare in pensione anche a 60 anni purchè siano stati raggiunti 40 anni di versamenti. Gli unici parametri sono infatti il numero di anni e l'entità di effettiva contribuzione.

Nel nuovo sistema saranno coinvolti tutti i neo-lavoratori e quelli che hanno fino a 10 anni di anzianità ai quali, nel caso di versamenti superiore i a 5.000 euro verrà erogata una tantum dall'Inps per recuperare la differenza. I lavoratori che hanno fino a 25 anni di anzianità contributiva potranno invece scegliere il nuovo sistema solo se la loro aspettativa di pensione è superiore ai mille euro al mese e, in questo caso, otterranno un rimborso rateizzato in tre anni per recuperare la differenza.

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Zedde

Il salario minimo arriverà anche in Italia, i cui dettagli saranno definiti in uno dei prossimi decreti attuativi del Jobs Act. Il Fismic, il sindacato dei lavoratori autonomi, appoggia la misura. 

Kamsin La teoria neoclassica dell'occupazione sostiene che il livello di occupazione dipenda dall'equilibrio tra domanda e offerta in base al suo «prezzo»: il salario. La teoria sostiene quindi che esiste un salario di equilibrio al quale si può realizzare la piena occupazione. Ovviamente la visione di un paese con piena occupazione è del tutto utopica, ma di certo non si può non tener conto dell'importanza che possiede il «salario» come fattore determinante del mercato del lavoro.

Tra tutti i paesi maggiormente industrializzati, l'Italia (e fino a all'estate scorsa la Germania) è uno dei pochi paesi a non aver adottato la misura di un salario minimo ossia la più bassa paga oraria, giornaliera o mensile che i datori di lavoro devono per legge corrispondere a impiegati ed operai e al di sotto della quale non possono assumere. Come accennato in precedenza, in Italia esistono pensioni minime ma un livello di salari minimi non è previsto da leggi nazionali, ma bensì dalla contrattazione tra le parti sociali ossia tra sindacati ed imprese, escludendo così molti dei lavoratori con contratti atipici; e inoltre nella prassi giuridica la magistratura italiana ha preso sovente riferimento la pensione sociale minima erogata dall'Inps come soglia minima vitale. Con l'introduzione della nuova legge di Stabilità 2015 anche questo scenario sarà completamente modificato con incidenze, si spera, positive per il mercato del lavoro e i tassi di occupazione.

Il salario minimo arriverà anche in Italia. Al momento bisogna solo stabilire la cifra esatta, che al momento oscilla tra i 6,5-7 euro l'ora e si applicherà proprio nei settori che non sono già regolati da un accordo nazionale. La Fismic sostiene anche questa svolta decisiva portata avanti nel Jobs Act, nonostante le proteste di abrogazione diventate ormai uno standard di contestazione da parte di taluni sindacati verso riforme che puntano alla crescita del Paese.

L'Italia è tra i pochissimi a non avere ancora il salario minimo ma questo cambiamento potrebbe apportare finalmente una svolta positiva per tutte quelle persone che, essendo escluse dal contratto collettivo, non godono di molte agevolazioni che invece ogni lavoratore indipendentemente dalla tipologia di contratto ha diritto a ricevere. In Italia le retribuzioni sono frutto di contrattazione
tra le parti sociali, tra dipendente e datore di lavoro ed è per questo che i sindacati hanno un ruolo importante e determinante.

L'introduzione di una soglia minima di salario regolamentata dallo Stato è stata presa dalla Fiom come un ulteriore modo di sminuire la voce del sindacato, e rischia quindi di divenire un ulteriore punto di scontro. Quello che forse la Fiom non riesce a concepire è che è improponibile che proprio un sindacato, che difende i diritti di tutti i lavoratori possa andare contro ad un decreto che garantisce a ogni singolo lavoratore, indipendentemente dal contratto sottoscritto, il diritto a un minimo salariale fine a garantire uno standard di vita adeguato. Il governo probabilmente interverrà solo nei settori che non sono già regolamentati da un contratto nazionale.

Gli stage e i contratti a progetto non fanno riferimento ad alcun contratto nazionale di lavoro e a un livello di inquadramento con il relativo salario base: i rapporti di lavoro regolati da queste tipologie contrattuali non prevedono alcun salario minimo. Niente a che vedere con il reddito minimo garantito che invece, è una somma che viene garantita per vivere. Ci sarebbe bisogno di andare al di là degli scontri di posizione 'e considerare che il salario minimo sarebbe un aiuto sostanziale per tutti quei cittadini che lavorano ma che purtroppo cadono nella categoria dei «lavoratori poveri», che nonostante il lavoro hanno enormi difficoltà ad affrontare spese giornaliere e/o arrivare a fine mese.

Si stimolerebbe così l'aumento dei posti di lavoro indotto dalla spinta ai consumi e della domanda interna tramite retribuzioni più alte e concentrate nel segmento di reddito meno abbiente. Il salario minimo, oltre a garantire il diritto ad una paga oraria dignitosa per ogni lavoratore, diminuendo quindi lo sfruttamento, costituisce un incentivo al consumo per le fasce di popolazione più povere, migliorando in questo modo l'economia. Come anticipato dal Corriere della Sera, da Palazzo Chigi assicurano che nel giro di qualche settimana arriverà sul tavolo del consiglio dei ministri il decreto che riscrive le regole sulla retribuzione minima. Si auspica che questa sia un'ulteriore manovra che agevola i lavoratori e che manifesti lo sforzo concreto da parte del governo a migliorare il mercato del lavoro e l'economia del nostro Paese.

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Zedde

A cura di Sara Rinaudo - Sindacato Autonomi Fismic

"Per la riforma delle pensioni bisogna fare tre cose molte precise: abbassare l'età pensionabile, ripristinare le pensioni di anzianità a partire dai lavori più pesanti e non rimanere solo col contributivo"

Kamsin  La Fiom si prepara alla manifestazione nazionale di sabato pomeriggio a Roma, con lo slogan 'Unions', le cui "ragioni, proposte e richieste sono molto precise", a partire dal fatto che "noi vogliamo continuare la battaglia, la lotta contro il Jobs Act". Kamsin Così il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, ha presentato l'iniziativa, spiegando che "la piattaforma sindacale" comprende anche la riforma delle pensioni, la lotta alla corruzione e all'evasione fiscale e la richiesta del reddito minimo.

Chiare le richieste del sindacato. «Per la riforma delle pensioni bisogna fare tre cose molte precise: abbassare l'età pensionabile, ripristinare le pensioni di anzianità a partire dai lavori più pesanti e non rimanere solo col contributivo, perché i giovani così non hanno più la pensione - ha detto il segretario Fiom, Maurizio Landini - Abbassare l'età pensionabile vuol dire creare posti di lavoro e dare spazio ai giovani che sono oggi disoccupati». Abbiamo chiesto a Boeri di avviare anche con lui un confronto, sia sulla governance degli istituti previdenziali, sia sui temi della previdenza». 

"Io ci sarò, non c'è dubbio, non abbiamo ancora ragionato sul comizio", su chi parlerà dal palco. Così il segretario generale della Cgil Susanna Camusso conferma la sua presenza, annunciata da Maurizio Landini, alla manifestazione della Fiom di sabato prossimo.

"Non c'è mai stato un dissenso" con il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso. Così ha risposto il leader della Fiom ospite di un videoforum di Repubblica.it sulla coalizione sociale e sulla manifestazione di sabato, per la quale "abbiamo mantenuto la piattaforma. Una manifestazione sindacale, aperta come sempre. Sarà una grande manifestazione dei metalmeccanici e non solo", ha aggiunto riferendosi ai lavoratori, e alle diverse categorie, che saranno in piazza. "Vogliamo costruire l'unità del mondo del lavoro e del mondo sociale. La nostra manifestazione non è rivolta a questa o quella forza politica, la piazza è aperta a chi condivide le nostre proposte", ha detto ancora Landini.

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L'Inps ha aggiornato il report delle procedure di monitoraggio dei lavoratori cd. salvaguardati. Restano insufficienti i posti dedicati ai lavoratori che hanno assistito disabili nel corso del 2011.

Kamsin Quasi 11.000 pensioni certificate e poco più di 800 prestazioni liquidate nell'ambito della sesta salvaguardia. È quanto emerge dal report diffuso dall'Inps relativo alle operazioni di salvaguardia aggiornato al 20 marzo.

Questa la suddivisione delle certificazioni in base ai diversi profili di tutela individuati dalla legge 147/2014. Per quanto riguarda i lavoratori in mobilità ordinaria l'Inps ha emesso 1.119 certificazioni a fronte di una platea di 5.500 posti disponibili; ammontano invece a 3.773 le certificazioni per i lavoratori autorizzati ai volontari (sia con contributo versato entro il 6 dicembre 2011 sia senza) su una platea prevista di 12.000 posti; sono 1.836 le certificazioni relative a coloro che sono cessati con accordi con il datore di lavoro entro il dicembre 2012, la platea disponibile è 8.800 posti.

Continua invece a registrarsi un deficit di posti disponibili per i lavoratori che hanno fruito dei permessi e dei congedi per assistere disabili nel corso del 2011. A fronte di una capienza di 1.800 posti le certificazioni rilasciate sono infatti più del doppio, ben 3.701. A questo punto appare evenidente la necessità di un intervento ad hoc per estendere la capienza del contingente utilizzando le posizioni avanzate negli altri profili di tutela. In questo profilo, del resto, si era già avuto modo di evidenziare l'insufficienza dei posti previsti per legge già nel corso della quarta salvaguardia (legge 124 2013). In tale occasione, infatti, il legislatore aveva fatto male i calcoli fissando in 2.500 ma l'Inps certificò in quasi 5mila i potenziali aventi diritto. 

Crescono anche le prestazioni liquidate nelle altre 5 salvaguardie. Complessivamente l'Inps ha certificato il diritto in favore di circa 110mila lavoratori mentre sono 70mila le pensioni già poste in pagamento. Queste norme, lo si ricorda, consentono a lavoratori che hanno perso il lavoro entro il 2011 di mantenere l'ultrattività delle regole pensionistiche ante-fornero e quindi di accedere alla pensione prima rispetto a quanto stabilito dalla Riforma del 2011.

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