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Cigs, ok alla proroga di 24 mesi per le cessazioni aziendali
Saranno completate nell'anno 2015, le proroghe a 24 mesi di Cigs dei programmi di crisi per cessazione di attività (articolo 1, comma 110 legge 190/2014). E' quanto ha comunicato il Ministero del Lavoro con la Circolare numero 1 del 22 Gennaio 2015. Via Veneto ha precisato che procederà all'istruttoria delle sole istanze relative alle proroghe del trattamento di cigs che abbiano avuto inizio entro e non oltre il 31 dicembre 2014 per cessazione di attività, per consentire alle aziende di adottare le idonee misure di tutela dei lavoratori sospesi.
Il Ministero ha precisato che si procederà nell'esame istruttorio in ordine cronologico di presentazione delle istanze e fino a concorrenza delle risorse finanziarie previste in complessivi 60 milioni di euro, e che le eventuali istanze riferite a programmi di proroghe di crisi aziendale per cessazione di attività, decorrenti dal 1° gennaio 2015, non potranno essere prese in esame.
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Jobs Act, pronti i decreti su contratti e Cassa Integrazione
In dirittura d'arrivo anche il decreto che riforma la cassa integrazione. Tra le novità attese c'è anche il superamento della cassa a zero ore ad eccezione delle riconversioni industriali.
Kamsin Il governo chiuderà il secondo capitolo del jobs Act il prossimo 20 Febbraio. Dopo i due provvedimenti approvati a dicembre che introducono da un lato il contratto di lavoro a tutele crescenti e la modifica dell'articolo 18 e, dall'altro lato, per chi perde il lavoro, altri due decreti stanno per vedere il disco verde nel Cdm di fine mese. I provvedimenti riguarderanno la riforma delle tipologie contrattuali che sarà inserita nei cosiddetto testo unico semplificato e la riforma degli ammortizzatori sociali, in particolare la cassa integrazione.
Dal primo decreto attuativo si attende l'abolizione dei contratti parasubordinati: "O si è lavoratori dipendenti o si è lavoratori autonomi, questa è la distinzione fondamentale spiega Filippo Taddei, responsabile economia del Pd. E il lavoro dipendente potrà essere svolto con il contratto a tutele crescenti o con il contratto a termine. II primo più conveniente del secondo, il secondo mantenuto per particolari esigenze". Sul punto il decreto potrebbe fissare in 24 mesi la durata massima del contratto a termine contro i 36 attuali, ma in compenso alzerebbe dal 20 al 30% il rapporto tra dipendenti a tempo indeterminato e a termine. Sulla causale resta confermata la norma attuale che la ha tolta.
Dovrebbero sparire quindi i co.co.co e co.co.pro ed essere introdotte specifiche tutele per i lavoratori autonomi con partita iva "genuina". Secondo Taddei chi lavora con partita Iva ma ha un unico committente o professionisti a inizio carriera legati, per esempio, a una sola committenza o a un solo progetto di lavoro dovrà avere "un plafond di tutele per esempio in caso di ritardo nei pagamenti dell'unico committente, malattie o maternità". Se, per esempio, "un programmatore ottiene una commessa di sei mesi e per un mese si ammala vogliamo aiutarlo a non perdere il lavoro". Tutele analoghe a quelle per la malattia sono allo studio per la maternità.
L'altro decreto dovrebbe riguardare la cassa integrazione. La formula che si intende adottare è "più la usi più paghi". Una sorta di clausola bonus/malus per le aziende che fanno maggior ricorso alla Cig. Secondo Taddei se si aumentano i contributi a carico delle aziende che ne fanno maggior uso si potrebbe innestare un circolo virtuoso limitando "in futuro gli abusi nell'interesse degli onesti». Tra le novità attese c'è anche il superamento della cassa a zero ore ad eccezione delle riconversioni industriali.
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Opzione Donna, anche la speranza di vita accorcia i termini
L'applicazione della speranza di vita determina, per le lavoratrici che accedono al regime sperimentale, una ulteriore riduzione dei termini.
Kamsin Alcune lettrici ci scrivono per segnalare una presunta imprecisione nella tabella allegata all'articolo pubblicato sabato scorso su PensioniOggi.it per quanto riguarda il mancato conteggio della speranza di vita. Per spiegare meglio occorre fare una premessa ricapitolando la situazione attuale. Le Circolari 35 e 37 del 14 Marzo 2012 dell'Inps hanno, come noto, messo tre punti nero su bianco:
1) che le finestre mobili (12/18 mesi) continuano ad essere applicate a queste lavoratrici come accadeva sino al 31.12.2011 (si veda Circolare Inps 53/2011);
2) che il requisito anagrafico è soggetto alla speranza di vita (quindi dal 1° gennaio 2013 l'età necessaria diventa 57 anni e 3 mesi e 58 anni e 3 mesi per le autonome);
3) che la decorrenza del trattamento pensionistico si verifichi entro il 31 dicembre 2015. E quindi i requisiti anagrafici e contributivi in parola devono essere raggiunti entro il 30 Novembre 2014 (se dipendenti del privato), 30 Dicembre 2014 (se nel pubblico impiego), e 31 Maggio 2014 (se autonome).
La richiesta prioritaria che viene rivolta al Ministero del Lavoro e all'Inps è volta ad ottenere la rimozione della condizione prevista dal punto 3). Ebbene se così fosse alle lavoratrici in parola sarebbe possibile raggiungere i requisiti (cioè 57 anni e 3 mesi) entro il 31 dicembre 2015 fermo restando però l'applicazione delle finestre mobili e, appunto, la speranza di vita. Quindi se prendessimo l'ultima lavoratrice che sarebbe ammessa al regime, cioè colei che matura questi requisiti proprio l'ultimo giorno utile, il 31 Dicembre 2015, la pensione avrebbe decorrenza dal 1° gennaio 2017 (o 1° luglio 2017 se autonoma; 1° settembre 2016 se nel comparto scuola). Ed è ciò che si vuole evidenziare nella tabella seguente.
E' chiaro che, qualora le richieste si spingessero sino a chiedere l'annullamento anche dei punti 1 e 2) - come ci scrivono alcune lavoratrici - , cioè l'applicazione della stima di vita e delle finestre mobili, il risultato sarebbe diverso. Non ci sono dubbi. In tal caso, sempre fotografando la situazione al 31 dicembre 2015, alla lavoratrice di cui all'esempio sopra sarebbero sufficienti solo 57 anni di età e la pensione decorrerebbe dal 1° gennaio 2016 e non dal 1° gennaio 2017.
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Delega Pa, iniziano le votazioni in Senato. Ecco le Novità
Tra gli emendamenti, non concordati però con l'esecutivo, che saranno discussi in Commissione c'è la staffetta generazionale e la possibilità di concedere un'uscita anticipata a 58 anni per i macchinisti delle ferrovie dello Stato (proposta del M5S).
Kamsin La riforma della Pubblica Amministrazione da mercoledì 11 febbraio riprenderà il suo cammino. Il disegno di legge delega è all'esame della Commissione Affari Costituzionali al Senato ormai da quest'estate e ora l'obiettivo è cominciare con il voto. Il provvedimento tocca punti caldi, soprattutto dopo gli ultimi emendamenti nelle proposte di modifica firmate dal relatore, Giorgio Pagliari (Pd), in accordo con l'esecutivo.
In primo luogo ci sono i licenziamenti. Si facilita l'azione disciplinare, che come sanzione più grave prevede proprio il licenziamento. Ma alle spalle di questo diventa cruciale il sistema di valutazione, sia per punire sia per premiare. Un altro punto sarà la riorganizzazione dell'accertamento medico legale, in altre parole come accertare malattia e altri problemi legati alle assenze. Tutto dovrebbe essere attribuito all'Inps, che già è titolare assoluto nel campo privato.
Ci sono poi novità sui dirigenti che non prenderanno più "scatti" automatici di carriera,ma solo per merito. La questione è piuttosto complicata e fa distinzione tra la proposta di "rafforzamento del principio di separazione tra indirizzo politico-amministrativo e gestione" con «l'esclusiva imputabilità" ai dirigenti delle «responsabilità amministrativo-contabile per l'attività gestionale». Che tradotto significherebbe che al dirigente pubblico non si può imputare una "mala gestione" se gli è stata imposta da un dirigente politico, ma va nei guai se ha male amministrato la gestione ordinaria.
Da segnalare anche l'intervento sulle partecipate: si chiede "efficienza, efficacia ed economicità", con una "ridefinizione" dei "limiti" per «la costituzione e il mantenimento di partecipazioni" pubbliche. E poi, le camere di Commercio: niente più annullamento del diritto camerale (ci si ferma a una riduzione del 50%) ma le camere dovranno dimezzarsi sul territorio nazionale. E poi, si ritorna sull'antico contesto della cittadinanza digitale. Si intitola così l'articolo uno del ddl, come modificato da Pagliari. Tra i principi volti a informatizzare la Pa ce ne è uno che sembra radicale, stabilendo che tutti i presidi dello Stato, incluse le scuole, non saranno più sconnesse, prive di un collegamento al web.
Resta fermo l'altro punto cardine del provvedimento, la promozione del part-time. Le amministrazioni, recita l'articolo 11 del provvedimento, dovranno adottare misure organizzative per il rafforzamento dei meccanismi di flessibilità dell'orario di lavoro, per l'adozione del lavoro ripartito, orizzontale o verticale, tra dipendenti, per l'utilizzazione delle possibilità che la tecnologia offre in materia di lavoro da remoto, fissando obiettivi annuali per l'attuazione del telelavoro, anche nella forma del telelavoro misto, nonché per la sperimentazione di forme di co-working e smart-working. Resta, però, tutto da decifrare gli effetti sull'assegno previdenziale di questi periodi di lavoro flessibile: il rischio è che tali periodi - coperti da minori contributi - abbiano un'influenza negativa sull'importo del trattamento pensionistico che sarà conseguito.
Tra gli emendamenti, non concordati con l'esecutivo, che saranno discussi in Commissione ricordiamo che c'è quello sulla staffetta generazionale e la possibilità di concedere un'uscita anticipata a 58 anni per i macchinisti delle ferrovie dello Stato (proposta del M5S).
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Pensione anticipata, l'ingiustizia del taglio sugli assegni già liquidati
Un emendamento apposto alla legge di stabilità cancella le penalizzazioni solo con riferimento agli assegni liquidati dal 1° gennaio 2015.
Kamsin La Fornero ha eliminato “le quote Damiano” età + contributi e previsto penalizzazioni qualora una lavoratrice vada in pensione anticipata con 41 anni e 1 mese di contributi (oggi 41 e 6 mesi per l’aspettativa di vita aumentata), e un uomo con 42 anni e 1 mese, oggi 42 anni e 6 mesi, ad un'età inferiore ai 62 anni.
Grazie ad un ordine del giorno, a prima firma Damiano, già nel dicembre 2011, durante la discussione del Salva Italia, per eliminare questa ingiustizia, si è riusciti nel Mille proroghe a prevedere che almeno fino al 2017 venissero attenuate, ma Fornero ha preteso di introdurre un concetto assurdo : solo in presenza di “prestazioni effettive di lavoro” si possono evitare le penalizzazioni.
Questo ha aperto una storia infinita, il Senato ha reso “prestazione effettiva di lavoro” le giornate di donazione di sangue, con relativa copertura di oneri prevista dalla Ragioneria di stato, poi alla Camera i congedi parentali, poi l’assistenza ai disabili, senza rendersi conto che la stessa persona può essere donatrice di sangue, avere un figlio, abile o disabile, ma venir penalizzata ugualmente perché si è sposata e ha utilizzato il congedo matrimoniale o ha avuto l’ardire di scioperare nell’arco della vita e quindi mantenere la punizione di veder si penalizzata la pensione.
Eravamo riusciti a correggere tali assurdità nel Decreto sulla pubblica amministrazione nel luglio di quest’anno, ma per una valutazione diversa degli oneri di copertura tra l’inps e la Ragioneria di Stato al Senato, l’emendamento è stato eliminato dal testo. Nella legge di stabilità siamo riusciti a riproporlo soggiacendo alla richiesta dei maggiori oneri, ma il Governo ha riformulato il nostro emendamento aggiungendo “a decorrere dal 1° gennaio 2015” togliendo le penalizzazioni solo per le pensioni con decorrenza dal 1° gennaio 2015.
Il Presidente del Consiglio, mercoledì 3.12 in aula alla Camera, ha citato l’eliminazione delle penalizzazioni fino al 2017 come cosa positiva e giusta, anzi “vantandosi” dell’impegno in stabilità a favore delle pensioni.
Avevamo già presentato un’interrogazione per sapere quante pensioni fossero già state liquidate con penalizzazioni. Complessivamente sono andati in pensione con penalizzazioni : 11.825 donne e 3338 uomini da gestioni private + 9432 donne e 772 uomini da gestioni pubbliche. La riformulazione del Governo, limitando la cancellazione delle penalizzazioni dall’1.1.15, colpisce, quindi, 21257 donne e 4110 maschi: ancora una volta sono penalizzate di più le donne !
Storicamente se tutto si misura sulla “prestazione effettiva di lavoro”, è dimostrato che i lavori di cura sono ancora oggi sulle spalle delle donne e trattandosi di periodi di lavoro di 41 anni e 6 mesi è evidente che ciò ancora conta molto: la pensione è il riassunto della vita lavorativa, quindi pensioni molto più basse e per di più con penalizzazioni ! La conferma di questa discriminazione di genere si evidenzia nel classico periodo “maschile” come il servizio militare che, anche fuori dal rapporto di lavoro, è stato considerato da Fornero “prestazione effettiva di lavoro” e la maternità obbligatoria fuori dal rapporto di lavoro NO ! 5 mesi per le donne non considerati, e ben 18 o 12 di servizio militare per i maschi considerati.
Le persone, donne prima di luglio 2013 e uomini prima di agosto 2014, che hanno decorrenze prima dei 62 anni, sono coloro che hanno avuto benefici per esposizione all’amianto o vittime di terrorismo, periodi quindi di contribuzione figurativa.
Possiamo accettare che disabili, esposti all’amianto, vittime di terrorismo mantengano questa riduzione della pensione per tutta la vita ?
Mi sembra veramente un’ingiustizia non prevedere o la riliquidazione o almeno la fine delle penalizzazioni per le pensioni gia’ in pagamento con il 31.12.14, in modo che dall’1 gennaio 2015 tutti abbiano la pensione senza penalizzazione.
Sempre la ministra Fornero, prevedendo dal primo gennaio del 2012 il calcolo contributivo per tutti, ha anche eliminato il limite di 2080 settimane su cui calcolare la pensione, 40 anni. In base ad una filosofia condivisibile, ogni contributo previdenziale deve essere valorizzato, salvo che non siamo in un periodo di massima occupazione, la gente anzi che lavorare di più, si trova licenziata, senza lavoro, senza ammortizzatore sociale, senza pensione. Le uniche categorie che possono lavorare fino a 70 anni sono medici, magistrati e docenti universitari, queste le categorie veramente favorite, tanto che dal 2011 noi diciamo che andrebbero modificati i criteri di calcolo delle pensioni, va armonizzato il sistema; per il pubblico impiego ancora si utilizza l’ultimo stipendio per calcolare la pensione fino al 31.12.92+ calcolo retributivo fino al 31.12.11 + contributivo, le categorie di cui sopra potrebbero arrivare a 50 anni di contribuzione, con una pensione quindi superiore alla retribuzione goduta in modo molto significativo.
Noi facciamo proposte di correzione dal 2011, ma il Governo sotto la pressione dell’opinione pubblica attraverso vari articoli di giornali, ha presentato un emendamento chiamato “contro le pensioni d’oro” per porre un limite al calcolo, ma non interviene realmente sulle distorsioni da correggere, diventa un limite per tutti. Da una prima formulazione che avrebbe penalizzato tutti, siamo riusciti almeno a pretendere che i nuovi requisiti richiesti per la pensione anticipata, quindi ad oggi 41 anni e 6 mesi per le donne e 42 e 6 mesi per gli uomini siano valorizzati. Tuttavia, in seguito alle reazioni di altri opinionisti che ritenevano “un pannicello caldo” l’emendamento perché non agiva sulle pensioni in essere, il Governo ha aggiunto un subemendamento, incomprensibile, che metterà a rischio il tutto, perché prevede che si possa intervenire anche sulle pensioni in essere dal primo gennaio 2015.
Questo episodio conferma che sulle pensioni non si deve intervenire in modo estemporaneo, il sistema previdenziale ha bisogno di certezze. Non è servita la lezione della manovra Fornero, sembrava si dovessero salvaguardare 50mila persone, siamo già a 170mila e ancora ci sono situazioni disperate. Evidentemente stiamo vivendo in un periodo storico in cui non conta più monitorare, valutare e approfondire per fare le cose giuste, purtroppo conta di più la lettura che il mondo fa di ciò che facciamo.
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Articolo di Maria Luisa Gnecchi (Pd) - Commissione Lavoro della Camera Dei Deputati
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Pensioni / Esodati, salvaguardia piu' ampia per i lavoratori in mobilità
La Commissione esaminatrice della DTL Milano riprenderà tutti i "preavvisi di diniego" inviati e li riesaminerà dando "accoglimento" alle relative domande una volta verificata la congruenza dei necessari documenti presentati a suo tempo dai richiedenti.
Kamsin Si è conclusa positivamente la vicenda dei lavoratori in mobilità sottoscrittori anche di un accordo individuale/collettivo di incentivo all'esodo che si erano visti rigettare, con un preavviso di diniego, la domanda di accesso alla sesta salvaguardia da parte della Direzione Territoriale del Lavoro di Milano (e delle altre della Regione Lombardia). Ne hanno dato notizia, ieri, con una nota stampa i diretti interessati.
In esito agli incontri che si sono tenuti in Regione Lombardia la Direzione Interregionale del Lavoro ha provveduto ad inviare una nota interpretativa, lo scorso 2 Febbraio, alle DTL con la quale si invitano le Direzioni a provvedere all’accoglimento delle istanze in parola e a rivedere, pertanto, le interpretazioni restrittive inizialmente assunte. Le Commissioni delle DTL riesamineranno d'ufficio nei prossimi giorni, dunque, tutti i "preavvisi di diniego" inviati dando "accoglimento" alle relative domande una volta verificata la congruenza dei necessari documenti presentati a suo tempo dai richiedenti.
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Partite Iva, ecco cosa cambia con il nuovo regime forfettario nel 2015
Dal nuovo regime forfettario sarà possibile dedurre totalmente solo i contributi previdenziali versati nell'anno in cui si applica il regime.
Kamsin Il nuovo regime forfettario introdotto dalla legge di stabilità 2015 prevede il pagamento di un'imposta del 15% che sostituisce l'irpef, le addizionali regionale e comunale e l'Irap. Ma soprattutto esonera il contribuente da molti adempimenti amministrativi particolarmente insidiosi, come la compilazione del modello degli studi di settore, la dichiarazione Iva e naturalmente la dichiarazione Irap. Chi si avvale infatti del nuovo regime non applica l'Iva sulle proprie prestazioni, siano esse cessioni di beni o prestazioni di servizi, e di conseguenza non detrae l'Iva sugli acquisti (niente diritto alla rivalsa e alla detrazione).
Da considerare anche che il nuovo regime esonera anche dall'essere soggetti alle ritenute d'acconto. Questo significa che la fattura fatta da un professionista per motivi inerenti l'attività economica al contribuente che applica il nuovo regime sarà scevra da ritenuta d'acconto. Non rivestendo la qualifica di sostituto d'imposta, il contribuente sarà perciò esonerato da tutti gli adempimenti connessi cioè il versamento delle ritenute operate, la loro certificazione e la trasmissione telematica del modello 770.
Il contribuente agevolato non ha poi l'obbligo di effettuare le registrazioni contabili e di tenere i registri obbligatori ai fini delle imposte dirette e dell'iva. Il reddito infatti viene determinato applicando l'imposta sostitutiva del 15% su una percentuale a forfait dei ricavi o compensi. Rimane invece l'obbligo di conservare i documenti contabili sia emessi che ricevuti: i primi serviranno proprio a verificare che il reddito sottoposto all'imposta sostitutiva sia corrispondente alle fatture emesse.
L'agevolazione per i giovani. Per chi inizia un'attività però è prevista una particolare agevolazione con la riduzione del reddito imponibile ad un terzo nei primi tre anni. Per avere diritto a questa opportunità occorre però che si verifichino tre circostanze: a) il contribuente, nei tre anni procedenti, non deve aver svolto attività artistica, professionale o d'impresa, neanche in forma associata o familiare; b) l'attività da esercitare non dove costituire mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta, anche sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, a meno che non si tratti del periodo di pratica obbligatoria richiesto per l'esercizio dell'arte o della professione; c) se si tratta di prosecuzione di attività svolta in precedenza da un altro soggetto, l'ammontare dei ricavi/compensi realizzati nel periodo d'imposta precedente non deve essere superiore alla soglia indicata per quell'attività.
Le soglie. Le soglie di ricavi e compensi che non devono essere superati per accedere al regime agevolato variano a seconda del settore economico. Ad esempio, gli intermediari del commercio e i professionisti non dovranno totalizzare ricavi per più di 15mila euro, mentre chi svolge attività di servizi di alloggio e di ristorazione la soglia sale fino a 40mila euro. Su questi parametri si deve applicare il coefficiente di redditività (anch'esso variabile a seconda del settore economico, si veda tabella). Al reddito così determinato, si sottraggono i contributi previdenziali versati nell'anno, e si applica un'imposta sostitutiva di Irpef, addizionali e Irap pari al 15 per cento.
Ad esempio un professionista con 12mila euro di ricavi e compensi deve applicare su tale somma il coefficiente 78% e quindi sottrarre i contributi previdenziali versati (immaginiamo 600 euro). 12.000 x 78% = 9.360 euro - 600 euro = 8.760 euro. Su tale reddito si applicherà l'imposta sostitutiva del 15% e quindi l'importo da pagare sarà di 1.314 euro.
Per essere ammessi al regime agevolato del 2015 occorre rispettare anche altri requisiti: le spese per il personale non devono eccedere 5mila euro e il valore lordo dei beni strumentali al 31 dicembre 2014 non deve superare 20mila euro. Se poi si svolgono contemporaneamente attività diverse, occorre considerare il limite più elevato dei ricavi e compensi relativi alle diverse attività esercitate.
Le modifiche. Il regime sarà comunque oggetto di un restyling ulteriore nelle prossime settimane. Dopo le polemiche il Governo sta studiando l'innalzamento delle soglie e risorse permettendo l'abbassamento dell'imposta sostitutiva dal 15% anche fino al 10 per cento oppure la possibilità di far convivere sia il vecchio regime (imposta sostitutiva al 5%) che il nuovo.
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Riforma Pensioni, Poletti: Discuteremo anche di pensioni d'oro
La proposta targata Tito Boeri prevedeva un taglio progressivo sulle pensioni calcolate con il sistema retributivo oltre una determinata soglia.
Kamsin "Quando verrà il momento faremo discussioni su tutto". Così il ministro Giuliano Poletti uscendo dal convegno sul lavoro organizzato dal Partito democratico a Torino si è limitato a rispondere sull'ipotesi ventilata dal presidente dell'Inps Tito Boeri di intervenire sulle cosiddette pensioni d'oro, oltre i 3mila euro, che sono tali soprattutto grazie al sistema retributivo non più in vigore.
Il taglio immaginato da Tito Boeri. La proposta targata Boeri, presentata con un articolo sul sito la voce.info firmato con Fabrizio Patriarca e Stefano Patriarca, è un intervento sugli assegni staccati dall'Inps calcolati col cosiddetto metodo retributivo, vale a dire quello che prevedeva di conteggiare le pensioni sulla base di una media aritmetica degli ulitmi stipendi da lavoratore. Sistema andato progressivamente in soffitta a partire dal 1996, ma ancora «in vigore», almeno pro quota, per i pensionati di vecchia data. Boeri vorrebbe assicurare allo Stato un gettito da 4 miliardi di euro l'anno colpendo gli assegni da 2mila euro (lordi) in su con una stangata progressiva: da 2mila e fino a 3mila euro, sforbiciata del 20% sulla quota di pensione calcolata col retributivo; 30% fino a 5mila e 50% oltre.
Secondo quanto scriveva Boeri, «principi di equità distributiva e intergenerazionale legittimano interventi sulle pensioni in essere circoscritti a 1) redditi pensionistici al di sopra di un certo importo e 2) su quella parte della prestazione che non è giustificabile alla luce dei contributi versati, vale a dire la differenza fra le pensioni che si sarebbero maturate con il sistema contributivo definito dalla legge del 1995, e quelle effettivamente percepite».
L'economista, presidente in pectore dell'Inps, ritiene che «un prelievo circoscritto a quanto avuto in più rispetto ai contributi versati eviterebbe anche effetti negativi sui contribuenti». Ciò perché «darebbe un messaggio forte e chiaro ai lavoratori, quelli che pagano le pensioni agli attuali pensionati: se i vostri accantonamenti previdenziali vi danno diritto a prestazioni calcolate con il metodo contributivo (ciò che i varrà per tutti i lavoratori in Italia), non avrete nulla da temere, le vostre prestazioni future non verranno mai toccate dal consolidamento fiscale». Da temere, invece, hanno gli «sfortunati» che ora potrebbero veder tagliato in un colpo solo l'assegno mensile. I «colpiti» sarebbero circa 1,7 milioni di soggetti così suddivisi: 850mila ex dipendenti privati, 770mila ex statali e 100mila autonomi.
Le probabilità di un intervento del Governo in tal senso tuttavia appaiono ridotte. Oltre allo scoglio della Corte Costituzionale che ha sempre affermato l'intangibilità dei diritti acquisiti non c'è all'interno del governo e della maggioranza alcun accordo sull'introduzione di una misura del genere.
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Riforma Pensioni, Damiano: si converga sulla quota 100
Le ipotesi sostenute dalla minoranza dem chiedono il sostanziale ripristino della possibilità di accedere alla pensione in un'età compresa tra 60 e 62 anni unitamente ad un requisito contributivo.
Kamsin "Con il via libera delle Commissioni Lavoro di Camera e Senato alla nomina di Tito Boeri alla guida dell'Inps ci attendiamo proposte concrete da parte del Governo per modificare la legge Fornero". A dirlo è Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera dei Deputati. "E' innegabile che il sistema così non va e che sono necessari diversi aggiustamenti".
“In primo luogo, l’eccessivo innalzamento dell’eta’ pensionabile, oltre i 67 anni, frena l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro. In secondo luogo – continua - il problema dei cosiddetti esodati, che non e’ ancora concluso nonostante il fatto che con sei salvaguardie si sia risolta positivamente la situazione di oltre 170.000 lavoratori, impone una correzione al sistema pensionistico. Le nostre proposte sono note: l’introduzione di un criterio di flessibilita’ a partire dai 62 anni di eta’ con 35 di contributi per consentire l’accesso alla pensione, oppure l’adozione di “Quota 100″. Si tratta di proposte che risolverebbero strutturalmente il problema”.
"La Quota 100, sarebbe uno strumento di forte flessibilità del sistema - ricorda Damiano - perchè consentirebbe l'ingresso alla pensione già con 60 anni e 40 anni di contributi oppure con requisiti contributivi minori in cambio di un'età maggiore. Le combinazioni possibili sono tante proprio come sono eterogenee le condizioni di ciascun lavoratore".
"Bisogna considerare che nella vecchia normativa si richiedevano 61 anni e una quota 97 ma c'era un'attesa di altri 12 mesi che di fatto allungava i tempi di pensionamento".
"Qualsiasi proposta si scelga deve comunque restare ferma la possibilità di accedere alla pensione, indipendentemente dall'età anagrafica, con 41 anni di contributi (sia per uomini che per donne, ndr) e senza l'applicazione di penalizzazioni, perchè chi ha lavorato una vita intera non deve vedersi ridursi l'assegno".
“E' quindi necessario che si apra un confronto serio sulla questione. Poletti ha indicato che dopo il 20 Febbraio si inizierà a riflettere. Sarebbe ora" conclude Damiano
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Riforma del Lavoro, ecco i contratti che verranno aboliti
Ameno di dodici mesi di distanza dal decreto Poletti si profila un nuovo intervento, il quarto negli ultimi due anni e mezzo, sui contratti a termine. Ci sarà una fase di transizione per le collaborazioni a progetto che poi verranno cancellate. Stessa sorte toccherà probabilmente al lavoro ripartito.
Kamsin Sui contratti a termine si potrebbe tornare indietro. La loro durata massima, che lo stesso governo Renzi aveva portato, per quelli senza causale, da uno a tre anni nel suo primo provvedimento importante, potrebbe scendere da 36 a 24 mesi, e c'è l'ipotesi anche di ritoccare il numero di proroghe, per ridurle da 5 a 3. A parziale compensazione, però, viene alzato un altro tetto: se oggi ogni azienda, sul totale dei dipendenti, non può avere più del 20% di lavoratori a termine il limite sarà portato più in alto, probabilmente al 30%. Mentre nulla cambia sulla causale, che non dovrà essere indicata dal datore di lavoro.
Il governo sta mettendo a punto il Dlgs di riordino delle tipologie contrattuali il terzo attuativo del Jobs act atteso per il consiglio dei ministri del 20 febbraio e con l'occasione si potrebbe profilarsi un nuovo intervento sui contratti a termine. «L'obiettivo afferma il responsabile economico del Pd, Filippo Taddei è quello di promuovere il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, per effetto del mix tra maggiore flessibilità in uscita e incentivi, contrastando l'area grigia dei contratti parasubordinati, che mascherano rapporti di subordinazione».
Confermate le altre novità del decreto che dovrebbe procedere, come stabilito nel disegno di legge delega, al «disboscamento» delle forme di lavoro più precarie. Dovrebbe scomparire il lavoro a chiamata, che però potrebbe lasciare il passo a un ricorso più facile ed esteso ai voucher, i buoni per le prestazioni occasionali. L'apprendistato di 1° (diploma e qualifica professionale) e 3° livello (alta formazione) avrà una forte semplificazione da concordare con il ministero dell'Istruzione. Possibile il rafforzamento anche del part-time verticale, cioè la possibilità di lavorare solo in alcuni giorni della settimana accettando una riduzione dello stipendio. Si prevede il graduale superamento delle collaborazioni a progetto. Restano da definire le nuove regole per le collaborazioni coordinate e continuative, le associazioni in partecipazione, e il lavoro a chiamata: il governo vorrebbe cancellarlo del tutto ma nella ristorazione la modifica non va giu'.
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