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Saranno completate nell'anno 2015, le proroghe a 24 mesi di Cigs dei programmi di crisi per cessazione di attività (articolo 1, comma 110 legge 190/2014). E' quanto ha comunicato il Ministero del Lavoro con la Circolare numero 1 del 22 Gennaio 2015. Via Veneto ha precisato che procederà all'istruttoria delle sole istanze relative alle proroghe del trattamento di cigs che abbiano avuto inizio entro e non oltre il 31 dicembre 2014 per cessazione di attività, per consentire alle aziende di adottare le idonee misure di tutela dei lavoratori sospesi.

Il Ministero ha precisato che si procederà nell'esame istruttorio in ordine cronologico di presentazione delle istanze e fino a concorrenza delle risorse finanziarie previste in complessivi 60 milioni di euro, e che le eventuali istanze riferite a programmi di proroghe di crisi aziendale per cessazione di attività, decorrenti dal 1° gennaio 2015, non potranno essere prese in esame.

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In dirittura d'arrivo anche il decreto che riforma la cassa integrazione. Tra le novità attese c'è anche il superamento della cassa a zero ore ad eccezione delle riconversioni industriali.

Kamsin Il governo chiuderà il secondo capitolo del jobs Act il prossimo 20 Febbraio. Dopo i due provvedimenti approvati a dicembre che introducono da un lato il contratto di lavoro a tutele crescenti e la modifica dell'articolo 18 e, dall'altro lato, per chi perde il lavoro, altri due decreti stanno per vedere il disco verde nel Cdm di fine mese. I provvedimenti riguarderanno la riforma delle tipologie contrattuali che sarà inserita nei cosiddetto testo unico semplificato e la riforma degli ammortizzatori sociali, in particolare la cassa integrazione.

Dal primo decreto attuativo si attende l'abolizione dei contratti parasubordinati: "O si è lavoratori dipendenti o si è lavoratori autonomi, questa è la distinzione fondamentale spiega Filippo Taddei, responsabile economia del Pd. E il lavoro dipendente potrà essere svolto con il contratto a tutele crescenti o con il contratto a termine. II primo più conveniente del secondo, il secondo mantenuto per particolari esigenze". Sul punto il decreto potrebbe fissare in 24 mesi la durata massima del contratto a termine contro i 36 attuali, ma in compenso alzerebbe dal 20 al 30% il rapporto tra dipendenti a tempo indeterminato e a termine. Sulla causale resta confermata la norma attuale che la ha tolta.

Dovrebbero sparire quindi i co.co.co e co.co.pro ed essere introdotte specifiche tutele per i lavoratori autonomi con partita iva "genuina". Secondo Taddei chi lavora con partita Iva ma ha un unico committente o professionisti a inizio carriera legati, per esempio, a una sola committenza o a un solo progetto di lavoro dovrà avere "un plafond di tutele per esempio in caso di ritardo nei pagamenti dell'unico committente, malattie o maternità". Se, per esempio, "un programmatore ottiene una commessa di sei mesi e per un mese si ammala vogliamo aiutarlo a non perdere il lavoro". Tutele analoghe a quelle per la malattia sono allo studio per la maternità.
 
L'altro decreto dovrebbe riguardare la cassa integrazione. La formula che si intende adottare è "più la usi più paghi". Una sorta di clausola bonus/malus per le aziende che fanno maggior ricorso alla Cig. Secondo Taddei se si aumentano i contributi a carico delle aziende che ne fanno maggior uso si potrebbe innestare un circolo virtuoso limitando "in futuro gli abusi nell'interesse degli onesti». Tra le novità attese c'è anche il superamento della cassa a zero ore ad eccezione delle riconversioni industriali.

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L'applicazione della speranza di vita determina, per le lavoratrici che accedono al regime sperimentale, una ulteriore riduzione dei termini.

Kamsin Alcune lettrici ci scrivono per segnalare una presunta imprecisione nella tabella allegata all'articolo pubblicato sabato scorso su PensioniOggi.it per quanto riguarda il mancato conteggio della speranza di vita. Per spiegare meglio occorre fare una premessa ricapitolando la situazione attuale. Le Circolari 35 e 37 del 14 Marzo 2012 dell'Inps hanno, come noto, messo tre punti nero su bianco:

1) che le finestre mobili (12/18 mesi) continuano ad essere applicate a queste lavoratrici come accadeva sino al 31.12.2011 (si veda Circolare Inps 53/2011);

2) che il requisito anagrafico è soggetto alla speranza di vita (quindi dal 1° gennaio 2013 l'età necessaria diventa 57 anni e 3 mesi e 58 anni e 3 mesi per le autonome);

3) che la decorrenza del trattamento pensionistico si verifichi entro il 31 dicembre 2015. E quindi i requisiti anagrafici e contributivi in parola devono essere raggiunti entro il 30 Novembre 2014 (se dipendenti del privato), 30 Dicembre 2014 (se nel pubblico impiego), e 31 Maggio 2014 (se autonome). 

La richiesta prioritaria che viene rivolta al Ministero del Lavoro e all'Inps è volta ad ottenere la rimozione della condizione prevista dal punto 3). Ebbene se così fosse alle lavoratrici in parola sarebbe possibile raggiungere i requisiti (cioè 57 anni e 3 mesi) entro il 31 dicembre 2015 fermo restando però l'applicazione delle finestre mobili e, appunto, la speranza di vita. Quindi se prendessimo l'ultima lavoratrice che sarebbe ammessa al regime, cioè colei che matura questi requisiti proprio l'ultimo giorno utile, il 31 Dicembre 2015, la pensione avrebbe decorrenza dal 1° gennaio 2017 (o 1° luglio 2017 se autonoma; 1° settembre 2016 se nel comparto scuola). Ed è ciò che si vuole evidenziare nella tabella seguente.

E' chiaro che, qualora le richieste si spingessero sino a chiedere l'annullamento anche dei punti 1 e 2) - come ci scrivono alcune lavoratrici - , cioè l'applicazione della stima di vita e delle finestre mobili, il risultato sarebbe diverso. Non ci sono dubbi. In tal caso, sempre fotografando la situazione al 31 dicembre 2015, alla lavoratrice di cui all'esempio sopra sarebbero sufficienti solo 57 anni di età e la pensione decorrerebbe dal 1° gennaio 2016 e non dal 1° gennaio 2017.

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Tra gli emendamenti, non concordati però con l'esecutivo, che saranno discussi in Commissione c'è la staffetta generazionale e la possibilità di concedere un'uscita anticipata a 58 anni per i macchinisti delle ferrovie dello Stato (proposta del M5S). 

Kamsin La riforma della Pubblica Amministrazione da mercoledì 11 febbraio riprenderà il suo cammino. Il disegno di legge delega è all'esame della Commissione Affari Costituzionali al Senato ormai da quest'estate e ora l'obiettivo è cominciare con il voto.  Il provvedimento tocca punti caldi, soprattutto dopo gli ultimi emendamenti nelle proposte di modifica firmate dal relatore, Giorgio Pagliari (Pd),  in accordo con l'esecutivo.

In primo luogo ci sono i licenziamenti. Si facilita l'azione disciplinare, che come sanzione più grave prevede proprio il licenziamento. Ma alle spalle di questo diventa cruciale il sistema di valutazione, sia per punire sia per premiare. Un altro punto sarà la riorganizzazione dell'accertamento medico  legale, in altre parole come accertare malattia e altri problemi legati alle assenze. Tutto dovrebbe essere attribuito all'Inps, che già è titolare assoluto nel campo privato.

Ci sono poi novità sui dirigenti che non prenderanno più "scatti" automatici di carriera,ma solo per merito. La questione è piuttosto complicata e fa distinzione tra la proposta di "rafforzamento del principio di separazione tra indirizzo politico-amministrativo e gestione" con «l'esclusiva imputabilità" ai dirigenti delle «responsabilità amministrativo-contabile per l'attività gestionale». Che tradotto significherebbe che al dirigente pubblico non si può imputare una "mala gestione" se gli è stata imposta da un dirigente politico, ma va nei guai se ha male amministrato la gestione ordinaria.

Da segnalare anche l'intervento sulle partecipate: si chiede "efficienza, efficacia ed economicità", con una "ridefinizione" dei "limiti" per «la costituzione e il mantenimento di partecipazioni" pubbliche. E poi, le camere di Commercio: niente più annullamento del diritto camerale (ci si ferma a una riduzione del 50%) ma le camere dovranno dimezzarsi sul territorio nazionale. E poi, si ritorna sull'antico contesto della cittadinanza digitale. Si intitola così l'articolo uno del ddl, come modificato da Pagliari. Tra i principi volti a informatizzare la Pa ce ne è uno che sembra radicale, stabilendo che tutti i presidi dello Stato, incluse le scuole, non saranno più sconnesse, prive di un collegamento al web.

Resta fermo l'altro punto cardine del provvedimento, la promozione del part-time. Le amministrazioni, recita l'articolo 11 del provvedimento, dovranno adottare misure organizzative per il rafforzamento dei meccanismi di flessibilità dell'orario di lavoro, per l'adozione del lavoro ripartito, orizzontale o verticale, tra dipendenti, per l'utilizzazione delle possibilità che la tecnologia offre in materia di lavoro da remoto, fissando obiettivi annuali per l'attuazione del telelavoro, anche nella forma del telelavoro misto, nonché per la sperimentazione di forme di co-working e smart-working. Resta, però, tutto da decifrare gli effetti sull'assegno previdenziale di questi periodi di lavoro flessibile: il rischio è che tali periodi - coperti da minori contributi - abbiano un'influenza negativa sull'importo del trattamento pensionistico che sarà conseguito.

Tra gli emendamenti, non concordati con l'esecutivo, che saranno discussi in Commissione ricordiamo che c'è quello sulla staffetta generazionale e la possibilità di concedere un'uscita anticipata a 58 anni per i macchinisti delle ferrovie dello Stato (proposta del M5S). 

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Un emendamento apposto alla legge di stabilità cancella le penalizzazioni solo con riferimento agli assegni liquidati dal 1° gennaio 2015.

Kamsin La Fornero ha eliminato “le quote Damiano” età + contributi e previsto penalizzazioni qualora una lavoratrice vada in pensione anticipata con 41 anni e 1 mese di contributi (oggi 41 e 6 mesi per l’aspettativa di vita aumentata), e un uomo con 42 anni e 1 mese, oggi 42 anni e 6 mesi, ad un'età inferiore ai 62 anni.

Grazie ad un ordine del giorno, a prima firma Damiano, già nel dicembre 2011, durante la discussione del Salva Italia, per eliminare questa ingiustizia, si è riusciti nel Mille proroghe a prevedere che almeno fino al 2017 venissero attenuate, ma Fornero ha preteso di introdurre un concetto assurdo : solo in presenza di “prestazioni effettive di lavoro” si possono evitare le penalizzazioni.

Questo ha aperto una storia infinita, il Senato ha reso “prestazione effettiva di lavoro” le giornate di donazione di sangue, con relativa copertura di oneri prevista dalla Ragioneria di stato, poi alla Camera i congedi parentali, poi l’assistenza ai disabili, senza rendersi conto che la stessa persona può essere donatrice di sangue, avere un figlio, abile o disabile, ma venir penalizzata ugualmente perché si è sposata e ha utilizzato il congedo matrimoniale o ha avuto l’ardire di scioperare nell’arco della vita e quindi mantenere la punizione di veder si penalizzata la pensione.

Eravamo riusciti a correggere tali assurdità nel Decreto sulla pubblica amministrazione nel luglio di quest’anno, ma per una valutazione diversa degli oneri di copertura tra l’inps e la Ragioneria di Stato al Senato, l’emendamento è stato eliminato dal testo. Nella legge di stabilità siamo riusciti a riproporlo soggiacendo alla richiesta dei maggiori oneri, ma il Governo ha riformulato il nostro emendamento aggiungendo “a decorrere dal 1° gennaio 2015” togliendo le penalizzazioni solo per le pensioni con decorrenza dal 1° gennaio 2015.

Il Presidente del Consiglio, mercoledì 3.12 in aula alla Camera, ha citato l’eliminazione delle penalizzazioni fino al 2017 come cosa positiva e giusta, anzi “vantandosi” dell’impegno in stabilità a favore delle pensioni.

Avevamo già presentato un’interrogazione per sapere quante pensioni fossero già state liquidate con penalizzazioni. Complessivamente sono andati in pensione con penalizzazioni : 11.825 donne e 3338 uomini da gestioni private + 9432 donne e 772 uomini da gestioni pubbliche. La riformulazione del Governo, limitando la cancellazione delle penalizzazioni dall’1.1.15, colpisce, quindi, 21257 donne e 4110 maschi: ancora una volta sono penalizzate di più le donne !

Storicamente se tutto si misura sulla “prestazione effettiva di lavoro”, è dimostrato che i lavori di cura sono ancora oggi sulle spalle delle donne e trattandosi di periodi di lavoro di 41 anni e 6 mesi è evidente che ciò ancora conta molto: la pensione è il riassunto della vita lavorativa, quindi pensioni molto più basse e per di più con penalizzazioni ! La conferma di questa discriminazione di genere si evidenzia nel classico periodo “maschile” come il servizio militare che, anche fuori dal rapporto di lavoro, è stato considerato da Fornero “prestazione effettiva di lavoro” e la maternità obbligatoria fuori dal rapporto di lavoro NO ! 5 mesi per le donne non considerati, e ben 18 o 12 di servizio militare per i maschi considerati.

Le persone, donne prima di luglio 2013 e uomini prima di agosto 2014, che hanno decorrenze prima dei 62 anni, sono coloro che hanno avuto benefici per esposizione all’amianto o vittime di terrorismo, periodi quindi di contribuzione figurativa.

Possiamo accettare che disabili, esposti all’amianto, vittime di terrorismo mantengano questa riduzione della pensione per tutta la vita ?

Mi sembra veramente un’ingiustizia non prevedere o la riliquidazione o almeno la fine delle penalizzazioni per le pensioni gia’ in pagamento con il 31.12.14, in modo che dall’1 gennaio 2015 tutti abbiano la pensione senza penalizzazione.

Sempre la ministra Fornero, prevedendo dal primo gennaio del 2012 il calcolo contributivo per tutti, ha anche eliminato il limite di 2080 settimane su cui calcolare la pensione, 40 anni. In base ad una filosofia condivisibile, ogni contributo previdenziale deve essere valorizzato, salvo che non siamo in un periodo di massima occupazione, la gente anzi che lavorare di più, si trova licenziata, senza lavoro, senza ammortizzatore sociale, senza pensione. Le uniche categorie che possono lavorare fino a 70 anni sono medici, magistrati e docenti universitari, queste le categorie veramente favorite, tanto che dal 2011 noi diciamo che andrebbero modificati i criteri di calcolo delle pensioni, va armonizzato il sistema; per il pubblico impiego ancora si utilizza l’ultimo stipendio per calcolare la pensione fino al 31.12.92+ calcolo retributivo fino al 31.12.11 + contributivo, le categorie di cui sopra potrebbero arrivare a 50 anni di contribuzione, con una pensione quindi superiore alla retribuzione goduta in modo molto significativo.

Noi facciamo proposte di correzione dal 2011, ma il Governo sotto la pressione dell’opinione pubblica attraverso vari articoli di giornali, ha presentato un emendamento chiamato “contro le pensioni d’oro” per porre un limite al calcolo, ma non interviene realmente sulle distorsioni da correggere, diventa un limite per tutti. Da una prima formulazione che avrebbe penalizzato tutti, siamo riusciti almeno a pretendere che i nuovi requisiti richiesti per la pensione anticipata, quindi ad oggi 41 anni e 6 mesi per le donne e 42 e 6 mesi per gli uomini siano valorizzati. Tuttavia, in seguito alle reazioni di altri opinionisti che ritenevano “un pannicello caldo” l’emendamento perché non agiva sulle pensioni in essere, il Governo ha aggiunto un subemendamento, incomprensibile, che metterà a rischio il tutto, perché prevede che si possa intervenire anche sulle pensioni in essere dal primo gennaio 2015.

Questo episodio conferma che sulle pensioni non si deve intervenire in modo estemporaneo, il sistema previdenziale ha bisogno di certezze. Non è servita la lezione della manovra Fornero, sembrava si dovessero salvaguardare 50mila persone, siamo già a 170mila e ancora ci sono situazioni disperate. Evidentemente stiamo vivendo in un periodo storico in cui non conta più monitorare, valutare e approfondire per fare le cose giuste, purtroppo conta di più la lettura che il mondo fa di ciò che facciamo.

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Articolo di Maria Luisa Gnecchi (Pd) - Commissione Lavoro della Camera Dei Deputati

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