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Esodati, una salvaguardia per ulteriori 49.500 lavoratori
La Rete dei Comitati degli Esodati chiede al premier Matteo Renzi l'approvazione di una settima salvaguardia. "Scontato l'esito del referendum".
Kamsin Un ulteriore provvedimento legislativo che tuteli dalla normativa Fornero tutti coloro che non erano più occupati al 31.12.2011 per avvenuta risoluzione contrattuale a qualsiasi titolo, oppure avere entro quella data sottoscritto accordi collettivi o individuali che, come esito finale, prevedano il futuro licenziamento; e che maturano il diritto pensionistico, con le previgenti norme entro, il 31.12. 2018.
E' quanto torna a chiedere la Rete dei Comitati degli Esodati al Governo dopo la bocciatura del referendum sulla Riforma Fornero promosso dalla Lega Nord. Secondo la Rete restano esclusi dalle 6 salvaguardie finora approvate, almeno 49.500 cittadini, come certificato dal Governo in base a dati documentali INPS, resi noti in risposta all' interrogazione parlamentare dell’On.Gnecchi lo scorso 15 Ottobre 2014. "Sulla reale consistenza della platea in questione - precisano dal Comitato - sono ormai 3 anni che assistiamo ad un indecoroso balletto; nel giugno 2012 INPS li aveva quantificati e certificati in quasi 400.000 che, al netto dei 170.000 salvaguardati dalle 6 “lotterie” sarebbero ora ridotti ad oltre 200.000".
Il Comitato chiede quindi "con fermezza e determinazione che Governo e Parlamento procedano sollecitamente ad approvare una 7a salvaguardia, che comprenda ALMENO i 49.500 esodati , attualmente non salvaguardati e certificati da Governo e INPS. Un provvedimento d'urgenza, finanziato dai residui dei fondi già stanziati per le precedenti salvaguardie e che risultano ampiamente sufficienti allo scopo, senza alcuna necessità di reperire ulteriori risorse".
Dal canto loro i memebri della Rete degli Esodati annunciano che nelle prossime settimane saranno di nuovo a presidiare le sedi governative ed istituzionali per far sentire la loro voce.
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Statali, oltre uno su dieci fruisce dei permessi della 104
Sono le cifre risultanti dalle informazioni fornite dalle amministrazioni che hanno aderito alla rilevazione, il 64% del totale degli enti iscritti al sistema per il monitoraggio.
Kamsin Oltre 316mila statali hanno fruito nel 2013 dei permessi della legge 104 per i lavoratori disabili. E' quanto emerge dalle cifre pubblicate sul sito della Funzione Pubblica. Nel 2013 si sono avvalsi dei permessi 316.514 dipendenti pubblici su un totale di 3,2 milioni, in pratica un dipendente su dieci si è assentato per assistere i disabili, ma restano da aggiungere i dati della scuola. Per avere un quadro più completo occorre quindi attendere che vengano inclusi altri dati, soprattutto del settore della scuola, che vanta il maggior numero di dipendenti. Dovrebbe essere comunque solo una questione di tempo, visto che nei giorni scorsi dal ministero dell'Istruzione è partita una nota, rivolta ai direttori generali degli uffici scolastici regionali, che richiama all'obbligo della comunicazione al Dipartimento della Funzione Pubblica, entro il 31 marzo di ogni anno, dei dati relativi ai permessi fruiti in base alla legge 104.
Il 13 gennaio il ministero dell'Istruzione ha, infatti, sollecitato con una nota ai direttori generali degli uffici scolastici regionali per richiamarli all'obbligo di comunicare le informazioni sui permessi, in vigore dal 2010 (quando ministro della Pa era Renato Brunetta). Il sottosegretario all'Istruzione, Davide Faraone, fa sapere che «entro la settimana» si avranno anche i dati relativi alla scuola. E, pur ammonendo a non «criminalizzare la legge 104, che è uno strumento di civiltà e democrazia», ricorda che tra gli obiettivi del governo c'è «il contrasto dei furbi che ne abusano e tolgono il diritto a chi spetta». Faraone ricorda soprattutto il caso di Agrigento, dove è stata avviata un'inchiesta denominata "La carica delle 104" che, lo scorso 22 settembre, ha portato a 12 arresti e poi a centinaia di indagati per quella che si sarebbe rivelata, secondo gli inquirenti, una vera e propria fabbrica di falsi invalidi.
Tornando agli ultimi dati a disposizione, le giornate di permesso cumulate nel complesso, durante il 2013, sono state pari a 6 milioni 258 mila, di cui quasi 5,8 milioni, quindi oltre il 92%, fruite per assistenza a parenti o affini.
I permessi previsti dalla 104 sono quelli consentiti dalla legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone con disabilità, che permette fino a tre giorni di assenza dal lavoro sia per il lavoratore con disabilità grave, che non perde nulla in termini di stipendio, che per il dipendente che assiste un parente malato (coniuge, figlio, genitore, ma anche fratello, nonno o nipote e, in casi particolari, anche parenti di terzo grado, come gli zii). Una possibilità concessa sia ai lavoratori pubblici, che privati, ma con risultati applicativi molto diversi nei due comparti. Come emerge da un monitoraggio molto dettagliato diffuso dal ministero della Pa nel 2012, su dati 2010, su 529mila beneficiari della 104, nel privato se ne contavano 285mila (pari all'1,43% dei dipendenti privati totali), mentre nel pubblico 244mila (pari al 7,4% dei dipendenti pubblici): in pratica, gli statali utilizzavano questo strumento oltre cinque volte in più degli altri lavoratori. Il comparto con la più elevata percentuale di fruizione risultò proprio la scuola (103.871 beneficiari, pari ad oltre il 42%).
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Riforma Pensioni, Furlan: torni la pensione con le quote
La leader della Cisl ribadisce la necessità di intervenire sulla Riforma Fornero per garantire maggiore flessibilità in uscita. Critico il giudizio sulla previdenza complementare colpita dal Governo con la Finanziaria 2015.
Kamsin Non si può rimettere in discussione la legge Fornero senza gravare sui conti pubblici. Abbiamo ben presenti le compatibilità di bilancio. Ma non meno che l'occupazione giovanile è in forte sofferenza e che il sistema previdenziale oggi è troppo rigido. E' quanto afferma il segretario della Cisl Furlan dalle pagine del quotidiano Avvenire. Occorre invece ripristinare una certa flessibilità in uscita e tener conto che non tutti i lavori, e non tutti i lavoratori, sono uguali: le persone hanno esigenze differenti e a 67 anni è diverso stare seduti a una scrivania o salire su un'impalcatura. Bisogna far sì, perciò, che sia possibile andare in pensione dopo un certo numero di anni di contribuzione, in combinazione a una certa età".
L'ipotesi della sindacalista è di ripristinare, insomma, il sistema delle quote, cioè la vecchia pensione di anzianità. Ma a che livello? La Furlan non fissa soglie specifiche, anche se l'ipotesi di partenza - sostiene la sindacalista - è quella che ha rilanciato il Presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano: cioè la quota 100 con un minimo di 60 anni e 35 anni di contributi. "Questa è la strada a condizione però che a 40 o 41 anni al massimo resti l'uscita indipendentemente dall'età anagrafica e si cancelli quel controverso sistema di penalizzazioni che colpisce oggi solo una parte dei lavoratori". Inoltre, - ricorda la Furlan - si possono incentivare con contributi figurativi o sgravi fiscali le "staffette" tra un lavoratore anziano che passa a part-time e un giovane che entra in azienda e impara un mestiere.
L'altro problema che sottolinea la Furlan è la stangata sulla previdenza complementare. La finanziaria 2015 rischia di far danni anche nel campo previdenziale, grazie all'aumento delle tasse sui fondi pensione. "L'impatto della nuova aliquota balzata in un sol colpo dall'11,5 al 20% sarà quello di assottigliare l'assegno integrativo nel futuro. Un'assurdità, vista la progressiva magrezza delle nuove pensioni, complice la frammentazione delle carriere, il passaggio al contributivo puro con stipendi in media bassi, il Pil depresso di questi anni.
Colpire la previdenza integrativa non sembra dunque una mossa furba. Basti pensare che tra il 50 e il 60% dei dipendenti privati versa il Tfr nei fondi, proprio per accumulare un tesoretto extra negli anni della vecchiaia. In tutto sono 6 milioni i lavoratori italiani iscritti, uno su quattro. L'effetto della stangata sarà quello di avere pensioni integrative più povere domani (fino al 13% in meno), oppure versamenti più salati oggi ( fino al 12% in più) per mantenere lo stesso assegno futuro. I più penalizzati saranno i giovani. Renzi aveva promesso di intervenire. Ma la soluzione trovata, non ancora attiva, quella del credito di imposta ai fondi pensione, non sembra poter avere una ricaduta sul lavoratore" .
Seguifb
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Inps, domani sarà ascoltato Tito Boeri in Commissione Lavoro alla Camera
Martedì 27 gennaio, alle 14 la commissione Lavoro della Camera, nell'ambito dell'esame della proposta di nomina del Presidente dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, svolgerà l'audizione informale del professor Tito Boeri. L'appuntamento sarà trasmesso in diretta sulla webtv. Lo rende noto un comunicato di Montecitorio.
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Pensioni, Damiano: i tagli al welfare sono stati controproducenti
“Il voto della Grecia dimostra che la politica dell’austerita’ e dei tagli indiscriminati allo stato sociale portata avanti della cosiddetta Troika, e’ stata controproducente. Continuare su questa strada significherebbe allontanare settori sempre piu’ ampi di cittadini dalla condivisione della prospettiva di un’Europa piu’ forte ed unita”. Kamsin Lo dichiara in una nota il Presidente della Commissione Lavoro Cesare Damiano. “Il segnale che arriva dalla Grecia – aggiunge – dev’essere l’occasione per cambiare strada: si’ all’Europa, no all’austerita’ a senso unico. Occorre dare impulso ad una prospettiva di crescita dell’economia -prosegue Damiano- a partire dalla quale migliorare l’attuale situazione dell’occupazione e preservare lo stato sociale del continente dal diventare il bancomat da cui attingere per la riduzione del debito. La giusta richiesta nei confronti dell’Europa da parte del premier Renzi di avere maggiore flessibilita’ nei conti puo’, in questa situazione, uscire rafforzata e trarre anche beneficio dalle recenti decisioni del Presidente della Banca Centrale europea Mario Draghi” conclude l’esponente Pd.
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Pensioni, al Senato la riforma dei benefici per le vittime dell'Amianto
Due ddl per estendere i benefici previdenziali delle vittime di amianto. Allo studio l'incremento e l'estensione dei coefficienti di maggiorazione contributiva anche in favore dei lavoratori esposti all'amianto per meno di 10 anni nonchè l'esenzione dalla legge Fornero.
Kamsin Prosegue in Commissione Lavoro del Senato la discussione dei disegni di legge abbinati (1645 e 8) in materia di revisione e concessione dei benefici previdenziali per i lavoratori esposti all'amianto e ai loro familiari. Promossi dai Senatori Felice Casson e Puppato (Pd) il due ddl propongono una serie di agevolazioni sull'età pensionabile dei lavoratori vittime dell'amianto, patologia che è destinata nei prossimi anni a crescere sulla base delle ultime stime fornite dal ministero della Salute. Gli interventi proposti intendono agire, da un lato, sull'aumento e/o dell'estensione della maggiorazione contributiva riconosciuta dalla legge a questi soggetti nonchè, dalla sottrazione di questo comparto dalla legge Fornero.
Il Coefficiente. Il ddl 1645 propone infatti la modifica dell'articolo 47 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 nella disciplina relativa alla maggiorazione, ai fini pensionistici, dei periodi lavorativi contraddistinti da esposizione all'amianto. La disciplina attuale ha, infatti, riformulato in termini restrittivi il beneficio di cui all'articolo 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992, riducendo per tale fattispecie la misura del coefficiente da 1,5 a 1,25 ed escludendo del tutto l'applicazione di quest'ultimo ai fini del conseguimento del diritto alla pensione. L'articolo 2 del ddl 1645 suggerisce la modifica di tale disposizione nel senso di prevedere che il coefficiente moltiplicatore si applichi, a scelta del lavoratore esposto o ex esposto, o ai fini dell'anticipazione dell'accesso al pensionamento o ai fini della determinazione dell'importo delle prestazioni pensionistiche.
La Riapertura dei termini. Il provvedimento prevede, inoltre, una riapertura dei termini per poter inoltrare all'INAIL o ai dipartimenti di prevenzione delle aziende sanitarie locali presso il cui territorio si trova o si trovava l'azienda che a qualunque tipo impiegava amianto, domanda di rilascio delle certificazioni di esposizione per l'accesso ai benefici previdenziali. L'articolo 47 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 ha infatti limitato alla data del 15 giugno 2005 la possibilità, per i lavoratori ex esposti all'amianto, di presentazione della domanda. Per tali soggetti si prevede, quindi, la proroga del predetto termine ai dodici mesi successivi alla data di entrata in vigore della nuova normativa. Inoltre a questo proposito si introduce una importante distinzione tra i lavoratori ex esposti e quelli esposti: per i primi è prevista la riapertura dei termini, mentre per i secondi non è previsto alcun termine, dando così ad essi l'opportunità di presentare la domanda in qualsiasi momento.
Lavoratori con esposizione infra-decennale. Tra le altre novità del ddl c'è l'estensione dell'applicazione del beneficio, il coefficiente di maggiorazione dell'1,25, ai lavoratori con una esposizione infra-decennale che sono stati esposti all'amianto in concentrazione media annua non inferiore a 100 fibre/litro come valore medio su otto ore al giorno (pur con la precisazione che questo limite non si applica ai lavoratori per i quali sia stata accertata una malattia professionale a causa dell'esposizione all'amianto). Piu' articolata invece la modifica proposta del disegno di legge abbinato, il numero 8. Qui si prevede una graduazione del coefficiente in funzione dell'età dell'esposizione (1,15 sino a 5 anni di esposizione; 1,25 da 5 a 10 anni e 1,5 oltre i 10 anni di esposizione). I benefici previdenziali potranno essere comunque fatti valere anche dagli eredi degli aventi diritto.
Esenzione Riforma Fornero. Nel ddl 1645 si arriva a proporre, infine, l'esenzione dalla Riforma Fornero ai lavoratori esposti o ex esposti all'amianto in modo anticipare ulteriormente l'età pensionabile. Secondo la relazione al ddl dei promotori "l'applicazione della norma contenuta nel così detto «Decreto Salva Italia» anche a questi lavoratori, crea infatti una evidente crepa interpretativa, e si pone in netto contrasto con la ratio stessa della norma di cui alla legge n. 257 del 1992. Ratio che va infatti ravvisata nella finalità di offrire ai lavoratori esposti all'amianto per un apprezzabile periodo di tempo, un beneficio correlato alla possibile incidenza invalidante di lavorazioni che provocano una minore aspettativa di vita nella media di sette anni in meno, rispetto all'aspettativa di vita comune".
Altre novità riguardano l'estensione dei benefici previdenziali al personale militare delle Forze armate, al personale civile dello Stato e agli addetti alla nautica da diporto, settori che oggi non possono godere dei benefici in parola; l'istituzione di un indennizzo da corrispondersi una tantum (700 euro) nei confronti di quei lavoratori collocati in trattamento di quiescenza prima dell'entrata in vigore della legge n. 257 del 1992; la possibilità per i lavoratori esposti all'amianto di agire per il riconoscimento dei benefici previdenziali anche in costanza di rapporto di lavoro.
Sull'iter dei disegni di legge pendono tuttavia i costi delle misure sui quali i senatori attendono la valutazione del Governo e della Ragioneria dello Stato.
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Imu Agricola, il pagamento slitta al 10 Febbraio. Ecco le nuove regole
Il Governo approva in extremis un decreto legge che rinvia il pagamento dell'Imu dei terreni montani. Nel provvedimento resta lo schema basato su esenzione totale e parziale, ma la distinzione non è più puramente altimetrica: si baserà sulla classificazione dei Comuni realizzata dall'Istat che individua quelli non montani quelli parzialmente montani e infine quelli totalmente montani.
Kamsin Pagamento spostato al 10 febbraio e criteri più larghi per l'esenzione. Così il governo in un consiglio dei ministri lampo che si è svolto venerdì scorso ha trovato la quadra al pasticcio dell'Imu agricola, l'imposta la cui scadenza di pagamento era stata fatta slittare dallo scorso 16 dicembre al 26 gennaio. C'è voluta la mobilitazione delle associazioni degli agricoltori, dei comuni e del mondo politico (da ultimo una lettera di 106 deputati Pd a Renzi e Padoan), per sbloccare la situazione dopo che lo scorso dicembre l'esecutivo aveva deciso di far slittare al 26 gennaio il saldo dell'imposta con la promessa di rivedere i criteri contestati. Che però, complice una sospensiva prima introdotta e poi ritirata dal Tar del Lazio, tardava a concretizzarsi. In un primo momento, infatti, l'imposta 2014 non teneva conto delle peculiarità territoriali, perchè prendeva come unico riferimento altimetrico quello della sede del municipio, con tre fasce (sotto i 280 metri, tra 280 e 600 e sopra i 600), nè delle coltivazioni.
In extremis quindi l'esecutivo è corso ai ripari, approvando un decreto legge. Con i nuovi criteri, che si applicheranno ai pagamenti dovuti per il 2014 e poi andranno a regime a partire dall' anno in corso, il numero dei Comuni esenti in quanto situati in montagna passa da 1.498 a 3.456. Inoltre l'imposta non sarà applicata ai coltivatori diretti e agli imprenditori agricoli (purché iscritti al relativo fondo di previdenza) nei 655 Comuni definiti «parzialmente montani». E il 10 febbraio non pagheranno nemmeno coloro che sarebbero stati esenti con le precedenti norme e a maggior ragione lo sarebbero con quelle appena definite.
In pratica vengono esentati tutti i terreni, coltivati e non, ubicati nei comuni classificati come «totalmente montani» come pure i terreni posseduti e condotti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli ubicati nei comuni classificati come «parzialmente montani». Tutti gli altri terreni e soggetti saranno tenuti a pagare l'Imu entro entro il 10 febbraio. Ma chi era esente con le vecchie regole non dovrà pagare nulla anche se coi nuovi parametri dovesse risultare il contrario.
Con il decreto abbiamo risolto i problemi amministrativi sopravvenuti e tutelato ancora di più coloro che vivono di agricoltura nei territori rurali», ha osservato il ministro delle politiche agricole Maurizio Martina che per risolvere la vicenda si è incontrato con il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan trovando un'intesa a favore delle richieste del mondo agricolo, spalleggiato anche da un ampio schieramento politico. Secondo la stima del viceministro del Mipaaf Andrea Olivero la misura costerà circa 100 milioni. «E' giusto fare questo sforzo e non caricare di ulteriori pesi i comuni montani che mancherebbero all'appello degli incassi del Fisco», ha dichiarato.
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Riforma Pensioni, pioggia di emendamenti nel milleproroghe
Quasi 500 emendamenti sono caduti sotto la ghigliottina parlamentare. Non ce l'hanno fatta le proposte di estensione del contingente degli esodati salvaguardati. In pista ancora la proroga dell'opzione donna.
Kamsin Niente da fare per gli esodati con il decreto legge milleproroghe. L'emendamento presentato da Carlo Sibilia, deputato del M5S, che tentava di estendere la sesta salvaguardia di ulteriori 3.300 unità è stato dichiarato inammissibile. E' andata male anche alle altre 3 identiche proposte di modifica presentate da Lega Nord, Sel e Forza Italia che non hanno retto la tagliola del primo giudizio della Presidenza delle Commissione guidata da Francesco Paolo Sisto.
Sibilia è andato sotto anche sulla deroga per il personale della scuola alla fruizione del trattenimento in servizio, istituto abolito con il Dl 90/2014. La proposta intendeva nei fatti reintrodurre il trattenimento biennale per il personale docente e Ata che avesse maturato i requisiti pensionistici Fornero. Inammissibili pure le proposte Lauricella 1.115 e Bolognesi 1.198, che cercavano di ampliare le possibilità di usufruire dell'istituto del trattenimento in servizio agli avvocati dello Stato.
Ha retto, per ora, il primo giudizio di ammissibilità il tentativo di Sel (emendamento Nicchi 10.09) di estendere l'opzione donna fino al 2016. Passano anche gli emendamenti sulle aliquote contributive delle Partite Iva nella gestione separata e sul regime dei minimi. Una schiera trasversale di parlamentari, da Ncd a Scelta Civica, ha presentato emendamenti in serie per resuscitare il vecchio regime dei minimi, quello che prevede una tassazione «flat» del 5% per i redditi fino a 30 mila euro, e per bloccare per tutto il 2015 l'aumento dei contributi dal 27% al 30% che gli autonomi saranno chiamati a versare.
Renzi però ha già promesso che la riforma la farà il Governo nel maxiconsiglio dei ministri del 20 febbraio. Quindi gli emendamenti in materia potrebbero essere bocciati nel corso dell'esame della Commissione se il Governo darà parere negativo ad una modifica con il milleproroghe.
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Riforma Pa, il Governo conferma l'abolizione dei segretari comunali
Saitta ha invitato la Commissione a rivalutare con attenzione la decisione dell'abolizione della figura del Segretario comunale, "norma sorprendente e della quale dall'articolato e dalla relazione non se ne capisce l'utilità.
Kamsin L'articolo 10 del disegno di legge di riforma della pubblica amministrazione conferma l'abolizione dei segretari comunali. Una volontà manifestata dal Governo, fin dalle prime indicazioni in materia di riforma delle pubbliche amministrazioni che non è venuta meno neanche dopo la presentazione degli emendamenti da parte del Relatore al ddl, Giorgio Pagliari (Pd). Il punto 13 della lettera ai dipendenti della pubblica amministrazione, inviata dal premier Matteo Renzi e dal Ministro della Funzione Pubblica, Marianna Madia, recitava, infatti, ai primi punti l'intenzione di “abolire la figura del segretario comunale”.
Per i segretari comunali la strada pare dunque segnata: la loro figura non esisterà piu' e confluirà in un'apposita sezione a esaurimento del ruolo dei dirigenti degli enti locali in modo che non esista più lo status di segretario comunale. Contro la decisione governativa si sono schierati numerosi consigli regionali che hanno approvato mozioni in tal senso (tra cui Toscana, Marche,Lombardia, Puglia, Liguria, Campania,Basilicata ed Abruzzo); la stessa Conferenza delle Regioni in data 16 ottobre 2014 ha approvato un documento riguardante il Disegno di legge recante riorganizzazione delle Amministrazioni Pubbliche contro la decisione del Governo.
Anche il Presidente dell'ANAC Cantone ha espresso forti perplessità in merito alla proposta di abolizione dei Segretari comunali, perplessità che lo stesso Presidente ha manifestato direttamente al Presidente del Consiglio Renzi. Del resto, osserva Cantone , la decisione di abolire la figura del segretario comunale appare poco coerente con l'intenzione di potenziare la normativa anticorruzione, della quale i segretari, per legge responsabili anticorruzione e della trasparenza, sono un fulcro fondamentale. Come, del resto, fondamentale è la loro opera a garanzia del coordinamento dell'attività amministrativa e, soprattutto, della legittimità complessiva dell'operato degli enti locali.
Il Prof. Saitta, noto Amministrativista, nel corso delle audizioni, ha espressamente invitato la Commissione a rivalutare con attenzione la decisione dell'abolizione della figura del Segretario comunale, "norma sorprendente e della quale dall'articolato e dalla relazione non se ne capisce l'utilità".
La figura del Segretario comunale - ha detto Saitta - risponde ad un'idea dell'Amministrazione che ha due vertici uno di indirizzo politico ed uno strutturale. I Segretari comunali rappresentano un corpo di funzionari pubblici spesso di altissima competenza professionale che nei comuni piccoli, medi, ma anche grandi, rappresentano un riferimento di competenze prezioso. Inoltre, lo sviluppo della carriera dei Segretari comunali fa si che gli stessi ricoprono l'incarico in diverse amministrazioni e questo costituisce anche un dialogo fruttuoso di arricchimento per le strutture amministrative degli enti locali. D'altra parte la dirigenza degli enti locali, soprattutto quella assunta a tempo determinato, non è il più delle volte dotata della necessaria esperienza".
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Pensioni, i matrimoni di comodo riducono l'assegno ai superstiti
Dal 2011 il legislatore ha introdotto una particolare penalizzazione sull'importo della pensione qualora siano stati contratti dopo il compimento del 70° anno di età e qualora la differenza di età tra i coniugi è superiore a 20 anni.
Kamsin La pensione ai superstiti è una prestazione previdenziale finalizzata a ridurre lo stato di bisogno economico sorto nel nucleo familiare per la morte del congiunto, lavoratore o pensionato. Nel caso che a mancare sia un lavoratore non ancora titolare di pensione, la reversibilità spetta ai superstiti a condizione che il dante causa, in vita, raggiungesse particolari requisiti contributivi: almeno 15 anni di contribuzione versata in qualunque epoca o, in alternativa, almeno 5 anni di contributi di cui almeno 3 nel quinquennio precedente la morte del lavoratore.
In mancanza di queste condizioni, la legge purtroppo preclude ai familiari la possibilità di beneficiare della prestazione pensionistica. Diversamente, nel caso di defunto già titolare di pensione, i superstiti hanno diritto alla prestazione di reversibilità senza necessità di perfezionare alcun requisito contributivo. La legge individua puntualmente i soggetti beneficiari della pensione riconoscendo una particolare tutela al coniuge. Il vedovo o la vedova hanno, infatti, diritto a una prestazione pari al 60% dell'importo della pensione del dante causa. L'assegno così calcolato è, poi, soggetto a un'ulteriore riduzione che può variare dal 25 al 50% a seconda che i redditi personali del coniuge in vita superino i limiti previsti anno per anno dalla legge.
Per contenere il diffondersi di matrimoni di comodo, nel 2011 il legislatore ha introdotto una particolare penalizzazione sull'importo della pensione: se il matrimonio è stato, infatti, contratto dopo il compimento del 70° anno del dante causa, e la differenza di età fra i coniugi è superiore a 20 anni, l'aliquota percentuale deve essere ridotta del 10% per ogni anno di matrimonio mancante ai 10. Il diritto alla pensione ai superstiti cessa per il coniuge che contragga nuovo matrimonio. In questo caso, a chiusura della prestazione, l'Inps riconosce un una tantum pari a una doppia annualità di pensione, comprensiva della 13esima mensilità.
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a cura di Paolo Ferri - Patronato Acli