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I giudici dichiarano legittimo il recesso ad nutum dal rapporto di lavoro intimato dopo il conseguimento dell'età per il pensionamento di vecchiaia. La permanenza in servizio sino al settantesimo anno di età, come prevista dalla riforma Fornero del 2011, è subordinata al consenso del datore di lavoro.

Kamsin Sarà più difficile per i lavoratori dipendenti del settore privato fruire dell'incentivazione prevista dall'articolo 24 del DL 201/2011 e restare in servizio sino al compimento del settantesimo anno di età al fine di maturare una pensione più succulenta. Dopo il recente altolà imposto ai lavoratori del pubblico impiego per i quali è stato ribadito il collocamento a riposo d'ufficio al perfezionamento dei requisiti per la pensione di vecchiaia (66 anni e 3 mesi) o anche prima, al perfezionamento dei 65 anni, qualora abbiano raggiunto un diritto a pensione anticipata entro tale età, il diritto viene compresso anche nei confronti dei settore privato. 

Il Tribunale di Roma con sentenza del 30 Aprile scorso ha infatti deciso che la normativa in questione contenga unicamente la previsione di un incentivo alla permanenza in servizio fino al settantesimo anno di età, in coerenza con l’impianto della riforma del sistema pensionistico che tende all’innalzamento dell’età pensionabile, e un invito alle parti a consentire la prosecuzione del rapporto.  In altri termini, il tenore letterale della norma, nella parte in cui recita “il proseguimento dell’attività lavorativa è incentivato … fino all’età di settant’anni …”, non consente, quindi, di affermare che la norma sancisca un vero e proprio diritto potestativo del lavoratore di scegliere se rimanere in servizio fino all’età di settant’anni, né un correlativo obbligo dal datore di lavoro di consentire la prosecuzione del rapporto fino a tale limite massimo di età.

La circostanza che la norma non preveda che, ai fini dell’esercizio del presunto diritto, il lavoratore debba presentare una domanda e che la domanda debba essere presentata entro un determinato arco temporale induce ulteriormente ad escludere, ad avviso del Tribunale, che la stessa possa configurare un diritto potestativo in favore del lavoratore. 

Il Giudice del Lavoro ha, quindi, concluso che la possibilità per il lavoratore di rimanere in servizio fino al compimento del settantesimo anno di età, in assenza della previsione di un diritto suo potestativo, resti subordinata al consenso del datore di lavoro.

La Questione - La Riforma Fornero ha previsto un sistema di flessibilità per il quale i lavoratori, dopo la maturazione dei requisiti di età e di contribuzione, possono scegliere di posticipare il momento di ritiro dal mercato del lavoro. La prosecuzione dell’attività lavorativa oltre il conseguimento dei requisiti minimi viene, infatti, incentivata fino all’età di 70 anni, fatti salvi gli adeguamenti alla speranza di vita.

 

Con queste regole si è posta la questione se, quale corollario del progressivo innalzamento dell’età pensionabile e della flessibilità a 70 anni (ulteriormente adeguata agli incrementi della speranza di vita), la legge differisca l’esercizio del potere di recesso ad nutum da parte del datore di lavoro dall'età pensionabile di vecchiaia sino al compimento del limite massimo di flessibilità (70 anni, via via aggiornati agli incrementi dell’attesa di vita). 

 

L’art. 24 prevede, infatti, anche che nei confronti dei lavoratori dipendenti l’efficacia delle disposizioni di cui all’art. 18 della legge n. 300/1970 e successive modificazioni, cioè delle norme che recano la disciplina limitativa dei licenziamenti, “è differita fino al predetto limite massimo di flessibilità”. Ma tale possibilità non opera nel settore pubblico, ad eccezione delle categorie per le quali i limiti ordinamentali sono fissati a 70 anni (ad esempio magistratura, avvocati dello stato, professori universitari).

Zedde

Il provvedimento consente l'agevolazione dei pagamenti sostenuti successivamente al 13 settembre. Complessivamente l'esclusione opera per 200 milioni di euro relativamente al 2014 e per 100 milioni di euro relativamente al 2015.

Kamsin Arriva il via libera per ottenere i primi 200 milioni messi a disposizione dal decreto «sblocca Italia» per accelerare il saldo dei debiti pregressi di regioni ed enti locali. La richiesta deve essere trasmessa dalle amministrazioni interessate entro il prossimo 30 settembre, mediante la piattaforma elettronica per la certificazione dei crediti. La nuova funzione è disponibile sotto il menù «Ricognizione debiti Richiesta Spazi Finanziari 2014».

E' quanto prevedono i commi 5 e 6 dell'articolo 4 del decreto legge Sblocca Italia. Il provvedimento disciplina l'esclusione dai vincoli del patto di stabilità interno per gli anni 2014 e 2015, per un importo complessivamente pari a 300 milioni di euro (di cui 200 milioni per il 2014 e 100 milioni per il 2015), dei pagamenti dei debiti in conto capitale certi, liquidi ed esigibili alla data del 31 dicembre 2013 sostenuti successivamente all'entrata in vigore del decreto-legge da parte delle regioni, delle province e dei comuni. Al tal fine rilevano ai fini della predetta esclusione solo i debiti presenti nella apposita piattaforma elettronica per la certificazione di crediti, connessi a determinate tipologie di spesa espressamente indicate, escluse le spese afferenti la sanità.

Il provvedimento intende, dunque, introdurre per gli anni 2014 e 2015 una ulteriore deroga ai vincoli del patto di stabilità del tutto analoga a quella già consentita per il 2014 dalla legge di stabilità con riferimento ai debiti maturati al 31 dicembre 2012 (art. 1, commi 546-549, legge n. 147/2013), estendendola peraltro ai pagamenti di debiti maturati fino al 31 dicembre 2013. Per l'anno 2014, l'esclusione, concessa nel limite complessivo di 200 milioni di euro, è destinata per 50 milioni di euro ai pagamenti dei debiti delle regioni che beneficiano di entrate rivenienti dalle aliquote di prodotto della coltivazione di idrocarburi, superiori a 100 milioni. Per la distribuzione del rimanente importo dell'esclusione, i comuni, le province e le regioni sono tenuti a comunicare al Ministero dell'economia e delle finanze, entro il termine perentorio del 30 settembre 2014, gli spazi finanziari di cui necessitano per sostenere i pagamenti di debiti nel 2014 ed entro il termine perentorio del 28 febbraio 2015 gli spazi finanziari di cui necessitano per sostenere i medesimi pagamenti nel 2015.

Zedde

Una Circolare della Funzione Pubblica ha ridotto dal 1° Settembre i permessi e i distacchi sindacali per i lavoratori del pubblico impiego. Norme speciali per forze di polizia e vigili del fuoco.

Kamsin Dal 1° settembre scorso è scattata la riduzione del 50% delle prerogative sindacali nelle pubbliche amministrazioni, fra cui permessi e distacchi. Il provvedimento, che fa parte della riforma della Pubblica amministrazione, e' stato disposto con la circolare della Funzione Pubblica 5/2014 firmata dal ministro della P.a. Marianna Madia il 20 agosto, il cui testo è qui disponibile. La riduzione, si legge sul sito del ministero, "e' finalizzata alla razionalizzazione e alla riduzione della spesa pubblica".

La circolare attua l’articolo 7 del Dl 90/2014 che prevede, a decorrere dal 1° settembre 2014, la riduzione del 50 per cento, per ciascuna associazione sindacale, dei distacchi, delle aspettative e dei permessi sindacali previsti per il personale delle pubbliche amministrazioni e al personale in regime di diritto pubblico. La legge ha previsto, peraltro, che possono essere definite forme di utilizzo compensativo tra distacchi e permessi sindacali, purché ad invarianza di spesa.

La legge ha inoltre introdotto una disposizione specifica (comma 1-bis) relativa alla riduzione delle prerogative sindacali per le forze di polizia e per i  vigili del fuoco: ad essi la riduzione (elevata al 66%) si applica esclusivamente ai permessi speciali per la partecipazione a riunioni sindacali su convocazione dell'amministrazione (e non anche ai permessi ordinari, distacchi e aspettative).
Inoltre, è stato precisato che nell'ambito delle modifiche alle ripartizioni dei contingenti così ridefiniti tra le associazioni sindacali, sarà possibile definire, ad invarianza di spesa, forme di utilizzo  compensativo tra distacchi e permessi sindacali.

Riforma Pensioni, ecco le novità con il Decreto sulla Pa

Il Decreto Pa è legge. La Camera approva lo stop ai quota 96 e ai precociZedde

Con l'introduzione della Legge Fornero anche i lavoratori con almeno 18 anni di anzianità contributiva al 1995 hanno una parte dell'assegno calcolata con il sistema contributivo
- Bruxelles, 22 set. - Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, a margine di un'audizione in Parlamento europeo a Bruxelles parla della riforma del lavoro e dell'annosa questione sull'art. 18. "La nostra riforma (del mercato del lavoro) e' complessiva, e va a superare l'articolo 18 come e' stato concepito fino a oggi". "La riforma complessiva del mercato del lavoro estendera' i diritti ai milioni di cittadini che non li hanno e abbiamo provveduto a preparare gia' il terreno per la prossima finanziaria per dare un segnale concreto di maggiore protezione", ha aggiunto Delrio. "La risposta ai problemi occupazionali del nostro paese sta nel contratto a tutele crescenti che include e supera tutti i vecchi sistemi che davano protezione, ma non la davano in realta'," ha aggiunto Delrio, precisando che l'obiettivo del governo e' "estendere i diritti e dare possibilita' di nuovi posti di lavoro." "La delega che ci dara' il Parlamento definira' i confini entro cui muoverci." Delrio aveva precedentemente aperto al superamento dell'articolo 18 attraverso la riforma del lavoro proposta dal governo. Il sottosegretario ha comunque aggiunto: "Per ora io registro che e' stato fatto un lavoro ottimo in commissione," ha detto Delrio definendo questo lavoro "molto equilibrato, molto avanzato dal punto di vista delle tutele." Delrio ha concluso dicendo che "in questo momento dovremmo rallegrarci del fatto che il Parlamento ha allargato le tutele e le ha rese piu' solide". .
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