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Pensione insegnanti, in salita la strada per la salvaguardia dei quota 96 della scuola
Il governo dovrà stabilire se la salvaguardia dei docenti che hanno raggiunto i requisiti di pensionamento nell'anno scolastico 2011/2012 è meritevole di tutela.
Oggi è previsto il voto in Commissione Bilancio alla Camera sulla proposta di legge Ghizzoni-Marzana di cui è relatrice Barbara Saltamartini. Nell'ultima seduta la Commissione aveva già espresso parere favorevole all'unanimità sul progetto di legge 249 che consente il mantenimento delle previgenti regole di pensionamento agli insegnanti che hanno raggiunto i requisiti per l'eta' pensionabile entro la fine dell'anno scolastico 2011/2012.
La vicenda delle pensioni della scuola va avanti ormai da oltre un anno e sta provocando una spaccatura profonda tra sostenitori e detrattori dell'intervento. Da un lato c'è infatti chi difende la proposta indicando inaccettabile la discriminazione di quei docenti che hanno maturato i requisiti dopo il 31 dicembre 2011 ma pur sempre all'interno dello stesso anno scolastico di riferimento che sono costretti a restare sul lavoro per almeno altri 4-5 anni; dall'altro c'è chi ritiene prioritario destinare le risorse ad avvantaggiare gli esodati piuttosto che quei lavoratori che avrebbero comunque un salario garantito a fine mese.
Ad ogni modo presto la questione rischia di diventare una grana del governo Renzi. Il Ministero dell'Economia e la Ragioneria generale dello Stato hanno dato parere negativo al progetto di legge nei giorni scorsi ma ancora una volta i componenti della Commissione Ncd, Pd, 5 Stelle, e Sel si dicono pronti a votare a favore della proposta. Muro contro muro. In definitiva sarà dunque Renzi a dover sbrogliare la matassa ed indicare soprattutto quali risorse destinare. La proposta infatti costa circa 400 milioni la cui copertura è quantomai incerta.
Nel provvedimento si scaricano i costi sul Fondo esodati istituito dalla legge 228 2012 ma la Ragioneria dello Stato ha bocciato tale intervento. Francesco Boccia presidente della commissione Bilancio si è detto tuttavia positivo: "chiederemo al governo di dare il via libera al provvedimento. In quel caso la Commissione indicherà eventualmente altre poste".
La deroga - La proposta introduce una deroga al regime introdotto dalla cosiddetta riforma Fornero estendendo le vecchie regole di pensionamento al personale della scuola che abbia maturato i requisiti per la pensione entro l'anno scolastico 2011/2012. In pratica vengono ricompresi nel beneficio gli insegnanti che maturano i vecchi requisiti tra il 1° gennaio 2012 ed il 31 agosto 2012.
La pensione per i beneficiari sarà posta in pagamento dal 1° settembre 2014 nel limite massimo di 4.000 soggetti. La procedura di monitoraggio prevede che l'Inps definisca un elenco numerico delle domande dei lavoratori che intendono avvalersi del beneficio basato, ai fini dell'ordine di priorità, sul criterio progressivo risultante dalla somma dell'età anagrafica e dell'anzianità contributiva vantate dei singoli richiedenti al 31 dicembre 2012.
Rendite finanziarie, la tassazione salirà al 26 per cento
L'aumento delle tasse azioni sulle rendite finanziarie servirà sostenere taglio dell'Irap del 10 per cento alle imprese. Spunta però l'ipotesi di uno slittamento a luglio.
Matteo Renzi ha annunciato che la tassazione sulle rendite finanziarie passerà dal 20 al 26 % sui redditi di capitale e sui redditi diversi. La misura garantirà risorse che finanzieranno la riduzione dell'Irap del 10 per cento delle aziende private. Secondo il premier l'aumento di 6 punti percentuale delle aliquote sul capital gain, su interessi e dividendi garantirà un maggior gettito di circa 2,6 miliardi; cifra che verrà utilizzata per ridurre di circa 2,4 miliardi il peso dell'Irap sulle aziende private considerando anche un margine di sicurezza di 200 milioni di euro per contenere un eventuale calo del gettito.
Nel presentare la manovra fiscale sulle rendite finanziarie il premier Matteo Renzi ha anche sottolineato come l'aumento dal 20 al 26 per cento della tassazione ponga l'Italia in linea con gli altri paesi europei. In effetti con l'aumento delle aliquote l'Italia sarà allineata alla media degli altri paesi europei che si attesta intorno al 25 per cento, però è bene ricordare che a differenza degli altri Stati dell'Unione i risparmiatori italiani sono anche chiamati a pagare l'imposta del bollo del 2 per mille e la Tobin tax.
La misura secondo quanto annunciato dal neo-premier dovrebbe scattare dal prossimo 1° maggio ma per consentire agli operatori e agli intermediari finanziari di adeguare le proprie procedure è possibile che il governo trovi un accordo per posticiparla al 1° luglio.
La stretta sulle rendite finanziarie riguarderà la tassazione di tutti i principali proventi derivanti da prodotti finanziari (conti correnti, conto deposito, certificati di deposito, azioni ed obbligazioni, fondi di investimento italiani e stranieri, gestioni individuali e derivati) ad eccezione però, come espresso dallo stesso Matteo Renzi, dei titoli di Stato, le cui aliquote resteranno ferme al 12,5%.
Pensioni, i sindacati chiedono l'estensione degli sgravi fiscali
Cgil, Cisl e Uil attaccano il governo: i pensionati italiani sono allo stremo. In 15 anni gli assegni hanno perso il 30 per cento del loro potere d'acquisto.
Sventato per il momento la possibilità di un contributo di solidarietà i pensionati protestano contro le misure approvate da Renzi. Del resto il primo ministro è stato molto chiaro: "per il momento i soldi in tasca e pensionati non li metto. Per loro non cambia nulla, non prendono di più e non danno di più a meno che non incassino cifre come 8 mila euro al mese".
Terminata quindi la querelle sulle eventualità di un prelievo extra sulle fasce medie resta aperta la questione degli sgravi Irpef garantiti ai lavoratori che guadagnano fino a 1500 euro netti al mese e non riconosciuti anche ai pensionati.
La questione non piace ai sindacati che attaccano il governo su questo fronte. La leader della Cgil Camusso ricorda che "per favorire la ripresa il governo deve guardare ai tanti pensionati che hanno trattamenti bassi. Anche a loro è dovuta una restituzione fiscale". Una linea condivisa anche da Cisl e Uil e per i pensionati lavoratori autonomi Cupla che precisano "come la stragrande maggioranza degli assegni stia sotto i mille euro, altro che pensioni d'oro".
Dal loro punto di vista i sindacati fanno presente che negli ultimi 15 anni le pensioni hanno perso il 30 per cento del loro potere d'acquisto eroso dall'aumento generale delle tasse e dal fatto che sono state trasformate in un nuovo amortizzatore sociale per le famiglie. "Ora però gli anziani non ce la fanno più dato che negli ultimi due anni le vendite di nuda proprietà sono incrementate del 23 per cento" ha detto il segretario Camusso.
Taglio Irpef, fino a 90 euro in piu' al mese con l'intervento di Renzi
Lo sconto Irpef annunciato dal premier Matteo Renzi comporterà un bonus fino a 90 euro al mese per i redditi annui lordi inferiori a 25 mila euro.
La riduzione dell'Irpef sarà effettuata a partire dal prossimo mese di maggio. E sarà incentrata sulle cifre che ha diffuso il premier Matteo Renzi la scorsa settimana nel corso della conferenza stampa al termine del Cdm: 10 miliardi l'intervento complessivo, 10 milioni i lavoratori coinvolti (con esclusione delle partite iva), concentrazione delle risorse in favore dei redditi al di sotto dei 25 mila euro lordi annui, beneficio palpabile per chi guadagna sino a 1.500 euro netti in busta paga.
L'esatto importo di quanto andrà in busta paga non è ancora certificabile in quanto dipenderà da come verrà formulata la norma ma indicativamente il bonus dovrebbe essere di circa 75-85 euro al mese in più. Vediamo dunque quali potrebbero i vantaggi fiscali conseguibili dai potenziali destinatari.
Innanzitutto la platea dei potenziali beneficiari. E' certo che i destinatari del provvedimento saranno i lavoratori dipendenti che guadagnano tra gli 8 mila e i 25 mila euro annui lordi, si tratta di un numero complessivo di 10 milioni e 436 mila soggetti.
Immaginando un intervento che comporti un incremento delle detrazioni fiscali al crescere del reddito, il bonus pertanto dovrebbe risultare maggiormente elevato per i redditi inferiori a 15 mila euro l'anno e diminuire gradualmente per quelli superiori a tale cifra sino ai 25.000 euro.
Per il primo scaglione, cioè quello tra gli ottomila e 12 mila euro, l'intervento potrebbe portare nelle tasche dei contribuenti circa 91 euro netti al mese il prossimo 27 maggio. La fascia successiva, individuata tra i 12mila e 15 mila euro, potrebbe ottenere un bonus di circa 95-96 euro al mese; la terza fascia, individuabile tra i 15 e i 20 mila euro, dovrebbe portare a casa un bonus di 83 euro. Benefici chiaramente piu' bassi per la quarta fascia, quella tra i 20 e i 25 mila euro lordi l'anno, dove il peso delle detrazioni è diverso: qui il bonus dovrebbe attestarsi intorno ai 60 euro netti in più al mese.
Irrisolto invece il problema degli incapienti cioè di quei quasi 4 milioni di lavoratori che non riescono a raggiungere gli 8.000 euro lordi annui che, pertanto, non sono interessati da un eventuale incremento delle detrazioni o di un intervento sull'Irpef. Per questi lavoratori il governo potrebbe però prevedere un bonus mensile di circa 20-25 euro netti che saranno erogati direttamente dall'INPS.
I dettagli del provvedimento tuttavia non sono noti in quanto non esiste un testo base adottato dal Consiglio dei ministri. Per conoscere le modalità attuative dell'intervento sull'Irpef proposte dall'esecutivo Renzi bisognerà pertanto attendere la pubblicazione di un decreto legge (previsto verosimilmente per il mese di aprile) dopo il via libera da parte di Bruxelles e l'adozione del nuovo Def previsto per fine marzo.
Decreto casa 2014, la cedolare secca scende al 10%
Con il decreto casa la cedolare secca viene ridotta al 10 per cento per chi affitta a canone concordato.
Il decreto legge sulla casa è stato finalmente approvato dal Consiglio dei ministri. In attesa della pubblicazione del testo in Gazzetta la novità principale è stata confermata: c'è la riduzione ulteriore dal 15 al 10 per cento dell'aliquota prevista per la cedolare secca in favore di chi affitta a canone concordato. Già con il precedente decreto del fare il governo Letta aveva previsto una riduzione dal 20 al 15 per cento per agevolare e stimolare gli affitti. Ora la misura dovrebbe ulteriormente rendere conveniente su larga scala il ricorso al canone concordato e dare una scossa ad un mercato immobiliare in profonda crisi.
Nel decreto viene anche previsto un aumento della detrazione Irpef fino a 900 euro annui per inquilini di alloggi sociali che posseggono un reddito inferiore a 15.493,71 euro e fino a 450 euro annui per coloro che hanno un reddito inferiore a 30.987,41 euro.
Non è passata invece la misura per la quale si era battuto il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi che voleva introdurre un aliquota scontata al 4 per mille sull'imu per chu affitta la casa di proprietà.
Tra le altre misure contenute nel decreto c'è il rifinanziamento di 100 milioni del fondo affitti e di 226 milioni del fondo "morosità incolpevole" che aiuta le persone che in un momento di difficoltà in via temporanea non possono pagare l'affitto.
Nel decreto è anche previsto un piano di recupero degli alloggi popolari degli IACP pari a 468 milioni di euro. Il piano dovrà essere messo a punto dal Ministero dei Trasporti entro sei mesi dell'entrata in vigore del decreto e verrà finanziato con i fondi revocati alle opere pubbliche bloccate. I fondi serviranno a rendere agibili 12mila alloggi l'anno attraverso opere di recupero edilizio e manutenzione straordinaria.
Tra le misure destinate alle famiglie disagiate ci sono anche incentivi per la vendita degli alloggi iacp agli inquilini che li abitano: qui si prevede un fondo mutui in favore degli inquilini che acquistano l'alloggio con la possibilità di ottenere un contributo in conto interessi massimo dell'1% per 7 anni.
Altro...
Opzione donna, ancora pochi mesi prima della chiusura
Ultimi mesi prima della chiusura del regime sperimentale donna. Entro il 2014 le lavoratrici dovranno maturare i requisiti per l'accesso al regime.
Con l'approvazione della riforma Monti Fornero nel 2011 le lavoratrici che hanno deciso di accettare una pensione di importo più basso approfittando della possibilità offerta dal regime sperimentale è aumentata in modo deciso.
Secondo i dati diffusi dall'Istat tra il 2011 e 2012 il numero delle lavoratrici che hanno fatto ricorso all'opzione è praticamente quadruplicato superando oltre 5.500 prestazioni. Per comprendere il fenomeno basti pensare che prima della riforma le lavoratrici che optavano per il regime sperimentale superavano a malapena le mille unità l'anno. E il fenomeno è ulteriormente cresciuto nel 2013 quando il numero complessivo ha superato le 7mila domande.
I requisiti
La norma prevista dall'articolo 1, comma 9 della legge 243 2004 consente alle lavoratrici con 57 anni di età (58 le autonome) e 35 anni di contributi di accedere alla pensione entro il 31 dicembre 2015 a condizione tuttavia di accettare un assegno calcolato con il sistema contributivo perdendo pertanto circa il 25-30 per cento di quanto otterrebbero con le norme vigenti. Le lavoratrici perdono, con l'opzione donna, il beneficio di quella quota di pensione che veniva calcolata con le regole del sistema retributivo o misto in funzione dell'anzianità contributiva che potevano vantare al 31 dicembre 1995.
Dal 1° gennaio 2013 il requisito anagrafico di 57 anni, e dei 58 anni per le autonome, è stato tuttavia incrementato di 3 mesi per effetto dell'adeguamento alla speranza di vita Istat. Inoltre, secondo quanto rappresentato dall'istituto di previdenza nella circolare 35 2012, come condizione di accesso al regime, le lavoratrici devono perfezionare la decorrenza della prestazione pensionistica - cioè comprensiva dell'applicazione della finestra mobile di 12 o 18 mesi a seconda rispettivamente se dipendenti o autonome - entro il 31 dicembre 2015.
Tale interpretazione restringe di conseguenza di molto il campo delle potenziali beneficiarie.
Ecco quindi quali sono le scadenze in base ai diversi profili di ciascuna lavoratrice.
Per le lavoratrici dipendenti del settore privato i requisiti di 57 anni e 3 mesi di età e 35 di contributi devono essere perfezionati entro e non oltre il 30 novembre 2014. Ciò a causa del differimento, come detto, della finestra mobile di 12 mesi che comporterà una decorrenza fissata per il 1 dicembre 2015.
Va un po' meglio solo rispetto alle lavoratrici dipendenti iscritte all'ex Inpdap. I requisiti qui devono essere perfezionati entro il 30 dicembre 2014 in quanto nella gestione pubblica la decorrenza della pensione avviene il giorno seguente a quello di apertura della finestra. Inoltre per queste lavoratrici il requisito contributivo s'intende perfezionato anche con 34 anni, 11 mesi e 16 giorni.
Peggio di tutte le lavoratrici autonome. Per loro infatti la finestra mobile è di 18 mesi e i requisiti devono essere di 58 anni e 3 mesi di età con 35 anni di contributi. Tali requisiti devono essere pertanto perfezionati entro il 31 maggio 2014. Nella gestione Inps le decorrenze dei trattamenti pensionistici sono fissate il primo giorno del mese successivo a quello di maturazione dei requisiti per il pensionamento.
Esodati, la Camera adotta il testo unificato per estendere la salvaguardia
La Commissione Lavoro della Camera ha adottato il testo base delle proposte di legge volte ad introdurre la 6° salvaguardia in favore degli esodati.
La commissione Lavoro della Camera continua l’esame della proposta di legge che punta a modificare la disciplina dei requisiti per la fruizione delle deroghe riguardanti l’accesso al trattamento pensionistico ed ha adottato questa settimana come testo base il testo unificato messo a punto dal Comitato ristretto. Il testo unifica la proposta di legge n.1336 presentata lo scorso 9 luglio dai deputati Airaudo, Placido e Di Salvo e le altre sei presentate presso la Commissione Lavoro della Camera.
La proposta unificata - tra l'altro - consente il mantenimento delle previgenti regole a coloro che maturano i requisiti pensionistici entro 24 mesi dalla scadenza dell'indennità di mobilità e ai prosecutori volontari che maturano la decorrenza del trattamento pensionistico entro il 2018. Il testo elimina anche alcuni paletti previsti per i cessati dal servizio e riconosce la salvaguardia per i lavoratori autorizzati alla prosecuzione della contribuzione prima del 20 luglio 2007.
Il presidente Cesare Damiano ha spiegato che, una volta esaminate le proposte di modifica, si potrà valutare l’opportunità di procedere alla deliberazione circa la richiesta di una relazione tecnica per acquisire, in tempi brevissimi, elementi in ordine alla quantificazione dei relativi oneri e di poter valutare conseguentemente la copertura finanziaria del provvedimento. A suo avviso sarebbe opportuno procedere all’audizione, in via informale, dei vertici dell’Inps al fine di fare il punto sulla situazione complessiva dei cosiddetti ”esodati”.
Pensioni d'oro e d'argento nell'occhio del "ciclone Renzi"
Nel mirino i trattamenti superiori a cinque o sei volte il minimo Inps. Anche se per il momento Renzi rassicura che non ci saranno nuovi prelievi.
L'ipotesi presentata dal commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, alcuni giorni fa in Senato ha riacceso i riflettori sulle pensioni d'oro. La proposta è quella di introdurre un contributo di solidarietà temporaneo sugli assegni pensionistici superiori ad una determinata soglia per ricavare una mini-dote che consentirebbe di finanziare gli oneri sulle nuove assunzioni.
Per Cottarelli la soglia può essere individuata intorno ai 2.500 euro al mese ma Renzi, preso in contropiede, ha smentito lo stesso commissario. La proposta però, come ha confermato il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio, è comunque sul tavolo e tutto ruota intorno alla soglia oltre la quale si potrebbe applicare il "taglio".
Prima di vedere chi potrebbe essere interessato è bene ricordare che sulle pensioni d'oro già è stato reintrodotto un prelievo di solidarietà. L'ultima legge di stabilità infatti ha fatto scattare da gennaio un contributo di solidarietà sulle pensioni più elevate nel triennio 2014-2016. La novità ha colpito i trattamenti pensionistici superiori a 90.000 euro l'anno; si tratta in particolare delle rendite superiori a 14 volte il trattamento minimo Inps, cioè sopra i 6.936,02 euro lordi mensili sui quali è in vigore una decurtazione del 6% relativamente alla parte superiore a tale importo.
Il taglio sale al 12 % per gli importi superiori a 9.908,60 euro e fino a 14.862,90 euro; e ancora il contributo sale al 18% per gli assegni superiori a tale ultima soglia. Contributi importanti che tuttavia portano alle Casse dello Stato risorse modeste pari a circa 12 milioni l'anno al netto delle varie fiscalità.
Innalzare quindi ulteriormente tale contributo su questa fascia, cioè oltre i 90mila euro l'anno, potrebbe quindi non portare molti altri denari in quanto la numerosità di questo insieme è piuttosto scarsa.
Ecco quindi che il nuovo prelievo, se mai vedrà la luce, dovrà necessariamente interessare anche le fasce al di sotto di tale soglia ed intaccare le cd. pensioni d'argento. La tagliola, come accennato, potrebbe scattare su quelle superiori a 5 o 6 volte il trattamento minimo Inps. Stando ai ultimi dati ufficiali dell'Inps sui trattamenti erogati nel 2012, il numero delle persone che hanno percepito l'importo lordo superiore a cinque volte il trattamento minimo, 2.405 euro lordi al mese, è stato pari all'8,6% del totale dei pensionati (l'equivalente di 1.428.219 soggetti). Se si prendono in considerazione gli assegni superiori a 6 volte il trattamento minimo, oltre i 2.886 euro lordi al mese, la platea si restringe al 4,8% del totale (l'equivalente di 800.650 soggetti).
Su questi assegni si potrebbe immaginare, similmente a quanto stabilito dalla legge di stabilità per le pensioni oltre 90mila euro lordi annui, un taglio del 5 per cento sulla parte eccedente 5 o 6 volte il trattamento minimo.
Ma l'esecutivo potrebbe, come è stato fatto osservare, anche applicare un contributo di solidarietà basato su un ricalcolo dell'assegno in chiave contributiva per le pensioni che superino quelle soglie. In tal modo si otterrebbe un "riequilibrio di solidarietà" che potrebbe portare allo Stato risparmi anche più ingenti.
È questa l'ipotesi promossa da diversi esponenti politici tra cui Giuliano Cazzola. L'idea tuttavia dovrà tenere conto inevitabilmente dei paletti fissati dalle sentenze della Corte Costituzionale che si è detta "sfavorevole a forme di prelievo coattivo di ricchezza che vadano a colpire solo taluni fonti di reddito" anche se la stessa sentenza aveva indicato l'esigenza di interventi solidali "a carico dei percettori di importi pensionistici ingiustificatamente elevati".
Declinare queste condizioni tenendo conto anche delle reali esigenze delle fasce medie sarà un'operazione molto difficile e delicata per Matteo Renzi.
Pensioni, ecco i coefficienti Istat per rivalutare le retribuzioni
L'istat ha pubblicato i coefficienti necessari per calcolare con esattezza una rendita con decorrenza 2015.
L'Istituto Nazionale di Statistica ha da poco comunicato i coefficienti che consentono di rivalutare le retribuzioni - oppure i redditi per i lavoratori autonomi - utili per determinare la base annua pensionabile nel regime retributivo.
Con i nuovi coefficienti i pensionati possono dunque calcolare con precisione l'assegno con decorrenza 2015.
Anno | Quota A | Quota B |
2015 | 1,0000 | 1,0000 |
2014 | 1,0000 | 1,0000 |
2013 | 1,0020 | 1,0120 |
2012 | 1,0110 | 1,0211 |
2011 | 1,0420 | 1,0628 |
2010 | 1,0700 | 1,1021 |
2009 | 1,0870 | 1,1305 |
2008 | 1,0950 | 1,1498 |
2007 | 1,1300 | 1,1978 |
2006 | 1,1500 | 1,2305 |
2005 | 1,1720 | 1,2658 |
2004 | 1,1920 | 1,2993 |
2003 | 1,2160 | 1,3376 |
2002 | 1,2460 | 1,3831 |
2001 | 1,2760 | 1,4291 |
2000 | 1,3110 | 1,4814 |
1999 | 1,3440 | 1,5322 |
Nella colonna A sono indicati i coeffidenti di rivalutazione delle retribuzioni da utilizzare per il calcolo della quota di pensione riferita alla contribuzione versata a tutto il 31/12/1992 (quota A). Nella colonna B sono riportati i coefficienti da utilizzare per il calcolo della quota di pensione maturata sulla base della contribuzione successiva al 1° gennaio 1993 (quota B). Dalla rivalutazione sono escluse le retribuzioni dell'anno di decorrenza della pensione e di quello precedente. |
Il sistema retributivo - Il calcolo retributivo è stato definitivamente soppresso dal 1° gennaio 2012 e si basa principalmente su due elementi. Il primo è quello del numero degli anni di contribuzione unito alla media delle retribuzioni lorde aggiornate e riferite all'ultimo periodo di attività lavorativa.
L'ammontare della prestazione pensionistica è pari al 2 % del reddito pensionabile per ogni anno di contribuzione: con 25 anni di contributi si ha diritto al 50% della pensione, con 35 anni di contributi si ha diritto al 70% della pensione sino a raggiungere l'80% con 40 anni di contribuzione.
La rendita è costituita dalla somma di due distinte quote, la quota A e la quota B. La prima corrisponde all'importo relativo alle anzianità contributive maturate fino al 31 dicembre 1992; l'altra, la B, si riferisce alle anzianità acquisite dal 1° gennaio 1993 sino al 31 dicembre 2011.
La base pensionabile della quota A è costituita dalla media degli stipendi degli ultimi 5 anni che precedono la decorrenza della pensione. La base pensionabile della quota B si determina invece dalla media annua delle retribuzioni degli ultimi 10 anni.
Tuttavia gli importi impiegati per il conteggio non sono quelli effettivamente incassati nella busta paga dal lavoratore ma sono quelli rivalutati tenendo conto dell'inflazione ed escludendo l'anno di decorrenza e quello immediatamente precedente. Per esempio uno stipendio di 20mila euro nel 2012 in pensione ne vale 20.220 euro se riferito alla quota A e 20.422 euro se deve essere calcolato per la seconda quota, la B, riferita all'anzianità maturata dopo il 1992.
Il contributivo - Il sistema contributivo è diverso. La legge stabilisce che il montante individuale dei contributi sia determinato applicando alla base imponibile (retribuzione o reddito) una aliquota di computo, 33% per i lavoratori dipendenti, 22,20% per gli autonomi, e rivalutando la contribuzione così ottenuta su base composta al 31 dicembre di ogni anno, con esclusione della contribuzione dello stesso anno, al tasso di capitalizzazione dato dalla variazione media quinquennale del prodotto interno lordo (Pil) nominale.
Al momento dell'accesso alla pensione, al montante contributivo, cioè alla somma delle quote accantonate (e rivalutate), si applica un coefficiente di conversione correlato all'età del pensionando: 4,661% per chi sceglie di chiederla a 60 anni, 5,435% per chi decide di farlo a 65 anni, e così via sino al massimo di 6,541% per chi esce a 70 anni. Il metodo contributivo si applica interamente a chi ha iniziato a lavorare dal 1996 in poi. E in forma pro-quota per chi era in possesso di meno di 18 anni di contributi entro il 1995 (il metodo si applica sulle anzianità successive al 1996).
La Quota C - Per le pensioni con decorrenza dal 2012, il calcolo della rendita deve tener conto, oltre alle due fette di pensione calcolala con il metodo retributivo, anche di una ulteriore quota (C), riferita all'anzianità acquisita successivamente al 31 dicembre 2011 per tutti coloro che potevano contare su 18 anni di versamenti al 31 dicembre 1995, i quali avevano in precedenza beneficiato del solo criterio retributivo.
Pensionati delusi dalle misure di Renzi
Nel piano annunciato da Matteo Renzi gli sgravi Irpef non verranno estesi ai pensionati. I sindacati in una nota congiunta denunciano: i pensionati non sono persone di serie B.
L'anno nuovo e il nuovo governo non riservano buone notizie per i titolari di reddito da pensione. Gli oltre 16 milioni di pensionati italiani sono infatti rimasti fuori dal taglio dell'Irpef annunciato questa settimana dal primo ministro Matteo Renzi. Quindi, almeno per ora, l'aumento di 100 euro al mese in busta paga non ci sarà. Anzi in vista potrebbero esserci dei nuovi tagli sui trattamenti pensionistici che superano i 3mila euro al mese, un intervento questo che se non calibrato correttamente potrebbe ulteriormente comprimere il potere d'acquisto di pensioni già fortemente indebolite dall'acuirsi della crisi e dalla mancata indicizzazione.
La preoccupazione dei sindacati è stata espressa in un comunicato congiunto della Cgil, Cisl e Uil in cui si afferma che "ormai è del tutto evidente che i pensionati sono stati considerati a tutti gli effetti dei cittadini di serie B non meritevoli di alcuna attenzione. La condizione di milioni di persone a cui sono stati chiesti negli ultimi anni tanti sacrifici non può essere archiviata così. Chiediamo al Governo di ravvedersi. Noi non staremo né fermi né zitti a guardare subire l'ennesima ingiustizia ai danni di chi ha lavorato una vita versando i contributi e pagando le tasse fino all'ultimo centesimo. E' inaccettabile che per pensionati ed annziani non ci siano sgravi fiscali" conclude il comunicato congiunto.
Sul punto è intervenuto anche il presidente della commissione Lavoro della Camera Cesare Damiano che ha sollecitato il governo ad "aprire un tavolo di confronto con i sindacati per affrontare il tema della indicizzazione delle pensioni. La manovra ha una indubbia valenza sociale: evitiamo di comprometterla con misure sbagliate. È fortemente contraddittorio il fatto che allo stesso tempo si dettassino i redditi medio bassi dei lavoratori dipendenti e non quelli medio bassi dei pensionati, una misura fortemente discriminatoria" ha detto Damiano.