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Dal 1° marzo i lavoratori del settore privato potranno chiedere nella busta paga il Tfr in corso di maturazione. Il decreto ha avuto il via libera del Consiglio di Stato.

Kamsin Il decreto che stabilisce le modalità della richiesta del tfr in busta paga, misura introdotta nella legge di stabilià 2015 ha ricevuto alcuni giorni fa l'ok del Consiglio di Stato ed entro la fine di questa settimana il testo sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

Circa 12 milioni di lavoratori dipendenti del settore privato saranno messi di fronte a una scelta. Continuare a impiegare gli accantonamenti annuali del Tfr (trattamento di fine rapporto) come si è fatto finora, cioè lasciandoli in azienda (o nel fondo Inps, per le imprese con più di 50 dipendenti) ai fini della liquidazione al momento del pensionamento, oppure destinandoli al finanziamento di un fondo pensione integrativo? O invece, ed è questa la novità, dirottare gli stessi accantonamenti in busta paga, aumentando così il proprio stipendio, ma ovviamente riducendo l'importo della futura liquidazione o pensione complementare?

Secondo quanto stabilito dalla legge di Stabilità chi vorrà, potrà chiedere con un apposito modulo al proprio datore di lavoro di versare il Tfr maturando in busta paga. Questa scelta si potrà compiere a partire dal primo marzo prossimo e fino alla metà del 2018. L'azienda, quindi, gli verserà la quota mensile di Tfr in ogni stipendio fino a giugno 2018, quando la sperimentazione si chiuderà. È evidente che nel fare la sua scelta il lavoratore terrà conto di molteplici fattori e non solo dell'aspetto fiscale.

I vantaggi. L'aspetto positivo è che lo stipendio, per chi si avvale dell'opzione, sarà piu' alto. L'effetto in busta paga scegliendo l'anticipo del Tfr, sarà di circa 72 euro netti al mese per un reddito lordo di 18 mila euro l'anno, 100 euro per un reddito di 25 mila, 125 per uno di 35 mila. Fondi in piu' che in un momento di crisi possono fare comodo.

Gli svantaggi. Sul tavolo ci sono diverse cose da tenere a mente. A cominciare dalla tassazione che sarà applicata sul Tfr fino agli effetti sul reddito Isee che rischiano di penalizzare le agevolazioni familiari, dalle rette degli asili nido alle mense scolastiche. Poi c'è il problema della minore rendita che sarà erogata dalla previdenza complementare dato che l'opzione blocca per tre anni gli afflussi ai fondi pensione. In ogni caso, inoltre, la scelta è irrevocabile e quindi sino al 30 giugno 2018 non si potrà tornare indietro.

1. Il fisco. Per quanto riguarda il prelievo fiscale, il fatto che il governo abbia deciso di sottoporre il Tfr in busta paga alla ordinaria tassazione Irpef (alla quale si aggiungono le addizionali locali), fa sì che il prelievo risulti maggiore di quello agevolato previsto sul Tfr (si applica l'aliquota media effettiva degli ultimi 5 anni di lavoro), tranne che nei casi di redditi molto bassi (il "pedaggio" che si paga al fisco è evidente della grafica sottostante).

2. I Fondi pensione Tra le cose che bisogna valutare bene prima di decidere per il Tfr in busta, c'è la partita relativa ai fondi pensione. Qualora un dipendente decidesse di optare per questa soluzione, in busta finirebbe anche quella parte della liquidazione che il lavoratore destina ai fondi pensione. Con il risultato che l'assegno integrativo rischierà di subire una penalizzazione tra il 10 e il 30%, a seconda del numero di anni di iscrizione al fondo.

3. Isee e detrazioni La busta paga resa più pesante dal Tfr rischia di avere effetti negativi anche sul reddito Isee che serve a usufruire di molte prestazioni sociali, dall'abbonamento agevolato al bus, alle tasse universitarie. Non solo, l'erogazione del cosiddetto Tir inciderà sulle detrazioni per lavoro dipendente o su quelle per i familiari. Con l'anticipo del Tfr, sostengono dalla Fondazione Consulenti del Lavoro, ci sarà una ricaduta negativa (tasse in più e sgravi in meno) che potrà arrivare, per un reddito medio di 23.000 euro a 330 euro. Oltre ai 50 euro di imposte in più dovute alla tassazione ordinaria, un lavoratore con un reddito medio rischia di perdere detrazioni per 280 euro.

4. Bonus 80 euro La liquidazione in busta paga non inciderà sulla possibilità di ricevere il bonus 80 euro, perché le somme non contribuiranno a sfondare il tetto dei 26 mila euro previsto dalla normativa. Neanche l'imponibile previdenziale sarà influenzato dall'erogazione del Tfr in busta buga.

Infine, il lavoratore che volesse aderire all'operazione Tfr in busta paga dovrebbe anche considerare che, se è iscritto a un fondo pensione da almeno 8 anni può già ora chiedere, senza doverlo motivare, fino al 30% del montante accumulato, godendo di una tassazione più favorevole.

seguifb

Zedde

Le associazioni delle partite Iva plaudono al blocco degli aumenti delle aliquote contributive nella gestione separata per il 2015. Damiano: "necessario trattare i professionisti senza cassa come i lavoratori autonomi".

Kamsin Dal 1° gennaio 2015, in applicazione della legge Fornero, i contributi Inps della gestione separata, già bloccati nel 2013/2014, sarebbero passati al 30,72% per arrivare al 33%. Il governo ha fatto marcia indietro con l'appoggio di tutti i partiti politici che hanno preso coscienza dell'assurda previsione legislativa e l'aumento dell'aliquota contributiva è stato bloccato.

Per questo motivo sentiamo il dovere di ringraziare tutti i politici che si sono adoperati per la soluzione temporanea del problema, tua proprio a loro rivolgiamo un pressante invito a «battere il ferro a caldo» ed organizzare un Tavolo di lavoro con il ministro Paletti, i presidenti elle Commissioni Lavoro di camera e senato, il presidente dell'inps Tito Boeri e con i rappresentanti delle associazioni dei professionisti che ancora vivono in uno stato di apprensione sia per la perdurante crisi attuale, sia per le aspettative future, affatto rosee sul fronte pensionistica.

L'Ancot ha chiesto audizione sia ai prof. Tito Boeri, che ha assicurato un incontro a breve, sia al ministro Poletti dal quale attendiamo notizie in merito. Non possiamo più attendere, perché la pressione contributiva che già passata dal 21 al 24% con il governo Prodi e il ministro del Lavoro Cesare Damiano, è iniziata dal lontano 2007. Sono anni che i lavoratori autonomi vengono vessati con contributi pesantissimi, con pensioni da miseria e con prestazioni di previdenza e assistenza veramente discriminanti nei confronti di altri lavoratori.

L'Ancot ha già da tempo presentato proposte costruttive per migliorare la struttura previdenziale della gestione separata. L'obiettivo, condiviso anche da Cesare Damiano, presidente della commissione Lavoro della Camera è di trattare le partite Iva come gli altri lavoratori autonomi facendo pagare i contributi previdenziali al 24%.

La novità per le partite Iva. L'articolo 10-bis aggiunto al decreto legge milleproroghe 2015 riduce, per il triennio 2015-2017, la misura dell'aliquota contributiva pensionistica per i lavoratori autonomi titolari di posizione fiscale ai fini dell’IVA e che non siano né pensionati né iscritti ad altre gestioni pensionistiche obbligatorie. La riduzione non riguarda, quindi, le altre categorie di lavoratori iscritti alla Gestione separata, quali i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (si ricorda che, per questi ultimi, gli oneri contributivi pensionistici sono a carico per due terzi del committente).

Per i soggetti interessati si prevede per il 2015, un'aliquota pari al 27%; per il 2016, un'aliquota pari al 28%; per il 2017, un'aliquota pari al 29%. A decorrere dal 2018, resta ferma la misura - già prevista, con riferimento a tale decorrenza, per tutti gli iscritti alla Gestione separata che non siano né pensionati né assicurati presso altre forme obbligatorie - di 33 punti percentuali.

seguifb

Zedde

I parlamentari leghisti alla Camera Deputati intendono promuovere le richieste avanzate in questi mesi dai Comitati degli esodati presentando un apposito disegno di legge in materia. 

Kamsin Tandem esodati Lega Nord per una settima salvaguardia. I parlamentari leghisti alla Camera Deputati intendono appoggiare le richieste avanzate in questi mesi dai Comitati degli esodati per l'approvazione di una settima e (probabilmente) definitiva tutela contro gli errori della legge Fornero del 2011.

Gli onorevoli Fedriga e Prataviera hanno dichiarato, infatti, che la Lega è pronta a promuovere un disegno di legge per estendere le tutele previste dalla legge 147/2014 sino al 2018 e ricomprendere i lavoratori esclusi attualmente dai benefici tra cui in particolare le quindicenni, gli autorizzati ai volontari prima del 20 luglio 2007, i lavoratori titolari del trattamento edile e la correzione delle Circolari Inps 35 e 37 del 14 marzo 2012 relative alla riduzione dei termini per la fruizione dell'opzione donna.

L'asse "Lega-esodati" potrebbe trovare una sponda anche negli altri partiti di opposizione, Idv-Sel e M5S che da tempo condividono le medesime battaglie. Del tutto insufficienti, del resto, appaiono le aperture della maggioranza che sostiene il Governo. Pietro Ichino, membro della Commissione Lavoro di Palazzo Madama, intende, infatti, limitare un eventuale ulteriore intervento legislativo in materia  in favore di casi circoscritti e residuali per i quali si stanno predisponendo delle apposite schede di "segnalazione", una sorta di censimento, sul sito del Senato. Una farsa secondo il M5S che denuncia come la vicenda esodati debba essere risolta immediatamente, prima ancora dell'avvio di una discussione sulla flessibilità in uscita "che riguarderà anche tutti i lavoratori licenziati dopo il 2012".

seguifb

Zedde

Niente piu' Co.co.co e co.co.pro nel pubblico dal 2017 e tutele ai precari storici. La promessa del Ministro della Funzione Pubblica Marianna Madia.

Kamsin L'abolizione dei contratti di collaborazione introdotta nel settore privato con il Jobs act, sarà estesa anche al pubblico. Il riferimento è all'articolo 47 della bozza di decreto legislativo sui contratti "quelli dei co.co.co che sono solo nel pubblico". Ma bisognerà ancora attendere due anni, fino al 2017. Ad annunciarlo è stato ieri il ministro della Funzione Marianna Madia, a margine di un convegno sulle società pubbliche e i servizi locali organizzato dall'associazione Prodemos. A partire dal 2017, ha sottolineato il ministro, «si faranno i concorsi e si ricomincerà da un approccio sano di entrata». Quanto al precariato storico, il ministro della Funzione pubblica ha voluto sottolineare come ci siano «realtà nella pubblica amministrazione che si reggono sui co.co.co». Madia ha spiegato che «è ragionevole prevedere delle tutele, delle riserve», per questi lavoratori, anche se, ha aggiunto, «dobbiamo ancora vedere come». Una cosa è certa ha spiegato ancora Madia: il canale per accedere alla Pubblica amministrazione con contratti a tempo indeterminato «resta quello del concorso».

seguifb

Zedde

Il termine di presentazione delle domande per accedere alle prestazioni di assistenza domiciliare previsti dal programma Home Care Premium 2014 è differito al 31 marzo 2015.

Kamsin L'Inps Gestione dipendenti pubblici (ex Inpdap) ha di recente pubblicato on line il
nuovo bando per l'erogazione di contributi economici diretti al sostegno dell'assistenza domiciliare di soggetti non autosufficienti, che siano esclusivamente lavoratori e pensionati del pubblico impiego, nonché per i loro coniugi e familiari entro il primo grado (genitori e figli).

La misura comprende, inoltre, gli orfani minorenni di dipendenti o pensionati pubblici, i minori regolarmente affidati e i nipoti minori a carico del titolare del diritto. Il bando, il cui termine per la presentazione delle domande è stata differita al 31 marzo, ha come criterio di ammissione al beneficio l'ordine cronologico della richiesta in via telematica. Si rivolge esclusivamente ai residenti in Ambiti territoriali sociali (enti locali, aziende speciali di servizi alla persona, aziende sanitarie eccetera) che abbiano stipulato con l'Inps un'apposita convenzione (l'elenco degli enti convenzionati è sul sito www.inps.it). Il progetto si chiama Home care premium, dura nove mesi, dal 1° marzo al 30 novembre 2015. L'intervento è finanziato dal "Fondo credito" alimentato dal prelievo obbligatorio dello 0,35% sulle retribuzioni dei dipendenti pubblici e dello 0,15% sugli assegni dei pensionati pubblici iscritti al Fondo.

Prevede il riconoscimento di un contributo dai 200 ai 1.200 euro mensili secondo le condizioni di non autosufficienza ed economiche dell'assistito e del nucleo familiare. Dall'importo sono dedotte eventuali indennità di invalidità civile e di accompagnamento e altri assegni di cura. Oltre al contributo economico, il bando prevede la corresponsione di misure integrative di sostegno all'assistenza domiciliare quali l'invio al domicilio di operatori sociosanitari o educatori professionali, la frequenza ai centri diurni, i servizi di accompagnamento e trasporto sociale, la consegna di pasti a domicilio, la fornitura di ausili e strumenti per ridurre il grado di non autosufficienza. Il richiedente, all'atto della presentazione della domanda, deve aver presentato all'Inps la Dichiarazione unica sostitutiva finalizzata all'acquisizione della certificazione Isee riferita al nucleo familiare in cui è presente il beneficiario. Per dettagli e consultazione del bando si rimanda alla pagina del bando disponibile sul sito internet dell'istituto.

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Zedde

A cura di Paolo Ferri, Acli Italiane

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