Rossini V

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Franco Rossini, già avvocato ed esperto in diritto del lavoro e della previdenza collabora dal 2013 con PensioniOggi.it. 

Percepisco l'assegno ordinario di invalidità e ultimamente l'Inps me lo ha stabilizzato. Ho compreso che, tramite la stabilizzazione, continuerò a percepire l'assegno senza ulteriori controlli dei medici Inps fino al momento in cui avrò l'età pensionabile. Ma quale? Quella di vecchiaia? Inoltre questa trasformazione vale sempre? Se non ho raggiunto il requisito minimo dei 20 anni di versamenti, che succede: resta con l'assegno a vita? Edoardo da Roma Kamsin L'articolo 1, comma 10 della legge 222/1984 prevede che l'assegno ordinario di invalidità, al compimento dell'età stabilità per il diritto a pensione di vecchiaia, ed in presenza dei requisiti di assicurazione e di contribuzione necessari per la prestazione in parola, si trasforma automaticamente in pensione di vecchiaia.

La trasformazione avviene automaticamente senza bisogno di presentazione di alcuna domanda: sarà l'istituto previdenziale, al momento del compimento dell'età pensionabile da parte del titolare di assegno di invalidità, a dover verificare l'esistenza anche del requisito contributivo e, in caso di accertamento positivo, a provvedere alla trasformazione dell'assegno.

I periodi di godimento dell'assegno nei quali non sia stata prestata attività lavorativa, si considerano utili ai fini del perfezionamento del diritto alla pensione di vecchiaia ma non sono calcolabili ai fini della determinazione della misura della pensione stessa. Valga il seguente esempio: Tizio ha ricevuto l'assegno di invalidità con 15 anni di contributi e per 10 anni lo ha riscosso senza aver mai prestato attività lavorativa. Ebbene, ai fini del diritto alla pensione di vecchiaia l'Inps gli accredita 25 anni di anzianità contributiva e ciò gli consente di guadagnare la nuova forma di pensione una volta raggiunti i 66 anni e 3 mesi di età. La prestazione però, per determinarne la rata, sarà calcolata esclusivamente sui 15 anni effettivamente versati, senza tenere conto dei 10 anni "fittizi". 

C'è tuttavia una garanzia: in ogni caso l'importo della pensione non potrà essere inferiore a quello dell'assegno di invalidità in godimento al compimento dell'età per la trasformazione.

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Zedde

A distanza di quasi tre mesi l'Inps non ha ancora indicato le modalità di applicazione del tetto agli assegni introdotto con la legge di stabilità 2015.

Kamsin Deve essere ancora decifrato il tetto agli assegni introdotto dalla legge di stabilità 2015 (legge 190/2014) per i lavoratori che sono rimasti sul posto di lavoro oltre il raggiungimento della massima anzianità contributiva. La norma prevede, che l'importo complessivo del trattamento determinato con le regole attualmente vigenti "non può eccedere quello che sarebbe stato liquidato con l'applicazione delle regole di calcolo vigenti prima dell'entrata in vigore del Dl 201/2011 computando, ai fini della determinazione della misura del trattamento, l'anzianità contributiva necessaria per il conseguimento del diritto alla prestazione, integrata da quella eventualmente maturata fra la data di conseguimento del diritto e la data di decorrenza del primo periodo utile per la corresponsione della prestazione stessa".

Ma per come è formulata la norma non è assolutamente chiara. Per ora si può dire che la finalità del legislatore è limitare la crescita degli assegni di chi era nel retributivo sino al 2011 (cioè che aveva almeno 18 anni di contributi entro il 31 dicembre 1995). Infatti, i contributi accreditati dopo il 2012, non essendo soggetti ad un massimale, finiscono per determinare trattamenti piu' elevati di quelli che sarebbero stati conseguiti con la vecchia normativa.

Per effetto della riforma Monti-Fornero, in altri termini, a fini dell'importo della pensione sono stati valorizzati anche i contributi versati dal 2012 in poi e tale quota incrementa quella già generosa calcolata con le vecchie regole. I maggiori beneficiari del contributivo post 2011 sono quelle categorie di lavoratori che per effetto di limiti ordinamentali elevati (come magistrati, professori universitari) riescono a valorizzare le anzianità eccedenti i 40 anni.

Il caso classico è il professore o il magistrato con 40 anni di contributi e 65 anni di età raggiunti nel 2011 che resta in servizio per altri 5 anni ma non è detto che la norma non vada a colpire anche qualche pensionato di latta che magari aveva deciso di restare in servizio per qualche anno in piu'. Impossibile però dirlo con precisione data la vaghezza della norma. Vediamo comunque di mettere alcuni punti fermi.

I destinatari. In sintesi ad entrare nel raggio d'azione della novella sono i lavoratori che alla data del 31.12.2011 avevano già maturato il diritto alla pensione e hanno scelto di proseguire l'attività lavorativa ben oltre i 40 anni di contributi; oppure quei lavoratori che, soggetti alla normativa Fornero, intendono restare sul lavoro oltre i 42-43 anni di contributi. Piu' nel dettaglio:

Con Requisiti Ante Fornero - Sono coloro che hanno maturato un diritto a pensione entro il 2011 o, qualora si tratti dei salvaguardati o di altre categorie particolari di lavoratori per i quali sono mantenuti i vecchi requisiti, anche dopo il 2011. Per questi soggetti la misura dovrebbe significare che l'anzianità contributiva eccedente i 40 anni di contributi, maggiorata però con il periodo di finestra mobile - in genere 12 mesi anche se, in taluni casi, può arrivare sino a 21 mesi -, non sarà piu' utile ai fini della determinazione del trattamento pensionistico.

Con requisiti Post Fornero - Si tratta dei lavoratori che non hanno maturato un diritto a pensione con la vecchia normativa e che, quindi, dovranno accedere con i nuovi requisiti post-fornero. Nei loro confronti la novità dovrebbe segnare che la contribuzione valida ai fini pensionistici si fermerà ad un massimo di 42 anni e mezzo (41 anni e mezzo le donne). La contribuzione in eccedenza non sarà piu' utile a guadagnare una prestazione piu' elevata.

La seguente tabella può aiutare a comprendere le innovazioni:

Il meccanismo - Il funzionamento del taglio è per ora ancora un rebus. In attesa di istruzioni dall'Inps è probabile che si dovrà effettuare un raffronto tra il trattamento spettante secondo le regole attuali e quello previgente nel quale si valorizzerà, come detto, anche l'anzianità contributiva eccedente i 40 anni di contributi sino alla prima finestra utile (se è stato raggiunto un diritto a pensione entro il 31.12.2011) oppure sino a 42 anni e 6 mesi (41 anni e 6 mesi le donne) se il lavoratore ha raggiunto un diritto a pensione dopo il 2011.

Se dal confronto emergerà che il trattamento erogato con le regole attuali è inferiore a quello che sarebbe spettato con le vecchie regole nulla quaestio: l'assegno non subirà alcun taglio (in alcuni casi le vecchie regole erano, infatti, piu' vantaggiose soprattutto con riferimento ad assegni minori). In caso contrario la pensione sarà adeguata all'importo piu' basso con l'applicazione delle regole previgenti.

Retroattività. La norma inoltre, per come è stata formulata, è retroattiva (sollevando anche alcuni profili di incostituzionalità): pertanto coloro che, ad esempio, sono andati in pensione nel corso del 2013 e del 2014 si vedranno decurtati gli assegni a partire dal 1° gennaio 2015 (anche se non saranno toccati gli assegni già liquidati).

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Zedde

vorrei sapere se entro in graduatoria sesta salvaguardia avendo maturato diritto5 luglio 2014. Sono docente s.m. s. nata nel53 eho fruito della104 per mia madre nel 2011 come ancora oggi. lettere dell'inps non ne ho ricevute il 2 marzo e' scaduto il termine di presentazione domanda,che faccio? Francesca Kamsin Non è possibile, attualmente indicare se la lettrice potrà fruire o meno della salvaguardia. Dipende dall'Inps. La legge 147/2014 ha riservato 1800 posti per i lavoratori che hanno fruito nel corso del 2011 dei congedi o dei permessi per l'assistenza di familiari con disabilità a condizione che abbiano maturato i requisti di decorrenza entro il 6 gennaio 2016. L'elaborazione della graduatoria è affidata all'Inps ed è formata sulla base della data di maturazione del diritto a pensione (cfr: messaggio inps 8881/2014 e messaggio inps 522/2014). Si ricorda tuttavia che di recente il Miur ha indicato che i lavoratori del comparto scuola che non abbiano ricevuto la lettera di certificazione per la fruizione della salvaguardia potranno produrre la domanda di cessazione del servizio anche successivamente alla scadenza del 2 marzo 2015. 

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Zedde

Sono una lavoratrice della scuola che ha raggiunto la cosiddetta quota 96 a maggio 2012 con 60 anni e 36 di contributi. E sono ancora in servizio. Ho letto su alcuni siti e su Facebook che una Circolare Madia pubblicata di recente prevede il nostro collocamento in quiescenza al compimento dei 65 anni e che, quindi, è cambiato qualcosa rispetto al regime vigente "sino al 3 dicembre 2014". Mentre io sapevo che devo attendere oltre 66 anni per prendere la pensione. Sarebbe bello ma io il timore che sia una "bufala". Come stanno le cose? Kamsin Assolutamente no. Si tratta di una "bufala". La Circolare della Funzione Pubblica 2/2015 non ha innovato nulla rispetto al regime attualmente vigente. L'equivoco è da ricercarsi nel fatto che la Circolare specifica che coloro che hanno raggiunto un diritto a pensione entro il 31 dicembre 2011 (e per raggiungere il diritto a pensione c'era anche la quota 96 per l'appunto) restano soggetti al vecchio regime previdenziale (ante-fornero) con la conseguenza che le pubbliche amministrazioni sono tenute alla risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro al compimento del limite massimo per la permanenza in servizio (cioè 65 anni). Ciò era comunque già noto.

Nel caso di specie, invece, la lettrice ha raggiunto la quota 96 nel 2012, non entro il 31.12.2011, e pertanto non risulta interessata in alcun modo al passaggio citato nella Circolare. Per la pensione serviranno sempre 66 anni e 3 mesi oppure 41 anni e mezzo di contributi, come da regole Fornero.

Si coglie l'occasione per ricordare che la Circolare non potrebbe innovare alcuna disposizione di legge (è un atto regolamentare che può avere solo il compito di "riordinare" le norme di legge), pertanto non si comprende come si possa affermare che sia stato mutato il regime attualmente esistente. 

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Zedde

Sono una lavoratrice con 39 anni di contributi e 60 anni e di età (compiuti a gennaio di quest'anno) ed ho una invalidità riconosciuta dal 2014 dell'85%. Per questo motivo rischio il licenziamento dal mio datore di lavoro. Ho letto su internet che esiste un particolare beneficio che mi consentirebbe di anticipare l'uscita. Volevo sapere se è vero e se ci sono dei vantaggi ai fini del calcolo dell'assegno pensionistico. Altrimenti potrei chiedere la pensione di invalidità? Annagrazia da Milano Kamsin E' proprio così anche se bisogna precisare. Il decreto legislativo n. 503 del 30 dicembre 1992, ha previsto una scialuppa di salvataggio per coloro che abbiano un'invalidità non inferiore all'80%. Chi versa in tale situazione ha diritto alla pensione di vecchiaia all'età di anni 55 se donne e all'età di anni 60 se uomini (si tratta della pensione di vecchiaia di invalidità da non confondere con l'assegno ordinario di invalidità o con la pensione di invalidità civile). Questi requisiti non sono stati modificati dalla legge 214/2011 (riforma Fornero) ma sono soggetti all'incremento dovuto alla speranza di vita e quindi a partire dal 1° gennaio 2016 saranno aumentati di altre 4 mesi dopo i 3 mesi già applicati dal 1° Gennaio 2013.

Quindi dal 2016 diventano 55 anni e 7 mesi per le donne e 60 anni e 7 mesi per gli uomini. Si ha diritto alla rendita previdenziale trascorsi 12 mesi dalla maturazione dei requisiti in seguito al comma 1 dell'art. 12 della legge 122/2010. Queste norme però non sono applicabili a tutte le forme pensionistiche, per esempio la pensione di vecchiaia anticipata per invalidità non inferiore al 80%, non è applicabile ai lavoratori iscritti nella ex gestione INPDAP (comparto pubblico) e nella gestione autonomi. Il calcolo dell'assegno sarà con il sistema misto, o meglio retributivo sino al 2011 e contributivo sulle quote maturate dal 1° gennaio 2012. Non ci sono, infatti, salvaguardie rispetto al sistema di calcolo con riferimento ai lavoratori in questione.

Ricapitolando la lettrice potrà accedere alla pensione in parola anche subito se è una lavoratrice dipendente privata. 

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Zedde

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