Lavoratori Esodati, i limiti costituzionali della Riforma delle Pensioni

Giovedì, 05 Aprile 2012

Egr. dr. Rossini, il problema dei cosiddetti lavoratori esodati è esploso in tutta la sua drammaticità. Il ministro prof.ssa Fornero si è decisa finalmente ad insediare un tavolo di lavoro con il compito di monitorare quanti effettivamente sono questi lavoratori, considerato che le stime inziali sono state fatte con troppa fretta. Ora io mi chiedo e le chiedo: ma il Governo non ha l'obbligo di reperire le risorse per assicurare il trattamento pensionistico a quei soggetti che lui stesso ha salvaguardato con le sue leggi(riforma pensioni e milleproroghe)? Che tutela abbiamo noi contro questa legge? Quando poi la commissione avrà stabilito il numero dei soggetti interessati, in che modo potranno sapere quanti andranno in pensione nel 2013, quanti nel 2014 e così via? Ringrazio e saluto. Concetta 

Un obbligo di reperire risorse tali da soddisfare tutte le richieste di pensionamento purtroppo non esiste (al di là di quello politico, etico e morale).

Sicuramente comunque gli "esodati" hanno fatto affidamento sulle leggi vigenti nello stato alla data delle dimissioni. Hanno concluso un vero e proprio contratto con il datore che ha risolto il rapporto lavorativo facendo leva proprio sulla possibilità di accedere alla pensione in tempi brevi come la disciplina pensionistica previgente consentiva. In qualche modo ora il legislatore ha violato un “patto”, modificando in termini peggiorativi la disciplina pensionistica per tali lavoratori.

 

Queste situazioni mi ricordano la sentenza della corte costituzionale n. 822 del 1988 che ha fissato i paletti (questi sì veri e propri obblighi giuridici derivanti da principi di rango costituzionale) cui neanche il legislatore (in un normale Stato di diritto) può oltrepassare in tema di riforme delle pensioni. Pena l'abrogazione e l'espulsione inesorabile delle norme incompatibili con i precetti costituzionali. Nella sentenza viene richiamato il cd. principio del “legittimo affidamento” (ben noto in dottrina e ora anche in giurisprudenza) che è alla base di tutti gli accordi di “esodo volontario” stipulati dai lavoratori prossimi alle pensioni.

Cito in particolare un passaggio della sentenza e non commento ulteriormente:

 

Questa Corte ha già affermato (sent. n. 349 del 1985) che nel nostro sistema costituzionale il legislatore può emanare disposizioni che modifichino sfavorevolmente la disciplina dei rapporti di durata, anche se il loro oggetto sia costituito da diritti soggettivi perfetti, salvo, quando si tratti di disposizioni retroattive, il limite costituzionale vigente per la materia penale (art. 25, secondo comma, Cost.). Dette disposizioni, pero, al pari di qualsiasi precetto legislativo, non possono trasmodare in un regolamento irrazionale ed arbitrariamente incidere sulle situazioni sostanziali poste in essere da leggi precedenti, frustrando così anche l'affidamento del cittadino nella sicurezza pubblica che costituisce elemento fondamentale ed indispensabile dello Stato di diritto (v. sentt. nn. 36 del 1985 e 210 del 1971).

Anche se deve ritenersi ammissibile un intervento legislativo che modifichi l'ordinamento pubblicistico delle pensioni, non può, pero, ammettersi che detto intervento sia assolutamente discrezionale.

In particolare, non può dirsi consentita una modificazione legislativa che, intervenendo o in una fase avanzata del rapporto di lavoro oppure quando già sia subentrato lo stato di quiescenza, peggiorasse, senza una inderogabile esigenza, in misura notevole ed in maniera definitiva, un trattamento pensionistico in precedenza spettante, con la conseguente irrimediabile vanificazione delle aspettative legittimamente nutrite dal lavoratore per il tempo successivo alla cessazione della propria attività lavorativa”.

 

Un Cordiale Saluto

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