Per la legge non si è più «esodati» (e quindi si perde il diritto alla salvaguardia pensionistica) se dopo il 31 dicembre 2011 si viene riassunti in servizio con un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
A prescindere dalla sua durata che potrebbe essere molto breve ad esempio per dimissioni del lavoratore, licenziamento oppure mancato superamento del periodo di prova. E se ricorre questa ipotesi si è fuori dai regimi di salvaguardia pensionistica, stabiliti di volta in volta dal legislatore, per anticipare la pensione. Lo ha stabilito la Cassazione con la sentenza n. 21360/2021 con la quale fa luce sulle condizioni per mantenere le regole di pensionamento «ante Fornero».
Salvaguardie pensionistiche
Le tutele, come noto, sono state riconosciute in favore di lavoratori che alla fine del 2011, data di entrata in vigore della Legge Fornero, avevano siglato accordi per la cessazione del servizio oppure erano senza lavoro o in condizione di precarietà. Nove i provvedimenti adottati in materia, l’ultimo con la legge n. 178/2020 (le cui domande di ammissione dovevano essere presentate entro il 2 marzo 2021), in base alle quali i beneficiari della misura continuano a godere delle vecchie disposizioni in materia di requisiti di accesso e di decorrenza anche se il diritto al pensionamento matura dopo il 31 dicembre 2011.
Tra le condizioni la legge prevede che il rapporto di lavoro dipendente si sia risolto in forza di accordi individuali o collettivi entro il 31/12/2011 senza aver intrapreso, successivamente alla risoluzione, un’attività lavorativa a tempo indeterminato. E’ invece ammessa la rioccupazione in contratti a tempo determinato la cui cessazione anticipata, pertanto, consente la fruizione della salvaguardia pensionistica (ovviamente in presenza degli altri requisiti).
La questione
Nel codesto quadro normativo la Corte si è trovata a scrutinare la situazione di un lavoratore che, dopo la cessazione del rapporto di lavoro dalle Poste (entro il 31.12.2011) era stato assunto a tempo indeterminato presso un altro datore di lavoro salvo poi essere licenziato dopo appena 30 giorni per mancato superamento del periodo di prova.
La domanda di pensionamento anticipato, tuttavia, era stata respinta sia in primo grado che nel giudizio d’appello. A nulla erano valse le doglianze della difesa che puntavano a dimostrare la «precarietà» del rapporto di lavoro soggetto a prova.
La decisione
Anche per la Cassazione questa tesi non regge. Ed infatti il tenore letterale della legge non ammette diverse interpretazioni: «il beneficio non riguarda coloro che abbiano concluso un contratto di lavoro a tempo indeterminato».
Non può, è il ragionamento della Corte, condividersi l’idea secondo la quale la disciplina della prova determinerebbe un «mutamento della natura giuridica del contratto di lavoro» che resta di lavoro subordinato a tempo indeterminato e non di natura «precaria». Del resto, concludono i giudici, anche un rapporto di lavoro normale, non soggetto a prova, potrebbe essere ritenuto precario potendo cessare a seguito di licenziamento. Ma di tale evenienza non esiste riscontro nel dettato normativo.
In altri termini la situazione è chiara. Si perde il diritto alla salvaguardia pensionistica se dopo il 31 dicembre 2011 l’«esodato» accetta un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a prescindere dalle successive motivazioni che ne abbiano comportato l’estinzione anticipata.