Sergey

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Mi occupo di diritto della previdenza e del lavoro. Mi sono laureato nel 1976 in Giurisprudenza alla Cattolica. Dal 1985 lavoro all'Inps.

E' il periodo che intercorre tra la maturazione del diritto alla pensione e l'effettiva riscossione dell'assegno pensionistico. Sono state rientrodotte dal 2019 ma non per tutte le prestazioni pensionistiche. 
Il ministro Poletti annuncia la volontà del Governo di introdurre un assegno a carico dello Stato per coprire il periodo mancante al pensionamento di lavoratori esodati e licenziati.

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Sul capitolo delle pensioni già la prossima settimana inizierà un confronto tra il Ministero del Lavoro, Economia, INPS e il Parlamento. Secondo quanto annunciato dal Ministro del Lavoro Giuliano Poletti è necessario un confronto per una flessibilizzazione del pensionamento per chi perde il posto di lavoro.

L'idea del ministro è relativamente semplice: il lavoratore riceverà un assegno dallo stato fino a quando non ha maturato i requisiti per il pensionamento; nel frattempo l'azienda continuerà a versare i contributi; una volta ottenuta la pensione poi il lavoratore restituirà nel tempo parte di quanto ha ricevuto con una decurtazione sull' assegno pensionistico nell'ordine di circa il 5-10%.

L'idea già formulata dall'ex ministro del Lavoro Enrico Giovannini consentirebbe agli esodati e ai licenziati di età avanzata di collocarsi a riposo con un anticipo di circa 3 4 anni rispetto alle attuali regole di pensionamento. Potrebbe essere questa una modalità secondo Poletti per dare finalmente una risposta a tutti gli esodati, capitolo sul quale il governo ha intenzione di elaborare e di presentare al Parlamento una risposta a carattere strutturale e non più legata a provvedimenti una tantum. 

Per aumentare il livello di occupazione ministro pensa anche ad una diminuzione del costo dei contratti a tempo indeterminato rispetto a quelli precari. "Oggi, ha detto il ministro, un contratto a termine costa l' 1,4 per cento in più di uno a tempo indeterminato. Se non arriviamo al 10% non è significativo; se arriviamo al 12% è ancora meglio". Poletti annuncia anche una drastica riduzione delle tipologie di contratto e il tempo indeterminato con tutele crescenti.

Il limite massimo alle retribuzioni a 240.000 euro dovrà valere anche per le società pubbliche, la magistratura e gli organismi costituzionali come Camera e Senato.

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Inizia a prendere forma l'articolo del decreto legge che sarà presentato oggi in Consiglio dei ministri per limitare i compensi dei dirigenti della pubblica amministrazione. Secondo l' ultima versione messa a punto dall'esecutivo ci sarebbe una vera e propria stangata che andrebbe a colpire anche le categorie sino ad oggi al riparo come magistratura e gli organi costituzionali, Camera e Senato in primis.

Il governo pare intenzionato infatti ad imporre una soglia massima fissata a 60.000 euro allo stipendio della generalità dei dipendenti pubblici, mentre per i dirigenti resterebbe confermato il limite massimo di 240.000 euro. Il riferimento è quello della retribuzione del Presidente della Repubblica che sarà il tetto massimo da applicare nella pubblica amministrazione ai dirigenti di prima fascia con funzione di capo dipartimento.

La maggior parte dei manager però potrebbe avere un importo più basso. Nella bozza del decreto legge infatti è previsto che l' importo del tetto venga ridotto rispettivamente del 30, del 60, del 75 per cento per gli altri dirigenti di prima fascia, per quelli di seconda fascia e per il restante personale. Le tre categorie si troverebbero quindi a non poter ricevere uno stipendio rispettivamente oltre 168 mila euro, 96 mila e 60mila euro (quest'ultimo sarebbe quindi il limite per il personale non dirigenziale).

Nel decreto dovrebbe anche esserci una clausola pensata per evitare che la stretta venga aggirata: il rispetto dei limiti dovrà essere considerato con riferimento a tutte le somme percepite dagli interessati a qualsiasi titolo, comprese quelle erogate da enti diversi o quelle ottenute come corrispettivo da incarichi occasionali.

La portata - Si salvano dal tetto dei 240mila euro solo i manager delle società quotate mentre i nuovi parametri dovrebbero essere rispettati dai manager degli enti pubblici, delle società partecipate in tutto o in parte dallo Stato o da altre Amministrazioni comprese quelle che emettono obbligazioni quotate come Poste e Ferrovie. La tagliola scatterà anche per i componenti dei Consigli di Amministrazione di queste società. 

Ma il governo va oltre. Fonti vicine a Palazzo Chigi indicano la volontà dell'esecutivo di voler estendere il nuovo perimetro a quelle istituzioni che sono state oggi escluse dai tagli. Si tratta in particolare degli organi costituzionali come Camera, Senato, Presidenza della Repubblica, Corte Costituzionale e magistratura che godono autonomia anche in termini di bilancio. Anche a questi organismi verrebbe pertanto chiesto l'adeguamento dei rispettivi ordinamenti interni per centrare il tetto massimo di 240mila euro degli incarichi apicali e verrebbe chiesta una riduzione delle spese complessive delle retribuzioni di almeno il 5 per cento rispetto al 2013.

La novità potrebbe entrare in vigore immediatamente e quindi colpire già gli stipendi del mese di maggio. 

L'ipotesi piu' accreditata è che le famiglie datrici di lavoro anticipino l'agevolazione recuperandola poi sui versamenti trimestrali all'Inps.

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L'estensione del bonus anche ai collaboratori domestici secondo fonti del Governo potrebbe riguardare le colf e le badanti che guadagnano meno di 8 mila euro l'anno. Per ora si tratta ancora di una ipotesi che dovrebbe vedere le famiglie in prima linea con un'anticipazione dell'agevolazione che sarebbe poi recuperata sui versamenti contributivi da effettuare all'Inps.

Resta invece piu' sicuro il meccanismo dell'anticipo da parte del sostituto d'imposta che sarà applicato a tutti i quattro milioni di incapienti, ossia una sorta di credito anticipato calcolato in percentuale del reddito. La misura riguarderà anche i lavoratori co.co.co., gli atipici e gli stagionali: per questi ultimi il bonus sarà determinato in base ai mesi in cui hanno lavorato.

Oltre a definire i dettagli per riscrivere la nuova curva dell'Irpef con il bonus Renzi da 80 euro per chi guadagna fino 1.500 euro al mese e il "credito" da erogare ai 4 milioni di lavoratori dipendenti "incapienti" che attualmente hanno redditi fino a 8.000 euro, si cerca ancora la quadratura del cerchio sulle coperture. Nelle ultimo ore Renzi ha smentito categoricamente che ci sarà un taglio agli assegni familiari per garantire «gli 80 euro in busta paga».

Che la coperta per effettuare lo sconto Irpef sia corta sembra sempre piu' evidente. Il ministero dell'Economia ha inviato infatti una lettera alla Commissione europea per informarla del rinvio dal 2015 al 2016 del pareggio strutturale di bilancio. Un passaggio necessario, ha confermato Padoan, per rispettare la procedura prevista dal nuovo articolo 81 della Costituzione.

A questo punto il Parlamento dovrà pronunciarsi non solo sul Def, ma anche approvare a maggioranza assoluta una specifica delibera che autorizza la variazione nei saldi di bilancio.

Secondo l'Istituto di Statistica lo sconto Irpef alle famiglie scende dal 3,4% allo 0,7% del reddito, più questo sale. Considerando anche l'Irap e le misure della vecchia Legge di Stabilità il risparmio fiscale è di 11,3 miliardi.

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La revisione fiscale presentata dal governo nell'ambito del Documento di economia e finanza, che contiene lo sconto Irpef che verrà dettagliato con un provvedimento venerdì prossimo, porterà un guadagno medio annuo di 714 euro per le famiglie più povere.

Lo calcola l'Istat nell'ambito delle audizioni che si stanno svolgendo alla Camera in questa settimana proprio per sentire il parere di esperti e soggetti coinvolti a più livelli dal documento di programmazione economica dello Stato.

Per l'Istituto di statistica lo sconto scende via via fino a 451 euro per le famiglie più ricche. Cioè si passa dal 3,4% del reddito allo 0,7%. Un piano che, secondo l'opinione di Bankitalia, rischia però di non essere sostenibile grazie alla sola spending review del Commissario Carlo Cottarelli, soprattutto per l'anno prossimo.

Il presidente Istat, Antonio Golini, ha spiegato ieri che le misure sul Fisco previste nel Def porteranno a un "beneficio netto annuale sotto forma di minore imposta netta pari a circa 11,3 miliardi di euro".

Golini si riferisce appunto alla "rimodulazione delle detrazioni Irpef sul lavoro dipendente per le fasce più basse di reddito (reddito lordo fino a 25 mila euro) e la riduzione dell'Irap per le imprese" e aggiunge che "nel complesso si stima un beneficio netto effettivo annuale sotto forma di minore imposta netta pari a circa 11,3 miliardi di euro. Di questi - aggiunge - circa 1,8 miliardi di euro sono l'effetto aggregato delle variazioni già approvate con la precedente Legge di stabilità, mentre circa 9,5 miliardi di euro sono riferiti alle nuove misure previste nel Def 2014". Secondo il presidente dell'Istat, sul 2014  "saranno pari a circa 7 miliardi di euro, per effetto dell'introduzione del provvedimento a partire dal mese di maggio".

Calo degli occupati - Durante l'audizione alla Camera, Golini ha presentato anche i dati sul lavoro: un milione di occupati in meno in cinque anni, soprattutto al Sud. "Dal 2008 al 2013 la perdita - ha detto Golini - è stata di quasi un milione di occupati (-984 mila, pari al 4,2%) e le differenze territoriali sul mercato del lavoro si sono ulteriormente accentuate: rispetto al 2008 nel Mezzogiorno gli occupati calano del 9%, contro il 2,4% del Nord". "Nel 2013 il numero di occupati si è ridotto di 478 mila unità (-2,1% rispetto all'anno precedente, ben -4,6% nel Mezzogiorno, pari a -282 mila unita') scendendo a 22 milioni e 420 mila, un calo superiore anche a quello del 2009 (-380 mila unita')", ha aggiunto il presidente dell'Istat.

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