Sergey

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Mi occupo di diritto della previdenza e del lavoro. Mi sono laureato nel 1976 in Giurisprudenza alla Cattolica. Dal 1985 lavoro all'Inps.

E' iniziato il percorso parlamentare del Def, il Documento di economia e finanza che racchiude le previsioni dell'esecutivo guidato da Matteo Renzi sull'andamento economico dell'Italia e sull'agenda di riforme da realizzare nei prossimi anni.

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Il Documento di economia e finanza ha iniziato questa settimana il suo iter alla Camera dei Deputati. Il lavoro procede a ritmi serrati, anche perché venerdì il Consiglio di ministri dovrà mettere per iscritto come intende modulare gli sgravi Irpef che dovrebbero portare i famosi 80 euro in più in busta paga a chi ne guadagna meno di 25mila annui. L'Abi, l'associazione degli istituti di credito, apre una polemica sul miliardo di tassazione in più per le quote di Bankitalia: "Sottrae credito alle famiglie e alle imprese". Ma arriva la risposta di Graziano Delrio: "Sono allibito dalle dichiarazioni delle banche: è un ricatto che non accettiamo". "Le banche hanno ricevuto mille miliardi dalla Bce e non hanno" ridistribuito "a famiglie e imprese", ha aggiunto il sottosegretario.

Gli sgravi ai pensionati - Proprio sulla portata degli sgravi Irpef si concentrano alcune obiezioni da parte dei sindacati e anche di esponenti politici. Allo stato attuale, lo sconto Irpef è stato annunciato per i lavoratori dipendenti. Ma il segretario della Uil, Luigi Angeletti, pur riconoscendo che il taglio del cuneo fiscale "va nella direzione giusta", chiede di coinvolgere nella misura "quella parte di pensionati che hanno pensioni medio-basse e che sono stati ancora una volta esclusi" dagli sgravi fiscali. A un'altra platea ha guardato invece Angelino Alfano, che intervenendo in precedenza a Radio24 aveva chiesto di estendere il beneficio alle partite Iva.

Sulla falsariga di Angeletti si è mosso  il numero uno della Cisl, Raffaele Bonanni: la misura a favore degli incapienti a cui sta lavorando l'esecutivo è "ineludibile", così come "non è eludibile" da parte del governo "il problema della mancata tutela di milioni pensionati con trattamenti medio bassi". Bonanni paventa anche il rischio che senza una spending review efficace si renda necessaria una "manovra correttiva".

Cassa in deroga - Il Governo è poi pronto per “un altro intervento sulla cassa in deroga”. Lo ha annunciato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, a margine di un incontro pubblico nel trevigiano. Poletti ha riconosciuto che la legge di stabilità ha coperto meno che nell'anno precedente, ma ha aggiunto che sono in atto le verifiche dello stato della situazione regione per regione, per trovare i criteri migliori ai fini della redistribuzione delle risorse, “evitando assegnazioni a regioni che non ne hanno esigenza e lasciandone altre in attesa, con i lavoratori che magari aspettano per essere 'pagati' anche 6-7 mesi”. Per Poletti andrebbe comunque evitato il criterio dell'andamento storico nella distribuzione dei fondi.

I dirigenti della Pubblica Amministrazione non potranno guadagnare più del Capo dello Stato. Dal tetto agli stipendi sono attesi risparmi per 500 milioni.

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Renzi accelera sull'idea di introdurre il principio in base al quale nessuno nella Pubblica Amministrazione può guadagnare più del Capo dello Stato. Nel Cdm di ieri che ha licenziato il DEF il premier ha confermato che dal prossimo 18 Aprile sarà introdotto un nuovo tetto ai stipendi dei manager pubblici pari a 239mila euro lordi annui, la retribuzione lorda del Capo dello stato. Secondo indiscrezioni potrebbero anche essere introdotti tetti differenziati e via via decrescenti per ogni figura dirigenziale della Pubblica Amministrazione.

Secondo le cifre del MEF, i risparmi per lo Stato si attesterebbero almeno sui 400milioni l'anno se il tetto allo stipendio passasse dai 311.658,53 euro lordi all'anno previsti oggi, ai 239.181 euro riconosciuti al Capo dello Stato. Una sforbiciata di oltre il 20% che funzionerà da effetto domino travolgendo verso il basso tutto il sistema delle retribuzioni dirigenziali.

Dovrebbero essere introdotti anche limiti via via discendenti per Capi dipartimento (190mila euro), Dirigenti di prima fascia (120mila euro) e per quelli di seconda fascia, che dovrebbero attestarsi verso i 70-80 mila euro annui. Il premier è determinato a continuare la sua offensiva contro gli sprechi della Pubblica Amministrazione e contro i privilegi della politica: «Non ci saranno più santuari, dopo il Senato e le Province taglierò anche doppioni ed enti inutili», garantisce Renzi che ha inquadrato nel mirino le sei-settemila aziende municipalizzate (garantiscono circa 80 mila poltrone a politici e amici dei politici), l’Aci e la Motorizzazione, i Consorzi di bonifica di cui è costellata la Penisola.

Indipendentemente dall'esito della Riforma, il meccanismo ideato dovrebbe colpire quasi tutti i dirigenti pubblici, a partire dagli Enti pubblici non economici (Inps, Aci, Istat) dove lo stipendio medio dei dirigenti di prima fascia è abbondantemente oltre i 200mila euro, e quello della seconda fascia si attesta a 135mila euro. Nei Ministeri gli importi si collocano invece fra i 187mila euro medi della prima fascia e gli 88mila euro della seconda, che salgono a 96mila per Palazzo Chigi.

Secondo il direttore generale dell'Inps, Mauro Nori, è possibile ricalcolare gli assegni oltre un determinato importo attraverso il sistema contributivo: 16 milioni i potenziali interessati ma per Nori si possono scegliere anche solo quelle piu' ricche.

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Secondo il Direttore Generale,  è possibile procedere al ricalcolo delle pensioni con il sistema contributivo. E' quanto ha affermato davanti alla commissione Lavoro di Montecitorio alcuni giorni fa presieduta dall'ex ministro del Welfare, Cesare Damiano. Nori ha detto che sarebbe possibile ricalcolare con il sistema contributivo tutte le pensioni in essere anche se la procedura è complessa e richiederà l'impiego di tutte le risorse umane e tecnologiche dell'Istituto. Insomma dovrà valerne la pena e dovrà esserci una precisa volontà politica.

La complessità deriva dal fatto che per i periodi antecedenti al 1995 per il pubblico impiego manca una banca dati unica in quanto ciascun ente procedeva al pagamento delle prestazioni in proprio. «Me se il governo o il Parlamento lo vorranno,» si potranno spostare risorse dell'Inps (personale e fondi), per elaborare uno studio statistico e scoprire quanto spetterebbe veramente ricalcolando con il contributivo e non piu' con il generoso sistema retributivo.

In pratica significa andare a spulciare oltre 16 milioni di singole posizioni di pensionati per colpire chi oggi percepisce un assegno piu' generoso rispetto ai contributi versati. Se è vero che per il settore privato il calcolo è semplice e fattibile, ha puntualizzato Nori, "siamo in grado di effettuare con sufficiente ottimismo il ricalcolo contributivo di tulle le pensioni", in quanto esiste una serie storica dei singoli versamenti, per il comparto pubblico si è sempre saputo che ciò fosse impossibile in quanto difficile ricostruire la carriera del lavoratore.

E' solo un'ipotesi, ci mancherebbe, ma è di quelle che potrebbero far accapponare la pelle a milioni di persone perchè, accertato che con il vecchio sistema retributivo (calcolato sugli ultimi 5 anni di attività), si incassa una pensione ben piu' generosa, passare al retributivo (solo versamenti effettivi e rendimenti cumulati), vorrebbe dire perdere una buona parte del trattamento.

A rischio, in realtà, non sarebbero tutti i 16 milioni di pensionati, ma solo quelli che percepiscono trattamenti piu' elevati (oltre i 7-8 mila al mese) per i quali il "bonus" pesa maggiormente ed il vantaggio è piu' indifendibile in un momento di crisi economica generale; sempre che un simile intervento, se approvato, possa passare indenne da un esame della Consulta.

Il sistema retributivo regala un bonus ai fortunati detentori di queste pensioni fino al 34%, che sale proporzionalmente all'aumentare della retribuzione. In pratica, oltre un terzo della pensione è regalata. Un bel vantaggio che tuttavia appare sempre piu' difficile politicamente da difendere in un periodo di vacche magre come quello odierno.

Secondo il dossier elaborato dal servizio studi della Camera per le pensioni dei lavoratori dipendenti privati maturate dopo il 2008 pari a 12 miliardi di spesa, almeno 3 miliardi non corrispondono ai contributi effettivamente pagati dai lavoratori. E' il prezzo del "regalo". Valori che tuttavia non tengono conto dei dipendenti pubblici per i quali anche la Camera ha dovuto arrendersi.

Escono dai tagli alla spesa le pensioni e le prestazioni assistenziali. Non ci sarà dunque l'innalzamento dei requisiti per la pensione anticipata e i tagli sulle pensioni di invalidità.

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Si va verso un pacchetto di tagli alla spesa di circa 4,5-5 miliardi per quest'anno. Un taglio modesto che sarà contenuto all'interno di un programma di spending review triennale da 28-30 miliardi che dovrà finanziare anche il fiscal compact. La legge di Stabilità del 2014, con l'entrata in vigore del fiscal compact, ne impegna infatti già una parte consistente, soprattutto per il 2015 e il 2016: si parte dai 500 milioni di quest'anno per salire prima a 10,4 miliardi e poi a 14,8 miliardi nel 2016.

Ma è comunque questo il dato politico che avrebbe dato la Presidenza del Consiglio dei ministri ai tecnici del Ministero dell'Economia per individuare le coperture al decreto taglia cuneo fiscale che dovrebbe vedere la luce entro Pasqua. Resta l'incognita della sanità anche se Palazzo Chigi ha assicurato che non ci saranno tagli lineari sulla salute e che si procederà con interventi in particolare sul pubblico impiego, inasprendo il taglio agli stipendi dei dirigenti pubblici e, in generale, delle retribuzioni sopra i 70mila euro.

Insomma il taglio alla spesa pubblica per il 2014 perde oltre 2,5 miliardi per strada. In sostanza il governo, per bocca del Commissario alla Spendig Review Carlo Cottarelli, si è arreso all'evidenza: non c'è abbastanza tempo per arrivare agli sperati 7 miliardi. 

Nella prima versione del documento presentato a Palazzo Chigi, si stimavano risparmi sui ministeri per 2,2 miliardi con interventi per 1,8 miliardi sulle pensioni: il taglio scede ora a un miliardo. Con la precisazione importante che le pensioni non verranno toccate, mentre difesa e sanità dovranno risparmiare 500 milioni a testa.

Un miliardo in meno (da 2 a 1) arriverà dalla riduzione dei trasferimenti, mentre l'efficientamento diretto garantirà 1,8 miliardi anziché gli stimati 2,2. Confermati, invece, i tagli complessivi per 33,9 miliardi alla fine del 2016.

Ad ogni modo per vedere nero su bianco le misure bisognerà aspettare il 15 Aprile quando il governo dovrà approvare il decreto sul taglio del cuneo, dopo il varo del Def atteso per la prossima settimana. Tra i settori nel mirino, ci sono anche tagli agli organi costituzionali, gli incentivi alle imprese, le Authority, una nuova stretta su Inps ed Inail nonchè su Caf e patronati.

La Tasi dovrà essere pagata in due rate che scadono il 16 giugno e il 16 dicembre, mentre l'acconto 2014 per gli immobili diversi dall'abitazione principale dovrà essere calcolato con l'aliquota base dell'1 per mille.

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Secondo le principali modifiche introdotte dalle Commissioni Finanze e Bilancio della Camera al decreto "Salva-Roma ter" in materia di tasse sul mattone, la Tasi dovrà essere pagata in due rate che scadono il 16 giugno e il 16 dicembre (sulla falsariga di quanto è acccaduto per l'Imu), mentre l'acconto 2014 per gli immobili diversi dall'abitazione principale dovrà essere calcolato con l'aliquota base dell'1 per mille, qualora i comuni non abbiano deliberato una diversa aliquota entro maggio.

Queste le novità in sede di esame della legge di conversione del decreto legge 16/2014, che approda questa settimana in Aula per la discussione generale. Il chiarimento sul calendario evita quella "libertà di date" prevista nella legge di stabilità che avrebbe chiamato i contribuenti alla cassa sei volte all'anno ma complica le modalità di pagamento per milioni di cittadini. I Comuni avranno sino al 31 luglio per fissare le aliquote.

La previsione di un siffatto meccanismo non è al riparo di storture e complessità. La prima è che dalla fissazione dell'acconto con aliquota standard sono escluse le abitazioni principali, pertanto nei Comuni che non decidono le aliquote entro maggio, i contribuenti saranno chiamati a pagare l'intera soluzione a dicembre. 

Con riguardo alla seconde case, solo per quest'anno, il versamento della prima rata sarà effettuato con l'aliquota base Tasi dell'1 per mille qualora il comune non abbia deliberato una diversa aliquota entro il 31 maggio 2014.

I contribuenti dovranno quindi conguagliare a dicembre l'eventuale il saldo sulla base delle aliquote approvate dai singoli enti entro il 31 luglio 2014. Ma tale previsione rischia di determinare il pagamento in acconto di somme non dovute che quindi dovranno essere poi restituite al contribuente. 

L'aliquota standard, infatti, chiede l'1 per mille a tutti, ma in molti Comuni i sindaci non potranno applicarla perchè l'Imu è già al 10,6 per mille e tale pagamento comporterebbe che milioni di contribuenti sarebbero chiamati a versare a giugno un'imposta che dovrà loro essere restituita.

Dal prossimo anno poi, per provare a semplificare la vita a cittadini e imprese, il versamento della'acconto sulla Tasi sarà effettuato sulla base dell'aliquota dei 12 mesi precedenti, mentre il saldo dovrà tenere conto degli atti pubblicati dal comune entro il 28 ottobre.  Il contribuente che voglia liberarsi del pagamento in una unica soluzione potrà effettuare un unico pagamento entro il 16 giugno.

Insomma come nel 2012, il cambio delle regole in corsa rischia di essere fonte di errori e incertezze anche per gli addetti ai lavori.

Oltre alle modalità di pagamento, ancora non risulta chiaro se saranno disponibili i bollettini Tasi precompilati che i Comuni dovrebbero inviare ai contribuenti (operazione complessa per la mancanza di dati e informazioni sugli occupanti degli immobili) e restano dei dubbi sul calcolo del tributo in presenza di più proprietari (qui si dovrà chiarire se la Tasi dovrà essere determinata in base alla quota di ciascun proprietario, come per l'Imu) nonchè di come ripartire l'onere tra inquilino e proprietario. 

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