Sergey

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Mi occupo di diritto della previdenza e del lavoro. Mi sono laureato nel 1976 in Giurisprudenza alla Cattolica. Dal 1985 lavoro all'Inps.

Lo sconto Irpef annunciato dal premier Matteo Renzi comporterà un bonus fino a 90 euro al mese per i redditi annui lordi inferiori a 25 mila euro. 

La riduzione dell'Irpef sarà effettuata a partire dal prossimo mese di maggio. E sarà incentrata sulle cifre che ha diffuso il premier Matteo Renzi la scorsa settimana nel corso della conferenza stampa al termine del Cdm: 10 miliardi l'intervento complessivo, 10 milioni i lavoratori coinvolti (con esclusione delle partite iva), concentrazione delle risorse in favore dei redditi al di sotto dei 25 mila euro lordi annui, beneficio palpabile per chi guadagna sino a 1.500 euro netti in busta paga. 

L'esatto importo di quanto andrà in busta paga non è ancora certificabile in quanto dipenderà da come verrà formulata la norma ma indicativamente il bonus dovrebbe essere di circa 75-85 euro al mese in più. Vediamo dunque quali potrebbero i vantaggi fiscali conseguibili dai potenziali destinatari.

Innanzitutto la platea dei potenziali beneficiari. E' certo che i destinatari del provvedimento saranno i lavoratori dipendenti che guadagnano tra gli 8 mila e i 25 mila euro annui lordi, si tratta di un numero complessivo di 10 milioni e 436 mila soggetti.

Immaginando un intervento che comporti un incremento delle detrazioni fiscali al crescere del reddito, il bonus pertanto dovrebbe risultare maggiormente elevato per i redditi inferiori a 15 mila euro l'anno e diminuire gradualmente per quelli superiori a tale cifra sino ai 25.000 euro.

Per il primo scaglione, cioè quello tra gli ottomila e 12 mila euro, l'intervento potrebbe portare nelle tasche dei contribuenti circa 91 euro netti al mese il prossimo 27 maggio. La fascia successiva, individuata tra i 12mila e 15 mila euro, potrebbe ottenere un bonus di circa 95-96 euro al mese; la terza fascia, individuabile tra i 15 e i 20 mila euro, dovrebbe portare a casa un bonus di 83 euro. Benefici chiaramente piu' bassi per la quarta fascia, quella tra i 20 e i 25 mila euro lordi l'anno, dove il peso delle detrazioni è diverso: qui il bonus dovrebbe attestarsi intorno ai 60 euro netti in più al mese.

Irrisolto invece il problema degli incapienti cioè di quei quasi 4 milioni di lavoratori che non riescono a raggiungere gli 8.000 euro lordi annui che, pertanto, non sono interessati da un eventuale incremento delle detrazioni o di un intervento sull'Irpef. Per questi lavoratori il governo potrebbe però prevedere un bonus mensile di circa 20-25 euro netti che saranno erogati direttamente dall'INPS. 

I dettagli del provvedimento tuttavia non sono noti in quanto non esiste un testo base adottato dal Consiglio dei ministri. Per conoscere le modalità attuative dell'intervento sull'Irpef proposte dall'esecutivo Renzi bisognerà pertanto attendere la pubblicazione di un decreto legge (previsto verosimilmente per il mese di aprile) dopo il via libera da parte di Bruxelles e l'adozione del nuovo Def previsto per fine marzo.

Nel mirino i trattamenti superiori a cinque o sei volte il minimo Inps. Anche se per il momento Renzi rassicura che non ci saranno nuovi prelievi. 

L'ipotesi presentata dal commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, alcuni giorni fa in Senato ha riacceso i riflettori sulle pensioni d'oro. La proposta è quella di introdurre un contributo di solidarietà temporaneo sugli assegni pensionistici superiori ad una determinata soglia per ricavare una mini-dote che consentirebbe di finanziare gli oneri sulle nuove assunzioni.

Per Cottarelli la soglia può essere individuata intorno ai 2.500 euro al mese ma Renzi, preso in contropiede, ha smentito lo stesso commissario. La proposta però, come ha confermato il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio, è comunque sul tavolo e tutto ruota intorno alla soglia oltre la quale si potrebbe applicare il "taglio".

Prima di vedere chi potrebbe essere interessato è bene ricordare che sulle pensioni d'oro già è stato reintrodotto un prelievo di solidarietà. L'ultima legge di stabilità infatti ha fatto scattare da gennaio un contributo di solidarietà sulle pensioni più elevate nel triennio 2014-2016. La novità ha colpito i trattamenti pensionistici superiori a 90.000 euro l'anno; si tratta in particolare delle rendite superiori a 14 volte il trattamento minimo Inps, cioè sopra i 6.936,02 euro lordi mensili sui quali è in vigore una decurtazione del 6% relativamente alla parte superiore a tale importo.

Il taglio sale al 12 % per gli importi superiori a 9.908,60 euro e fino a 14.862,90 euro; e ancora il contributo sale al 18% per gli assegni superiori a tale ultima soglia. Contributi importanti che tuttavia portano alle Casse dello Stato risorse modeste pari a circa 12 milioni l'anno al netto delle varie fiscalità.

Innalzare quindi ulteriormente tale contributo su questa fascia, cioè oltre i 90mila euro l'anno, potrebbe quindi non portare molti altri denari in quanto la numerosità di questo insieme è piuttosto scarsa.

Ecco quindi che il nuovo prelievo, se mai vedrà la luce, dovrà necessariamente interessare anche le fasce al di sotto di tale soglia ed intaccare le cd. pensioni d'argento. La tagliola, come accennato, potrebbe scattare su quelle superiori a 5 o 6 volte il trattamento minimo Inps. Stando ai ultimi dati ufficiali dell'Inps sui trattamenti erogati nel 2012, il numero delle persone che hanno percepito l'importo lordo superiore a cinque volte il trattamento minimo, 2.405 euro lordi al mese, è stato pari all'8,6% del totale dei pensionati (l'equivalente di 1.428.219 soggetti). Se si prendono in considerazione gli assegni superiori a 6 volte il trattamento minimo, oltre i 2.886 euro lordi al mese, la platea si restringe al 4,8% del totale (l'equivalente di 800.650 soggetti).

Su questi assegni si potrebbe immaginare, similmente a quanto stabilito dalla legge di stabilità per le pensioni oltre 90mila euro lordi annui, un taglio del 5 per cento sulla parte eccedente 5 o 6 volte il trattamento minimo.

Ma l'esecutivo potrebbe, come è stato fatto osservare, anche applicare un contributo di solidarietà basato su un ricalcolo dell'assegno in chiave contributiva per le pensioni che superino quelle soglie. In tal modo si otterrebbe un "riequilibrio di solidarietà" che potrebbe portare allo Stato risparmi anche più ingenti.

È questa l'ipotesi promossa da diversi esponenti politici tra cui Giuliano Cazzola. L'idea tuttavia dovrà tenere conto inevitabilmente dei paletti fissati dalle sentenze della Corte Costituzionale che si è detta "sfavorevole a forme di prelievo coattivo di ricchezza che vadano a colpire solo taluni fonti di reddito" anche se la stessa sentenza aveva indicato l'esigenza di interventi solidali "a carico dei percettori di importi pensionistici ingiustificatamente elevati".

Declinare queste condizioni tenendo conto anche delle reali esigenze delle fasce medie sarà un'operazione molto difficile e delicata per Matteo Renzi.

La proposta di far scattare già dal 2014 un prelievo sui trattamenti superiori ai 2mila euro viene bocciata da Matteo Renzi dopo le proteste dei sindacati.

Il premier Matteo Renzi smentisce la proposta contenuta nel piano sulla spending review targato Cottarelli presentato ieri in Consiglio dei ministri. "L'idea che uno che guadagna 2 mila euro di pensione sia chiamato a dare un contributo forse c'è per Cottarelli, ma io la escludo" ha affermato ieri il premier a Porta a Porta ammettendo però che l'idea non è un tabu' ma che potrebbe essere legata a soglie piu' elevate: "è chiaro che se prendi ottomila euro netti e il governo ti chiede un sacrificio io mi sento di difendere questa misura, che peraltro già esiste".

Le parole del premier erano indirizzate in particolare ai sindacati che ieri erano già sul piede di guerra contro l'ipotesi dell'introduzione di un nuovo contributo di solidarietà. Sia per la Cgil che per l'ex ministro del Lavoro Cesare Damiano la proposta fatta circolare dal commissario Cottarelli era del tutto inaccettabile. Renzi ha dunque rassicurato: "chi sostiene che i pensionati pagheranno la manovra sbaglia."

Il problema sta nelle soglie - Il segretario Cgil Camusso tuttavia non è contraria tout court alla misura a condizione che pero' che si fissi la soglia del contributo di solidarietà sopra i 3 mila e 500 - 4mila euro in modo da garantire le fasce medie. L'ipotesi peraltro è condivisa negli ambienti governativi. Insomma un intervento una tantum sui trattamenti superiori ai 4-5 mila euro lordi al mese non è del tutto da scartare come del resto ha detto ieri mattina il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio. Ma in ogni caso le pensioni avranno un ruolo marginale nel finanziamento di altri capitoli di spesa del governo Renzi in quanto il contributo, se sarà introdotto, "sarà comunque temporaneo" ha detto Delrio. 

I calcoli - Insomma la precisazione dovrebbe garantire che l'eventuale prelievo di solidarietà - se sarà introdotto - riguarderà solo il 5 per cento dei pensionati e forse anche meno. Peraltro Renzi dovrebbe ricordare che alcuni di questi trattamenti già pagano un contributo di solidarietà reintrodotto con l' ultima legge di stabilità, anche piuttosto salato, che scatta sopra i 90 mila euro lordi annui - cioè circa 7mila euro al mese - e dovrà essere pagato fino al 2016. E quindi, a meno che non si voglia ulteriormente penalizzare queste "pensioni d'oro", la reale platea che potrebbe essere interessata dalla misura è quella che va dai 3-4 mila euro ai 7mila euro. Quante sarebbero le pensioni colpite? Circa 350mila secondo i calcoli Inps; ed ipotizzando una aliquota del 5 per cento massimo sulla parte eccedente i 3000 euro al mese, Renzi potrebbe racimolare circa 260 milioni di euro l'anno. Una cifra del tutto inadeguata evidentemente a finanziare gli sgravi sul lavoro per stimolare le nuove assunzioni. 

Ma il calcolo potrebbe anche avvenire in modo differente laddove il governo scegliesse di prelevare la parte dell'assegno non derivante da versamenti contributivi che per queste fasce di pensioni raggiunge anche il 25 per cento dell'importo. In tal caso il "danno" per i pensionati sarebbe ingente perchè colpirebbe la parte retributiva e la misura comporterebbe un gettito molto più ricco per le casse dello Stato.

Doccia fredda per i pensionati. Renzi annuncia l'introduzione di un nuovo contributo di  solidarietà sulle pensioni sopra i 2500 euro lordi. Immediata la replica di Damiano: "la misura è fuori dalla realtà".

Nelle novità annunciate ieri dal primo ministro, Matteo Renzi, ci sono anche alcuni provvedimenti che potrebbero interessare i pensionati. Non si tratta però delle misure tanto attese, come un allargamento delle maglie degli esodati o l'introduzione dei pensionamenti flessibili, ma di un ennesimo contributo temporaneo di solidarietà a carico dei trattamenti più elevati. E' quanto annunciato dal commissario straordinario alla spending review Carlo Cottarelli nella conferenza stampa di mercoledì. Ma andiamo con ordine. 

Secondo Cottarelli il piano di revisione della spesa pubblica sarà articolato in 33 punti con l'obiettivo di conseguire risparmi dai 5 ai 7 miliardi quest'anno, 18 miliardi il prossimo e 35 miliardi nel 2016. I tagli saranno graduali con i primi provvedimenti che potranno essere avviati dal prossimo mese di maggio "sempre che si riesca ad agire seriamente e subito" ha detto Cottarelli. Tra le misure annunciate ci sarà chiaramente una sforbiciata alle auto blu che secondo il presidente del Consiglio dei Ministri "ne devono restare una per ministro e massimo 5 auto per ogni dicastero".  

Ma la scure della spending review potrebbe essere calata ancora una volta sulla previdenza. Secondo Cottarelli il settore non può non essere coinvolto: "i costi del sistema sono ancora troppo elevati dato che raggiungono circa il 16 per cento del Pil, per un valore di ben 270 miliardi di euro". A tale riguardo Cottarelli è stato abbastanza chiaro: l'ipotesi è di introdurre "un contributo temporaneo di solidarietà sui trattamenti previdenziali più elevati a beneficio della fiscalizzazione degli oneri per i lavoratori neoassunti". Secondo il commissario verranno colpiti gradualmente solo il 15 per cento degli assegni previdenziali. Si tratterebbe in particolare, anche se in via temporanea, degli assegni sopra i 2500 euro lordi mensili (ossia con la soglia oltre cinque volte il minimo), cifre che a ben guardare non sono in realtà un gran reddito ma che andrebbero a colpire i redditi medi già duramente provati dalla stop all'indicizzazione dei trattamenti negli ultimi anni. Altro che pensioni d'oro.

Secondo Cottarelli l'intervento sulle pensioni è giustificabile anche perché i pensionati, stando alle indagini della Banca d'Italia, "sono tra coloro che riescono più a risparmiare."

Dure le critiche dell'ex ministro del lavoro Cesare Damiano che dal suo blog denuncia: "E’ fortemente contraddittorio il fatto che, allo stesso tempo, si detassino i redditi medio-bassi dei lavoratori dipendenti e si tassino quelli medio-bassi dei pensionati. Se qualcuno pensa che 2.000 euro lordi mensili assomigliano ad una pensione d’oro, è  fuori dalla realtà. “In questo modo, da una parte si sostengono i consumi mentre, dall’altra, si deprimono: sarebbe assurdo e non crediamo che il Governo voglia manovre economiche a somma zero. Inoltre, i pensionati non trarranno alcun beneficio dalla manovra e avrebbero un doppio svantaggio. Per questo chiediamo che l’Esecutivo apra un tavolo di confronto con i sindacati per affrontare il tema della indicizzazione delle pensioni. Infine si dovrebbe affrontare, nell’ambito del lavoro autonomo, il tema delle partite IVA autentiche agevolando questi lavoratori, in molti casi giovani, attraverso la fissazione dell’aliquota dei contributi previdenziali al 24%, come nel caso del lavoro autonomo. La manovra può essere completata con queste correzioni che rafforzerebbero il suo carattere di equità".

Secondo fonti vicino al Ministero del Lavoro Poletti pubblicherà il decreto di sostegno del reddito per le mensilità residue relative all'anno 2014. 

Nelle prossime settimane dovrebbero esserci dei passi avanti relativamente alla pubblicazione della seconda parte del terzo decreto che ha concesso l'assegno di sostegno al reddito per l'anno 2013 per i lavoratori indicati dell'articolo 12, comma-5 bis del DL 78/2010 convertito con legge 122/2010.

Il decreto numero 76353 del 16 ottobre 2013 era infatti nato con un problema di fondo. Aveva sì concesso la proroga del sostegno del reddito, con esclusione della contribuzione figurativa, in favore dei soggetti per i quali la vecchia finestra di decorrenza era collocata nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2013, ma il prolungamento, in considerazione delle scarse risorse finanziarie reperibili all'epoca, aveva coperto solo una parte del periodo di slittamento della finestra, quello sino al 31 dicembre 2013. Erano rimasti in questo modo prive di copertura le mensilità di slittamento che si collocavano nel nuovo anno, il 2014.

Ora sotto la guida del nuovo ministro, Giuliano Poletti, i tecnici del ministero di via Veneto hanno predisposto la "seconda parte" del decreto interministeriale con il quale sarà concesso il prolungamento dell'intervento di tutela del reddito in favore dei lavoratori già beneficiari della tutela di cui al Dm 76353 limitatamente, questa volta, alle mensilità residue dell'anno 2014 che non erano state coperte con il citato decreto. Con la pubblicazione della seconda parte di questo decreto l'Inps sarà autorizzata pertanto ad erogare il prolungamento dell'intervento di tutela del reddito in favore dei soggetti individuati dal decreto 76353 per le mensilità residue del 2014

Altra questione sul tavolo del Ministro è quella relativa all'interpretazione dell'articolo 12 comma 5 bis lettera a) del Dl 78/2010 che secondo espressa ammissione dello stesso ministero non si presta ad una interpretazione univoca. Il problema è noto e ruota intorno al significato della disposizione che ammette al beneficio della proroga del sostegno al reddito quei "lavoratori le cui imprese abbiano siglato accordi sindacali per il collocamento in mobilità ordinaria o lunga entro il 30 aprile 2010".

I decreti attuativi della citata disposizione (Dm 63655, Dm 68225, Dm 76353) hanno infatti interpretato la stessa in maniera non omogenea indicando che alla data del 30 Aprile 2010 il lavoratore debba (come ulteriore condizione) aver cessato l'attività lavorativa. In tal modo è stato ristretto il campo di reale operatività della disposizione posto che non tutti i lavoratori le cui imprese abbiano stipulato accordi entro il 30 Aprile 2010 hanno necessariamente cessato l'attività lavorativa alla predetta data. La questione era stata piu' volte sollevata dai sindacati che avevano rappresentato "come al 30 Aprile 2010 i lavoratori in questione potessero non aver ancora cessato l'attività lavorativa" ma per ben due anni la questione non è stata raccolta dal Dicastero.

Il Ministero del Lavoro ha avviato di recente un approfondimento sulla reale portata della norma e sulle diverse implicazioni che ne possono conseguire aprendo dunque alla possibilità di un chiarimento e di un allargamento della platea in oggetto.

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