Sergey

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Mi occupo di diritto della previdenza e del lavoro. Mi sono laureato nel 1976 in Giurisprudenza alla Cattolica. Dal 1985 lavoro all'Inps.

Il Sottosegretario all'Economia Pierpaolo Baretta ha confermato che i lavoratori dipendenti riceveranno a maggio il bonus fiscale che dovrebbe essere compreso tra i 70 e i 90 euro a seconda delle diverse fasce di reddito.

I tecnici del ministero dell'Economia stanno infatti lavorando alla regolamentazione delle ipotesi per incrementare la detrazione Irpef di base da 1880 euro a 2400 euro estendendola tutti i redditi fino a 20.000 euro contro gli ottomila attuali.

Come annunciato nei giorni scorsi dal premier Matteo Renzi i benefici maggiori verrebbero conseguiti dai lavoratori dipendenti che percepiscono attualmente una busta paga intorno ai 1200 1500 euro al mese netti. Questi lavoratori potrebbero ottenere fino a 1000 euro all'anno di benefici fiscali. 

Secondo il Sottosegretario Baretta le coperture verranno garantite in primo luogo dalla riduzione della spesa pubblica ed attraverso il ricalcolo degli interessi sul debito grazie alla riduzione dello spread.

Baretta ha anche confermato che non ci saranno interventi sulle fasce più deboli ed in particolare sulle pensioni o sugli assegni di invalidità come era circolato nei giorni scorsi. Il governo sta infatti individuando le risorse da inserire nel Documento di economia e finanza che sarà presentato alle Camere entro il prossimo 10 aprile.

Damiano chiede la modifica di alcuni aspetti del decreto. Il Nuovo Centrodestra chiede che non ci siano stravolgimenti.

Da questa settimana il decreto legge 34/2014 sul rilancio dell'occupazione passerà all'esame della Camera per iniziare il percorso della conversione in legge. 

Secondo Cesare Damiano, Presidente della Commissione Lavoro della Camera dei Deputati, verranno proposti diversi emendamenti per migliorare il testo del provvedimento. Damiano ha infatti annunciato che chiederà la fissazione di un intervallo minimo di durata per il contratto a tempo determinato: "Il governo ha regolato solo la durata massima concedendo la possibilità per il datore di prorogarlo per 8 volte sino a 3 anni. Per dare una stabilità ai nuovi lavoratori dovremmo inserire anche un lasso di tempo minimo" ha detto Damiano.

Per quanto riguarda il contratto di apprendistato Damiano chiede di modificare la cancellazione dell'obbligo di integrare la formazione del lavoratore con l'offerta formativa pubblica in quanto tale norma rischia di esporre l'Italia a sanzioni  nei confronti dell'Unione Europea che la ritiene invece obbligatoria. 

Dal Pd anche l'intenzione di reinserire l'obbligo di stabilizzare una quota dei vecchi apprendisti prima di assumerne di nuovi. Il decreto infatti ha abrogato le norme che imponevano l'assunzione di almeno il 30 per cento degli apprendisti già assunti prima di procedere all'assunzione di nuovi. Per il Pd l'eliminazione della quota di apprendisti da stabilizzare va contro la vocazione dell'impresa a formare giovani e mantenere i più capaci.

Il Nuovo Centrodestra è intenzionato a chiedere anche la modifica dell'emendamento sulla soglia del 20 per cento fissata per i contratti a termine rispetto all'organico complessivo dell'azienda. Secondo Pizzolante, capogruppo ncd in Commissione Lavoro, verrà proposto un emendamento per consentire alle parti, tramite la contrattazione aziendale o territoriale, la modifica di questa soglia e non solo al contratto nazionale come prevede attualmente il decreto legge.

Non sarà più necessario indicare le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo che motivano il ricorso alla somministrazione a termine.

Dal 21 marzo, data di entrata in vigore del decreto legge 34/2014, è stata abolita la causale anche sul contratto di somministrazione a termine. I datori potranno quindi ricorrere alla somministrazione senza dover più giustificare le esigenze o ragioni di carattere tecnico produttivo.

Restano fermi invece i divieti previsti dalla legge nei casi di sostituzione di lavoratori in sciopero, per sostituire lavoratori in unità produttive interessate da fenomeni di licenziamento collettivo nei sei mesi antecedenti, per sostituire lavoratori oggetto di cassa integrazione (con riguardo alle stesse mansioni dei lavoratori sospesi) e nei casi di utilizzo di lavoratori da parte di aziende che non hanno effettuato la valutazione dei rischi. In tali casi il contratto di somministrazione continua a non poter essere stipulato.

Il decreto legge invece non ha invece introdotti nuovi limiti quantitativi per il ricorso di contratti di somministrazione a termine rispetto all'organico aziendale. L'articolo 1 del decreto legge 34/2014 nell'individuare il limite del 20% dell'organico complessivo dei lavoratori impiegati in azienda (peraltro non applicabile nelle aziende fino a 5 dipendenti) sembra riferirsi esclusivamente ai contratti a tempo determinato lasciando fuori da questo vincolo i contratti di somministrazione. I limiti quantitativi dei contratti di sommistrazione continueranno ad essere regolati, pertanto, dalla contrattazione collettiva. 

Nessuna novità anche relativamente agli altri elementi della somministrazione di lavoro. Il datore di lavoro potrà effettuare le proroghe fino a 6 volte come stabilito delle regole del contratto collettivo nazionale e potrà rinnovare tali contratti senza l'obbligo di rispettare un intervallo minimo tra un rapporto a termine l'altro. Inoltre, laddove il datore faccia ricorso solo alla somministrazione a termine, cioè senza alternare tale rapporto con un contratto a tempo determinato, non è tenuto al rispetto del vincolo temporale massimo pari a 36 mesi come stabilito per il contratto a termine.

I lavoratori possono chiedere all'Inps di versare i contributi per i periodi in cui hanno avuto retribuzioni o indennità di disponibilità inferiori al minimo necessario per l'accredito ai fini della pensione.

Gli interessati devono presentare la domanda entro il 31 luglio dell'anno seguente a quello di riferimento (ad esempio il 31 luglio 2014 per le richieste dei periodi relativi al 2013); per gli anni dal 2003 al 2012 i lavoratori dovranno presentare la domanda entro il prossimo 20 settembre. E' quanto ha spiegato l'istituto nazionale di previdenza nella circolare n. 33 del 20 Marzo 2014.

Dopo 9 anni dalla Riforma Biagi viene pertanto resa operativa la misura che consente loro di avvalersi dell’art. 36, comma 7, del D.Lgs. n. 276/2003 per integrare la contribuzione obbligatoria versata in loro favore. In pratica la contribuzione volontaria può essere richiesta dai lavoratori intermittenti che, nei periodi coperti da contributi obbligatori, abbiano percepito una retribuzione e/o un'indennità di disponibilità inferiore al valore della retribuzione convenzionale (fissata in euro 10.418,20 per il 2014).

Il lavoratore ha in questo modo la possibilità di versare una contribuzione il cui importo è calcolato sulla differenza fra retribuzione convenzionale e valore degli emolumenti percepiti, fino a concorrenza del parametro minimo. Per l'autorizzazione l'Inps non richiede requisiti contributivi.

I termini per la domanda. L'Inps ha stabilito che l'autorizzazione può essere richiesta ogni anno, a pena di decadenza, entro il 31 luglio dell'anno successivo a quello in cui si collocano i periodi per i quali è possibile il versamento. L'autorizzazione va richiesta tramite i consueti canali messi a disposizione dall'Inps: via telematica; mediante comunicazione telefonica al Contact center multicanale, identificandosi tramite Pin e codice fiscale; oppure attraverso la rete dei Patronati abilitati.

L'Inps specifica che nella domanda devono essere indicati i periodi di lavoro per i quali si intende effettuare il versamento integrativo. Le richieste per la copertura dei periodi di lavoro intermittente e di disponibilità relativi agli anni per i quali sia già decorso il termine, vanno presentate entro sei mesi dalla data di pubblicazione della circolare, a pena di decadenza. Dunque entro il 31 luglio prossimo si presenta la domanda per l'anno 2013 ed entro il 20 settembre quella relativa agli anni dal 2003 al 2012.

Conti avvisa: “Non contate sui tagli agli invalidi. I risparmi sarebbero irrisori ma ci sarebbero forti conseguenze sociali”.

L'lnps avverte il governo Renzi che da una revisione della spesa sulle indennità di invalidità non ci saranno risparmi consistenti ma serie conseguenze politiche e sociali. Dalla revisione della spesa previdenziale e assistenziale l’esecutivo Renzi conta invece di ottenere 3,8 miliardi in tre anni.

Ma l’Inps boccia almeno il fronte dei tagli all’assistenza. Nel comunicato di Vittorio Conti, Commissario Straordinario dell’Istituto previdenziale, si legge che sui falsi invalidi, infatti, negli ultimi cinque anni sono stati realizzati «tutti i possibili controlli straordinari». Non è possibile quindi individuare da questo fronte ulteriori risparmi consistenti anche se l’Inps continuerà a fare il suo compito.

Molto critica anche la possibilità, ventilata dal Commissario alla speding review, Carlo Cottarelli, di legare la percezione dell'assegno di accompagnamento al livello del reddito: “se da un lato la misura potrebbe avere un valore di equità, dal punto di vista dei risparmi, per ottenere effetti economici significativi, si dovrebbe cancellare dagli aventi diritto tutti i redditi superiori ai 30 mila euro annui. E valutato il basso livello dei servizi offerti alle famiglie con disabili la scelta politica sarebbe difficile e socialmente non sostenibile” ha affermato Conti.

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