L'irregolarità sui Contributi costituisce evasione contributiva

Valerio Damiani Giovedì, 06 Luglio 2017
Le indicazioni da parte dell'Inps che si adegua al nuovo orientamento della giurisprudenza. La mancata comunicazione degli elementi del rapporto di lavoro costituisce evasione contributiva salvo il datore di lavoro/committente riesca a provare la buona fede.
L'occultamento del rapporto di lavoro o delle retribuzioni erogate, la tardiva presentazione delle denunce determina l'ipotesi di evasione contributiva con l'applicazione, pertanto, delle sanzioni più salate. A meno che il datore di lavoro non riesca a dimostrare la propria buona fede. Lo precisa l'Inps nella Circolare 106/2017 pubblicata ieri in cui offre agli operatori del settore una completa ricostruzione del quadro normativo a seguito dell'orientamento giurisprudenziale con particolare riferimento ai contenuti della sentenza della Cassazione, sezione lavoro, n. 28966/2011.

Dal punto di vista normativo, il regime sanzionatorio previsto in caso di mancato o parziale versamento dei contributi è regolato dall’articolo 116, comma 8, dalla legge 388/2000 che prevede sanzioni diversificate a seconda dell'elemento psicologico del datore di lavoro/committente: la sanzione che può raggiungere il 40% dell'importo dei contributi o premi non corrisposti entro la scadenza di legge nel caso della semplice omissione contributiva e salire sino al 60% dei predetti importi in caso di evasione, cioè, ove il datore di lavoro, con l'intenzione specifica di non versare i contributi o premi, occulta rapporti di lavoro in essere ovvero le retribuzioni erogate.

L'onere della Prova

Su questo punto la Corte, nella richiamata sentenza, ha specificato che l’evasione si verifica sempre in caso di omissione, l’infedeltà e la tardiva presentazione delle denunce obbligatorie tranne nel caso in cui il datore di lavoro fornisca una prova idonea ad escludere l’intento fraudolento, con conseguente venire ad esistenza della diversa e più tenue fattispecie dell’omissione. In questo caso, infatti, l’Istituto non è in grado di conoscere gli elementi idonei a definire l’obbligo dell’imposizione contributiva. Esiste dunque un collegamento funzionale, afferma la Cassazione, tra le denunce obbligatorie e il pagamento dei contributi dovuti; la mancata presentazione delle prime fa presumere l’esistenza di una volontà del soggetto inadempiente tesa all’occultamento di informazioni con lo scopo di rendere più agevole la via all’evasione contributiva totale o parziale.  Ciò infatti lascia presumere l’esistenza di una specifica volontà del soggetto che ha posto in essere il comportamento omissivo diretto ad evitare possibili accertamenti o riscontri in assenza dei quali si consentirebbe al contribuente, in concreto, di sottrarsi al versamento di quanto dovuto ovvero di adempiere in misura inferiore.

In questi casi, pertanto, il datore deve dimostrare l’assenza di tale volontà, prova che, però, non può tuttavia ritenersi assolta per effetto dell’avvenuta corretta annotazione, sui libri obbligatori, dei dati omessi o infedelmente riportati nelle denunce. In tale ipotesi, l’accertamento della sussistenza delle circostanze, ove eccepite, idonee a superare la suddetta presunzione dell’intento fraudolento, spetterà al giudice. Pertanto, l’onere probatorio è posto a carico del soggetto inadempiente.

Il ravvedimento Operoso

L'Inps ricorda che i contribuenti - ai sensi di quanto previsto dal secondo capoverso dell’articolo 116, comma 8, dalla legge 388/2000 - hanno la possibilità di ricorrere a una sorta di ravvedimento operoso che si concretizza se la denuncia viene presentata entro 12 mesi (dalla prevista scadenza) e i relativi contributi vengono versati nei successivi 30 giorni, sempre che l’Inps non abbia ancora notificato contestazioni o richieste. In tal caso le sanzioni civili dovute saranno quelle più lievi dell’omissione, fattispecie che si verifica anche se tutti gli adempimenti sono stati assolti (denunce e registrazioni obbligatorie), ma i contributi sono stati omessi o versati in ritardo.

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Documenti: Circolare Inps 106/2017

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