Amianto, Il superamento della soglia minima di esposizione può anche essere presunto

Valerio Damiani Mercoledì, 29 Agosto 2018
 La Corte di Cassazione precisa i contorni degli oneri probatori che devono essere soddisfatti dall'assicurato per conseguire le maggiorazioni contributive sulla pensione. Il superamento della soglia minima di esposizione può anche essere dimostrata tramite elementi di tipo presuntivo ove non sia possibile accertare tramite CTU il livello di inquinamento all'interno del luogo di lavoro.
L'accertamento della soglia minima di esposizione all'amianto necessaria per il conseguimento delle maggiorazioni contributive sulla pensione può essere accertata anche tramite elementi presuntivi. Lo ha precisato la Corte di Cassazione con l'ordinanza numero 20934/2018 depositata ieri con la quale i giudici del Supremo Collegio hanno accolto le doglianze di un lavoratore ribaltando la sentenza della Corte d'Appello di Napoli. Il lavoratore aveva chiesto l'accertamento del diritto alla maggiorazione contributiva per esposizione all'amianto prevista dall'art. 13, comma 8 della legge 257/1992 per l'attività espletata a bordo di diverse navi come operaio motorista e frigorista allorché era stato esposto all'amianto senza adozione da parte datoriale di adeguate misure di protezione.

La Corte d'Appello aveva rigettato la domanda in quanto l'assicurato, sprovvisto della certificazione Inail di esposizione ultradecennale all'amianto, non era riuscito a dimostrare della soglia minima di esposizione prevista dal d.lgs. 277/1991 (100 ff/l per oltre dieci anni) limitandosi a pretendere il riconoscimento dell'invocato diritto sulla scorta della mera presenza di amianto nei luoghi di lavoro e del rischio di contrarre malattie professionali. Secondo la Corte d'Appello, in sostanza, l'assicurato sarebbe stato tenuto ad indicare e provare la c.d. soglia qualificata tramite un'apposita CTU che nel caso di specie non era stato possibile esperire anche in ragione dell'elevato numero delle navi a bordo della quali egli aveva lavorato.

La tesi della Cassazione
La Corte di Cassazione ha tuttavia sconfessato, a seguito del ricorso presentato dai legali dell'assicurato, l'impostazione seguita dalla Corte di Merito. Accusata di essere troppo restrittiva. Secondo i giudici di Piazza Cavour, al fine di non rendere impossibile il riconoscimento del beneficio gravando il lavoratore di una probatio diabolica, sotto il profilo probatorio non risulta necessario che il lavoratore "fornisca la prova atta a quantificare con esattezza la frequenza e la durata dell'esposizione, potendo ritenersi sufficiente, qualora ciò non sia possibile, avuto riguardo al tempo trascorso e al mutamento delle condizioni di lavoro, che si accerti, anche a mezzo di consulenza tecnica, la rilevante probabilità di esposizione del lavoratore al rischio morbigeno, attraverso un giudizio di pericolosità dell'ambiente di lavoro, con un margine di approssimazione di ampiezza tale da indicare la presenza di un rilevante grado di probabilità di superamento della soglia indicata dalla legge (Cass. Sez. L, Sentenza n. 16119 del 01/08/2005, Sez. L, Sentenza n. 19456 del 20/09/2007)".

In altri termini, in assenza di certificazione Inail, l'accertamento della soglia qualificata di esposizione può essere compiuto mediante il ricorso ad elementi di tipo presuntivo in tutti i casi in cui non sussista la materiale possibilità di accertare tramite CTU il livello di inquinamento all'interno del luogo di lavoro, per il tempo trascorso e la rimozione delle fonti di inquinamento. Per tale ragione la Corte ha cassato la sentenza impugnata dall'assicurato rinviando la causa alla Corte d'Appello in diversa composizione.

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