Contratti a termine, contributo addizionale dell'1,9% solo per i rinnovi

Valerio Damiani Sabato, 11 Agosto 2018
Aumenta dello 0,5% il contributo addizionale sui contratti a termine. Ma solo in caso di rinnovo. Fuori dalla stretta il settore domestico. Lo prevede un passaggio del decreto legge dignità.
Rinnovare i contratti a termine e di somministrazione a tempo determinato sarà più caro. Il decreto legge dignità approvato l'altro giorno in via definitiva dal Senato incrementa la misura del contributo addizionale per i datori di lavoro già previsto nella misura dell'1,4% dalla legge Fornero (legge 92/2012) con l'obiettivo di scoraggiare il ricorso a questa forma contrattuale e di rendere più appetibile assumere a tempo indeterminato.

Contributo addizionale

Come noto l’articolo 2, comma 28, della legge 92/2012 ha introdotto (per il finanziamento dell’Aspi, attualmente NASpI) un contributo, aggiuntivo rispetto all’aliquota ordinaria dovuta dai datori di lavoro, pari all’1,4%, da calcolarsi sulle retribuzioni imponibili ai fini previdenziali con riferimento ai rapporti di lavoro non a tempo indeterminato.

Ebbene l'articolo 3, co. 2 nella versione uscita all'esito della conversione definitiva del decreto legge 87/2018, dispone un incremento - da 1,4 a 1,9 punti percentuali - del predetto contributo previdenziale addizionale. L'elevamento è disposto per ogni ipotesi di rinnovo del contratto a termine o di somministrazione (a tempo determinato) ad eccezione, a seguito di un emendamento approvato nella legge di conversione, del personale domestico (cioè di colf e badanti).

Per cui l'individuazione dell'aliquota contributiva aggiuntiva applicabile risulterà diversa a seconda dei casi. In particolare: 1) la stipula di un contratto a termine o in regime di somministrazione è soggetta al contributo addizionale dell'1,4% come stabilito dalla Legge 92/2012; 2) il rinnovo comporterà l'applicazione del contributo addizionale dell'1,9% (salvo il caso del lavoro domestico per il quale resta ferma l'aliquota dell'1,4%); 3) la proroga continuerà a restare soggetta al contributo normale dell'1,4%. Conseguentemente il datore di lavoro che rinnova il contratto dopo 10 o 20 giorni dalla scadenza del precedente pagherà di più a differenza di quanto accadrebbe se il contratto venisse prorogato senza soluzione di continuità rispetto al precedente.

Le esenzioni

Restano ferme le specifiche ipotesi di esenzione dal contributo addizionale previste dalla disciplina attualmente vigente. In particolare il contributo aggiuntivo continuerà a non applicarsi - oltre che ai contratti a tempo determinato stipulati dalle pubbliche amministrazioni - nel caso di lavoratori assunti a termine in sostituzione di lavoratori assenti o per lo svolgimento di attività stagionali, nonché ai rapporti di apprendistato.

Resta salva pure la restituzione del contributo addizionale ( ex articolo 2, comma 30, della L. 92/2012), successivamente al decorso del periodo di prova, in caso di trasformazione del contratto a tempo indeterminato o qualora il datore di lavoro assuma il soggetto con contratto di lavoro a tempo indeterminato entro il termine di sei mesi dalla cessazione del precedente contratto a termine. In quest'ultimo caso, dalla restituzione viene detratto un numero di mensilità di contribuzione addizionale (rispetto al numero totale di esse) ragguagliato al periodo trascorso dalla cessazione del precedente rapporto a termine.

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