I datori di lavoro che stipulano i contratti di ricerca di cui all’articolo 22 della legge n. 240/2010 o ai sensi dell’articolo 22-bis della medesima legge (i c.d. incarichi post-doc) sono tenuti al versamento anche della contribuzione per il finanziamento della Naspi trattandosi di contratti a tempo determinato. Lo rende noto, tra l’altro, l’Inps nella Circolare n. 125/2025 con la quale effettua una ricognizione normativa ai fini dell’assolvimento degli obblighi contributivi da parte degli enti datoriali.
Contratti di ricerca
I chiarimenti riguardano i nuovi contratti a tempo determinato introdotti dalla legge n. 240/2010 relativi alla fase di pre-ruolo della carriera accademica e che hanno progressivamente sostituito i vecchi assegni di ricerca. I nuovi contratti sono di due tipi: i contratti di ricerca e i c.d. incarichi post-doc.
I contratti di ricerca disciplinati dall’articolo 22 della legge 240/2010 possono essere stipulati da università, enti pubblici di ricerca e istituzioni equiparate e sono destinati esclusivamente allo svolgimento di specifici progetti scientifici.
Possono candidarsi i possessori di dottorato di ricerca o titolo equivalente (anche di specializzazione medica), inclusi i dottorandi al terzo anno che conseguano il titolo entro sei mesi. È escluso chi già ricopre un posto a tempo indeterminato o abbia già usufruito dei contratti previsti dall’articolo 24 della stessa legge.
I contratti durano due anni, rinnovabili una sola volta, e nei progetti internazionali possono essere prorogati di un ulteriore anno, fino a un massimo di cinque anni complessivi. Il trattamento economico non può essere inferiore a quello di un ricercatore confermato a tempo definito, secondo quanto stabilito dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del comparto Istruzione e ricerca 2019-2021.
Va ricordato che non danno accesso automatico al ruolo e non sono compatibili con corsi universitari, dottorati o specializzazioni: per i dipendenti pubblici, inoltre, comportano l’aspettativa senza assegni e per tale periodo non è previsto il riconoscimento della contribuzione figurativa e neanche l’obbligo di contribuzione in capo all’Amministrazione che ha collocato il dipendente in aspettativa.
Gli Incarichi post-doc
Gli “incarichi post-doc” sono regolati dall’articolo 22-bis della legge n. 240/2010. Sono contratti a tempo determinato di durata annuale, prorogabili fino a tre anni, nati per coprire il periodo post-dottorato con attività di ricerca, collaborazione alla didattica e terza missione.
Anche qui l’accesso è riservato ai dottori di ricerca (o titoli equivalenti), e il trattamento economico sarà fissato con decreto del Ministero dell’Università e della Ricerca, in misura non inferiore a quello dei ricercatori confermati a tempo definito.
Come per i contratti di ricerca, non si tratta di un canale di accesso al ruolo, e l’incarico è incompatibile con altri rapporti di lavoro o assegni di ricerca. Per i dipendenti pubblici, inoltre, comportano l’aspettativa senza assegni e per tale periodo non è previsto il riconoscimento della contribuzione figurativa e neanche l’obbligo di contribuzione in capo all’Amministrazione che ha collocato il dipendente in aspettativa. Fa eccezione soltanto la possibilità di derogare alla durata massima per partecipare ai programmi europei Marie Skłodowska-Curie Actions (MSCA).
Contributi e obblighi per gli enti
Dal punto di vista previdenziale, sia i contratti di ricerca sia gli incarichi post-doc sono contratti di lavoro a tempo determinato e comportano, quindi, i medesimi obblighi contributivi previsti per i lavoratori dipendenti a seconda dell’inquadramento previdenziale del datore di lavoro. Gli obblighi IVS, pertanto, andranno assolti presso i fondi pensionistici di competenza (CPDEL, CTPS, CPS, FPLD); quelli relativi ai trattamenti di fine rapporto alla gestione TFR o alla Gestione Pubblica (ex- Enpas o ex Inadel) oltre a quelli previsti presso la gestione unitaria prestazioni creditizie e sociali (ove possibile).
L’Inps spiega, inoltre, che il datore di lavoro dovrà versare anche la contribuzione NASpI nella misura pari all’1,61% della retribuzione imponibile con esclusione, tuttavia, del contributo addizionale pari all’1,40%. Le pubbliche amministrazioni non sono però tenute ai contributi per malattia e maternità, in quanto garantiti direttamente dal datore di lavoro.
Documenti: Circolare Inps 125/2025







