Statali, Nel pubblico impiego restano in vigore le tutele dell'articolo 18

Valerio Damiani Giovedì, 09 Giugno 2016
Lo ha affermato oggi la Corte Suprema di Cassazione. Le modifiche apportate allo Statuto dei lavoratori dalla riforma Fornero, poi superata dal Jobs Act, "non sono da considerare".
 La legge Fornero non si applica ai lavoratori pubblici, per i quali vige l'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, finche' non sara' fatto un intervento normativo di armonizzazione. E' quanto ha stabilito una sentenza della Corte di Cassazione, che oggi e' tornata sui suoi passi, ridando credito all'esigenza di una norma di armonizzazione che consenta il transito della normativa privatistica anche al pubblico impiego. La sentenza n. 24157 depositata il 26 novembre 2015 aveva infatti stabilito che il nuovo testo dell'art. 18 Legge 300/1970, per espressa disposizione del D.Lgs. 165/2001, si applicava anche al pubblico impiego "contrattualizzato", "e cio' a prescindere dalle iniziative normative di armonizzazione di cui alla legge c.d. Fornero". 

La questione è stata oggetto di diversi interventi normativi, il primo nel 2012, il secondo con il Jobs Act nel 2015. Ma per il pubblico impiego, ricorda la Corte, le norme non sono cambiate rispetto al passato e dipendenti pubblici possono quindi godere di una tutela rafforzata rispetto al settore privato. Nel 2012 la legge 92/2012 ha limitato i casi di reintegrazione prevedendo una tutela piu' flessibile riconducibile a una indennita' quantificabile dal giudice in base a vari paramentri. Per quanto riguarda il pubblico impiego, la legge Fornero ha disposto (art. 1, commi 7 e 8) la sua non applicabilita' alla p.a. aprendo piuttosto ad un percorso di armonizzazione normativa tra pubblico e privato che non e' mai stato portato a termine. Il riferimento normativo vigente, pertanto, resta ancora oggi l'art. 51 del d.lgs. 165/2001 che prevede l'applicazione di tutto lo Statuto dei lavoratori, e quindi pure dell'art. 18, anche al pubblico impiego, a prescindere dalla dimensione occupazionale dell'ente.

 Il Jobs Act, come noto, ha introdotto il contratto a tutele crescenti per i nuovi assunti la regola generale, in caso di licenziamento illegittimo, e' l'indennizzo monetario crescente che si basa sull'anzianita' di servizio, (due mensilita' per ogni anno di anzianita' di servizio, con un minimo di 4 ed un massimo di 24 mesi). Il reintegro nel posto di lavoro resta soltanto per i licenziamenti nulli, discriminatori e in una fattispecie limitata di licenziamento disciplinare: quando il fatto materiale contestato e' insussistente, senza alcuna valutazione sulla sproporzione del licenziamento. Ma queste regole si applicano solo al settore privato. In sostanza, ribadisce la Corte, non avendo il Jobs Act modificato la legge 92/2012 resta in vigore nel pubblico impiego la normativa previgente che manteneva in vigore l'applicazione dello statuto dei lavoratori e delle relative tutele agli statali. Ciò significa che l'ente pubblico, in caso di licenziamento dichiarato illegittimo, dovrà sempre procedere al reintegro del lavoratore e non potrà liquidarlo con il pagamento di un indennizzo di natura economica. 

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