Lavoro

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Saranno ammessi alla fruizione del nuovo ammortizzatore sociale anche i lavoratori apprendisti e i soci lavoratori di cooperativa che abbiano un rapporto di lavoro in forma subordinata.

Kamsin Via libera alla nuova Aspi. Da domani i lavoratori dipendenti potranno iniziare a presentare le domande di accesso alla nuova assicurazione sociale contro la disoccupazione introdotta dal decreto legislativo 22/2015. Lo ricorda l'Inps con il messaggio 2971/2015 in attesa che sia pubblicata una Circolare che regoli compiutamente il nuovo ammortizzatore sociale nei prossimi giorni.

L'istituto precisa che per fruire dell'indennità i lavoratori aventi diritto devono presentare, esclusivamente in via telematica, apposita domanda all’INPS entro il termine di decadenza di sessantotto giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro. A tal fine, a partire dal 1° maggio 2015, sarà possibile utilizzare i consueti canali telematici per l’inoltro della domanda: via web, attraverso il sito www.INPS.it (direttamente da cittadino in possesso del PIN dispositivo INPS); tramite patronato (che, per legge, offre assistenza gratuita); tramite Contact Center Integrato INPS INAIL (chiamando da rete fissa il numero gratuito 803 164 oppure il numero 06 164 164 da telefono cellulare).

La Nuova Aspi. L’art. 1 del  decreto legislativo 4 marzo 2015 n. 22 istituisce, a decorrere dal 1° maggio 2015 , una indennità mensile di disoccupazione denominata Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego  (NASpI), avente la funzione di fornire una tutela di sostegno al reddito ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione.

La NASpI sostituisce,  con riferimento agli eventi di cessazione dal lavoro verificatisi dal 1° maggio 2015, le indennità di disoccupazione ASpI e mini ASpI di cui all’art. 2 della legge n. 92 del 2012 la cui disciplina continua a trovare applicazione per gli eventi di cessazione involontaria dal lavoro verificatisi fino al 30 aprile 2015.

Destinatari. Sono destinatari della NASpI i lavoratori dipendenti ivi compresi – come già disposto dalla legge n. 92 del 2012 - gli apprendisti, i soci lavoratori di cooperativa che abbiano stabilito, con la propria adesione o successivamente all’instaurazione del rapporto associativo, un rapporto di lavoro in forma subordinata, ai sensi dell’art. 1, co. 3, della legge n.142 del 2001, nonché  il personale artistico con rapporto di lavoro subordinato.

La NASpI è riconosciuta ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione e che presentino congiuntamente i seguenti requisiti:

  1. siano in stato di disoccupazione ai sensi dell'articolo 1, comma 2, lettera c) del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181 e successive modificazioni;
  2. possano far valere, nei quattro anni precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione, almeno tredici settimane di contribuzione contro la disoccupazione;
  3. possano far valere trenta giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione.

La NASpI è corrisposta mensilmente, per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni. L'inps precisa, inoltre, che ai fini del calcolo della durata non sono computati i periodi contributivi che hanno già dato luogo ad erogazione delle prestazioni di disoccupazione.

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La nuova prestazione opererà però in via sperimentale solo per il 2015 anche se il Governo lavora ad una sua estensione. Le Domande dovranno essere presentate entro il 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro.

Kamsin I co.co.co. che hanno perso il lavoro prima del 27 Aprile 2015 avranno tempo sino al prossimo 4 luglio per presentare domanda per ottenere la nuova dis-coll, l'indennità di disoccupazione per i parasubordinati introdotta dall'articolo 15 del Dlgs 22/2015. Per le cessazioni successive al 27 aprile, le richieste andranno invece presentate entro 68 giorni dalla data fine del rapporto di lavoro.

Lo spiega l'Inps nella circolare n. 83 con cui detta le istruzioni operative alla nuova prestazione del Jobs Act. Fino all'11 maggio la domanda è accettata su carta o per Pec (Posta elettronica certificata) con un apposito modulo disponibile sul sito internet dell'Inps; da tale data si presenterà, invece, solo per via telematica. La nuova prestazione opererà in via sperimentale un solo anno: il 2015. Almeno per ora in attesa che il Governo individui i fondi per la sua proroga.

I requisiti. Per evento di disoccupazione, precisa l'Inps, deve intendersi l'evento di «cessazione dal lavoro che ha comportato lo stato di disoccupazione». La prestazione spetta in presenza dei seguenti requisiti: stato di disoccupazione al momento della domanda di prestazione; tre mesi almeno di contributi tra il 1° gennaio 2014 e il giorno di perdita dell'occupazione; un mese di contributi oppure un rapporto di collaborazione di durata pari almeno a un mese e che abbia dato luogo a un reddito almeno pari alla metà dell'importo che dà diritto all'accredito di un mese di contribuzione nell'anno 2015 (cioè 647,83 euro).

Relativamente al primo requisito, l'Inps precisa che ai sensi dell'art. 2, comma 1 del dlgs n. 181/2000, lo status di disoccupato va comprovato dalla presentazione del lavoratore presso il servizio competente o per mezzo dell'invio, tramite Pec, della dichiarazione d'immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa. Tuttavia, come già previsto ai fini Aspi, l'Inps stabilisce che anche i collaboratori potranno rilasciare direttamente alle sedi territoriali la dichiarazione d'immediata disponibilità al lavoro al momento della presentazione della domanda di DisColl.

Per quanto riguarda l'importo si ricorda che la Dis-Coll è pari al 75% del reddito medio mensile del collaboratore. Quando tale reddito risulti superiore a 1.195, è pari al 75% di tale importo più il 25% dell'eccedenza ma l'indennità non può superare l'importo massimo mensile di 1.300 euro. La Dis-Coll è corrisposta mensilmente per un periodo pari alta metà dei mesi di durata del rapporto o dei rapporti di collaborazione tra il 1° gennaio 2014 e il giorno di cessazione dal lavoro e non può superare comunque i 6 mesi. 

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La nuova disciplina troverà applicazione con riferimento ai contratti di lavoro interrotti dal 30 aprile 2015 (ossia, ultimo giorno giuridico del rapporto).

Kamsin Il prossimo 1° maggio sarà la data spartiacque tra Aspi e Naspi. I lavoratori che hanno perso il posto di lavoro entro il 30 Aprile continueranno a fruire del regime Aspi e Mini-Aspi regolato dalla legge 92/2012, mentre chi perderà il posto di lavoro "involontariamente" dal 1° maggio in poi sarà soggetto alla nuova assicuazione sociale per l'impiego come coniata dal decreto di Riforma degli ammortizzatori sociali (Dlgs 22/2015).

La Naspi, infatti, sostituirà, per gli eventi di disoccupazione decorrenti dal 1° maggio 2015, i trattamenti oggi riconosciuti ai lavoratori dipendenti ovvero Aspi e mini Aspi, i quali potranno quindi operare solo sino alle cessazioni intervenute alla fine di aprile 2015. Le due prestazioni coesisteranno dunque nel 2015 e nel 2016 in attesa che la Naspi prenda definitivamente il posto del vecchio regime. 

Le Differenze. La durata della Naspi sarà tuttavia, a differenza dell'Aspi, pari alla metà delle settimane di contribuzione contro la disoccupazione negli ultimi 4 anni. In pratica il nuovo regime potrà coprire sino a 24 mesi (dal 2017 però si passa ad un massimo di 18 mesi) contro i 10, 12 o 16 mesi (a seconda dell'età del lavoratore) indennizzabili dal regime Aspi. E' facile osservare che la durata massima potrà essere centrata solo dai lavoratori con un rapporto di lavoro stabile e duraturo alle spalle, ossia che dura da almeno 4 anni, e che si trovano di fronte al primo evento di disoccupazione.

Il passaggio al nuovo regime penalizzerà, invece, quei lavoratori con carriere discontinue e gli stagionali. Se con l'Aspi questi lavoratori potevano ottenere un sostegno variabile da 10 mesi a 16 mesi per mantenere la medesima durata la Naspi chiede loro tra i 20 e i 36 mesi di contribuzione contro la disoccupazione negli ultimi quattro anni. In caso contrario la durata dell'ammortizzatore risulterà piu' breve. Ad esempio uno stagionale che lavora 6 mesi l'anno potrà contare, a regime, su un assegno Naspi di soli 3 mesi mentre nel regime Aspi, avrebbe potuto coprire totalmente i restanti 6 mesi dell'anno e quindi ritornare sul lavoro.

Rispetto all'Aspi la Naspi non richiede inoltre piu' le due annualità di anzianità assicurativa e sostituisce l'anno di contribuzione nel biennio precedente il periodo di disoccupazione con un requisito piu' agevole pari ad almeno 30 giorni di lavoro effettivo nei 12 mesi antecedenti la disoccupazione.

Piu' favorevole alla Naspi il confronto con la Mini-Aspi, l'ammortizzatore sociale che spetta a quei lavoratori che non hanno i requisiti per accedere all'Aspi e che anch'esso andrà in soffitta dal 1° maggio. Le condizioni di accesso alla Naspi risultano, infatti, meno restrittive in quanto le 13 settimane di accredito contributivo vengono ricercate nelle ultime quattro annualità e non negli ultimi 12 mesi come previsto per l'accesso alla mini Aspi. 

Rimanendo sempre nell'ambito del diritto alla prestazione, l'art. 8 del dlgs 22/2015 rende strutturali le misure inerenti all'anticipo dell'indennità in un'unica soluzione al fine di avviare una attività di lavoro autonomo o di impresa individuale o per associarsi in cooperativa, cosa che nel precedente impianto normativo (cfr. art. 2, comma 19, legge 92/2012, dm 73380/2013) era prevista in via sperimentale fino al 2015.

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L'indennità sarà erogata in tutti i casi in cui la disoccupazione è involontaria. Ammessi alla fruizione anche i lavoratori licenziati per motivi disciplinari.

Kamsin La nuova indennità di disoccupazione, Naspi, può essere riconosciuta anche in favore dei lavoratori licenziati per motivi disciplinari e nei casi di accettazione da parte del lavoratore licenziato dell’offerta economica propostagli dal datore nella c.d. “conciliazione agevolata” ex art. 6, D.Lgs. n. 23/2015.

Lo ha precisato il ministero del Lavoro in risposta ad un interpello avanzato dalla Cisl. Il Dicastero precisa che il presupposto per la Naspi resta l'involontarietà della perdita del posto di lavoro senza potersi desumersi, dalla normativa, alcuna esclusione specifica qualora il licenziamento sia avvenuto per motivi diciplinari. La Naspi, in altri termini, "prescinde dalla natura del licenziamento". Pertanto, spiega il Ministero, può essere annoverata anche la fattispecie del licenziamento disciplinare tra quelle coperte dalla Naspi come del resto era avvenuto per l'Aspi con l'interpello 29/2013. Peraltro, il ministero, a sostegno di questa tesi, argomenta come il licenziamento disciplinare sia estraneo alla sfera della "volontarietà" del lavoratore e come lo stesso possa altresì essere impugnato.

Nessun ostacolo anche alla possibilità di percepire il trattamento Naspi da parte di quei lavoratori che accetteranno l'indennità economica prevista dalla nuova offerta conciliativa del contratto a tutele crescenti (articolo 6 del Dlgs 23/2015).

La norma stabilisce, nello specifico, che in caso di licenziamento il datore di lavoro può offrire al lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento stesso un importo che non costituisce reddito imponibile e non risulta assoggettato a contribuzione previdenziale e la cui accettazione da parte del lavoratore comporta l’estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia alla impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l’abbia già proposta.

Secondo il Ministero tale conciliazione è esclusivamente mirata a far decadere l'impugnativa del licenziamento e, pertanto, l’accettazione in questione non muta il titolo della risoluzione del rapporto di lavoro che resta il licenziamento unilaterale dal parte del datore di lavoro. In tali ipotesi resta quindi fermo il diritto alla Naspi da parte del lavoratore.

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Il Nuovo assegno di disoccupazione per i lavoratori parasubordinati sostituirà l' indennità una tantum prevista dall'attuale normativa. Termini ampi anche per chi ha concluso il rapporto di lavoro agli inizi del 2015.

Kamsin Con la Circolare dell'Inps 83/2015 può formalmente decollare la Dis-coll, la nuova indennità di disoccupazione coniata dall'articolo 15 del decreto legislativo che riforma degli ammortizzatori sociali (Dlgs 22/2015) riconosciuta ai lavoratori parasubordinati. Se infatti la Naspi, la tutela per i lavoratori dipendenti, partirà dal 1° maggio, l'indennità per i parasubordinati era già formalmente in vigore dal 1° gennaio 2015 anche se il ritardo nella pubblicazione delle istruzioni Inps per presentare la domanda aveva reso di fatto impossibile presentare domanda per il sostegno.

Ora l'Inps ha messo nero su bianco le modalità per chiedere il sussidio. I parasubordinati dovranno presentare domanda (a pena di decadenza) entro 68 giorni dalla data di cessazione del rapporto di lavoro. Nessun rischio per quei lavoratori il cui rapporto di collaborazione sia cessato prima della pubblicazione della Circolare (cioè tra la data del 1° gennaio 2015 e il 27 Aprile 2015): l'Istituto ha indicato che il termine di sessantotto giorni decorre a partire dal 27 Aprile.

La presentazione della domanda. La domanda per la dis-coll potrà essere presentata per via telematica a partire dal prossimo 11 maggio ma al fine di consentire comunque l’avvio delle operazioni di istruttoria delle domande e di relativa liquidazione della prestazione, fino a tale data la domanda di sarà accettata anche in forma cartacea o tramite Pec compilando il modulo disponibile a questo indirizzo. 

Le condizioni per il beneficio. L'indennità è riconosciuta ai collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto, con esclusione degli amministratori e dei sindaci, iscritti in via esclusiva alla Gestione separata dell'INPS, che non siano pensionati e che non siano titolari di partita IVA, in relazione ai nuovi eventi di disoccupazione involontaria verificatisi a decorrere dal gennaio 2015 e fino al 31 dicembre 2015. La nuova indennità, che attualmente è prevista in forma sperimentale solo per l'anno 2015 (anche se le intenzioni sarebbero di estenderla anche oltre) sostituirà l'indennità una tantum per i parasubordinati prevista dalla attuale disciplina.

Per avere diritto alla Dis-Coll è necessario possedere, congiuntamente, i seguenti requisiti: a) stato di disoccupazione al momento della domanda di prestazione; b) almeno tre mesi di contribuzione nel periodo intercorrente tra il 1° gennaio dell'anno solare precedente la cessazione dell'attività lavorativa e la cessazione dell'attività stessa; c) almeno un mese di contribuzione, oppure un rapporto di collaborazione di durata almeno pari a 1 mese dal quale sia derivato un reddito almeno pari alla metà dell'importo che dà diritto all'accredito di 1 mese di contribuzione, nell'anno solare in cui si verifica la cessazione dall'attività lavorativa.

Sulla misura dell'assegno che va in tasca ai disoccupati, si applicano le stesse regole stabilite per i lavoratori dipendenti con la Naspi. La misura è pari al 75% dei compensi fino a 1.195 euro al mese e poi scende al 25% sulle quote dei compensi superiori a tale importo. In ogni caso l'assegno massimo è di 1.300 euro lordi al mese. La norma però prevede una riduzione: a partire dal primo giorno del quarto mese l'assegno in pagamento viene ridotto del 3% per ogni mese.

L'assegno sarà pagato per un numero di mesi pari alla metà di quelli che nel 2014 sono stati coperti integralmente con i contributi Inps. Ad esempio, se sono stati versati contributi per otto mesi l'indennità Inps sarà corrisposta per quattro mesi. Il tetto massimo è pari a sei mesi.

A differenza di quanto previsto con la Naspi per i periodi di fruizione della Dis-Coll non sono riconosciuti i contributi figurativi e per avere diritto all'indennità i lavoratori dovranno presentare istanza all'Inps entro il termine di decadenza di 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro. Il Ministro del Lavoro ha, comunque, rassicurato nel corso di una interrogazione parlamentare che anche chi ha perso il lavoro agli inizi del 2015, e che quindi non ha potuto fare domanda entro tale termine per la mancanza delle istruzioni operative dell'Inps, avrà termini piu' estesi e potrà essere ammesso all'indennità.

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Documenti: Il Modulo per presentare la domanda per la Dis-Coll

Giorgio Gori - Patronato Inas

I lavoratori stranieri occupati in Italia hanno diritto all'assegno per il nucleo familiare, anche se i congiunti sono residenti all'estero.

Kamsin L'assegno per il nucleo familiare spetta anche ai lavoratori stranieri titolari di permesso di soggiorno di lungo periodo i cui congiunti non siano residenti in Italia. Lo ha stabilito il tribunale di Brescia (ordinanza n. 4163/2014 emessa il 13 aprile e pubblicata sul sito inps dell'istituto), ordinando all'Inps ad erogare circa 24 mila euro di assegni arretrati a sei lavoratori titolari di permesso di soggiorno Ce di lungo periodo.

La Questione. Attualmente l'Inps riconosce l'Anf ai lavoratori cittadini italiani o comunitari con riferimento ai familiari ovunque residenti e a lavoratori extracomunitari con riferimento ai familiari residenti in Italia (salvo che si tratti di paesi con i quali siano vigenti specifiche convenzioni). Il tribunale ha indicato che questa normativa viola quanto disposto dall'art. 11 della direttiva 2003/109/Ce, a norma del quale «il soggiornante di lungo periodo gode dello stesso trattamento del cittadino nazionale per quanto riguarda le prestazioni sociali, l'assistenza sociale e la protezione sociale ai sensi della legislazione sociale. Gli stati membri possono limitare la parità di trattamento in materia di assistenza sociale e  protezione sociale alle prestazioni essenziali».

La direttiva è stata recepita con l'art. 7 del dlgs n. 3/2007 che ha sostituito l'art. 9 del dlgs 286/1998 (il Tu. immigrati), stabilendo (comma 12 lett. c) che il lungo soggiornante può «usufruire delle prestazioni di assistenza sociale, di previdenza sociale (...), salvo che sia diversamente disposto»; lo stato italiano non si è avvalso della facoltà di deroga, perché essa non può essere ravvisata nell'art. 2 della legge n. 153/1988 (che impone il requisito di residenza ai familiari dei cittadini stranieri), in quanto avrebbe dovuto operare una scelta espressa, successiva e non antecedente alla direttiva e al suo recepimento. Ne consegue, conclude il tribunale, la necessaria disapplicazione della norma dell'art. 2 della legge n. 153/1988 per contrasto con la direttiva 2003/109/Ce, nonché l'ulteriore necessità di disapplicare le determinazioni dell'Inps adottate e di accertare il diritto all'assegno per il nucleo familiare anche per i periodi in cui i familiari erano residenti all'estero.

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