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Il Contratto a tutele crescenti dovrà necessariamente costare meno rispetto agli altri contratti precari. Il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti apre all'estensione degli sgravi contributivi oltre il 2015

Kamsin "Il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti dovrà strutturalmente costare meno degli altri contratti e, quindi, naturalmente si proporrà, per gli anni successivi, un tema di intervento e, quindi, di copertura per garantire questo stato della situazione". Lo ha indicato il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti nel corso del question time che si svolto presso la Camera dei Deputati la scorsa settimana. Il Governo apre quindi all'ipotesi di un taglio strutturale e permanente del costo del lavoro, per le assunzioni a tempo indeterminato proprio per favorire il decollo delle tutele crescenti.

Si punta quindi ad estendere l'incentivo fiscale alle assunzioni stabili effettuate nell'arco del 2016, con un restyling che dovrà inevitabilmente tener conto delle risorse disponibili, essere sostenibile sul versante dei conti pubblici, e dovrà evitare di incorrere nei rilievi della Ue per gli aiuti di Stato. La tipologia di intervento sarà con tutta probabilità diversa rispetto alla maxi-decontribuzione garantita quest'anno (fino a 8mila euro annui di sgravi contributivi per tre anni per chi assume un lavoratore a tempo indeterminato entro il 2015).

L'ipotesi annunciata dal Ministro è subito piaciuta ai presidenti delle commissioni Lavoro di Camera e Senato, rispettivamente Cesare Damiano (Pd) e Maurizio Sacconi (Ap): «Se il governo farà questa scelta troverà il mio pieno sostegno - sostiene Damiano- , è importante confermare anche per il 2016 la decontribuzione e, possibilmente, renderla strutturale. Va evitato l'effetto controproducente che si avrebbe se il beneficio venisse limitato al solo 2015, con la fiammata di contratti a tempo indeterminato e il successivo ritorno al lavoro precario». Dal Senato, Maurizio Sacconi è «favorevole a tutte le misure che riducano la pressione fiscale sul lavoro".

Poletti ha poi indicato che non ci sono problemi di coperture per il 2015. "Rispetto alle previsioni fatte oggi e all'auspicabile e auspicato aumento del numero dei contratti che saranno convertiti, da contratti precari in contratti a tempo indeterminato, e di nuove sottoscrizioni di contratti, noi siamo in condizione di affermare che le coperture finanziarie necessarie sono tuttora presenti nel nostro bilancio" ha detto il Ministro. Le coperture previste nella legge di stabilità sono pari a 1,886 miliardi di euro per il 2015, 4,885 per il 2016, 5,030 per il 2017, 2,902 per il 2018 e 387 milioni per il 2019.

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Il 57,8% dei lavoratori autonomi oggetto dell'intervista effettuata dalla Cigl risulta percepire un reddito inferiore a 15mila euro l'anno; il 30% supera i 20mila euro.

Kamsin Oltre la metà guadagna meno di 15 mila euro lordi l'anno. Solo il 7,6% dice di non avere problemi psicologi legati al lavoro mentre gli atti parlano di stress, ansia, depressione o almeno insonnia. Sono i dati diffusi dalla ricerca «Vita da professionisti», condotta dall'Associazione Bruno Trrntin presentata ieri a Roma nella sede della Cgil, primo passo concreto di quella proposta per un nuovo statuto che metta insieme tutti i lavoratori, sia dipendenti che autonomi, lanciata nelle ultime settimane dal segretario generale Susanna Camusso.

La ricerca si basa su duemila interviste a professionisti tra cui architetti, avvocati, commercialisti e partite Iva che hanno partecipato su base volontaria ed e quindi possibile che a rispondere siano state le persone più motivate della categoria. Ma in ogni caso il 57,8% di un campione di 2210 autonomi guadagna fino a 15 mila euro all'anno; il 13,2% tra i 15 e i 20 mila euro, il restante 28,9% più di 20 mila euro. Tutte cifre lorde. Redditi che non trovano riscontro nella formazione e nelle competenze accumulate a partire da una laurea, o un diploma, e in costante aggiornamento. Quasi sempre a proprie spese.

Questa è la condizione in cui si trovano oggi tutti gli studenti o i laureati e, più in generale, il lavoro qualificato di chi ha tra i 30 e i 45 anni. Il contrasto tra l'alta concentrazione dei saperi e la realtà quotidiana di un lavoro impoverito e senza tutele, ma perseguitato dalle tasse e dai contributi previdenziali, è caratteristico di un segmento importante del quinto stato: i lavoratori della conoscenza.

Gli autori della ricerca , coerentemente con l'impostazione data da Sergio Bologna e Andrea Fumagalli nel libro il lavoro autonomo di seconda generazione (1997, Feltrinelli), descrivono tale lavoro nell'ambito del settore terziario in crisi, dei servizi, delle relazioni e della cura, dello spettacolo, delle consulenze per la pubblica amministrazione o per le imprese. Questo lavoro autonomo svolge le sue attività in una delle 27 professioni regolamentate attraverso ordini o collegi professionali, ma anche nell'ambito del lavoro freelance non ordinistico. Secondo i dati Isfol, i professionisti autonomi e freelance che non sono imprenditori ne hanno dipendenti sono circa 3 milioni e mezzo.

Nel loro insieme contribuiscono per oltre il 18% al Pil. Questo è il primo dato che rovescia il pregiudizio dominante, in particolare quello legato alle letture ispirate alla nozione di «popolo delle partite Iva». Gli autonomi e i freelance sarebbero imprenditori e, in quanto tali, producono valore e ricchezza. Non è vero: sono lavoratori che operano in autonomia e per conto terzi. Non sono evasori fiscali, come a lungo hanno creduto la sinistra e in particolare i sindacati (Cgil compresa). Per chi lavora per la P.A. (il 5,3%) o in maggioranza per i privati (65%), e ancora in un ambito non prevalente 23,2%) o il terzo settore (il 6,7%), evadere è molto difficile.

Tale autonomia viene invece distinta in tre modi: una condizione di autonomia completa 49,4% del campione ha più committenti alla pari); una di autonomia prevalente (il 33,3% ha più committenti, di cui uno principale); un'altra di monocommittenza (il 17,3%). Questa descrizione smentisce un'altro pregiudizio, diventato popolarissimo dopo l'approvazione della riforma Fornero: le partite Iva sarebbero tutte false.

In realtà sono dipendenti mascherati. Non è vero: nell'ambito del lavoro professionale la platea degli autonomi è molto più ampia di quella dei parasubordinati, come attesta l'indagine. Parliamo di working poors che lavorano con una pluralità di committenze. Più datori di lavoro ci sono, più il magro reddito può sperare di crescere. Questa relazione forte e lineare rivela un'altra realtà: le professioni che soffrono di una «povertà estrema», con redditi inferiori ai 5 mila euro lordi annui, sono quelle della cultura e dello spettacolo, i giornalisti e chi lavora nell'editoria.

Ci sono anche gli archivisti e i bibliotecari e chi opera nell'area tecnicoscientifica. Chi invece percepisce un reddito superiore ai 25 mila euro lordi lavora nei settori finanziari e assicurativi, nella consulenza, nella salute, nella sicurezza del lavoro o fa il commercialista. La ricerca attesta inoltre una forte consapevolezza dei diritti sociali, un'idea del Welfare e una disponibilità all'impegno associativo. Il 45% del campione partecipa alle attività di movimenti e gruppi autoorganizzati, la vera novità culturale e politica registrata in questo segmento del quinto stato.

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Secondo il sottosegretario Franca Biondelli l'Asdi potrebbe essere utilizzata come base per estendere il sostegno sociale ai lavoratori in condizione di disagio privi dei requisiti per la pensione.

Kamsin "Per fronteggiare il disagio derivante dalla complessa situazione occupazione e a favorire l'inclusione sociale l'articolo 16, del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22, ha istituito, a decorrere dal 1o maggio 2015, in via sperimentale per l'anno 2015, il cosiddetto Assegno di disoccupazione (ASDI), al fine di fornire una tutela di sostegno al reddito ai beneficiari della nuova prestazione denominata Assicurazione sociale per l'impiego (NASpI) che siano privi di occupazione e si trovino in una condizione economica di bisogno". Lo ricorda Franca Biondelli, sottosegretario al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali nel corso di un'interrogazione parlamentare che si è svolta ieri alla Camera.

"La corresponsione dell'ASDI è condizionata all'adesione ad un progetto personalizzato redatto dai competenti servizi per l'impiego, contenente specifici impegni in termini di ricerca attiva di lavoro, disponibilità a partecipare ad iniziative di orientamento e formazione, accettazione di adeguate proposte di lavoro. La partecipazione alle iniziative di attivazione proposte sarà obbligatoria, pena la perdita del beneficio". Si tratta di una misura sperimentale, che, se confermata, potrebbe rappresentare un significativo passo avanti verso l'istituzione di un reddito minimo universale. Questo reddito, ad esempio, potrebbe essere esteso ai lavoratori ultra 55enni che non riescono a maturare la pensione con un eventuale allungamento della durata dell'assegno" ha dichiarato la Biondelli.

Quale ulteriore misura di sostegno al reddito e strumento di inclusione sociale, voglio ricordare che con l'articolo 60 del decreto-legge n. 5 del 2012 è stata introdotta in via sperimentale la misura del Sostegno per l'Inclusione Attiva (SIA) – (cosiddetta nuova social card).  Tale strumento è per ora pienamente operativo nelle 12 città con più di 250.000 abitanti. Ricordo che la concessione della nuova carta acquisti è condizionata alla sottoscrizione del progetto predisposto dai servizi sociali del Comune in rete con i servizi per l'impiego, i servizi sanitari e le scuole. Al riguardo, la legge di stabilità per il 2014 ha stanziato 40 milioni di euro all'anno per il triennio 2014-2016, al fine di consentire la sperimentazione della nuova social card anche alle regioni del centro-nord.

Il sottosegratario ha ricordato, inoltre, che la legge di stabilità per il 2015 ha previsto un incremento – pari a 250 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2015 – del Fondo che finanzia la cosiddetta carta acquisti ordinaria, istituita con l'articolo 81 del decreto-legge n. 112 del 2008 e che, nell'ambito del ciclo di programmazione dei fondi europei 2014-2020, è stato approvato un programma nazionale volto a supportare il SIA attraverso lo sviluppo di misure di attivazione e servizi di presa in carico rivolti ai beneficiari della nuova social card" ha concluso la Biondelli.

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"Per quanto riguarda la vicenda dei lavoratori stagionali. Su questo la delega prevede una prestazione collegata alla pregressa storia contributiva di ogni lavoratore". Lo ha ricordato il Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, a margine di un intervento in Senato. Kamsin "Questo è un tema che certamente riguarda i lavoratori stagionali, ma riguarda anche i lavoratori in generale. Quella norma, così come l'abbiamo scritta, innalza da dodici o diciotto mesi a ventiquattro mesi la durata della NASPI. Quindi abbiamo cercato di rendere questa misura universale ed applicabile a tutti quei cittadini che fino ad ora non l'avevano. Abbiamo fatto la stessa cosa per quanto riguarda le collaborazioni, con la DIS-COLL.

Per quanto riguarda gli stagionali, stiamo verificando la possibilità di produrre una gradualità nell'andamento a regime di questa norma; in ogni caso, riteniamo che sia necessario trovare una modalità che consenta alle persone che si troveranno in questa situazione di avere davanti un lasso di tempo in forza del quale sanno quello che accadrà e si attiveranno per trovarsi nella migliore delle condizioni. Siamo quindi intenzionati ad intervenire con questo spirito" ha concluso Poletti.

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Il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti precisa che la clausola di salvaguardia che aumenta i contributi sarà stralciata dal testo del dercreto di riordino dei contratti.

Kamsin Repentino dietrofront del Governo e del Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, sulla clausola di salvaguardia comparsa nel testo del decreto legislativo sul riordino dei contratti trasmesso la scorsa settimana alle Camere. Un passaggio del provvedimento inserisce infatti un contributo aggiuntivo di solidarietà a carico di imprese e lavoratori autonomi per coprire l'eventuale ondata di trasformazioni di rapporti precari in stabili.La clausola, precisano dal Ministero, "verrà superata prima della definitiva approvazione del provvedimento".

Le nuove regole del Dlgs sui contratti prevedono che dal 1° gennaio 2016 si applica la disciplina del lavoro subordinato alle co.co.co. e si prevede una sanatoria volta a facilitare la conversione delle collaborazioni. In base a queste disposizioni si è stimata la fuoriuscita di circa 20mila collaboratori dalla gestione separata (con reddito medio di 15mila euro) e sono state messe sul piatto, con il medesimo decreto, ulteriori risorse per la decontribuzione (16 milioni per il 2015, 52 per il 2016, 40 per il 2017, 28 per il 2018).

Somme tuttavia ritenute non sufficienti dalla Ragioneria, che pertanto ha richiesto l'introduzione, come clausola di salvaguardia a garanzia delle coperture, della possibilità di introdurre un contributo aggiuntivo di solidarietà a favore delle gestioni previdenziali a carico dei datori di lavoro del settore privato e dei lavoratori autonomi. La norma, che sarà stralciata dal testo, ha fatto discutere in quanto se applicata avvrebbe penalizzato le aziende e i datori che non trasformano i rapporti di collaborazione in tempi indeterminati, colpendole con un generalizzato aggravio di costi.

Il testo del decreto contiene un'altra novità sul fronte collaborazioni rispetto alla stesura approvata dal consiglio dei ministri lo scorso 20 febbraio. Si chiarisce infatti che le Collaborazioni coordinate e continuative (co.co.co) possono essere utilizzate nel settore pubblico, in attesa che arrivi in porto la riforma della pubblica amministrazione all'esame del Senato. Dal 2017, però, saranno vietate quelle «continuative, di contenuto ripetitivo e con modalità organizzate dal committente».

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Spunta anche un tesoretto di 1,6 miliardi già da quest'anno che il Governo tuttavia non ha impegnato. Due le opzioni sul tavolo che verranno esaminate nelle prossime settimane: un piano poveri o l'estensione del bonus 80 euro agli incapienti.

Kamsin Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera ieri sera il Def, Documento di economia e finanza, cioè il piano di finanza pubblica per i prossimi tre anni che ora viene inviato al Parlamento e alla Commissione europea. Il Def, che contiene anche il Pnr, cioè il Piano nazionale di riforme, è un documento programmatico che definisce la cornice e gli obiettivi entro i quali si muoverà la legge di Stabilità per il 2016 che verrà presentata dal governo a ottobre.

Grazie al miglioramento della congiuntura internazionale e alla riforme messe in campo, si legge nel provvedimento, il Prodotto interno lordo riprenderà a crescere (0,7% nel 2015, 1,4% nel 2016 e 1,5% nel 2017), il deficit scenderà, mantenendosi ben sotto il tetto del 3% del Pil e comincerà a diminuire anche il debito pubblico. Più a rilento migliorerà la disoccupazione: dal 12,3% di quest'anno all'11,7% del 2016.

Gli interventi programmati. Il Def elenca anche le aree di intervento per recuperare 10 miliardi necessari alla sterilizzazione dell'aumento dell'Iva (uniti ai 6,4 che emergeranno nel 2016 ). Si comincia dagli enti locali per i quali si prevede l'allineamento delle regole del Patto di stabilità interno a quelle europee cioè con costi standard e pubblicazione online degli indici di performance. Risorse a cui si aggiungeranno quelle derivanti da una revisione delle aziende municipalizzate: in particolare il documento cita le aziende di trasporto pubblico e quelle di raccolta dei rifiuti che «soffrono di gravi e crescenti criticità di costo».

Si passa poi alla revisione dei 10 mila capitoli di spesa dello Stato centrale e la riorganizzazione di Prefetture e delle altre strutture periferiche. C'è poi la creazione di una «unità indipendente di valutazione» degli investimenti pubblici al fine di ridurre i costi. Sulle pensioni potrebbe esserci una stretta sulle prestazioni di invalidità finalizzata a eliminare le differenze tra Nord e Sud e alla creazione di un nuovo modello di assistenza che ottimizzi il coordinamento tra Inps, Comuni e Asl.  Maggiore impatto anche della centrale degli acquisti per i beni della pubblica amministrazione.

Tra gli interventi "programmati" dal governo c'è la rivisitazione delle agevolazioni fiscali. Dice il Def: «In attuazione della legge delega sarà adottato un decreto delegato che preveda la redazione da parte del governo di un rapporto annuale sulle detrazioni fiscali da allegare al disegno di legge di bilancio. Tale rapporto dovrà identificare le detrazioni non giustificate da esigenze sociali o economiche o che costituiscono una duplicazione al fine di eliminarle o riformarle, salvaguardando tuttavia la tutela dei redditi da lavoro dipendente e autonomo, dei redditi di imprese minori e dei redditi di pensione, della famiglia, della salute, delle persone economicamente o socialmente svantaggiate».

Local Tax. Il Governo conferma poi anche l'abbandono dell'Imu e della Tasi per sostituirle con una unica «local tax». Per i sindaci si tratta di un impegno importante: la local tax assorbirà tutti i tributi comunali sugli immobili e permetterà ai consigli di approvare bilanci di previsione credibili. Sarebbe la prima volta dopo anni di incertezze: il leader dell'Anci Piero Passino ha calcolato 27 leggi in poco più di tre anni. A dicembre, prima che il dossier fosse congelato, a Palazzo Chigi si erano fatte delle simulazioni: l'aliquota standard avrebbe dovuto valere 2,5 per mille e con una detrazione peri redditi bassi. «L'impegno è in ogni caso di non aumentare il prelievo complessivo», ha assicurato il responsabile economia del Pd Filippo Taddei.

Nel documento spunta infine un tesoretto di 1,6 miliardi già da quest'anno che non è stato impegnato. Due le opzioni sul tavolo che verranno esaminate nelle prossime settimane: un piano poveri o l'estensione del bonus 80 euro agli incapienti.

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