Artigiani, Per l'assegno d'invalidità valgono i medesimi criteri dei dipendenti

Valerio Damiani Martedì, 29 Ottobre 2019
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione respingendo il ricorso di un'assicurata. La perdita della capacità di lavoro a meno di un terzo deve essere valutata ad ampio raggio, prendendo in considerazione tutte le attività confacenti con le proprie attitudini.
L'assegno ordinario di invalidità non spetta alla pasticciera che pur non potendo - a causa dell'infermità - più espletare il lavoro manuale sia in grado comunque di svolgere altre funzioni accessorie rispetto all'attività principale. In altri termini nella valutazione della residua capacità di lavoro occorre valutare anche la possibilità di svolgere attività lavorative diverse da quella svolte in precedenza. Questo principio, già valido per la generalità dei lavoratori dipendenti, si applica anche ai commercianti e agli artigiani secondo quanto espresso nella sentenza della Corte di Cassazione numero 14414 del 2019.

Come noto la legge 222/1984 riconosce agli iscritti alla gestione speciale dei lavoratori commercianti ed artigiani la possibilità in caso di perdita della capacità lavorativa a meno di un terzo di ottenere l'assegno ordinario di invalidità, una pensione commisurata ai contributi versati sino a quel momento, a prescindere dall'età anagrafica dell'assicurato. La prestazione ha carattere temporaneo, dura di regola tre anni, e poi può essere rinnovata in caso di permanenza delle condizioni sanitarie.

L'accertamento del requisito sanitario

Una delle problematiche principali al momento della domanda della prestazione sta proprio nella valutazione dei requisiti sanitari, cioè la perdita della capacità lavorativa a meno di un terzo. L'orientamento della giurisprudenza prevalente ha più volte stabilito che il requisito va valutato in un'ottica complessiva del quadro morboso dell'assicurato, con riferimento alla sua incidenza non solo sull'attività svolta in precedenza, ma su ogni altra che egli possa svolgere, in relazione alla sua età, capacità ed esperienza, senza esporre a ulteriore danno la propria salute.

Il caso di specie sottoposto alla Corte era però sui generis perchè interessava una titolare di impresa artigiana che operava a tempo pieno in qualità di pasticciera per sei giorni alla settimana e che aveva contratto una malattia che le impediva di svolgere l'attività di pasticciera. In questa situazione quindi era dubbia la possibilità di valutare se la titolare potesse svolgere altre attività, accessorie o amministrative, rispetto a quella manuale di pasticciera dato che per sua natura l'attività artigiana presuppone lo svolgimento di un lavoro anche di tipo manuale del titolare dell'impresa.

La decisione

La Corte d'Appello aveva risolto in termini negativi per la ricorrente la questione. I giudici di merito avevano stabilito che le infermità contratte dall'imprenditrice non riducevano la capacità lavorativa a meno di un terzo perché non erano di ostacolo a tutte quelle attività, anch'esse manuali, quali il ricevere ordinativi, disporre l'approvvigionamento, l'incassare ed il rispondere, al telefono attinenti in genere alla organizzazione dell'attività artigianale svolta. Nel caso sottoposto alla Corte l'attività artigianale comprendeva altre quattro persone e l'attività era proseguita senza aver risentito dell'invalidità della titolare con la cui attuale condizione era, dunque, compatibile. 

La Corte di Cassazione nel decidere la controversia ha sostanzialmente accolto la tesi della Corte d'Appello ribadendo che il criterio generale va considerato anche con riferimento alle attività artigiane essendo rilevante, appunto, la residua capacità lavorativa in occupazione confacenti alle proprie attitudini.

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