Sergey

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Mi occupo di diritto della previdenza e del lavoro. Mi sono laureato nel 1976 in Giurisprudenza alla Cattolica. Dal 1985 lavoro all'Inps.

Un impreditore edile di Bergamo ha preferito pagare gli stipendi agli operai piuttosto che gli oneri Inps.

Lo stato di crisi può escludere il reato di "evasione contributiva". E' quanto è successo a Giacomo C. titolare di una piccola impresa edile in provincia di Bergamo che era finito sotto processo perché, vista la scarsità delle risorse, aveva scelto di continuare a pagare gli stipendi ai propri operai e di non versare le relative ritenute previdenziali e assistenziali all'Inps. 

Il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Bergamo gli ha dato ragione osservando che la "perdita della retribuzione agli operai sarebbe stata molto più pesante rispetto all' omesso versamento degli oneri inps nella situazione attuale di crisi economica ed avrebbe causato un danno grave ed irreparabile per le loro famiglie".  È quanto si legge nelle motivazioni alla sentenza depositata lo scorso 15 febbraio. "Il fatto non costituisce reato perchè ricorrono gli estremi dello stato di necessità, quantomeno putativo".

In altri termini, secondo il giudice, l'imprenditore ha agito in buona fede ritenendo prioritario pensare allo stato di necessità dei suoi operai e delle loro famiglie. 
L'imprenditore era in una situazione di grave crisi di liquidità ed ha ommesso di versare contributi assistenziali e previdenziali su retribuzioni pari a circa 120mila euro tra il 2010 e il 2011.

Secondo il Gup l'imprenditore ha ritenuto "probabilmente per errore, che la spendita delle ormai scarne liquidità di cui disponeva per far fronte agli obblighi contributivi, avrebbe comportato per i lavoratori un pericolo attuale di danno grave e provocato il collasso di numerose questioni familiari. Cio' è sufficiente ad escludere il dolo".

Molti lavoratori colpiti dalla crisi e senza occupazione, optano per la prosecuzione volontaria della contribuzione per andare in pensione con le nuove regole.

Sono sempre di più i lavoratori che fanno ricorso alla prosecuzione volontaria dei contributi per andare in pensione con le regole Fornero. Colpiti dalla crisi, si tratta per lo piu' di soggetti senza lavoro a cui mancano 2 o 3 di contribuzione per raggiungere i nuovi requisiti per la pensione anticipata. Vediamo dunque, in breve, quali sono le caratteristiche principali e quali sono i requisiti per essere autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione. 

Prima di tutto vale la pena di ricordare che i versamenti volontari hanno una doppia valenza: sono utili infatti sia ai fini del perfezionamento dei requisiti di assicurazione e di contribuzione necessari per raggiungere il diritto alla prestazione pensionistica, che per incrementare l'importo del trattamento pensionistico a cui si avrebbe diritto qualora siano già stati perfezionati requisiti contributivi richiesti.

Come sempre l'autorizzazione ai volontari può essere concessa esclusivamente in caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato o autonomo.  In talune circostanze il rapporto di lavoro può però anche non essere interrotto. Si tratta di casi specifici, disciplinati dalla legge, in cui il lavoratore ha ottenuto un periodo di sospensione dal lavoro per brevi periodi di aspettativa non retribuita (ad esempio l'aspettativa per motivi di famiglia, i congedi per formazione o per gravi motivi familiari e le giornate di sciopero), oppure quando svolge attività lavorativa con contratto part-time. In questo caso però il versamento volontario può essere autorizzato solo a copertura ad integrazione dei periodi di attività lavorativa svolta ad orario ridotto. 

I Requisiti per la domanda - Tutti i lavoratori (dipendenti, autonomi e del pubblico impiego) possono ottenere l'autorizzazione alla prosecuzione volontaria della contribuzione quando siano stati versati almeno 5 anni di contributi effettivi riguardanti qualsiasi epoca lavorativa oppure, in alternativa, tre anni di contributi nei cinque antecedenti la domanda di autorizzazione. 
Diversi requisiti sono previsti per specifiche categorie di lavoratori: per i soggetti che svolgono dal 1997 in poi un lavoro a tempo parziale, devono essere presenti almeno un anno di contributi nei 5 anni antecedenti la domanda; stessi requisiti sono previsti per i dipendenti stagionali, in forma temporanea e discontinua, per i periodi successivi al 31 dicembre 1996 e non coperti da contributi obbligatori o figurativi. 

Per i coltivatori diretti, coloni e mezzadri sono invece necessari 279 contributi giornalieri (186 se donne e giovani) nei 5 anni antecedenti la domanda di autorizzazione. Piu' basso il requisito per i parasubordinati a cui è richiesto un anno di contribuzione versato nei 5 anni antecedenti la domanda di autorizzazione.

I requisiti contributivi devono essere perfezionati esclusivamente attraverso contribuzione effettiva (cioè obbligatoria e da riscatto) escludendo la contribuzione figurativa a qualsiasi titolo accreditata.

I periodi antecedenti alla domanda - Dal luglio 1997 è possibile coprire, attraverso contribuzione volontaria, anche i sei mesi antecedenti la data di presentazione della domanda purchè non sussistano cause ostative in tale semestre quali, ad esempio, la presenza di altra contribuzione, anche quella figurativa.

Il calcolo dell'onere - Il contributo settimanale viene calcolato per i lavoratori dipendenti sulla base delle ultime 52 settimane di contribuzione obbligatoria. Per gli autonomi, artigiani e commercianti il contributo viene calcolato sulla media dei redditi da impresa denunciati ai fini Irpef negli ultimi 36 mesi di contribuzione precedenti.

L'Inps ha stabilito i nuovi valori degli assegni famigliari per il 2014 con la circolare 29/2014. L'importo degli assegni erogati dai comuni in favore delle famiglie in condizioni economiche disagiate sale di circa l'uno per cento. Relativamente all'anno 2014 l'assegno mensile di maternità è pari a 334,50 euro, quello per il nucleo familiare vale 141 euro; i limiti ISEE, per il diritto alle prestazioni, vengono fissati rispettivamente in euro 35.257, per l'assegno di maternità, e in euro 25.385 per l'assegno al nucleo familiare.

L'assegno familiare - L'assegno familiare spetta ai nuclei famigliari italiani e comunitari su richiesta che deve essere presentata al Comune di residenza. Il trattamento viene concesso dall'ente locale e viene pagato materialmente dall'Inps. Per fruire dell'assegno devono essere soddisfatti due requesiti: nel nucleo familiare devono essere presenti almeno tre figli minori e il valore dell' indicatore della situazione economica familiare, cioè l'Ise, non deve superare i 25.384,91 euro (per l'anno 2014). L'importo che viene erogato mensilmente è pari a 141,02 euro e su base annua la prestazione è pari a 1.833,26 euro.

L'assegno di maternita' - L'assegno di maternità viene concesso alle donne cittadine italiane, comunitarie o straniere in possesso di carta di soggiorno per le nascite, gli affidamenti preadottivi e le adozioni senza affidamento. Per il 2014 l'assegno è pari a 1.691,05 euro cioè 338,21 euro al mese fruibile per 5 mensilità. Il beneficio va richiesto al Comune di residenza entro sei mesi dall'evento (cioè dalla nascita, dell'affidamento o dall'adozione) e spetta in misura intera qualora la madre non percepisca altre indennità di maternità obbligatoria. In caso contrario la madre ha diritto alla quota differenziale purché il nucleo familiare possegga un ISEE non superiore a 35.256,84 euro.

Lo sforzo è insufficiente. Secondo i magistrati contabili le risorse messe a disposizione dalla legge di stabilità 2014, approvata lo scorso dicembre dal governo Letta per tentare di ripianare il rosso in bilancio dell'Istituto previdenziale, non appaiono in grado di incidere sul deficit strutturale che l'Inps ha riportato sia nella gestione del lavoro pubblico sia di quello privato.

E' quanto hanno sostenuto questa settimana i rappresentanti della Corte dei Conti nel corso di un'audizione presso la Commissione parlamentare di controllo sugli enti previdenziali. Secondo gli esperti, le misure approvate nella legge di stabilità costituiscono "solo un alleggerimento del quadro ma non rappresentano la soluzione ai problemi economici dell'Istituto previdenziale".

L'Inps ha una situazione patrimoniale in forte peggioramento dopo l'incorporazione dell'Inpdap nel 2011. Quest'anno l'istituto previdenziale dovrebbe chiudere con un rosso di 4,5 miliardi di euro. A rendere insufficienti le misure approvate nella legge di stabilità, secondo i magistrati contabili, "sono i conti in profondo rosso della cassa dei dipendenti statali che continueranno a pesare gravemente sui bilanci dell'INPS per i prossimi anni nonostante il recente intervento abbia cancellato le passività accumulate dall'ex Inpdap per 25 miliardi di euro".

La sinistra Pd presenta un decalogo con le correzioni alla Riforma Fornero riguardante l'introduzione dei pensionamenti flessibili e maggiori tutele per i giovani.

L'area lavoro e welfare del Pd ha elaborato un decalogo per le pensioni promosso dall'ex ministro Cesare Damiano e dai deputati del Pd Maria Luisa gnecchi e Teresa Bellanova. Il Ddl è stato illustrato ieri alla Camera dei Deputati.

Il documento parte dal presupposto che la riforma Fornero del 2011 comporterà risparmi pari ad oltre 300 miliardi di euro a regime (cioè tra il 2020 e il 2060), una cifra pari al 15 per cento del debito pubblico italiano. Numeri che, secondo l'ex ministro del Lavoro Damiano, "non possono essere impegnati solo per fare cassa ma devono essere utilizzati piuttosto per correggere le tante criticità del sistema pensionistico attuale".

Tra i punti "caldi" affrontati c'è quello riservato alle nuove generazioni. Nel documento si evidenzia infatti che i giovani di oggi iniziano a lavorare in tarda età e molto spesso tramite attività precarie con bassi stipendi e discontinuità retributive piuttosto significative. Secondo Damiano "l'obiettivo è quello di garantire giovani un assegno pensionistico pari almeno al 60 per cento dello stipendio in quanto cifre minori, come si rischierebbe con la disciplina attuale, sarebbero inaccettabili per vivere la vecchiaia in modo dignitoso".

Per realizzare questa innovazione in favore delle nuove generazioni il decalogo individua diverse misure. In primo luogo quello di abbassare l'età di ingresso al lavoro sperimentando forme di alternanza scuola lavoro e percorsi professionalizzanti; garantendo inoltre un equo compenso per forme di impiego che non fanno capo ad un contratto nazionale; infine attraverso l'istituzione di una pensione di base a carico della fiscalità generale pari a 442 euro, cioè pari all'importo dell'assegno sociale, in aggiunta alla pensione contributiva maturata dal lavoratore. La pensione dovrebbe essere riconosciuta al compimento del 65° anno di età a condizione che siano presenti almeno 15 anni di contributi.

Pensionamenti Flessibili - Secondo la Gnecchi inoltre bisognerà introdurre maggiore flessibilità nel pensionamento. L'idea,  già discussa, viene ribadita nel Ddl per concedere penalizzazioni e premi per i lavoratori che si trovano tra i 62 e i 70 anni di età a condizione che abbiano almeno 35 anni di contributi e possono vantare un assegno pensionistico pari almeno ad una volta e mezzo la pensione sociale.

In pratica il documento prevede l'accesso alla pensione a 62 anni con una penalizzazione pari all'8 per cento, decurtazione che diminuisce progressivamente del 2% all'anno fino a 66 anni di età. A questa età la penalità sparisce. Inoltre per premiare coloro che restano al lavoro oltre 66 anni, con la medesima progressione,  l'assegno pensionistico viene rivalutato del 2% per ogni anno superiore ai 66 anni sino ad un massimo dell'8 per cento per coloro che escono dal mondo del lavoro all'età di 70 anni.

Il ddl prevede anche una modifica sulla pensione anticipata. La novità consentirebbe ai lavoratori che abbiano 41 anni di contributi (sia uomini che donne), di poter andare in pensione indipendentemente dall'età anagrafica e senza alcuna penalità.

Un'altra novità potrebbe interessare le pensioni d'oro. Il ddl propone infatti di fissare un tetto di 5.000 euro netti mensili, circa 90.000 euro lordi l'anno, senza considerare per il conseguimento di questa soglia le pensioni integrative e complementari ma solo i vitalizi individuando quindi un sistema che non incorra nellla censura della Corte Costituzionale.

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