Sergey

Sergey

Mi occupo di diritto della previdenza e del lavoro. Mi sono laureato nel 1976 in Giurisprudenza alla Cattolica. Dal 1985 lavoro all'Inps.

A causa della mancata adozione del relativo regolamento di armonizzazione il comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico mantiene i requisiti pensionistici previgenti alla Riforma del 2011.

Kamsin Il comparto difesa e sicurezza continua a beneficiare delle vecchie regole di pensionamento. Il decreto legge 201/2011, allo scopo di assicurare un processo di incremento dei requisiti minimi di accesso al pensionamento anche ai regimi per i quali erano previsti età diverse da quelle vigenti nell'assicurazione generale obbligatoria, aveva infatti stabilito che ciò avvenisse tramite un regolamento da emanare entro il 31 ottobre 2012, tenendo conto delle obiettive peculiarità ed esigenze dei settori di attività, nonché dei rispettivi ordinamenti.

Regolamento tuttavia che, ad oggi, non è stato ancora emesso per il comparto difesa e sicurezza. Da ciò deriva che nei confronti del personale appartenente a Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri, Polizia di Stato, Corpo forestale dello Stato, Polizia penitenziaria, Guardia di Finanza e Vigili del Fuoco continuano a trovare applicazione i requisiti vigenti fino al 31 dicembre 2011 a cui tuttavia, per effetto della riforma  devono essere adeguati con la speranza di vita (+3 mesi dal 2013) e continuano ad essere interessati dalla finestra mobile (almeno di 12 mesi) come recita il messaggio inps 545/2013.

La Pensione di Vecchiaia - Anche quest'anno dunque la pensione di vecchiaia per il comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico si perfeziona al raggiungimento dell'età anagrafica massima per la permanenza in servizio prescritta dai singoli ordinamenti variabile in funzione della qualifica del grado (nella maggior parte l'età della permanenza massima in carica si attesta a 60 anni e con alcune eccezioni sino a 65 anni) congiuntamente al requisito contributivo previsto per la generalità dei lavoratori, 20 anni di contributi.

Il requisito anagrafico non viene adeguato agli incrementi della speranza di vita nell'ipotesi in cui al compimento di detto limite di età risultino già soddisfatti i requisiti prescritti per il diritto a pensione (di anzianità). In caso contrario il requisito anagrafico previsto per l'accesso al pensionamento di vecchiaia deve essere incrementato di 3 mesi (per il periodo 2013-2015) ed il personale militare conseguirà la decorrenza del trattamento pensionistico trascorso il periodo di finestra mobile come fissato dall'articolo 12, commi 1 e 2 della legge 122/2010. 

Laddove la decorrenza della pensione non sia immediata, il dipendente sarà inoltre mantenuto in servizio fino all'accesso al trattamento pensionistico.

La pensione di anzianità - Per quanto riguarda la pensione di anzianità gli appartenenti al comparto in questione possono accedere al trattamento anticipato al perfezionamento dei seguenti requisiti: 

- raggiungimento di una anzianità contributiva di 40 anni e 3 mesi indipendentemente dall'età anagrafica;

 - raggiungimento di una anzianità contributiva non inferiore a 35 anni e con unità di almeno 57 anni e 3 mesi;

 - raggiungimento della massima anzianità contributiva corrispondente all'aliquota dell'80 per cento a condizione che essa sia stata perfezionata entro il 31 dicembre 2011 (attesa l'introduzione del contributivo pro rata dal primo gennaio 2012) ed in presenza di un età anagrafica di almeno 53 anni e 3 mesi.

 Anche per le pensioni di anzianità resta fermo il regime delle decorrenze stabilito dall'articolo 12 della legge 122/2010.

Coloro che accedono con il requisito dei 40 anni di contribuzione indipendentemente dall'età anagrafica (adeguato agli incrementi della speranza di vita a partire il primo gennaio 2013) scontano un ulteriore posticipo di un mese se i requisiti sono maturati nel 2012; di due mesi se sono maturati nel 2013; di 3 mesi se sono maturati a decorrere dal 2014 (ai sensi di quanto disposto dall'articolo 18 comma 22 ter del DL 98/2011).

Inoltre anche a queste categorie di lavoratori  dal 1° gennaio 2012  si applica la quota contributiva in relazione alle anzianità contributive maturate a decorrere da tale data, anche se al 31 dicembre 1995 potevano vantare almeno 18 anni di contributi e quindi rientravano in un sistema retributivo.

Ad agosto si chiude la possibilità per le lavoratrici con 57 anni di età e 35 di contributi di esercitare l'opzione per il calcolo contributivo. Ma si preannuncia una valanga di ricorsi.

Kamsin Per colpa di una restrizione dell'Inps migliaia di lavoratrici che fino ad oggi beneficiavano della legge Maroni del 2004 rischiano di dover rimandare la pensione di diversi anni.  Com'è noto, infatti l'articolo 1, comma 9 della legge 243/04 consente alle donne con 57 anni e 35 anni di anzianità (58 per le lavoratrici autonome) di andare in pensione entro il 2015 optando per il sistema di calcolo contributivo, con un assegno di pensione ridotto di circa il 25-30%. Possibilità che è stata confermata anche dalla Fornero nel 2011 rimanendo quindi l'unica vera alternativa per ottenere un anticipo sull'età pensionabile. 

Ma l'Inps ed il Ministero del Lavoro si sono messi subito di traverso con una interpretazione del tutto opinabile: per fruire del beneficio infatti, dice la Circolare Inps 35/2012, entro la data del 31.12.2015 deve essersi aperta la finestra mobile (12 mesi per le dipendenti, 18 per le autonome) a cui aggiungere anche la speranza di vita (3 mesi dal 2013). Una precisazione che nei fatti taglia fuori chi compirà i 57 anni da settembre di quest'anno (30 settembre per il pubblico impiego); mentre le autonome già sono state escluse da un pezzo per via di una finestra piu' lunga, pari a 18 mesi per l'appunto.

A nulla sono servite le pressioni del Parlamento per una modifica della Circolare, nè ad oggi si sono concretizzate le ipotesi di una estensione del regime sino al 2018 come paventate dal governo nelle settimane scorse. Quindi la tagliola è in procinto di scattare.

Il paradosso è tuttavia che il provvedimento dell'Inps rischia di essere illegittimo in quanto la legge istitutiva non menziona la finestra mobile. La legge si limita ad indicare solo che, alla data del 31.12.2015, siano perfezionati i requisiti.  Per questa ragione, se la norma non sarà rivista "d'ufficio" dall'Inps, i patronati minacciano di aprire centinaia di ricorsi già da settembre, quando le lavoratrici si vedranno respingere la domanda di pensione dall'istituto.

Riforma Pensioni, così le nuove regole dopo il Dl Madia

Riforma Pensioni, uno stop per ora alla proroga dell'opzione donnaZedde

La stagnazione del Pil rischia di far dimagrire gli assegni futuri. E' questo l'allarme lanciato dal dossier elaborato dall'ex coordinatore generale del servizio statistico attuariale dell'Istituto di previdenza sociale, Antonietta Mundo, rilanciato nei giorni scorsi dalle agenzie di stampa nazionali. Kamsin Con il nuovo sistema previdenziale, il rateo pensionistico è frutto dei contributi che ogni lavoratore accumula. I contributi versati sul conto assicurativo del lavoratore vengono infatti ogni anno rivalutati dall'Inps, attraverso un meccanismo simile ad un tasso di interesse. Il tasso di rivalutazione è pari alla crescita media del Pil nominale nei cinque anni precedenti, un valore che è praticamente uguale alla somma tra il Pil reale e l'inflazione. Nel contesto attuale, tuttavia, in cui il Pil decresce e l'inflazione è praticamente pari a zero (con il rischio di diventare deflazione), i contributi rivalutati versati all'Inps invece di aumentare diminuiscono.

Nel 1997 il tasso di rivalutazione dei contributi è stato del 5,5871 per cento. Nel 2012 si è scesi all'1,1344 per cento. Nel 2014, spiega il dossier, «si avrà un tasso di capitalizzazione di segno negativo stimato pari a 0,024 per cento».

Una simulazione sul tema è stata elaborata da Progetica, una delle principali società indipendenti di consulenza italiane sui temi previdenziali. In assenza di crescita la futura pensione, per esempio, di un trentenne di oggi potrebbe essere più leggera del 22 per cento. Se il Pil aumentasse in media del 2 per cento l'anno, il trentenne lavoratore dipendente quando a circa 67 anni lascerà il lavoro, incasserebbe una pensione pubblica pari al 71 per cento della sua ultima retribuzione.

Ma se la crescita del Pil fosse «zero», quella stessa pensione non supererebbe il 49 per cento dell'ultimo stipendio. Lo stesso, anche se in misura minore, sarebbe valido anche per un attuale cinquantenne che con una crescita zero si vedrebbe l'assegno ridotto dell'11 per cento rispetto ad una situazione in cui il Pil marciasse al ritmo del 2 per cento l'anno. Se non si ricomincia a crescere e se non arriva almeno un po' di inflazione insomma, i futuri pensionati rischiano di essere poveri.

Riforma Pensioni, governo al lavoro sulla legge di stabilità

Riforma Pensioni, scatta la stretta agli incarichi di consulenza nelle PaZedde

Si riprenderà, venerdì prossimo, con il primo Consiglio dei ministri dopo la pausa estiva.  All'ordine del giorno il governo affronterà la riforma della giustizia, lo "Sblocca Italia", un «provvedimento ambizioso per mobilitare 43 miliardi di risorse già disponibili e che si occuperà anche di efficienza energetica, reti digitali e semplificazioni burocratiche», e la riforma della scuola. Kamsin  Proprio il 29 Agosto Renzi dovrebbe indicare se e come risolvere l'annosa vicenda degli insegnanti pensionandi della cosiddetta "quota 96", un problema che viene trascinato da diversi mesi. Come anticipato da Pensioni Oggi è molto probabile che l'esecutivo rimanderà la soluzione della vicenda vera e propria ad un provvedimento da adottarsi successivamente, nel mese di settembre, o con la legge di stabilità (che dovrà essere presentata entro il 15 Ottobre al Parlamento).

E proprio alla legge di stabilità stanno lavorando i tecnici di Via XXSettembre.  Il sottosegretario alla Presidenza Graziano Delrio ha confermato che non vi sarà alcun prelievo forzoso sulle pensioni a regime retributivo che superino una certa soglia, così come ipotizzato dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. Al contrario, Délrio ha rilanciato il lavoro svolto in questi mesi sulla revisione qualitativa della spesa pubblica: «Non vogliamo più operare tagli lineari, perché ne avvertiamo l'ingiustizia di fondo. Troveremo le risorse necessarie attraverso un rigoroso taglio della spesa pubblica», utilizzando «il lavoro compiuto dal commissario Cottarelli», e «attraverso una decisa lotta contro la corruzione.

Dalle risorse che saranno messe a disposizione dipenderà del resto l'entità delle innovazioni sul capitolo previdenza: in pole position ci sono gli interventi per consentire un anticipo dell'età pensionabile per i lavoratori che hanno perso il lavoro a distanza di due o tre anni dall'assegno pensionistico. Poi si dovrebbe puntare alla reintroduzione della norma, saltata all'ultimo minuto dal Dl sulla Riforma della Pa, che cancella le penalizzazioni, sino al 2017, per coloro che maturano la pensione anticipata, sino alla deroga in favore dei quota 96 della scuola e ai benefici previdenziali per le vittime di atti terroristici. Misure costose su cui tuttavia c'è una ampia convergenza tra le forze politiche. 

Riforma Pensioni, ecco le novità con il Decreto sulla Pa

Pensioni Quota 96, controlla con Pensioni Oggi se sei tra i 4mila beneficiari

Delrio, escludo in maniera categorica un prelievo sulle pensioniZedde

Renzi ha smentito qualsiasi intervento sulle pensioni, come il prelievo sui trattamenti più pesanti. Ma a rischiare ora sono i trattamenti per le vedove e gli invalidi.

Kamsin Lo stop di Renzi ad un taglio delle pensioni d'oro e d'argento potrebbe mettere a rischio i trattamenti per in favore delle vedove e degli invalidi. Sul tavolo dei tecnici del Mef c'è infatti l'altro capitolo del Dossier Cottarelli, ufficialmente non ancora smentito dal Governo, che prevedeva un taglio della spesa assistenziale.

Nel mirino potrebbero esserci le indennità di accompagnamento, le pensioni di reversibilità e quelle di invalidità.  Nel piano della spending review del commissario Cottarelli, infatti, sotto la categoria «Riduzioni trasferimenti inefficienti», compaiono la «Prova reddito per indennità accompagno e Abusi pensioni di invalidità»: il risparmio previsto è per entrambi pari per il 2015 e il 2016 a 0,1 e 0,2 miliardi da entrambe le voci. Sotto la categoria «spese settori», compaiono invece sia la «Revisione pensioni di guerra (per un risparmio di 0,2 miliardi già nel 2014, e di 0,3 nel 2015 e 2016), sia le «Pensioni reversibilità» (nessun risparmio nel 2014 e 2015, ma con un rientro di 0,1 miliari nel 2016).

Complessivamente, quindi, si parla di un taglio alla spesa di 1,5 miliardi derivante da pensioni d'invalidità, indennità di accompagno, pensioni di guerra e reversibilità.

L'ipotesi allo studio è di agganciare l'indennità di accompagnamento e la reversibilità al reddito. Per l'accompagnamento l'ipotesi è di inserire un tetto massimo al reddito per poterne fruire: 30 mila euro individuali e 45 mila euro in caso di reddito familiare. Nel caso della reversibilità che costa circa 30 miliardi l'anno e interessa una platea di quasi 4 milioni di persone, si sta valutando di prendere in considerazione non solo il reddito da pensione ma anche la ricchezza del soggetto beneficiario. Ovvero peserebbero anche le proprietà immobiliari. Poi l'ennesimo giro di vite sui trattamenti di invalidità intensificando i controlli per scovare gli illeciti. Dulcis in fundo una nuova deindicizzazione delle pensioni dopo che Letta aveva tolto il blocco in modo totale fino a tre volte il minimo e poi misura decrescente. Il risparmio sarebbe pari a 600 milioni nel 2015 e di 1,5 miliardi nel 2016.

Anche su questo fronte ci si aspetta pertanto una smentita da parte del Governo. Se non ci sarà alcun taglio alle pensioni d'oro e d'argento questo non potrà avvenire in danno alle prestazioni assistenziali.
 
Zedde

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