No alla pensione di vecchiaia con 15 anni di contributi per la lavoratrice a domicilio

Vittorio Spinelli Lunedì, 16 Luglio 2018
La Corte di Cassazione respinge il ricorso una pensionata lavoratrice a domicilio che invocava l'uscita con 15 anni di contributi in virtu' della Legge Amato.
Continuano le sentenze negative nei confronti dei lavoratori che mirano ad ottenere la pensione di vecchiaia con 15 anni di contributi. Questa volta a vedersi respinta la domanda di pensione è stata una lavoratrice a domicilio che aveva maturato una contribuzione inferiore a 52 settimane l'anno per almeno 10 anni.

La lavoratrice aveva proposto domanda per la pensione di vecchiaia invocando la deroga prevista dall'art. 2, comma 3, lett. b) del D.Lgs. n. 503 del 1992 che, come noto, ai soggetti per i lavoratori subordinati che possono far valere un'anzianità assicurativa di almeno venticinque anni, occupati per almeno dieci anni per periodi di durata inferiore a 52 settimane nell'anno solare, di ottenere il trattamento di quiescenza con una anzianità contributiva minima di 15 anni anzichè 20 come richiesto dalla Riforma Amato.

La Corte di Cassazione con la Sentenza numero 18462 del 12 Luglio 2018 ha tuttavia respinto la tesi della pensionata indicando che l'ipotesi derogatoria pocanzi citata non è applicabile al caso concreto. La ricorrente, infatti, era risultata assicurata nel periodo in questione per l'intero anno solare (per un contratto a tempo indeterminato in qualità di lavoratrice a domicilio) ma a causa della bassa retribuzione aveva subito la contrazione del periodo ai fini pensionistici in misura inferiore all'anno solare. I giudici hanno ribadito che al pari di quanto già emerso in diverse recenti pronunce della giurisprudenza di legittimità e costituzionale (cfr: Corte Cost. 203/2014) la disposizione di cui all'art. 2, comma 3, lett. b) del D.Lgs. n. 503 del 1992 non è suscettibile di applicazione analogica, né di interpretazione estensiva e non trova, pertanto, applicazione per i lavoratori che risultino assicurati per l'intero anno solare.

La Corte ha del resto già indicato che la disposizione non è applicabile, ad esempio, ai lavoratori in regime di part-time, ai lavoratori domestici e familiari che hanno subito una riduzione dell'anzianità contributiva per aver lavorato con orario inferiore alle ventiquattro ore settimanali. Mentre può essere invocata da quei soggetti che hanno lavorato con contratto a tempo determinato per periodi inferiori l'anno solare (ad esempio gli stagionali) oppure dai lavoratori del settore agricolo che per loro natura spesso hanno contratti di lavoro rinnovati per periodi inferiori inferiori alle 52 settimane l'anno.

I giudici ribadiscono che tale distinzione non risulta in contrasto "con il canone di ragionevolezza, atteso il consolidato insegnamento della giurisprudenza costituzionale e di legittimità secondo cui la determinazione dei tempi, dei modi e della misura delle prestazioni sociali, salvo il limite della ragionevolezza, è comunque rimessa alla discrezionalità del legislatore che può sempre intervenire, con leggi peggiorative, persino su trattamenti pensionistici in corso di erogazione".

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