Pensioni, Confusione del Governo su Opzione Donna

Martedì, 06 Dicembre 2022
Più passa il tempo più si ingarbuglia una questione di facile soluzione. Il testo della legge di bilancio si dimostra confuso per quanto concerne l'aspetto previdenziale.

La Premier Meloni in occasione del discorso programmatico alla Camera aveva affermato che per mancanza di tempo e soprattutto di risorse per quest’anno si sarebbero solamente rinnovati gli istituti in scadenza concentrando il grosso della riforma all’anno 2023, ma quanto affermato nella sede istituzionale più prestigiosa è stato completamente disatteso. Dei tre istituti in scadenza alla fine del 2022 vale a dire Ape Sociale, Opzione Donna e “Quota 102” solamente il primo verrà confermato nella sua interezza mentre gli altri due in particolare Opzione Donna sarà completamente stravolta.

La “Quota 102” in scadenza (38 anni di contributi sommati a 64 anni di età) viene portata a ”Quota 103” (41 anni di contributi + 62 anni di età) peggiorando la situazione preesistente ed istituendo anche il paletto che la rendita non potrà superare la soglia di cinque volte il trattamento minimo (circa 2.100 € netti al mese) sino al raggiungimento di 67 anni di età ed inoltre viene mantenuta al pari di “Quota 100” e “Quota 102” l’impossibilità di ricevere compensi a parte i 5.000 € annui da lavoro autonomo occasionale fino al raggiungimento della pensione di vecchiaia.

Ma il “capolavoro” è stato fatto con Opzione Donna dove l’Esecutivo si è trovato da subito in grande confusione, in quanto le prime bozze pubblicate in rete del ddl bilancio riguardo ad Opzione Donna risultavano in bianco. Dopo diversi imbarazzi di politici della maggioranza e promesse di dietro front finalmente il testo “bollinato” è stato inviato alle Camere e si è visto come le indiscrezioni che filtravano dalle testate giornalistiche erano, purtroppo, confermate. Il pensionamento sarà possibile solamente alle donne che entro il 31 dicembre 2022 avranno maturato un’anzianità contributiva di almeno 35 anni e un’età anagrafica di sessanta anni, ridotta di un anno per ogni figlio fino ad un massimo di due, e che assistano un convivente con handicap grave da almeno sei mesi, oppure siano loro stesse dichiarate invalide almeno al 74% o ancora siano state licenziate o siano dipendenti da imprese dichiarate in stato di crisi (qui i dettagli).

In pratica quella che era un’opzione di libera scelta che una donna può o meno fare anche rinunciando ad una cospicua parte economica, relegherebbe l’istituto limitandolo solo a categorie svantaggiate. Per ridurre il potenziale numero delle beneficiarie e risparmiare sull’immediato qualche decina di milioni di euro, si stravolge una norma che è stata una battaglia conquistata a prezzo altissimo dalle donne.

Ricordiamo sempre che lo Stato all’inizio per qualche anno ha un costo maggiore perché anticipa il trattamento previdenziale ma successivamente, poiché le donne che usufruiscono di tale istituto devono accettare un calcolo effettuato interamente col calcolo contributivo con perdite di circa il 25% per tutta la durata dell’esistenza, l’Erario negli anni ne trae un beneficio economico consistente. Ora l’Esecutivo probabilmente cercherà di proporre nuove modifiche magari concedendo una proroga alle condizioni attuali per altri 6-8 mesi, ma indubbiamente la frattura che si è creata tra istituzioni e cittadini abbisognerà di tempo per essere sanata. Il Governo vista la situazione economica molto difficile avrebbe fatto meglio a metterci la faccia venendo in TV e affermando che in ambito previdenziale sarebbero stati rinnovati senza modifiche solamente gli istituti in scadenza rimandando la riforma previdenziale al prossimo anno evitando confusione ed insicurezze nella vita dei cittadini italiani che da sempre richiedono chiarezza e serietà.

© 2022 Digit Italia Srl - Partita IVA/C.f. 12640411000. Tutti i diritti riservati