Pensioni

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La presenza di contribuzioni accreditate in diverse gestioni previdenziali comporta la valutazione delle scelte da effettuare. Gli interessati possono scegliere anche il cumulo contributivo per accedere alla pensione di vecchiaia.

Kamsin Com'è noto, dal 2013, i lavoratori che hanno spezzoni contributivi in diverse gestioni previdenziali hanno tre strade alternative per valorizzarli al fine di anticipare l'uscita. Si tratta di una piccola verifica sulla propria storia contributiva che dovrebbe essere fatta da chiunque abbia avuto una carriera discontinua nell'arco della propria vita lavorativa. Parliamo della totalizzazione, della ricongiunzione e del cumulo dei contributi.

Con la totalizzazione l’assicurato che possiede più periodi contributivi accreditati in gestioni diverse, può unificarli per ottenere una pensione unica; mentre la ricongiunzione "sposta" in via onerosa i periodi assicurativi nella gestione che metterà in pagamento la pensione. La totalizzazione, a differenza della ricongiunzione invece è gratis e consente l’unificazione dei periodi assicurativi con l’erogazione di una prestazione unica pro quota derivante dalla somma dei trattamenti di competenza di ciascun ente previdenziale.

Riflessi diversi anche per quanto riguarda l'importo della prestazione. Infatti la pensione derivante dalla totalizzazione sarà in genere calcolata con il sistema contributivo (a meno che non sia stato maturato un diritto autonomo in una delle gestioni interessate), mentre la pensione frutto della ricongiunzione sarà piu' elevata perchè basata su una quota calcolata con il sistema retributivo, e dunque piu' conveniente per tutti coloro che hanno iniziato a lavorare prima del 1996.

Con la totalizzazione inoltre il lavoratore dovrà raggiungere dei requisiti ben precisi: o 40 anni e 3 mesi di contributi per la prestazione anticipata (a cui sommare una finestra mobile di 21 mesi) o 65 anni e 3 mesi per la vecchiaia (a cui aggiungere una finestra mobile di 18 mesi). Però, con la Riforma Fornero, non è più richiesto il requisito di almeno 3 anni di contributi accreditati in ciascuna delle gestoni interessate.

Oltre a questi due istituti, per così dire "tradizionali", la legge di stabilità 2013 (legge numero 228/12) ha introdotto il cumulo dei contributi. Si tratta di un istituto che consente di mantenere le regole di calcolo del sistema misto, tuttavia in questo caso la prestazione sarà erogata solo al compimento dell'età per la vecchiaia (cioè 66 anni e 3 mesi per gli uomini; 63 anni e 9 mesi le lavoratrici dipendenti del settore privato e 64 anni e 9 mesi le autonome). 

Il cumulo in pratica ha gli stessi vantaggi della totalizzazione, in quanto è gratuito, e unisce quelli della ricongiunzione, ossia fonda il calcolo della pensione su di una quota retributiva che può essere più o meno ampia a seconda che l’anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 fosse superiore o inferiore a 18 anni. Il cumulo permette quindi di arrivare alla quota minima di 20 anni di anzianità sommando le contribuzioni accreditate in gestioni diverse; l'età anagrafica per la prestazione è invece quella fissata dalla Riforma Fornero per la pensione di vecchiaia e che è pari, in linea generale a 66 anni e 3 mesi per gli uomini. 

L'istituto del cumulo dei contributi tuttavia non è attivabile dai lavoratori iscritti alle casse professionali che quindi dovranno ricorrere alla totalizzazione o alla ricongiunzione per unificare contributi presenti in piu' gestioni.

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L'esecutivo deve presentare un proprio progetto di intervento per rendere piu' flessibile l'età pensionabile. Soprattutto in vista del prossimo scatto dell'aspettativa di vita che dal 2016 chiederà a tutti di restare sul lavoro per 4 mesi in piu'.

Kamsin Tante proposte ma pochi fatti. Si può riassumere così lo stato dell'arte all'indomani delle varie aperture del Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti e del Neo-presidente dell'Inps Tito Boeri.  Il ministro del Lavoro, Giuliano Paletti, lo va ripetendo da giorni e la scorsa settimana lo ha ri-confermato. Un intervento sulle pensioni è all'ordine del giorno del Governo e verrà deciso con la prossima legge di stabilità. Ma non è chiaro come si interverrà: "è necessario fare prima un lavoro preliminare di studio, per poi arrivare a delle scelte, in un quadro di tenuta dei conti" ha detto Poletti

Il nodo è sempre quello di una nuova forma di flessibilità in uscita capace di risolvere strutturalmente le situazioni di marginalità (disoccupati a pochi anni dalla pensione con ammortizzatori esauriti) senza modificare i requisiti attuali. «Dobbiamo - partire - ha detto Poletti dalle situazioni più difficili e socialmente più delicate, da specifiche condizioni come chi perde il lavoro e, nonostante gli ammortizzatori sociali, non riesce a maturare i requisiti per la pensione».

Il ministro nei giorni scorsi aveva più volte fatto riferimento all'ipotesi del "prestito pensionistico" che era stato messo a punto dal suo predecessore, Enrico Giovannini. Si tratterebbe, in questo caso, della possibilità di far scattare un anticipo temporaneo dell'assegno pensionistico (fino a 750-800 euro al mese) a chi si trovasse a due o tre anni dalla maturazione dei requisiti per la vecchiaia. E una volta in pensione ci sarà la restituzione dell'anticipo con microprelievi sull'assegno Inps. Su questa misura sono state anche fatte simulazioni che risalgono a diversi mesi fa e dalle qualirisulterebbero oneri per meno di un miliardo tra il 2015 e il 2024.

L'ipotesi però non piace ai sindacati e alla minoranza dem. Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera dei Deputati ha accusato che in questo modo si farebbe l'elemosina a persone che hanno versato contributi per quasi 40 anni e che meritano al contrario l'assegno pieno, qullo ingiustamente "scippato dalla legge Fornero".

Molto piu' equilibrate quindi le proposte di flessibilità in uscita sostenute dai Dem di cui proprio Damiano è stato apripista. Il partito democratico sostiene le uscite a partire da 62 anni e 35 di contributi con una decurtazione massima dell'8%, oppure la quota 100 (magari abbinata ad un meccanismo di penalità simile). Le due proposte (si vedano le tabelle) potrebbero mettere sostanzialmente d'accordo i sindacati (che chiedono però l'eliminazione delle decurtazioni) anche se necessitano di coperture finanziarie assai più ampie rispetto al prestito previdenziale.

Suscita minori consensi la proposta di estendere l'opzione contributiva a tutti i lavoratori con calcolo interamente contributivo. I rilievi si elevano dalla constatazione che in questo modo non sarebbe riconosciuta alcuna gradualità nel pensionamento: ai lavoratori verrebbe data la possibilità di uscire con requisiti anticipati (57 anni e 35 di contributi se si prorogasse il regime sperimentale attuale previsto dall'articolo 1, comma 9 della legge 243/04) accettando un taglio secco dell'assegno che può tranquillamente superare il 30%. Al massimo, sottolineano gli addetti ai lavori, tale opzione dovrebbe essere abbinata ad una delle proposte sopra esposte.

Si vedrà quali saranno le decisioni. Per ora il prossimo step è l'avvio di un confronto con i sindacati: Poletti si è detto pronto a ricevere nei prossimi giorni Cgil-Cisl e Uil sia per riflettere sulle possibili soluzioni per la flessibilità in uscita, sia per avviare il confronto sulla nuova governance da adottare per Inps e Inail.

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"Il governo ha accolto come raccomandazione un nostro Odg che chiede l'estensione dell'opzione donna sino al 31 dicembre 2016 ". E' quanto afferma una nota diffusa dalla deputata Chiara Gagnarli (M5S) promotrice della richiesta presentata in occasione della conversione in legge del milleproroghe 2015. Kamsin Il documento, che non ha alcun valore normativo, chiede al Governo di valutare l'opportunità di prorogare al 31 dicembre 2016 tale diritto, "inserendo tra i beneficiari le lavoratrici i cui requisiti anagrafici e contributivi, ai fini dell'accesso al regime pensionistico, maturano entro e non oltre il suddetto termine del 31 dicembre 2016, e per le quali viene pertanto esclusa l'applicazione della disciplina in materia di decorrenze del trattamento pensionistico di cui all'articolo 12 del decreto-legge n. 78 del 2010, e della disciplina dell'adeguamento dei requisiti di accesso alla pensione agli incrementi della speranza di vita di cui alla legge 15 luglio 2011".

Il M5S denuncia tuttavia come la maggioranza abbia fatto "orecchie da mercante" alle richieste provenienti dai gruppi di opposizione avendo bocciato la medesima misura presentata sottoforma di emendamento al decreto legge. "Ci auguriamo che l'esecutivo torni sui suoi passi estendendo la possibilità per le lavoratrici di andare in pensione con 57 anni e 35 di contributi anche oltre il 2015."

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Presentata al Ministro del Lavoro Giuliano Poletti un'interrogazione a risposta scritta sul fenomeno della sottodimensione del plafond di 1800 posti destinato ai lavoratori in congedo nel 2011 ai sensi della legge 104/1992.

Kamsin La questione della sottostima dei posti riservati dalla legge 147/2014 in favore dei lavoratori che nel corso del 2011 hanno fruito dei permessi e dei congedi ex legge 104/1992 per assistere un familiare con disabilità arriva alla Camera. Piergiorio Carrescia (Pd) ha presentato lo scorso 25 Febbraio una interrogazione a risposta scritta al Ministro del Lavoro Giuliano Poletti per conoscere lo stato dell'arte e per comprendere come il governo intenda risolvere la vicenda suggerendo, in particolare, l'attivazione dei cd. vasi comunicanti (articolo 1, comma 193 della legge 137/2013).

La questione parte da lontano. I 2500 posti relativi a questo profilo con la quarta salvaguardia si sono infatti rivelati insufficienti ad accogliere le quasi 5mila domande pervenute. L'inps pertanto ha potuto accogliere solo le domande di coloro che maturavano un diritto a pensione entro il 31 Ottobre 2012. Le domande in eccedenza sono transitate dunque nella sesta salvaguardia il cui plafond (1800 posti) è tuttavia di nuovo insufficiente ad accogliere i reduci della quarta e i nuovi lavoratori che hanno fatto istanza per la sesta. 

Il testo dell'interrogazione. Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali .Per sapere – premesso che: il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 ha fatto sorgere il fenomeno degli «esodati», lavoratori che si sono trovati senza lavoro e senza possibilità di fruire del trattamento pensionistico; l'articolo 24, comma 14, del suddetto decreto-legge ha previsto deroghe in base alle quali, si sono applicati i previgenti requisiti pensionistici a circa 65.000 soggetti (prima salvaguardia);

successivamente sono stati approvati altri quattro provvedimenti relativi alle cosiddette salvaguardie;

dalla 4a salvaguardia, sono rimasti esclusi, per superamento del plafond disponibile, circa 2.500 posizioni e cioè tutti coloro i quali avevano raggiunto i requisiti previdenziali tra il 1° novembre 2012 e il 31 dicembre 2013;

nell'ottobre 2014 quando i numeri degli aventi diritto sono stati resi noti, gli interessati hanno chiesto, in varie sedi, il motivo dell'errata considerazione numerica all'interno della 4a salvaguardia;

l'ipotesi solutiva era stata individuata nell'applicazione del principio dei «vasi comunicanti» (legge 147 del 2013, articolo 1 comma 193), come avvenuto già in altre salvaguardie;

è stata poi approvata la 6a salvaguardia, recuperando i 4.000 posti eccedenti all'interno della 4a senza però di fatto tener fede all'obiettivo di non escludere nessuno dalla salvaguardia;

a molti del 2.344 interessati rimasti esclusi era stata ventilata l'ipotesi che sarebbero stati in testa alla graduatoria degli aventi diritto della 6a salvaguardia e che le relative certificazioni sarebbero state inviate dopo il 5 gennaio 2015;

in realtà sono arrivate le prime certificazioni per gli esclusi della 4a salvaguardia ma con una dilatazione dei tempi tale che ormai diversi interessati sono prossimi alla maturazione dei requisiti della legge Fornero;

alle giuste rimostranze ancora una volta hanno fatto riscontro dichiarazioni di esponenti del Governo che sarebbe stata data piena tutela a tutti; da più parti si paventa però che coloro che hanno maturato il diritto prima degli esclusi della 4a salvaguardia li precederanno in graduatoria; non vi sarebbero certezze sui tempi di inoltro delle certificazioni;

non sarebbe confermato che coloro che hanno rinunciato alla salvaguardia, per raggiunti limiti pensionistici, saranno eliminati dalla graduatoria della 6a salvaguardia; resta incomprensibile come si riescano a coprire i 2.344 posti degli esclusi della 4a salvaguardia con i soli 1.800 posti della 6a Salvaguardia –:

se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti e come e in che tempi intenda dare soluzione al problema segnalato evitando, anche con una circolare esplicativa, il ripetersi per gli interessati alla 6a salvaguardia di quanto accaduto con la 4a salvaguardia. (4-08138)

Finirà davanti al Tar del Lazio, con una class action il nodo dell'«opzione donna». Si tratta della possibilità concessa dalla legge 243 del 2004 per le donne con almeno 57 anni d'età e 35 anni di contributi di andare in pensione ma con l'assegno calcolato con il sistema contributivo.

Kamsin Si chiuderà il 15 marzo la raccolta delle adesioni alla class action promossa dal Comitato 'opzione donna'. Nè da notizia la stessa Dianella Maroni, promotrice del Comitato, che si sta battendo per consentire alle lavoratrici che maturano i 57 anni (58 le autonome) e 35 anni di contributi entro il 31 dicembre 2015 di accedere alla pensione optando per il sistema di calcolo contributivo (articolo 1, comma 9 della legge 243/04).

L'obiettivo del Comitato è incardinare il ricorso al Tar del Lazio entro il 31 Marzo e ottenere la fissazione della prima udienza tra il 30 giugno ed il 30 luglio. Sino a tale data le lavoratrici che non hanno ancora aderito all'azione potranno comunque farlo presentando un autonomo atto di intervento. La decisione del tribunale amministrativo, dicono le promotrici, potrebbe arrivare già entro l'estate, salvo imprevisti. Le adesioni sono possibili tramite la pagina facebook del Comitato.

I legali impugneranno le Circolari Inps 35 e 37 del 14 Marzo 2012 che hanno occultamente accorciato di oltre un anno la possibilità di fruire dell'opzione donna per via dell'applicazione della finestra mobile e della speranza di vita.

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Quest'anno sono andate via le penalizzazioni per coloro che maturano i requisiti contributivi utili per la pensione anticipata (42 anni e mezzo di contributi per gli uomini e 41 anni e mezzo per le donne). Dal 2016 scatta l'adeguamento alla speranza di vita Istat.

Kamsin Anno di transizione per le pensioni. L'ingresso nel 2015 non ha portato sostanziali cambiamenti rispetto al 2014 se non la parola fine al meccanismo della penalizzazione: chi raggiungerà la massima anzianità contributiva (41 anni e mezzo le donne e 42 anni e mezzo gli uomini) nel 2015 non subirà la decurtazione dell'1-2% sulle quote retributive dell'assegno.

Ma orientarsi tra riforme e norme non è facile. Ecco dunque la mappa ragionata, elaborata da PensioniOggi.it con il Patronato Inca, che riassume le modalità per l'accesso alle prestazioni previdenziali di vecchiaia e anticipate nell'Ago e nei fondi sostitutivi, integrativi, esclusivi della stessa suddivise per ciascun comparto lavorativo. 

Requisiti generali. Come si evince dalla tabella i lavoratori (dipendenti o autonomi) hanno la possibilità di andare in pensione nel 2015 o con 42 anni e mezzo di contributi indipendentemente dall'età anagrafica oppure con 66 anni e 3 mesi di età e 20 di contributi (pensione di vecchiaia). Le lavoratrici possono accedere alla pensione anticipata con 41 anni e 6 mesi di contributi oppure alla pensione di vecchiaia con 66 anni e 3 mesi se dipendenti pubbliche, 63 anni e 9 mesi se dipendenti del settore privato e 64 anni e 9 mesi se autonome o parasubordinate. Per la prestazione di vecchiaia servono 20 anni di contributi (che scendono a 15 ove si possano attivare le deroghe amato: vedi quindicenni).

Opzione per il contributivo. Tutta da giocare, invece, la partita sull'opzione donna, cioè l'uscita anticipata per le lavoratrici con il sistema di calcolo contributivo a 57 anni e 3 mesi di età e 35 di contributi. L'opzione scade il 31 Dicembre 2015 ma l'Inps con un cavillo ha indicato che i requisiti anagrafici e contributivi sopra esposti devono essere raggiunti con un anno di anticipo, nel 2014. Sulla questione ci sarà a breve un ricorso presso il Tar del Lazio.

Usuranti. Ancora requisiti diversi sono riconosciuti per i lavori usuranti ai quali il Dlgs 67/2011 consente l'uscita con il vecchio sistema delle quote, piu' agevole rispetto al regime Fornero. Nel 2015 sono richiesti 61 anni e 3 mesi ed il quorum 97,3 con almeno 35 anni di contributi. In questo regime tuttavia è in vigore la finestra mobile e dunque bisogna mettere in conto uno slittamento di almeno un anno nella percezione dell'assegno. Stesso requisiti mantengono i lavoratori salvaguardati o presunti tali (cioè coloro che hanno fatto domanda per essere inclusi tra i 170mila beneficiari delle regole ante-fornero).

Armonizzazioni. Diversi comparti mantengono requisiti previdenziali diversi da quelli vigenti nell'AGO: si pensi agli autoferrotranvieri, ai minatori, ai lavoratori marittimi, ad alcune categorie di lavoratori iscritti all'ex-enpals, ai lavoratori con una invalidità di almeno l'80%. A costoro l'ordinamento riconosce anche nel 2015 la possibilità di accedere alla pensione di vecchiaia con un anticipo di 5 anni circa rispetto a quello vigente nell'AGO.

La stima di vita. Dal 2016 tutti i requisiti saranno adeguati alla speranza di vita Istat e quindi subiranno un incremento di 4 mesi. Per tenere sott'occhio tutte le ultime novità pensionioggi.it ha messo a disposizione gratuita dei lettori il pensionometro per verificare la prima data utile per accedere alla pensione.

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Zedde

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