Pensioni

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Boeri avvia lo studio di un'operazione per garantire un reddito minimo a chi ha perso il lavoro tra i 55 e i 65 anni. A giugno la proposta dell'Istituto di Previdenza. 

Kamsin Garantire una sorta di «reddito minimo» per quanti perdono il lavoro nella fascia ricompresa tra i 55 e i 65 anni. È questa la flessibilità sostenibile a cui pensa il presidente dell'Inps Tito Boeri che ha in cantiere una riforma previdenziale col doppio obiettivo di aiutare i lavoratori in difficoltà causa crisi, e rendere più flessibile l'accesso alla pensione.

Sul primo fronte Boeri vorrebbe introdurre un ammortizzatore sociale che tuteli chi è rimasto senza lavoro a partire dai 55 anni e che abbia un reddito basso, ancorato a specifiche soglie Isee (similmente a quanto avviene con l'Asdi, il nuovo ammortizzatore sociale introdotto dal Jobs Act). Questo "reddito minimo" potrebbe essere finanziato con un prelievo sulle pensioni più alte, ottenute in passato con criteri più vantaggiosi del calcolo retributivo o misto. Un contributo di solidarietà da cui, sostiene Boeri, si potrebbero racimolare 1,5 miliardi. Sul taglio degli assegni Boeri ricorda del resto che "al di sopra di un certo importo è necessario intervenire, anche se non è mai bello". La proposta del neo presidente dell'Inps, che sarà messa nero su bianco entro giugno, vorrebbe quindi tosare gli assegni dei pensionati piu' "ricchi" a dispetto dei contributi effettivamente versati.

Altro capitolo è la flessibilità in uscita, su cui sta lavorando la Commissione Lavoro della Camera. L'opzione più gettonata è consentire l'accesso anticipato alla pensione di 4 anni rispetto alla soglia standard (66 anni e 7 mesi nel 2016) ma rinunciando a parte dell'assegno: il ddl Damiano prevede un abbattimento del 2% l'anno fino a un massimo dell'8%. Ma al governo potrebbe non bastare, anche perché deve negoziare con Bruxelles. Specifiche misure, poi, dovrebbero rivedere l'età pensionabile delle lavoratrici che, in assenza di correttivi, schizzerà dagli attuali 63 anni e 9 mesi a 65 anni e 7 mesi dal 2016 e a 66 anni anni e 7 mesi dal 2018. Un incremento troppo ripido sul quale crescono le pressioni per una revisione. 

Secondo Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera, l'ipotesi tuttavia di "tosare" gli assegni in essere liquidati con il retributivo «può essere pericolosa». Per Damiano sarebbe preferibile «affrontare per prima cosa i privilegi di chi ha goduto di contribuzioni più basse e regole più generose di anticipo pensionistico». Come i dirigenti, andati in quiescenza con l'80% della retribuzione e soli 30 anni di contributi. «Partiamo da qui, se non vogliamo colpire i soliti noti che hanno dato già più del dovuto», sostiene Damiano.

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La discussione di Riforma del sistema previdenziale si arricchisce dell'idea lanciata dal leader di Pin, Armando Siri fatta propria, secondo quanto si apprende dai giornali, dal leader della Lega Nord, Matteo Salvini.

Kamsin Una pensione con 35 anni di contributi e di un importo fisso di 800 euro al mese per 14 mensilità. Che diventano mille euro al perfezionamento di 40 anni di contributi. E senza alcun vincolo di età anagrafica. Dopo la Flat Tax nel programma economico di Matteo Salvini entra la riforma previdenziale che il Leader leghista prende in prestito da Armando Siri, leader del Partito Italia Nuova.

La proposta. Siri si rivolge soprattutto ai giovani, cioè coloro che hanno iniziato a versare successivamente al 31 dicembre 1995 e che pertanto si ritrovano nel contributivo puro con la prospettiva di percepire assegni molto modesti una volta in pensione. La proposta riguarda infatti tutti i neo lavoratori e coloro che hanno meno di 10 anni di anzianità di servizio i quali potranno ottenere una pensione con 35 anni di contributi, indipendentemente dall'età anagrafica, di un importo standard di 800 euro al mese (per 14 mensilità). E con 40 anni di contributi la prestazione salirebbe a mille euro al mese per un totale di 14mila euro annui. Inoltre, qualora l'assegno sia pari ad 800 euro, il lavoratore lo potrà sempre integrare con i volontari per raggiungere il minimo di mille euro. 

Sarebbero ammessi al nuovo sistema anche i lavoratori che hanno fino a 25 anni di anzianità contributiva a condizione che la loro aspettativa di pensione sia superiore ai mille euro al mese; in questo caso otterranno un rimborso una tantum rateizzato in tre anni per recuperare la differenza.

Minor peso fiscale per i datori. L'obiettivo della proposta, secondo Siri, è mettere piu' soldi in busta paga e garantire una prestazione standard per tutti i lavoratori, sia autonomi che dipendenti. Il tetto di contributi a carico del datore infatti non potrà superare i 5mila euro all'anno; la restante parte sarà a carico del lavoratore che dovrebbe pagare un'aliquota del 10% della retribuzione media annuale sino ad un massimo complessivo di versamenti pari a 7.500 euro l'anno. Il lavoratore che al momento in base alla sua retribuzione versa contributi superiori a 7500 euro annui riceverà questa differenza in busta paga. In questo modo, con 40 anni, si potrebbe accumulare un montante di 300mila euro (si veda la grafica in basso).

"Ci saranno più soldi durante la vita lavorativa - spiega Siri - eventualmente disponibili per forme di previdenza integrative - e poi tutti avranno una pensione uguale e dignitosa con il raggiungimento del periodo contributivo. "Il principio è lo stesso della Flat Tax. Tutti percepiranno la stessa pensione, indipendentemente dal reddito. Oggi - spiega ancora Siri - più un lavoratore guadagna, più aumenta il costo del lavoro per il datore, che paga maggiori contributi pensionistici. Con questa riforma, invece, il datore di lavoro pagherà 5mila euro l’anno per ciascun lavoratore indipendentemente dal suo reddito. Oggi il versamento dei contributi è obbligatorio per evitare che lo Stato debba sostenere costi sociali eccessivi.

La riforma mira a minimizzare i costi sociali: sempre meno persone, infatti, scelgono di non lavorare, le casalinghe sono in dimunizione. In sintesi, il costo previdenziale diventa uguale per tutti, il datore di lavoro, grazie al combinato con la Flat Tax, risparmierà sul costo del lavoro e ogni lavoratore avrà una busta paga più consistente nella certezza che, quando andrà in pensione, lo Stato garantirà a tutti una somma dignitosa per vivere".

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Attesa la risposta del Ministro del Lavoro Giuliano Poletti sulla possibilità di ammettere alla depenalizzazione gli assegni pensionistici liquidati con la decurtazione tra il 2013 ed il 2014.

Kamsin Si svolgerà venerdì l'interrogazione in Commissione Lavoro alla Camera presentata dall'Onorevole Prataviera (Ln) al Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, riguardante l'estensione ai trattamenti pensionistici con decorrenza antecedente al 1° gennaio 2015 dell’esclusione dalle penalizzazioni in caso di accesso alla pensione anticipata, prevista dall’articolo 1, comma 113, della legge di stabilità 2015 (5-04899). Lo si apprende dal calendario dei lavori della Commissione Lavoro della Camera diffuso oggi dal Presidente della Commissione, Cesare Damiano.

Com'è noto la recente legge di stabilità ha provveduto alla cancellazione (seppur solo sino al 31 dicembre 2017) del taglio dell'1-2% degli assegni conseguiti con la massima anzianità contributiva prima di aver compiuto i 62 anni. Il beneficio, riguarderebbe, tuttavia solo gli assegni aventi decorrenza successiva al 31.12.2014; mentre la penalizzazione resterebbe a vita sugli assegni già liquidati prima del 1° gennaio 2015 (si stima in circa 25mila i pensionati che tra il maggio 2013 ed il dicembre 2014 sono usciti accettando la riduzione, sono soprattutto donne). 

Il testo dell'interrogazione. Per sapere – premesso che:
   l'articolo 24, comma 10, del decreto-legge n. 201 del 2011 – cosiddetta Riforma Fornero – ha previsto la possibilità di accesso alla pensione anticipata – vale a dire ad età inferiore ai 62 anni – in favore di coloro che possono vantare un'anzianità contributiva di 42 anni ed 1 mese per gli uomini e 41 anni e 1 mese per le donne; in tal caso, però, è applicata una riduzione pari a 2 punti percentuali per ogni anno di anticipo nell'accesso al pensionamento rispetto all'età di 62 anni;
   l'articolo 1, comma 115, della legge di stabilità per il 2015 ha cancellato la predetta penalizzazione del 2 per cento di riduzione per tutti coloro che nel triennio 2015-2017 matureranno i requisiti per accedere alla pensione anticipata con 42 anni e 6 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 6 mesi di contributi per le donne;
   la mancata previsione di un effetto retroattivo del predetto comma 115 della legge di stabilità crea di fatto una sperequazione tra coloro che – a parità di requisiti anagrafici e contributivi – sono andati in pensione nel triennio 2012-2014 avendo subito un taglio all'assegno previdenziale spettante e coloro che andranno in pensione nel triennio a venire;
   a parere degli interroganti sarebbe stato opportuno, qualora la mancanza di risorse economiche avesse impedito un effetto retroattivo della norma contenuta nella finanziaria, quantomeno sospendere le penalizzazioni per il triennio 2015-2017 anche nei riguardi di coloro che hanno acceduto alla pensione con 42 anni e 6 mesi se uomini e 41 anni e 6 mesi se donne prima del 2015 –:
   se e quali iniziative di competenza il Ministro intenda adottare con urgenza per sanare quella che appare agli interroganti un'evidente ed ingiustificabile disparità di trattamento

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Ma il presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, frena: attenzione a ricalcolare con il contributivo gli assegni già liquidati.

Kamsin Entro l'estate l'Inps formulerà una proposta per tutelare quella fascia di persone tra i 55-65 anni che hanno perso il lavoro e sono ancora lontane dalla pensione. Lo ha spiegato ieri il neo presidente dell'Inps, Tito Boeri, parlando a “Otto e Mezzo” (La 7), precisando che nei loro confronti si penserà ad ammortizzatori sociali ad hoc abbinati all'introduzione nell'ordinamento previdenziale pubblico di una maggiore flessibilità in uscita, al prezzo di una decurtazione dell'assegno. Nessun dettaglio in piu', per ora.  

Il professore ricorda anche se "ci si concentra su alcune fasce d'età non costa molto. Sono risorse che si possono trovare risparmiando su altri fronti. Ci può fare un'armonizzazione dei sistemi, ci sono grandi asimmetrie, con un'operazione organica, sfruttando ad esempio la legge di Stabilità, "credo si possano trovare risorse importanti". La strada di far andare prima in pensione persone che accettano pensioni più basse è da sperimentare ma "credo si possa fare anche se potrebbero esserci dei problemi con l’Europa".

Per Boeri, l’Italia del resto è di fronte ad un «problema» sul fronte previdenziale legato alla crisi e agli incrementi della speranza di vita «su cui bisogna riflettere, ed è un limite delle riforme fatte durante il governo Monti». Con la crisi «il mercato del lavoro è peggiorato e gli interventi di politica economica hanno ridotto gli ammortizzatori sociali e allungato l'età della pensione, ci sono state alcune generazioni che si sono trovate in difficoltà e su questi bisogna urgentemente intervenire».

Secondo l'economista resta poi sempre in pista l'ipotesi di intervenire sui trattamenti in essere al di sopra di un determinato importo. Una misura di "eguaglianza sociale", ricorda Boeri, da cui si potrebbero trovare risorse per introdurre proprio maggiore flessibilità. Nessuna indicazione però sulla cifra che potrebbe essere considerata come tetto massimo.

Damiano: Le aperture di Boeri e Poletti confermano la bontà del nostro lavoro in Commissione. 
E’ positivo il fatto che Poletti e Boeri stiano lavorando sulle pensioni: anche noi lo stiamo facendo e abbiamo sollecitato il Governo, in tempi non sospetti, di mettere in agenda l’argomento” lo dichiara Cesare Damiano (Pd), Presidente della Commissione Lavoro alla Camera.

“Alla Commissione lavoro della Camera – ricorda Damiano – e’ ripresa la discussione sulle proposte di legge sulla flessibilita’ del sistema previdenziale: faremo le audizioni del ministro Poletti, del Presidente dell’INPS Boeri e delle parti sociali. L’ulteriore allungamento di 4 mesi del requisito per accedere alla pensione, che dal 2016 portera’ quella di vecchiaia dei lavoratori a 66 anni e 7 mesi, dimostra quanto sia insostenibile il sistema. L’aggancio all’aspettativa di vita voluto dal Governo Berlusconi, se non viene corretto, ci portera’ in un futuro non lontano ad aziende popolate da settantenni. Con buona pace del ricambio generazionale. L’idea di Boeri, non nuova, – spiega il Presidente – di ‘tosare’ le pensioni in essere liquidate con il retributivo puo’ essere pericolosa se non si affrontano per prima cosa i privilegi di chi ha goduto di contribuzioni piu’ basse e regole piu’ generose di anticipo pensionistico, magari andando in pensione con l’80% della retribuzione e soli 30 anni di contributi. E’ da li’ che bisogna partire se non di vogliono colpire i soliti noti che hanno gia’ dato piu’ del dovuto” conclude l’esponente Pd.

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Una decisione della Corte Costituzionale acclara che il termine di decadenza per presentare domanda di accesso alla pensione privilegiata decorre dal momento in cui si manifesta la malattia.

Kamsin La decorrenza dei cinque anni per inoltrare la richiesta di accesso al trattamento previdenziale in caso di malattie contratte per causa di servizio scatta dal momento del manifestarsi della malattia e non dalla data di cessazione del servizio. Lo ha precisato la Corte costituzionale nella sentenza n. 43 del 19 marzo 2015, con cui ha dichiarato illegittimità costituzionale del primo periodo dell'art. 14 della legge 274/1991, in materia trattamenti pensionistici privilegiati.

Il giudizio, promosso dalla terza sezione giurisdizionale della Corte dei conti, aveva a oggetto la legittimità costituzionale dell'art. 14 per la parte in cui stabiliva che il termine di decadenza quinquennale per fare richiesta della pensione privilegiata per malattie contratte per cause di servizio dovesse essere calcolata a partire dalla cessazione del servizio. Secondo i ricorrenti, infatti, questo criterio sarebbe stato in conflitto con gli art. 3 e 38 della Costituzione, ponendosi come discriminatorio nei confronti dei lavoratori la cui, malattia, sempre legata allo stato di servizio, si fosse manifestata dopo i cinque anni.

La Consulta ha accettato questa tesi sottolineando come il «requisito imprescindibile affinché possa essere fatta richiesta per la pensione privilegiata è che l'infermità derivi in modo evidente dal servizio. Secondo la Corte, però, «far decorre il termine di decadenza per l'inoltro della domanda di pensione privilegiata per infermità dalla data di cessazione del servizio, anziché dal momento della manifestazione della malattia, anche nel caso di patologle a lunga latenza è da ritenersi in contrasto con gli art. 3 e 38 della Costituzione. È, infatti, irragionevole esigere che la domanda di accertamento della dipendenza dell'infermità del servizio svolto fosse inoltrata entro un termine in cui ancora difettava il presupposto oggettivo della richiesta stessa».

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L'Inps ha oggi evidenziato come cambieranno le pensioni dal prossimo anno con l'ennesimo incremento pari a 4 mesi. La situazione è ormai insostenibile da un punto di vista sociale. E' quindi positivo che il ministro Poletti convochi i sindacati per discutere di pensioni”. Kamsin Lo dichiara Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera. “L’argomento – spiega Damiano – e’ maturo e il tema e’ in calendario alla Commissione Lavoro della Camera, che ha intenzione di audire le parti sociali, il Presidente dell’INPS e lo stesso ministro per discutere una serie di norme a 360 gradi di revisione della Legge Fornero. Un criterio di flessibilita’ nel sistema previdenziale e’ necessario per favorire, con il turnover, l’ingresso dei giovani nelle aziende e per evitare che aumenti il numero dei nuovi poveri, cioe’ di lavoratori over 60 rimasti senza lavoro e senza pensione ”, conclude Damiano.

Ieri il ministro del Lavoro, aveva indicato che la convocazione dei sindacati per un confronto sul tema delle pensioni è all'ordine del giorno: "arriverà a breve dopo un breve confronto con l'Inps".

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