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La proposta del Movimento Cinque Stelle di chiedere un ulteriore contributo ai pensionati d'oro non è nuova ma deve fare i conti con il taglio già chiesto dal Governo Letta nel 2013.

Kamsin Ieri il movimento Cinque Stelle ha proposto una mozione alla Camera dei Deputati per chiedere all'esecutivo un nuovo intervento sulle cd. pensioni d'oro. La proposta del M5S chiede al Governo di "valutare se sussistono i presupposti per assumere iniziative volte aintrodurre un'imposta sostitutiva per i redditi da pensione caratterizzata da un maggior numero di aliquote fiscali che consentano una più incisiva progressività, in modo tale da tassare maggiormente i redditi di pensione superiori ai 90 mila euro e destinare il maggior gettito alla riduzione del carico fiscale dei redditi di pensione meno elevati ed all'aumento delle pensioni minime". 

A ben vedere la proposta, è una delle tante che cercano di fare casse sulle prestazioni generose, cioè oltre i 4-5mila euro netti al mese, trattamenti determinati con il sistema retributivo e che quindi creano un forte squilibrio per le Casse dello Stato.

In diverse occasioni il legislatore ha cercato di cancellare i trattamenti pensionistici pagati sulla base di normative pregressi molto generosi non più sostenibili delle finanze pubbliche. In molti casi, tuttavia, questi interventi sono stati dichiarati incostituzionali dalla Consulta.

Come si ricorderà da ultimo la sentenza 116/2013 ha cancellato quella normativa introdotta nella manovra estiva del 2011 (Dl 98/2011), che aveva previsto un taglio del 5 per cento per le prestazioni superiori a 90.000 euro annui lordi e del 15 per cento per la parte eccedente i 200.000 euro. La misura, peraltro, era eccezionale e si sarebbe dovuta applicare solo per il periodo tra agosto 2011 e dicembre 2014. Secondo la Consulta tuttavia l'intervento non era in sintonia con la Carta Costituzionale in quanto provocava una disparità di trattamento rispetto ai lavoratori, non pensionati, che avevano redditi superiori a 300 mila euro per i quali il contributo si sarebbe fermato al 3 per cento.

Pochi anni prima con la sentenza 211/1997 la Corte costituzionale ha avuto modo di precisare, invece, che il legislatore per salvaguardare l'equilibrio di bilancio può modificare la disciplina pensionistica fino a ridurre l'entità del trattamento anche se questo già iniziato.

In tal senso l'ultima legge di stabilità, la legge 147/2013, approvata dal governo Letta ha reintrodotto il contributo di solidarietà per ridurre i trattamenti pensionistici superiori a 91.251 euro con un taglio che è pari al 6, 12 o 18 per cento a seconda dell'importo del trattamento annuo in godimento. Per venire incontro ai rilievi della Consulta, tuttavia, questa volta è stato stabilito che le somme trattenute vengano destinate dalle competenti gestioni previdenziali obbligatorie per concorrere al finanziamento degli interventi volti ad ampliare la platea dei lavoratori salvaguardati. In tal modo, l'intervento governativo tenta di ridistribuire la ricchezza tra i lavoratori.

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Per via delle tante deroghe alla Riforma Fornero resta ancora attuale il sistema delle quote per la pensione di anzianità prevista dalla disciplina previdenziale in vigore sino al 31 Dicembre 2011.

Kamsin Nonostante l'introduzione della Riforma Fornero dal 1° Gennaio 2012, provvedimento che ha di fatto abolito la pensione di anzianità, moltissimi lavoratori continuano ad avere necessità di mantenere un occhio rivolto alla vecchia disciplina pensionistica. Ciò per via delle tante deroghe previste al Dl 201/2011 che consentono a diversi lavoratori la possibilità di fruire, per l'appunto, delle vecchie regole previdenziali. Sono moltissimi infatti i quesiti dei lettori che chiedono come funzionava la quota 96, quella valida sino al 31 dicembre 2012, per perfezionare la pensione di anzianità. Vediamo dunque quali erano i requisiti per accedere.

La quota 96 si determina con il perfezionamento di un requisito anagrafico minimo di almeno 60 anni di età ed uno contributivo di almeno 35 anni di contribuzione. Nei fatti la quota 96 si può raggiungere o con 60 anni e 36 di contributi oppure con 61 anni e 35 anni di contributi. Ma possono essere fatte valere anche le frazioni di quota. Cioè è possibile sommare 60 anni e 6 mesi con 35 anni e mezzo di contributi. Non è possibile invece sommare ad esempio 59 anni e 37 di contributi, oppure 34 anni di contributi e 62 anni di età. I requisiti sono validi per i lavoratori dipendenti (del settore privato o pubblico), quindi non per gli autonomi, e vanno perfezionati nel periodo temporale intercorrente tra il 1.1.2011 al 31.12.2012. Dal 2013 e sino al 2015 scatta infatti la quota 97,3 con un minimo di ben 61 anni e 3 mesi di età.

Il requisito minimo contributivo di 35 anni per il raggiungimento della quota deve essere perfezionato escludendo la contribuzione figurativa per disoccupazione ordinaria e malattia.

Chi deve tenere sotto occhio la quota 96 - Con l'abolizione della pensione di anzianità la quota 96 è andata in soffitta ed è stata sostituita dalla pensione anticipata. Ma, come si diceva all'inizio dell'articolo, alcuni lavoratori devono tenere ben presente la vecchia normativa. Chi sono? Prima di tutto i lavoratori salvaguardati o potenziali tali. Infatti, per effetto delle tante deroghe alla Riforma Fornero (da ultimo quella in materia di sesta salvaguardia), le vecchie regole vengono, a talune condizioni, fatte "rivivere" in via eccezionale. Con la sesta salvaguardia, ad esempio, si stabilisce che coloro che, con la vecchia normativa pensionistica, avrebbero avuto l'apertura della finestra entro il 6.1.2016 possono, nei limiti delle risorse disponibili e dei profili di tutela ivi previsti, andare in pensione in deroga alla Riforma Fornero. Ecco dunque che un soggetto che ha maturato la quota 96 nel 2012 (e che avrebbe visto quindi l'apertura della finestra mobile nel 2013) potrebbe presentare istanza per l'ammissione al beneficio.

In secondo luogo i lavoratori dipendenti del settore privato. Ai sensi dell'articolo 24, comma 15-bis del Dl 201/2011 chi ha raggiunto la quota 96 entro il 2012 potrà beneficiare del trattamento anticipato a 64 anni. Per le donne bastano anche solo 60 anni e 20 di contributi.

Anche i quota 96 della scuola devono tener ben in evidenza tali requisiti. Anche se ad oggi la deroga in loro favore non è passata, nei prossimi tempi potrebbe essere riproposta. E in tal caso se la quota 96 è stata perfezionata entro la fine dell'anno scolastico 2011/2012 potrebbero essere ammessi al beneficio. Un'altra deroga è poi prevista per i prepensionamenti del pubblico impiego.

Riforma Pensioni, nella sanità il pensionamento d'ufficio scatta a 65 anni

Pensioni, ecco le regole di pensionamento vigenti sino al 2011Zedde

Un'interrogazione dell'Onorevole Maria Luisa Gnecchi (Pd) chiede al Governo se ci sono spazi, con la legge di stabilità, per eliminare le penalizzazioni per i lavoratori che non hanno ancora compiuto i 62 anni.

Kamsin L'Onorevole Maria Luisa Gnecchi (Pd) ha proposto, il 20 Ottobre scorso in Commissione Lavoro alla Camera dei Deputati, un'interrogazione formale al Governo sulla possibilità di eliminare il sistema di disincentivi previsti per l'accesso alla pensione anticipata qualora i lavoratori non abbiano perfezionato i 62 anni di età. Il documento, firmato da molti esponenti del Pd, chiede al governo la soluzione del dramma, già con la legge di stabilità, che vede protagonisti soprattutto quei lavoratori che hanno avuto maggiorazioni contributive legate all'amianto o all'invalidità periodi che, ai sensi della disciplina vigente, non concorrono alla sterilizzazione dei disincentivi

Tale quadro normativo - si legge nel testo dell'interrogazione - finisce per determinare la paradossale conseguenza di penalizzare diverse categorie di soggetti che maggiormente rischiano di subire gli effetti più pesanti di tale meccanismo di decurtazione dell'assegno pensionistico, quali i cosiddetti «precoci» o alcune categorie di lavoratori che in virtù delle particolari condizioni di esecuzione della loro attività lavorativa sono stati riconosciuti meritevoli di apposite disposizioni di tutela, quali i lavoratori che svolgono lavori usuranti o i lavoratori che sono stati esposti per periodi prolungati all'amianto.

"Anche per i lavoratori e le lavoratrici del pubblico impiego - prosegue l'interrogazione - si stanno creando difficoltà perché mentre nelle posizioni contributive Inps sono indicate tutte le contribuzioni figurative, non esiste pari informatizzazione e precisione nelle posizioni dei pubblici dipendenti e gli uffici del personale si trovano costretti a ricostruire tutto il percorso lavorativo del singolo impiegato per 42 o 43 anni, archivi cartacei non più disponibili, cercare giornate di sciopero, congedo matrimoniale o altre assenze crea un'enorme perdita di tempo e favorisce la conflittualità tra colleghi per l'incomprensibile eccesso di indagine lungo un percorso lavorativo decennale".

La Gnecchi ricorda inoltre come il Ministro Poletti il 17 settembre 2014 abbia dichiarato in aula alla Camera in risposta alla interrogazione a risposta immediata che è intenzione del Governo, nel contesto della legge di stabilità, fare un esame di tutte le specifiche situazioni meritevoli di tutela previdenziale e pensionistica via via emerse nel corso del tempo e verificare se e come sia possibile pervenire ad una loro soluzione organica, nel quadro delle scelte che dovranno essere compiute nella sede della stessa legge di stabilità.

Con l'interrogazione l'Onorevole del Pd chiede pertanto al Ministro:
   1) se ritiene quindi che qualora le penalizzazioni vengano cancellate si preveda la possibilità di riliquidazione della pensione a coloro che ne stanno già godendo;
   2) se non ritenga opportuno il Ministro, nel quadro di un intervento più organico che ponga rimedio ai problemi più evidenti scaturiti a seguito dell'entrata in vigore del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, già in occasione della prossima legge di stabilità, trovare una specifica soluzione al tema delle penalizzazioni;
   3) quante siano le pensioni anticipate liquidate con le penalizzazioni di cui sopra, a donne e uomini, che non abbiano compiuto, quindi, all'atto della liquidazione i 62 anni di età;
   4) quale sia l'importo delle pensioni, l'importo di riduzione, la decorrenza e l'età suddiviso per uomini e donne delle pensioni liquidate con penalizzazioni.

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Il Movimento Cinque Stella presenta una mozione alla Camera dei Deputati per il taglio delle pensioni d'oro. "La progressività del prelievo oltre i 90mila euro tiene conto dei rilievi della Consulta".

Kamsin Ecco una soluzione per tagliare le pensioni d’oro senza cadere nella tagliola della Corte costituzionale. Il M5S l’ha individuata: si tratta delle ‘imposte sostitutive’ che già sono presenti in diverse modalità nel sistema tributario italiano”. E' quanto ricordano i deputati del MoVimento 5 Stelle che hanno depositato una mozione in tal senso a prima firma Walter Rizzetto, vicepresidente della Commissione Lavoro.

“Il documento – spiega Rizzetto – impegna il governo a ricalibrare e aumentare le aliquote sui redditi pensionistici, innalzando il prelievo sugli assegni sopra i 90mila euro in modo da ridistribuire il gettito ottenuto sulle pensioni più povere e sulle minime. Oggi, dai 75 mila euro in su si applica comunque il 43%. Ma è giusto far pagare la stessa aliquota a chi guadagna 150mila euro e a chi ne prende la metà? Secondo il M5S si possono introdurre altri scaglioni dai 90 mila euro a salire, rendendo l’imposta sempre più progressiva per rimediare agli scandalosi privilegi concessi con il vecchio sistema retributivo. La progressività tra l’altro va incontro ai rilievi della Consulta”.

“Il principio ‘Nessuno deve restare indietro’  rimane la stella polare del M5S che continua a lavorare con concretezza nelle istituzioni. Ora vedremo se il governo, una volta tanto, saprà dare seguito alle tante chiacchiere sparse al vento”, chiude Rizzetto.

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Il disegno di legge di stabilità taglia i finanziamenti alle Politiche sociali e disabili e ai malati di Sla. Colpito anche il Fondo interprofessionale per la formazione continua.

Kamsin La legge di stabilità non riserva buone notizie per il sociale. Lo stanziamento complessivo per il fondo dedicato alle non autosufficienze per il 2015 sarà infatti pari a 250 milioni di euro contro i 350 del governo Letta. Un taglio di ben 100 milioni di euro che fa infuriare le associazioni per i malati di Sla. 

Secondo un documento elaborato dalla deputata del Pd, Ileana Argentin, le esigenze del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali per il prossimo anno sarebbero pari a 970 milioni di euro, mentre le risorse stanziate dal governo raggiungono a malapena i 550 milioni di euro, ben 420 milioni di euro in meno rispetto alle reali esigenze. Ad essere colpiti sono un po' tutte le voci che riguardano il sociale. A soffrire c'è prima di tutto il fondo per l'inserimento dei lavoratori disabili, che sperava in 20 milioni per il prossimo anno e che non è stato rifinanziato. Nessuna risorsa anche per il fondo per l'infanzia e l'adolescenza, e per il piano nazionale per la lotta alla povertà (su cui il Ministro Poletti non ha nascosto le sue perplessità nei giorni scorsi).

Il provvedimento governativo, come anticipato, stanzia 250 milioni di euro per il fondo per le non autosufficienze, contro una richiesta di 350 milioni; 300 milioni per il fondo politiche sociali (contro i 300 milioni richiesti) e 250 milioni per il programma social card. A chi solleva critiche risponde il sottosegretario all'Economia Enrico Zanetti che sottolinea come "il Fondo per le politiche sociali e quello per le non autosufficienze sono stati per la prima volta finanziati in modo permanente, mentre gli altri governi avevano azzerati, trovando poi risorse nella manovra ma mai in maniera stabile".

Ad essere tagliate sono anche le risorse destinate ai fondi interprofessionali per la Formazione Continua. La sforbiciata sarà di 20 milioni di euro nel 2015 e di 120 milioni di euro l'anno a partire dal 2016, un intervento che, a regime, ridurrà di circa un sesto le risorse attualmente a disposizione per la formazione professionale delle imprese. La decisione penalizzera' soprattutto le piccole e medie imprese proprio in un momento in cui avrebbero maggiormente bisogno di un sostegno della formazione dei dipendenti.

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