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La legge delega incentiva il ricorso al contratto a tempo indeterminato temperando l'articolo 18 per i neoassunti. In arrivo anche una stretta sulle collaborazioni a progetto e sulle false partite Iva. 

Kamsin Una completa revisione delle forme contrattuali attualmente esistenti con la sostanziale abolizione dell'articolo 18 per i nuovi assunti. E' questa la sintesi del contenuto dell'articolo 4 del disegno di legge delega sulla Riforma del Mercato del Lavoro (il cd. Jobs Act), provvedimento che a breve inizierà il suo iter in Senato.

Nelle linee guida della delega spicca soprattutto "la revisione di tutte le forme contrattuali esistenti, ai fini di poterne valutare l’effettiva coerenza con il tessuto occupazionale e con il contesto produttivo, nazionale ed internazionale, anche in funzione di eventuali interventi di semplificazione delle medesime tipologie contrattuali". Che tradotto significa che il governo punta a ridurre a 4-5 le forme contrattuali disponibili tra lavoratore e datore. Nel mirino del premier ci sono soprattutto le collaborazioni a progetto sulle quali dovrebbe esserci una pesante stretta: "nell'esercizio della delega saranno lasciate solo le vere collaborazioni fatte per le esigenze professionali dei lavoratori e le esigenze produttive delle imprese" ha indicato ieri Renzi al congresso del Pd.

Novità anche con i riferimento ai contratti di lavoro accessorio: nel ddl si precisa infatti circa la possibilità di ampliamento della concreta applicazione dell'istituto in tutti i settori produttivi, per le attività lavorative discontinue e occasionali, attraverso l'elevazione dei limiti annui di importo dei relativi compensi ed assicurando la piena tracciabilità dei buoni lavoro acquistati, con contestuale rideterminazione delle relative aliquote previdenziali.

Con la Riforma dovrebbe esserci poi l'introduzione, anche in via sperimentale, del compenso orario minimo, applicabile ai rapporti aventi ad oggetto una prestazione di lavoro subordinato, ed ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, previa consultazione delle parti sociali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Il compenso minimo riguarderà i anche i settori non regolati da contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Com'è noto, nell'attuale ordinamento, non esiste un livello minimo di retribuzione fissato in via legislativa, mentre trovano applicazione, per i relativi settori, i livelli minimi di retribuzione stabiliti dai singoli contratti collettivi per ciascuna qualifica e mansione.

Il nodo vero tuttavia sta nella previsione voluta dal governo, per le nuove assunzioni, del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio. Una precisazione che mira, in sostanza, ad abolire o comuque a temperare, l'operatività dell'articolo 18 per i lavoratori neoassunti.

Com'è noto, nell'attuale ordinamento, la tutela del lavoratore a tempo indeterminato, sotto il profilo dei licenziamenti individuali, non varia a seconda dell'anzianità aziendale, ma esclusivamente in base alla tipologia del datore di lavoro ed al numero di soggetti alle dipendenze del medesimo (oltre che, naturalmente, in relazione alla tipologia della fattispecie sottostante al licenziamento). Ora invece, se per i vecchi lavoratori non cambierà nulla, per i nuovi l'articolo 18 sarà probabilmente "congelato" per un periodo di tempo variabile tra 2 e 3 anni o completamente abolito in cambio di un idennizzo crescente, in caso di illegittimo licenziamento, sulla base dell'anzianità di servizio dell'interessato.

Zedde

Secondo il disegno di legge i lavoratori dovranno presentare domanda di ammissione ai benefici entro 60 giorni dalla pubblicazione del testo in Gazzetta Ufficiale.

Kamsin Il ddl sulla sesta salvaguardia viaggia verso il via libera definitivo del Senato. Nella giornata di domani la Commissione Lavoro di Palazzo Madama potrebbe infatti già dare il disco verde alla proposta di legge che tutela 32.100 lavoratori. I prossimi passi? Il testo dovrà arrivare in Gazzetta Ufficiale e quindi i lavoratori avranno 60 giorni di tempo dalla sua entrata in vigore, presumibilmente sino ai primi di Dicembre, per presentare apposita istanza di accesso. 

Insomma gli interessati non dovranno attendere la pubblicazione di un nuovo decreto ministeriale (il sesto) come è accaduto in passato ma potranno presentare subito le istanze di accesso alla DTL o all'Inps, non appena avverrà la pubblicazione in GU della legge, sulla base di quanto già previsto dalla precedente tornata.

L'articolo 2, comma 4 del progetto di legge recita infatti che "ai fini della presentazione delle istanze da parte dei lavoratori, da effettuarsi entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, si applicano per ciascuna categoria di lavoratori salvaguardati le specifiche procedure previste nei precedenti provvedimenti in materia di salvaguardia (...) da ultimo stabilite con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 14 febbraio 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 89 del 16 aprile 2014". In pratica i lavoratori dovranno presentare istanza o alla DTL o all'Inps secondo quanto era previsto dalla quinta salvaguardia. 

Ad ogni modo sarà oppportuno attendere la pubblicazione (praticamente inevitabile) di una Circolare del Ministero del Lavoro che avrà modo di fissare puntualmente l'iter da seguire per la presentazione delle istanze di accesso al regime derogatorio.

Presentate le domande l'Istituto nazionale della previdenza sociale Inps provvederà al monitoraggio delle domande di pensionamento inoltrate dai lavoratori che intendono avvalersi dei requisiti di accesso e del regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 201 del 2011, sulla base della data di cessazione del rapporto di lavoro.

L'Inps sarà inoltre tenuta a pubblicare nel proprio sito internet, in forma aggregata al fine di rispettare le vigenti disposizioni in materia di tutela dei dati personali, i dati raccolti a seguito dell'attività di monitoraggio, avendo cura di evidenziare le domande accolte, quelle respinte e le relative motivazioni. Qualora dal monitoraggio risulti il raggiungimento del limite numerico delle domande di pensione previsto per la salvaguardia in oggetto l'Inps non prenderà in esame ulteriori domande di pensionamento finalizzate ad usufruire dei benefìci.

Sulla base dei dati del monitoraggio effettuato dall'INPS, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro il 30 giugno di ogni anno, trasmetterà inoltre alle Camere una relazione in ordine all'attuazione delle disposizioni di salvaguardia, con particolare riferimento al numero di lavoratori salvaguardati e alle risorse finanziarie utilizzate.

(Qui lo strumento di Pensioni Oggi per verificare in anteprima la possibilità di accedere al beneficio).

Il testo del progetto di legge è qui disponibileZedde

Se i comuni hanno previsto l'assimilazione all'abitazione principale dell'immobile concesso in comodato il pagamento del tributo spetterà di regola ai proprietari. Altrimenti gli occupanti saranno chiamati al pagamento di una quota tra il 10 ed il 30% dell'importo fissato con aliquota ordinaria.

Kamsin Si complica il calcolo della Tasi per le case date in comodato a figli, nipoti e familiari. Per effetto del Dl 47/2014 i comuni possono equiparare ad abitazione principale le unità immobiliari concesse in comodato a parenti in linea retta entro il primo grado, a condizione che questi ultimi le utilizzino, a loro volta, come abitazioni principali. L'agevolazione, in tal caso, opera o limitatamente alla quota di rendita risultante in catasto non eccedente il valore di euro 500 oppure nel solo caso in cui il comodatario appartenga a un nucleo familiare con ISEE non superiore a 15.000 euro annui.

In altri termini l'assimilazione, se prevista dal Comune, opera o solo sulla quota di rendita catastale non eccedente i 500 euro o su tutta la quota ma limitatamente ai casi in cui il comodatario appartenga a un nucleo familiare con Isee non superiore a 15.000 euro annui. Nel primo caso, il tetto da 500 euro funziona come una franchigia, per cui fino a concorrenza di esso si applicano l'aliquota e l'eventuale detrazione previste per l'abitazione principale, mentre per la quota eccedente si applica l'aliquota prevista per gli altri immobili. Nel secondo caso, invece, la Tasi si calcola sull'intero valore dell'immobile con i parametri delle prime case.

A pagare il tributo sarà di regola il proprietario. Infatti, secondo il Mef, laddove si è in presenza di un'abitazione principale (inclusi i casi di assimilazione) l'obbligo di versamento della Tasi ricade interamente sul proprietario/possessore e non sull'occupante. Quindi, a pagare la Tasi sarà il proprietario e non l'occupante con l'aliquota per le abitazioni principali. Inoltre, se ci sono delle detrazioni TASI previste per l'abitazione principale, queste andranno applicate anche ai comodati assimilati ad abitazione principale. Tuttavia, occorre considerare che, in caso di rendita superiore a 500 euro, come si è visto, l'assimilazione non vale per la quota in eccesso: su quest'ultima, quindi, l'occupante deve almeno in teoria versare la sua nella percentuale fissata dal comune fra il 10 e il 30% (10% se il comune non ha deliberato sul punto) dell'aliquota ordinaria; il proprietario la restante parte.

Se, invece, il comune non ha deciso l'assimilazione, si applicano in toto le regole per gli altri immobili (aliquota ordinaria con la suddivisione tra il 10 ed il 30% tra proprietario/possessore e occupante). Possibile anche che il Comune, pur non avendo previsto l'assimilazione, abbia stabilito una aliquota agevolata al posto di quella ordinaria. In tal caso gli importi da corrispondere saranno verosimilmente piu' bassi. 

Zedde

Otto diverse normative previdenziali per i lavoratori oggetto del recente regolamento di armonizzazione. Ciascuna con un percorso calibrato di innalzamento dei requisiti pensionistici. Il livellamento si concluderà tra gli anni 2018 e 2022.

Kamsin Tre anni dopo il varo della riforma Fornero, alcune categorie lavorative trovano una nuova collocazione nel sistema generale Inps. Si tratta di una "armonizzazione" dei diversi requisiti pensionistici finora in vigore per queste categorie, con un percorso graduale di avvicinamento alla previdenza dei lavoratori dipendenti comuni.

Otto le categorie di lavoratori regolati dal Dpr 157/2013. Si tratta degli spedizionieri doganali, i poligrafici (dipendenti di imprese editoriali in crisi), il personale viaggiante addetto ai pubblici servizi di trasporto, i piloti, i marittimi, i lavoratori dello spettacolo e gli sportivi professionisti (ex Enpals).

All'interno di una complessa casistica relativa alla posizione previdenziale dei lavoratori appartenenti a tali categorie, si possono individuare i nuovi requisiti minimi stabiliti dal decreto e che trovano applicazione con effetti dal 1° gennaio 2014:

Spedizionieri Doganali - Il requisito anagrafico per la prestazione di vecchiaia viene innalzato a 66 anni, rispetto ai 65 della vecchia normativa. Inoltre viene consentita la possibilità di totalizzare questi contributi che fino ad ora era preclusa. 

Poligrafici dipendenti di aziende in crisi - Il requisito contributivo di trentadue anni per accedere alla pensione viene innalzato a 35 anni per il biennio 2014-2015, a 36 anni per il 2016-2017 e a 37 anni a decorrere dal 2018.

Personale Viaggiante addetto a pubblici servizi di trasporto - Sino al 31.12.2013 i soggetti potevano andare in pensione a 60 anni (55 anni le donne); dal 2014 il requisito per il riposo viene fissato in 5 anni prima dell'età pensionabile prevista nel regime generale obbligatorio. Pertanto nel 2014 sono necessari 61 anni per gli uomini e 58 per le donne. Dal 2018 saranno necessari, a regime, 61 anni di età per entrambi i sessi.

Marittimi - Per i piloti del pilotaggio marittimo la pensione di vecchiaia viene liquidata, dal 1° gennaio 2014, al raggiungimento di un requisito anagrafico ridotto di cinque anni rispetto a quello tempo per tempo in vigore nel regime generale obbligatorio. Dunque 61 anni per gli uomini e 58 per le donne. Dal 2018 serviranno 61 anni anche per le donne. 

Per i marittimi adibiti al servizio di macchina il requisito anagrafico viene portato a 56 anni di età fino al 31 dicembre 2014, e innalzato a 57 anni per il periodo intercorrente tra il 1° gennaio 2015 e il 31 dicembre 2017. Dal primo gennaio 2018 il requisito viene fissato al raggiungimento di 58 anni di età.

Gestione Ex-Enpals - Aumentano anche i requisiti per il pensionamento di vecchiaia per gli attori e i gli sportivi professionisti. Per i ballerini l'età passa a 46 anni dai 45 anni previsti precedentemente. L'età pensionabile degli attori invece portata a 64 anni per gli uomini e 60 per le donne (ma con un graduale innalzamento di un anno ogni biennio sino a raggiungere i 64 anni dal 1° gennaio 2022). Per i cantanti i requisiti sono invece di tre anni inferiori rispetto a quelli previsti per gli attori: 61 anni per gli uomini e 57 per le donne (ma con graduale innalzamento di un anno ogni biennio sino a raggiungere 61 anni dal 2022).

Per gli sportivi professionisti l'età per il collocamento a riposo è fissata in 53 anni per gli uomini e 49 per le donne (in graduale innalzamento di un anno ogni biennio sino a raggiungere 53 anni dal 2022).

Fondo Volo - Agli iscritti al fondo volo per i quali, a partire dal 1.1.2012, viene meno il titolo abilitante allo svolgimento della specifica attività lavorativa per raggiungimento del limite di età, si applicano i requisiti di accesso e di decorrenza del trattamento pensionistico di vecchiaia vigenti al 31 dicembre 2011, ossia antecedentemente all’entrata in vigore del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con legge 22 dicembre 2011, n. 214.

Tutti i requisiti ivi indicati devono essere adeguati alla stima di vita in base alle norme generali. E dunque devono subire un immediato incremento di 3 mesi a partire dal 1° gennaio 2014. I comparti regolati nel provvedimento inoltre vedono la disapplicazione, dal 1° gennaio 2014, della finestra mobile così come previsto per le nuove prestazioni di vecchiaia e anticipata previste dal Dl 201/2011.

Zedde

Il Governo accelera sull'approvazione della legge delega sul Jobs Act. Il provvedimento riformerà completamente il mercato del lavoro riducendo il numero dei contratti. Previsto un sussidio di disoccupazione per tutti i precari.

Kamsin La legge delega prevede «un testo organico semplificato» delle norme e uno sfoltimento delle tipologie contrattuali (adesso oltre 40). Saranno i decreti attuativi a entrare nel dettaglio, ma l'orientamento condiviso è quello di arrivare a non più 4-5 contratti. Dovrebbero rimanere: contratto a tempo indeterminato nella nuova versione a tutele crescenti, contratto a termine, apprendistato, part-time, voucher per i piccoli lavori. Dovrebbero quindi sparire le tante forme di precariato, a cominciare dai co.co.pro, che come ha recentemente osservato l'Ocse intrappolano i lavoratori italiani.

Partita ancora aperta invece sul contratto a tutele crescenti. Nella formulazione dell'emendamento approvato in commissione Lavoro del Senato, il contratto a tutele crescenti sarà applicato a tutte le nuove assunzioni e sarà sostitutivo del contratto a tempo indeterminato. La disposizione va a modificare l'attuale disciplina sul recesso che, come è noto, per le aziende con oltre 15 dipendenti prevede l'applicazione dell'articolo 18 dello Statuto del lavoratori. In caso di licenziamento individuale illegittimo la nuova norma dispone che al lavoratore spetti una «tutela crescente in relazione all'anzianità di servizio». Secondo alcuni questa formulazione in pratica significa la fine del diritto al reintegro sul posto di lavoro: al lavoratore spetterà solo un indennizzo monetario proporzionato al tempo trascorso in azienda. La minoranza Pd chiede che il diritto alle reintegra sia solo congelato per i primi tre anni di assunzione. 

Per i lavoratori che già attualmente hanno un contratto a tempo indeterminato, non cambierà nulla. Il diritto al reintegro in caso di licenziamento giudicato illegittimo resterà invariato per i contratti in essere e per tutti i casi di "cessioni di contratto", come ad esempio avviene quando si passa da una società a un'altra per effetto di cessione di ramo d'azienda. Il contratto a tutele crescenti si applicherà infatti solo ai neoassunti.

La tutela del reintegro sarà tuttavia assicurata, così come prevista attualmente, in caso di licenziamenti discriminatori: il governo ha infatti più volte garantito che in questi casi non ci saranno modifiche, continuerà quindi sempre a valere la tutela del reintegro. In dubbio invece gli effetti del nuovo contratto nel pubblico impiego. Attualmente, infatti, i dipendenti pubblici godono delle tutele dell'articolo 18 dello Statuto ma dato che i rapporti sono stati privatizzati con il contratto a tutele crescenti i neoassunti rischierebbero di perdere il diritto alla reintegra, come i lavoratori privati.

Il governo ha proposto poi di dirottare nelle buste paga dei lavoratori il 50 per centro del Tfr maturato in azienda. Le norme attuali prevedono per i dipendenti la possibilità di destinare i versamenti della liquidazione al proprio di fondo di previdenza complementare; nel caso non vi sia il consenso dell'interessato per questo trasferimento i soldi restano in azienda oppure -se l'impresa ha più di 50 dipendenti -affluiscono a un fondo dello Stato presso I'lnps. Il flusso mensile delle liquidazioni è però una preziosa fonte di liquidità per le imprese, che, se passasse l'ipotesi, dovrebbero almeno in parte rinunciarvi.

Zedde

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