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Riforma lavoro: il Pd impegnato nel 'derby' su art. 18
- Roma, 22 set. - E' ancora alta tensione nel Pd sulla riforma del lavoro. Alla vigilia dell'approdo in aula al Senato prosegue il dibattito sull'articolo 18 e domani mattina a palazzo Madama si terra' una riunione dei gruppi del Partito democratico: un'assemblea alla quale parteciperanno il ministro Giuliano Poletti e il responsabile Economia e Lavoro della segreteria dei Democratici, Filippo Taddei. Che oggi definisce "avvilente" il fatto che si voglia "ridurre tutto a un derby sull'articolo 18".
Delrio, nostra riforma supera l'articolo 18
E aggiunge: "Cerchiamo di fare di piu', io per parte mia cerchero' di favorire una discussione che sia il piu' possibile chiara. Lunedi' siamo in direzione proprio per parlare di questo". Il ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi, ha sostenuto: "Siamo vicini ai cittadini italiani, vogliamo bene all'Italia e cerchiamo di fare misure che siano di buon senso, che aiutino il nostro Paese a ripartire, a cominciare dal mondo del lavoro; quindi stando insieme agli imprenditori e ai lavoratori".
Lo scontro nel Pd e' cosi' aspro che sono tornate a girare voci di una scissione. Anche se l'ex segretario Guglielmo Epifani le liquida cosi': "Le voci di scissione nel Pd sono una sciocchezza, roba inesistente. Ma non giova a nessuno accentuare lo scontro e sarebbe un errore gravissimo non trovare un'intesa sul Jobs act". Anche se secondo Epifani, superato il periodo di prova di tre anni, il reintegro deve rimanere "magari affinandolo".
Secondo il vicesegretario Pd Debora Serracchiani, c'e' la "sensazione che qualcuno voglia strumentalizzare il tema del lavoro per una resa dei conti nel Pd". E invece, afferma, "andranno rispettate le decisioni della direzione perche' siamo un partito non una ditta ne' una bocciofila". Direzione che si terra' lunedi' prossimo, 29 settembre: "Discuteremo di questi temi nella prossima direzione convocata per il 29, senza ricatti e anatemi ideologici. Ma, dopo la discussione, dobbiamo fare la sintesi e a quella dovranno attenersi i gruppi parlamentari" dice Marina Sereni.
Pier Luigi Bersani pero' ha gia' minacciato battaglia a difesa dell'articolo 18 con la presentazione di molti emendamenti alla legge delega. Secondo Maurizio Sacconi (Ncd) le proposte che arrivano dalla minoranza Pd sono peggiorative mentre Renato Brunetta ribadisce che Forza Italia e' pronta a votare il Jobs Act ma sottolineando che "se il Pd si spaccasse in due e avesse bisogno, per far passare la fiducia, del nostro voto non ci sarebbe piu' la maggioranza per Renzi con tutte le conseguenze del caso".
E' d'accordo anche il democratico Cesare Damiano: "E' chiaro che se fossero determinanti i voti di Forza Italia per tenere in piedi il governo su questo argomento ci sarebbe anche una conseguenza politica. Non vorrei che Renzi riuscisse a fare sui temi del lavoro quel che non e' riuscito a fare Berlusconi".
Intanto, Beppe Grillo attacca: "Il ricatto sull'articolo 18 e' fatto dalla Bce". E lancia l'hasthag #CoeRenzie" ricordando "quando Renzie difendeva l'articolo 18".
Renzi, Tutto per cambiare l'Italia Si alle riforme, ma servono idee
- San Francisco, 22 set. - Una promessa arriva da Matteo renzi in visita negli Stati Uniti: "Faremo di tutto per cambiare l'Italia". Il premier da San Francisco ricorda che questa "e' la citta' del futuro, mentre da noi ci sono le capitali del passato. La nostra scommessa e' trasformare noi stessi". Dagli Usa Matteo Renzi vuole dare "un messaggio di fiducia all'Italia" cambiando "la pubblica amministrazione...usando l'Ict (l'information technology) per cancellare la parola certificato e avere un amministrazione come un nuvola (il modello degli archivi immateriali e diffusi), cambiando il rapporto tra cittadini e burocrazia". In Italia "non si cambia se si ha una testa striminzita e ripiegata": con queste parole Matteo Renzi si e' rivolto a 150 rappresentanti di 'start up' della Silicon Valley fondate da italiani, nel corso dell'incontro. "Non sono qui per dirvi di tornare in Italia ma di andare avanti e cambiare il mondo", ha aggiunto il presidente del Consiglio, nell'incontro allo Yacht Club St. Francis. L'Italia e' un Paese che ha bisogno di una "rivoluzione sistematica" per risolvere tutti i principali problemi, "bisogna cambiare il Paese, il sistema politico, il mondo del lavoro"."Non bastano le riforme se non ci sono idee, le riforme possono cambiare qualcosa, le idee possono cambiare tutto", ha sottolineato Renzi. "Non cedo alla cultura dei cervelli in fuga e non faro' il discorso di tornare in Italia, vi chiedo di andare avanti e faremo di tutto per cambiare l'Italia, renderla un Paese piu' semplice, con un mercato del lavoro diverso, con una classe politica dimagrita". .
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Decreto Pa, diritti camerali dimezzati ma solo dal 2017
Una norma del decreto legge sulla Pa provvede al taglio del 35% dei diritti camerali dovuti dalle imprese alle Camere di Commercio. Nel 2017 la riduzione arriverà al 50%. Sullo sfondo l'intenzione di abolire definitivamente il contributo.
Kamsin Alla fine il governo ha dovuto fare dietrofront. Il tanto atteso taglio del 50% dei diritti camerali che le imprese devono pagare alla Camere di Commercio non avverrà dal prossimo anno, come era stato indicato nella prima versione del decreto di Riforma della Pubblica Amministrazione. Ma piu' gradualmente. L'articolo 28 del Dl riduce infatti l’importo del diritto annuale, per l’anno 2015, del 35 per cento, per l’anno 2016, del 40 per cento e, a decorrere dall’anno 2017, del 50 per cento, in una prospettiva di "riordino del sistema delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura" che contemplerà l’eliminazione del diritto annuale.
Verosimilmente la riduzione dei diritti camerali si applicherà sulle somme attualmente dovute dalle imprese, come determinata dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze; in altri termini la riduzione dovrebbe scattare sia con riguardo ai diritti dovuti in misura fissa, per i soggetti iscritti al REA e per le imprese individuali iscritte al registro delle imprese, sia quelli commisurati al fatturato dell'esercizio precedente, per gli altri soggetti.
La riduzione, inoltre, dovrebbe essere un primo "assaggio" in vista della definitiva soppressione di tali importi. Il governo infatti, con il ddl 1577 presentato in Senato, ha proposto la riforma dell’organizzazione, delle funzioni e del finanziamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.
Al suo interno, si prevede - tra l'altro - l'eliminazione del diritto annuale a carico delle imprese, la riduzione dei compiti e delle funzioni, il trasferimento al Ministero dello sviluppo economico delle competenze relative al registro delle imprese, il riordino della disciplina dei compensi dei relativi organi ed una disciplina transitoria che assicuri la sostenibilità finanziaria e il mantenimento dei livelli occupazionali.
Zedde
Riforma Pa, tempi piu' brevi per il riconoscimento dell'invalidità
La nuova normativa riduce i termini per la certificazione dello status di handicap da 90 giorni a 45 giorni dalla data di presentazione della domanda.
Kamsin Tempi piu' brevi per il riconoscimento dello stato di disabile. L’ art. 25 del dl 90/2014 ha infatti ridotto i termini per la certificazione dello status di handicap da 90 giorni a 45 giorni dalla data di presentazione della domanda. Decorso tale termine senza che la commissione si sia espressa, gli accertamenti vengono effettuati in via provvisoria da un medico specialista nella patologia denunciata in servizio presso l’Asl in cui è assistito l’interessato.
L'articolo 25 del decreto precisa, tra l'altro, che l'efficacia di tali accertamenti sono estesi anche ai fini della precedenza nella scelta della sede di assegnazione o trasferimento nei concorsi pubblici e per i benefici alternativi al prolungamento del congedo parentale fino ai tre anni di vita del figlio affetto da handicap in situazione di gravità, e che consistono nel diritto a fruire di due ore di riposo giornaliere e dei permessi dal lavoro (articolo 33, legge n. 104/1992). Ma le novità non terminano qui.
L'interessato sottoposto a visita medica potrà infatti richiedere alla commissione medica il rilascio di un certificato provvisorio al termine della visita, valido fino all'emissione dell'accertamento definitivo in modo da anticipare gli effetti del beneficio.
Il decreto agevola poi gli esoneri dalle visite di controllo sullo stato invalidante effettuate dall'Inps periodicamente. I soggetti esonerati sono quelli cui sia stata accertata una menomazione o patologia stabilizzata o ingravescente e quelli affetti da sindrome da talidomide o sindrome di Down. Fino al 24 giugno, l'esonero era invece subordinato pure all'avvenuto riconoscimento, a favore dell'invalido, dell'indennità di accompagnamento o di comunicazione. Ora tale condizione è venuta meno.
Infine il decreto dispone, di grande importanza, l'esonero dalla prove preselettiva nelle prove d’ esame nei concorsi pubblici e per l’ abilitazione alle professioni in favore di soggetti con invalidità superiore all’ 80%.
Zedde
Lavoro: Grillo contro 'CoeRenzie', difendeva art.18
Opzione Donna, regole ingiuste. Dov'è il Governo?
Il Comitato Opzione Donna chiede un celere intervento del governo per rivedere le Circolari dell'Inps del 2012: "Seimila uscite bloccate, intervenga il governo".
Kamsin E' a tutti nota la vicenda che vede contrapposta l'Inps e le lavoratrici che nel prossimo anno matureranno i requisiti anagrafici e contributivi utili per esercitare l'opzione donna. La legge 243/2004 (articolo 1, comma 9) ha stabilito infatti che fino al 31 dicembre 2015 le lavoratrici possono conseguire il diritto all'accesso al trattamento pensionistico con i requisiti agevolati (57 anni e 35 di contributi) con la prestazione calcolata però con il sistema contributivo.
L'istituto di previdenza tuttavia, con la circolare Inps 35/2012, ha precisato che tale data va intesa quale termine ultimo entro cui deve aprirsi la finestra mobile (12 mesi per le dipendenti, 18 per le autonome). Senza contare che, al requisito anagrafico (58 anni per le autonome e 57 per le dipendenti) dal 2013 si applica la maggiorazione di 3 mesi per l'adeguamento alla speranza di vita.
Di conseguenza per le lavoratrici, attualmente, il tempo utile per sfruttare questa possibilità è in procinto di scadere: se entro il mese di novembre non saranno stati perfezionati i requisiti anagrafici (57 anni e 3 mesi) e contributivi (35 anni) sarà impossibile riuscire a centrare la finestra del 31 dicembre 2015. Un pò meglio va solo per le lavoratrici del pubblico impiego che avranno sino al 30 Dicembre 2014 per maturare i requisiti (e nei loro confronti il requisito contributivo di 35 anni si intende perfezionato con 34 anni, 11 mesi e 16 giorni di servizio).
"La vera questione è che la legge c’è e una circolare INPS, che è un atto amministrativo, non può modificare una Legge dello Stato" dice a pensionioggi.it Daniella Maroni dirigente del Comune di Ravenna e tra le fondatrici del Comitato Opzione Donna.
Negli ultimi tempi i media hanno più volte commentato questa situazione che penalizza ingiustamente le lavoratrici limitando loro un diritto riconosciuto dalla legge. In loro favore si è anche schierato, nei mesi scorsi, il Parlamento approvando una mozione con cui impegnava l'esecutivo a rivedere la posizione "restrittiva" dell'Inps sulla vicenda per rendere fruibile la sperimentazione fino a tutto il 2015 (inteso quale termine per la maturazione dei requisiti e non la decorrenza). Ma il tentativo parlamentare di annullare l'interpretazione dell'istituto nazionale di previdenza non ha, sino ad oggi, sortito alcun effetto.
Secondo la dirigente ravennate "i ricorsi già ci sono e molti altri ne arriveranno, quindi, se il Governo non interviene per tempo, con un’interpretazione autentica o sollecitando l’INPS a rivedere le sue posizioni, saranno un boomerang per tutta la collettività".
Invece il tempo passa e nulla cambia: “Il ministero delle Finanze, per via delle tabelle Inps sulle nuove aspettative di vita nei decenni a venire, sostiene che non ci sono le risorse sufficienti per una effettiva copertura. Una considerazione assurda, perché se le donne vanno in pensione con il sistema contributivo fanno risparmiare, nel periodo di riferimento, oltre 1000 milioni di euro”.
Opzione Donna, rischio valanga di ricorsi contro l'InpsZedde
Riforma Pensioni, nelle Pa scatta il pensionamento d'ufficio
Per effetto del decreto legge di Riforma della Pubblica Amministrazione la generalità dei dipendenti pubblici potrà essere collocata a riposo d'ufficio già a 62 anni a condizione che siano stati raggiunti i requisiti per la pensione anticipata.
Kamsin Con la definitiva conversione in legge del provvedimento di Riforma della Pubblica Amministrazione sono entrate in vigore alcune misure che interessano l'età pensionabile nel pubblico impiego.
In particolare sarà piu' difficile per i lavoratori delle Pa raggiungere i requisiti per la pensione di vecchiaia, fissati com'è noto, in 66 anni e 3 mesi di età, qualora sia stato perfezionato un diritto a pensione anticipata prima dell'età per il trattamento di vecchiaia. L'articolo 1 del Dl 90/2014 concede infatti la facoltà di procedere al collocamento a riposo d'ufficio i lavoratori che abbiano raggiunto i requisiti per la pensione anticipata (41 anni e 6 mesi per le donne e 42 anni e 6 mesi per gli uomini) all'età di 62 anni. La legge prescrive che la decisione della Pa dovrà essere in tal caso motivata con riferimento alle esigenze organizzative e senza pregiudizio per la funzionale erogazione dei servizi e data con un preavviso di 6 mesi all'interessato. La risoluzione potrà riguardare, per esplicita indicazione, anche i dirigenti. La risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro può anche essere esercitata, con le medesime condizioni, nei confronti dei dirigenti medici del ruolo sanitario ma in tal caso non prima dei 65 anni.
A questa misura introdotta con il Dl 90/2014 si aggiunge la novella contenuta nel Dl 101/2013 secondo cui le amministrazioni pubbliche dovranno collocare in quiescenza forzosa i lavoratori che abbiano perfezionato un diritto a pensione al compimento del limite ordinamentale per la permanenza in servizio, cioè a 65 anni. In altri termini, anche laddove le Pa non attiveranno la risoluzione del rapporto a 62 anni, dovranno farlo al raggiungimento del limite ordinamentale per la permanenza in servizio, e comunque prima dell'età per la vecchiaia se - nel frattempo - il lavoratore raggiunge i requisiti per la pensione anticipata.
Come si ricorderà infatti l’articolo 2, comma 5, del Dl 101/2013 ha interpretato autenticamente l’articolo 24 della riforma Monti-Fornero nel senso che per i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni il limite ordinamentale – al raggiungimento del quale l’amministrazione deve far cessare il rapporto di lavoro se il lavoratore ha conseguito, a qualsiasi titolo, i requisiti per il diritto a pensione – non è modificato dall’elevazione dei requisiti anagrafici per la pensione di vecchiaia; si fa eccezione, dopo il che il Dl 90/2014 ha abolito il trattenimento in servizio, solo per far conseguire all’interessato la prima decorrenza utile della pensione. Pertanto sarà possibile superare il limite ordinamentale solo per far conseguire la pensione di vecchiaia quando l'interessato non ha maturato la pensione anticipata entro il 65° anno di età.
La risoluzione unilaterale del rapporto non è attivabile in nessun caso nei confronti dei magistrati, professori universitari, Avvocati e Procuratori dello Stato. Per costoro il pensionamento d'ufficio scatterà solo al raggiungimento del 70° anno di età.
Il grafico sottostante mostra gli effetti del Dl 90/2014 sui lavoratori del comparto pubblico che hanno raggiunto un diritto a pensione anticipata prima dell'età della vecchiaia. Le parti in rosso scuro indicano l'età minima per l'esercizio della risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro, ove ammissibile.
Il Decreto Pa è legge. La Camera approva lo stop ai quota 96 e ai precoci
Pensioni, resta il trattenimento in servizio per i dirigenti mediciZedde