Sergey

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Mi occupo di diritto della previdenza e del lavoro. Mi sono laureato nel 1976 in Giurisprudenza alla Cattolica. Dal 1985 lavoro all'Inps.

Renzi promette un dietrofront in occasione del Cdm del 20 Febbraio. Sui contributi si pensa a una proroga dell'aliquota che resterebbe bloccata al 27% per il 2015 invece di salire al 30% e via via la 33% nel 2018. Novità in arrivo anche con i decreti attuativi del jobs act: stop dal 2016 i co.co.pro. e i contratti a termine non potranno durare più di due anni, contro i 3 attuali.  

Kamsin Ancora pochi giorni prima di conoscere le intenzioni del Governo sul regime dei minimi delle partite Iva. Con un tweet ieri il premier Matteo Renzi ha tranquillizzato i professionisti penalizzati dalla legge di stabilità: il Consiglio dei ministri del 20 febbraio rimedierà a quello che lo stesso presidente del Consiglio ha definito il «più clamoroso autogol» del governo, cioè la stangata fiscale e contributiva ai danni delle partite Iva, soprattutto nel caso dei giovani professionisti free lance. In realtà la stangata contributiva non è opera diretta del Governo in quanto l'aumento era stato già programmato prima della legge di stabilità ma all'esecutivo va la responsabilità di non aver messo un argine all'aumento (l'aliquota è passata in un sol colpo da dal 27 al 30%).

I nuovi minimi. La correzione annunciata da Renzi riguarderà la norma della legge di stabilità che ha innalzato dal 5% al 15% l'aliquota forfettaria per le partite Iva introducendo soglie diverse di ricavi (da 15 mila dei professionisti a 40 mila euro dei commercianti) per accedere al regime agevolato (prima c'era una soglia unica di 30 mila euro). L'intervento prospettato è di modificare la soglia dei 15 mila euro prevista peri professionisti portandola almeno a 20 mila euro, avendo verificato che in molti denunciano ricavi tra i 15 e i 20 mila euro l'anno.

Si allarga così la platea dei beneficiari. Ma non basta. Si sta valutando anche l'ipotesi di ridurre l'aliquota al 10 contro il 15% disposta con la legge di stabilità. E, in questo caso, la modifica andrebbe a beneficio di tutte le partite Iva ammesse alla tassazione agevolata. Il nodo da sciogliere riguarda l'entrata in vigore delle modifiche, che potrebbero partire da gennaio 2016 perché il Tesoro vorrebbe evitare un cambio di aliquote in corso d'anno. In questo caso, nel Mileproroghe verrebbe prorogato per il 2015 il vecchio regime del 5% con la libertà di optare per quello previsto dalla legge di stabilità se ritenuto più favorevole. Sui contributi si pensa a una proroga dell'aliquota del 27% anche il 2015 invece di salire al 30%

I nuovi contratti. Cambio di passo anche per i contratti "flessibili" con i nuovi decreti del jobs act. Cambierà il regime per i co.co.co, che saranno meno convenienti dei nuovi contratti a tutele crescenti, mentre si va verso un superamento per i collaboratori a progetto (i co.co.pro.), che dovrebbero scomparire da gennaio 2016. Potrebbero sparire anche i contratti di associazione in partecipazione usati soprattutto nel commercio per mascherare come soci i lavoratori dipendenti. Qualche problema in più per i "lavori a chiamata", molto usati nei settori del commercio e della ristorazione.

seguifb

Zedde

I tributaristi da tempo sono promotori di pressioni sulla politica per un intervento nel settore della previdenza e in particolare per i professionisti titolari di partita Iva nella Gestione separata dell'Inps. Convegni e tavole rotonde hanno messo in evidenza la forte disparità di trattamento di questo settore professionale nei confronti del resto del comparto coperto dalle Casse di previdenza. Kamsin I veri professionisti con partita Iva non iscritti a ordini professionali e ora regolamentati dalla legge 4/2013 sono obbligati all'iscrizione Inps gestione separata che ha tre grosse problematiche: 1. non consente la ricongiunzione dei contributi; 2. provoca la perdita di contribuzione nel caso di versamenti inferiori ai cinque anni «i cosiddetti contributi silenti»; 3. ha delle aliquote insostenibili.

Cerchiamo di spiegare i vari punti: 1. Nella carriera lavorativa ci sono vari tipi di contribuzioni: commercianti, artigiani, lavoro dipendente ecc. Ebbene al momento della pensione si raduna il tutto e si sommano anni e monte contributivo per determinare la pensione. Questa regola non vale per la gestione separata. Prima ingiustizia!

2. Questa prima ingiustizia ne crea una seconda ancora più grave perché i contributi di vari anni da 5 a 10 anni possono andare perduti proprio perché non ricongiungibili. Sono i contributi pagati durante la carriera lavorativa per co.co.co., lavori a progetto, brevi periodi di lavoro autonomo proprio dai soggetti più deboli che debbono subire questa contribuzione perché i datori di lavoro cercano di mascherare il lavoro dipendente troppo oneroso. Ebbene se non si hanno almeno 5 anni di contribuzioni con un reddito minimo di circa 15 mila euro annui si perde tutto.

3. Dal 1° gennaio 2015 l'aliquota contributiva, grazie alla Riforma Fornero è del 30% e arriverà al 33%! Nessuno paga un'aliquota così pesante. Le commissioni lavoro del governo Berlusconi avevano concordato una Riforma più equa ma non si è fatto nulla per problema di cassa. Il governo Monti con la Fornero ha peggiorato la situazione. Il governo Letta aveva bloccato l'aliquota così come il governo Renzi nel dicembre 2013. A dicembre 2014 sono stati bloccati tutti gli emendamenti così che ci troviamo con lo spettro del 33%.

Il premier Matteo Renzi ha pubblicamente dichiarato l'impegno per le Partite Iva; il presidente della Commissione lavoro della camera Cesare Damiano così come la vicepresidente Renata Polverini hanno promesso un serio intervento per una equa riforma. Programmi Rai Tv tra i più seguiti tipo Ballarò e Report hanno più volte approfondito il problema. Non possiamo più attendere! Non potremo sicuramente sostenere un onere così elevato nell'anno 2015. Ad alta voce chiediamo un intervento immediato del governo per porre fine a queste profonde ingiustizie.

seguifb

Zedde

A cura dell'ufficio stampa dell'Associazione Nazionale Consulenti Tributari

Una risoluzione Pd punta a elevare tutte le soglie di ricavi o compensi per l'accesso al nuovo forfettario al di sotto dei 30mila euro.

Kamsin Alcuni deputati Pd presenteranno oggi una risoluzione in Commissione Finanze alla Camera ed un emendamento al decreto legge milleproroghe per modificare il regime forfettario delineato dalla legge di stabilità e finito al centro di critiche per l'inasprimento del prelievo fiscale rispetto ai minimi con imposta sostitutiva al 5 per cento.

L'obiettivo è elevare tutte le soglie di ricavi o compensi per l'accesso al nuovo regime forfettario al di sotto dei 30mila euro e dare una boccata d'ossigeno a professionisti, agenti di commercio, partite iva del settore immobili e costruzioni e dei commercianti ambulanti che altrimenti rischierebbero, con le attuali soglie (tra i 15 e i 20mila euro) di uscire rapidamente dal regime agevolato e perdere le semplificazioni, a partire dall'anno d'imposta successivo.

In cantiere c'è anche un emendamento al decreto legge milleproghe, sostenuto dal Presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, che intende ridurre la percentuale di contribuzione per professionisti senza cassa e freelance iscritti alla gestione separata Inps che da quest'anno è salita dal 27,72 al 30,72% (compresa la quota maternità).  Anche la deputata di Area popolare (NcdUdc) Barbara Saltamartini aveva preannunciato martedì un intervento per fermare l'aumento dell'aliquota sui contributi Inps di autonomi e professionisti.

Duro il giudizio delle associazioni di freelance e partite Iva sull'operato del Governo. Secondo Anna Soru, presidente di Acta: «Finora Renzi ha fatto solo delle promesse e intanto sono entrati in vigore sia i nuovi minimi sia l'aumento  della contribuzione alla gestione separata dell'Inps. Se sommiamo le due voci siamo già oltre il 50% di tassazione a fronte di un sistema di welfare inesistente». In un eventuale provvedimento indirizzato a favorire l'attività e lo sviluppo dei freelance Sorti pensa che si debba intervenire anche sulle detrazioni per le spese professionali. «Le spese di trasferta, solo per fare un esempio, sono plafonate al 2%».

seguifb

Zedde

Ma il quadro che esce ripropone l'immagine di un mercato del lavoro fitto di contraddizioni. Il maggior tasso di rioccupazione interessa infatti chi percepisce assegni medi o elevati.

Kamsin Cresce il numero dei pensionati che hanno deciso di lavorare dopo aver conseguito la pensione. E' quanto emerge da uno studio presentato in Senato da Fabrizio Patriarca, ricercatore e collaboratore di Tito Boeri a lavoce.info. Tra il 2007 e il 2012 i pensionati oltre i 60 anni che lavorano sono aumentati di 556mila unità. Secondo i dati Istat proposti da Patriarca nel 2012 i pensionati che lavorano sono arrivati a quota 1.976.810 e i 556mila in più sono così distribuiti: 241 mila (+12,6%) di età compresa tra i 60 e i 64 anni e 315 mila ultra-sessantacinquenni (+3%).

Eppure a beneficiare della recente facoltà di cumulo del reddito con la pensione non sono i pensionati con i redditi piu' bassi che maggiormente ne avrebbero bisogno. Infatti sono solo il 10,2% si quei pensionati over 60 che lavorano sul totale dei pensionati con classe di reddito tra i 500 e i 2mila euro al mese; mentre sono il 13,5% di quelli con redditi tra 2 e 3mila euro al mese fino al 23,9% per chi sta sopra i 3mila euro al mese. In questa fascia alta, dunque, un pensionato over 60 su quattro continua a lavorare. I dati raccolti da Patriarca su fonti Istat, Inps e ministero del Lavoro rappresentano naturalmente una stima per difetto, che non comprende i pensionati che lavorano in nero. Probabilmente se si tenesse conto anche di questo dato i pensionati con classe di reddito inferiore sarebbero destinati ad aumentare.

Focalizzandosi sulle fasce di età si scopre che due anni fa lavorava il 27,7% dei pensionati di età compresa tra i 60 e i 64 anni, in pratica uno su tre; il dato si ferma al 12,6 % tra i 65-75enni e all'1% per gli over 75. I lavori piu' gettonati dopo la pensione? La maggior parte dei pensionati risulta impiegata in un'attività di lavoro autonomo, soprattutto consulenti con partite iva, o sono diventati soci di una società, prevalentemente una società di persone o una srl. Solo il 15% è stato reimpiegato in attività lavorative subordinate.

seguifb

Zedde

Fuori dalle salvaguardie ci sono ancora decine di migliaia di lavoratori che avrebbero maturato un diritto previdenziale entro il 2018. Gli esodati chiedono di riconoscere un ultimo intervento.

Kamsin "Riconoscere il diritto alla pensione con le regole ante manovra Monti-Fornero a tutti coloro che non erano più occupati al 31.12.2011 per avvenuta risoluzione contrattuale a qualsiasi titolo, oppure avevano entro quella data sottoscritto accordi collettivi o individuali che come esito finale prevedevano il futuro licenziamento e che maturano il requisito pensionistico con le previgenti norme entro il 31.12.2018".

E' quanto torna a ribadire Giuliano Colaci, uno dei coordinatori della Rete dei Comitati degli esodati, gruppo che riunisce migliaia di lavoratori rimasti esclusi dalle attuali sei tutele (l'ultima con la legge 147/2014). "Nei giorni scorsi - ricorda Colaci - è successo un fatto gravissimo che ci ha buttato nello sconforto più totale, questa volta a farla grossa è stato il Commissario dell'inps il Dott. Treu, dove in due occasioni, in commissione senato prima e poi in una intervista a radio24, ha dichiarato che il problema esodati non esiste più in quanto sanato, escludendo casi sporadici e di poco conto." 

Ben altre le richieste della Rete che preme piuttosto per l'approvazione di una ulteriore tutela che consenta il mantinmento delle regole ante-Fornero a circa 49.500 persone. La stima, ricordano dalla Rete, è stata diffusa dallo stesso Governo in occasione di una interrogazione formulata dalla Commissione Lavoro della Camera lo scorso 15 Ottobre 2014.

 

In tale occasione l'Onorevole Gnecchi (Pd) ha chiesto all'Inps e al ministero del Lavoro di indicare quanti sarebbero i lavoratori da tutelare qualora si decidesse di allungare di 3 anni (dal 6 gennaio 2016 al 6 gennaio 2019) gli attuali profili di tutela.

Seguifb

Zedde

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