Sergey

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Mi occupo di diritto della previdenza e del lavoro. Mi sono laureato nel 1976 in Giurisprudenza alla Cattolica. Dal 1985 lavoro all'Inps.

Coloro che hanno svolto lavori particolarmente faticosi e pesanti, riconosciuti come usuranti, hanno la possibilità di andare in pensione prima rispetto all'età ordinaria per la vecchiaia con un'anzianità contributiva di almeno 35 anni ed un'età di 61 anni e 3 mesi.

Kamsin Ultimi giorni per presentare le domande per accedere ai benefici dei lavori usuranti. I lavoratori addetti a «lavorazioni particolarmente faticose e pesanti», che perfezionano il diritto al pensionamento anticipato nell'anno 2015, hanno tempo fino al 1° marzo prossimo per presentare la domanda di riconoscimento del beneficio all'Inps. Il decreto legislativo 67/2011 riconosce ai lavoratori addetti ad attività usuranti il diritto di andare in pensione con un regime agevolato.

Le attività in questione sono individuate nell'articolo 1 del Dlgs 67/2011 e sono riconducibili a quattro macro-categorie.

a) Lavoratori impegnati in mansioni particolarmente usuranti di cui all'articolo 2 del decreto del ministero del lavoro del 19 Maggio 1999.

Si tratta dei lavoratori adibiti a lavori svolti in galleria, cava o miniera; i lavori ad alte temperature; i lavori in cassoni ad aria compressa; le attività per l’ asportazione dell’ amianto; le attività di lavorazione del vetro cavo; i lavori nella catena di montaggio; lavori svolti dai palombari; lavori espletati in spazi ristretti.

b) Lavoratori notturni come definiti e ripartiti ai soli fini del dlgs 67/2011 nelle seguenti categorie: 1) lavoratori a turni che prestano lo loro attività nel periodo notturno per almeno 6 ore per un numoero minimo di giorni lavorativi all'anno non inferiore a 64; 2) lavoratori che prestano la loro attività per almeno 3 ore nell'intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino per periodi di lavoro di durata pari all'intero anno lavorativo.

c) i lavoratori alle dipendenze di imprese per le quali operano le voci di tariffa per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. 

Si tratta dei lavoratori indicati nell'elenco n. 1 contenuto nell'allegato 1 allo stesso dlgs 67/2011, cui si applicano i criteri per l'organizzazione del lavoro previsti dall'articolo 2100 del cc, impegnati all'interno di un processo produttivo in serie, contraddistinto da un rimo determinato da misurazione di tempi di produzione con mansioni organizzate in sequenze di postazioni, che svolgano attività caratterizzate dalla ripetizione costante dello stesso ciclo lavorativo su parti staccate di un prodotto finale, che si sostano a flusso continuo o a scatti con cadenze brevi determinate dall'organizzazione del lavoro o della tecnologia, con esclusione degli addetti a lavorazioni collaterali a linee di produzione, alla manutenzione, al rifornimento materiali, ad attività di regolazione o controllo computerizzato delle linee di produzione e al controllo qualità.

d) i conducenti di veicoli, di capienza complessiva non inferiore a 9 posti, adibiti a servizio pubblico di trasporto collettivo.

Il periodo minimo di attività - Per godere dei benefici i lavoratori devono avere svolto queste attività per almeno 7 anni, compreso l'anno di maturazione dei requisiti, negli ultimi dieci anni di attività lavorativa (per le pensioni aventi decorrenza dal 1° Gennaio 2018 tali attività devono essere state svolte per almeno la metà della vita lavorativa complessiva).

Il Pensionamento nei lavori usuranti. Per maturare il diritto al pensionamento anticipato nel 2015, un lavoratore addetto ad attività usurante deve raggiungere quota 97,3 con almeno 35 anni di contributi e 61 anni e 3 mesi di età. Per i notturni con meno di 78 notti lavorate i requisiti da raggiungere sono elevati sino a due anni, così come per i lavoratori autonomi (si veda la tabella riassuntiva dei requisiti).

Una volta perfezionati i requisiti, si dovrà attendere, per la decorrenza della pensione, l'apertura della cosiddetta finestra mobile. La decorrenza è fissata 12 o 18 mesi dopo la maturazione dei requisiti, a seconda che la pensione sia liquidata a carico di una gestione dei dipendenti o degli autonomi.

La domanda. Per l'accesso al beneficio gli interessati devono presentare apposita domanda alla sede INPS entro il 1° Marzo 2015 se in tale anno si maturano i requisiti agevolati; la domanda è volta ad ottenere il riconoscimento di lavoro usurante e quindi non è da confondere con la domanda di pensione che sarà presentata solo in un momento successivo, previa comunicazione di accogliemento della domanda di accertamento di aver svolto lavoro usurante (che avviene entro il 30 Ottobre 2015).

Un esempio. Immaginiamo un lavoratore che ha svolto attività usuranti e che matura la quota 97,3, ad esempio, nel settembre 2015: costui sarà chiamato a presentare la domanda volta al riconoscimento del beneficio entro il prossimo 1° marzo. Entro il 30 Ottobre 2015 riceverà, se tutto fila liscio, la conferma dall'Inps di poter accedere al beneficio con l'indicazione della data di decorrenza (si presume dal 1° Ottobre 2016, per via delle finestre mobili). A questo punto, per accedere alla pensione non gli resterà altro che fare domanda di pensione verso agosto-settembre 2016.

Il rispetto della scadenza del 1° marzo è importante. Infatti la presentazione della domanda oltre i termini sopra indicati comporta, in caso di accertamento positivo dei requisiti, il differimento del diritto alla decorrenza da uno a tre mesi a seconda dei mesi di ritardo.

Nello specifico il differimento è pari:
- ad un mese, per un ritardo della presentazione massimo di un mese;
- a due mesi, per un ritardo della presentazione superiore ad un mese ed inferiore a tre mesi;
- a tre mesi per un ritardo della presentazione pari o superiore a tre mesi.

La possibilità di fruire dei benefici in parola dipende inoltre dalle coperture finanziarie che sono state messe a disposizione dal Dlgs 67/2011 di anno in anno. Qualora risultassero insufficienti la data di decorrenza indicata dall'inps potrebbe spostarsi.

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Zedde

Per la prestazione è necessario avere accertata una invalidità da cui deriva una perdita della capacità lavorativa di oltre due terzi. Bisogna avere, inoltre, almeno 5 anni di contributi versati nell'AGO.

Kamsin L'assegno ordinario di invalidità è una prestazione economica, non reversibile, erogata ai lavoratori iscritti all'AGO e in alcuni fondi sostitutivi con infermità fisica o mentale, che determini una riduzione, superiore ai 2/3, della capacità lavorativa. Per avere diritto alla prestazione, inoltre, è necessario che il lavorare abbia avuto accreditati cinque anni di contribuzione, di cui tre nel quinquennio precedente alla data di presentazione della domanda amministrativa. La prestazione è regolata dalla legge 222/1984 e non va confusa con l'assegno di invalidità civile (articolo 13, legge 118/1971) che è invece una prestazione assistenziale, slegata dai contributi versati ed ottenibile dai soggetti che rispettano determinati requisiti reddituali.

Vediamo dunque di esaminare i principali aspetti di tale disciplina.

I destinatari. L'assegno ordinario di invalidità può essere chiesto dai lavoratori dipendenti , dagli autonomi e dai lavoratori parasubordinati mentre non può essere ottenuto dai lavoratori del pubblico impiego per i quali restano in vigore discipline speciali. Non esiste un requisito anagrafico per il conseguimento della prestazione ma solo il requisito medico-legale ed uno contributivo. 

Il requisito medico legale. Per avere diritto all'assegno, ai sensi dell'articolo 1, commi 1 e 2 della legge 222/1984, è necessario che l'assicurato abbia una capacità di lavoro ridotta in modo permanente, a causa di infermità o di un difetto fisico o mentale, a meno di un terzo. Si tenga presente, tuttavia, che l'esistenza del requisito medico-legale deve essere effettuata in relazione all'attività lavorativa confacente alle capacità dell'assicurato. In tale quadro, pertanto, non è possibile porre a fondamento della determinazione dell'invalidità le tabelle previste per la valutazione dell'invalidità civile. Queste ultime infatti sono dettate per l'acccertamento della diminuzione della capacità di lavoro generica mentre per l'assegno di invalidità è necessario verificare la diminuzione della capacità di lavoro in occupazione confacenti alle attitudini specifiche dell'assicurato.

Detto questo il diritto all'assegno sussiste anche nei casi in cui la riduzione della capacità lavorativa, nella misura appena indicata, preesista al rapporto assicurativo, perchè vi sia stato un successivo aggravamento o siano sopraggiunte nuove infermità.

Il requisito contributivo. L'ulteriore requisito necessario per il riconoscimento dell'assegno di invalidità è quello cosiddetto contributivo. L'assegno infatti può essere attribuito ai lavoratori assicurati che siano iscritti al fondo da almeno 5 anni e che risultino accreditati o versati a loro favore almeno 5 anni di contribuzione di cui 3 nel quinquennio precedente la data di presentazione della domanda amministrativa con la quale si chiede la prestazione.

A tali fini vanno esclusi secondo l'articolo 37 del Dpr 818/1957, i periodi di assenza per astensione facoltativa dopo il parto, oggi il congedo parentale; i periodi di lavoro subordinato all'estero che non siano protetti agli effetti delle assicurazioni interessati in base a convenzioni o da accordi internazionali; i periodi di servizio militare eccedenti il periodo corrispondente al servizio di leva; i periodi di malattia superiori ad un anno, i periodi di iscrizione a forme di previdenza obbligatorie diverse da quelle sostitutive dell'assicurazione Ivs per i quali sia stabilito altro trattamento obbligatorio di previdenza, quando non diano luogo a corresponsione di pensione. Al verificarsi di uno di questi eventi, i periodi corrispondenti vengono considerati neutri ai fini della determinazione del requisito contributivo. Ciò comporta che l'arco temporale per la determinazione del quinquennio lavorativo e l'individuazione del triennio di contribuzione necessaria per il perfezionamento del requisito va retrodatato per un lasso di tempo corrispondente al periodo neutro.

La decorrenza. La prestazione avrà, in caso di sussistenza sia del requisito contributivo che di quello medico-legale, decorrenza dal primo giorno successivo alla data di presentazione della domanda amministrativa.

La valenza figurativa dei periodi di fruizione dell'assegno. Nell'ipotesi in cui, per qualsiasi motivo, l'assegno ordinario di invalidità viene a cessare, i periodi di godimento della medesima prestazione nei quali non si è stata prestata attività lavorativa, vengono considerati figurativamente  utili ai fini del conseguimento dei requisiti di contribuzione per un eventuale altro riconoscimento dell'assegno o per il conseguimento della pensione di vecchiaia. In tale ipotesi il riconoscimento è utile solo ai fini del diritto ma non della misura della prestazione. L'agevolazione, tuttavia è attribuibile solo ai lavoratori dipendenti e non ai prestatori di lavoro autonomo.

La durata dell'assegno. La prestazione previdenziale è riconosciuta per un periodo di tre anni ed è confermabile, su domanda del titolare, per periodi della stessa durata qualora permangano le condizioni medico legali che diedero luogo alla liquidazione. La domanda di conferma va presentata entro i 6 mesi dalla data di scadenza del triennio e sino al 120° giorno successivo alla scadenza medesima.  Dopo tre riconoscimenti consecutivi l'assegno di invalidità è confermato automaticamente, ferma restando la facoltà di revisione.  Da ciò consegue che dopo il terzo riconoscimento continuo non è piu' necessario presentare all'Inps la domanda di conferma dell'assegno.

La revisione. Secondo quanto dispone l'articolo 9 della legge 222/1984 l'Inps può in qualsiasi momento (e quindi sia nel corso dei primi tre trienni che dopo la conferma definitiva) sottoporre il titolare della prestazione ad accertamenti medico legali per la revisione dello stato di invalidità. Normalmente tale verifica viene rimessa la libera determinazione dell'ente previdenziale. La revisione, invece, deve essere necessariamente disposta nell'ipotesi in cui risulti che nell'anno precedente il titolare della prestazione abbia percepito un reddito da lavoro dipendente, con esclusione di trattamento di fine rapporto, ovvero un reddito da lavoro autonomo o professionale o d'impresa per un importo lordo annuo, al netto dei soli contributi previdenziali, superiore a tre volte l'ammontare del trattamento inps minimo (cioè per il 2015 circa i 1500 euro al mese).

L'Importo. L’assegno è calcolato sulla base dei contributi effettivamente versati. Il sistema di calcolo è misto se c'era contribuzione antecedente il 1996 secondo quanto prevedono le regole generali: retributivo sino al 2011 se c'erano almeno 18 anni di contributi accreditati entro il 31.12.1995 e contributivo sulle quote successive; oppure, se c'erano meno di 18 anni di contributi al 31.12.1995, il calcolo contributvo scatta su tutte le quote successive al 1° gennaio 1996. Per gli iscritti successivi al 1996 il calcolo è tutto contributivo.   

Per quanto riguarda il calcolo effettuato con il sistema contributivo si deve prendere a base il coefficiente di trasformazione corrispondente al 57 esimo anno di età ove l'assicurato abbia un'età inferiore a quella appena indicata.

Integrazione al minimo. Qualora l'assegno risulti inferiore al trattamento minimo delle singole gestioni, lo stesso potrà essere integrato al trattamento minimo della gestione stessa. L'integrazione comunque non spetta ai soggetti che posseggono redditi propri assoggettabili all'imposta sul reddito delle persone fisiche per un importo superiore a due volte l'ammontare annuo della pensione sociale. Per i soggetti coniugati e non separati legalmente, l'integrazione non spetta qualora il reddito, accumulato con quello del coniuge, sia superiore a tre volte l'importo della pensione sociale. Dal computo di tali redditi va escluso quello derivante dalla casa di abitazione.

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Zedde

Il decreto interviene sul Testo unico del 2001 sulla maternità e la paternità (Dlgs 151) allungando i termini dei diritti di sospensione dall'attività lavorativa per l'assistenza dei figli naturali o adottivi.

Kamsin Estensione del congedo anche per le lavoratrici autonome, allungamento del periodo di utilizzo del congedo parentale fino a sei mesi e possibilità di fruirne anche su base oraria con una forma di part-time al 50%. Sono queste le novità più importanti in arrivo sul fronte delle politiche di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro contenute nel decreto legislativo varato venerdì dal Consiglio dei ministri e ora al vaglio delle Camere.

Si tratta del quarto decreto di attuazione della legge delega (qui il testo diffuso da Palazzo Chigi), un provvedimento rivolto alla famiglia con l'intento di rendere più facile la conciliazione tra il lavoro e la cura dei figli. Il testo, come ormai avviene sempre, è ancora suscettibile di modifiche dell'ultimo momento e dovrà poi passare al vaglio del Parlamento per il parere non vincolante.

Le novità. La fruizione del congedo parentale sarà possibile fino al dodicesimo anno di età del figlio (non più l'ottavo) mentre per il trattamento economico collegato (30% dello stipendio nel semestre) l'estensione va dai primi 3 anni del bimbo ai primi 6 anni. Inoltre il trattamento per i genitori adottivi sarà totalmente equiparato a quello dei genitori naturali, periodi di congedo compresi. Esteso anche il periodo di congedo pagato con indennità (fino a una certa soglia di reddito) fino ai 12 anni del figlio e non più degli 8 come previsto ora. Congedi di cui sarà possibile usufruire anche in maniera frazionata a ore e non solo giornaliera.

Particolarmente importante l'estensione della maternità alle lavoratrici autonome e del settore agricolo che potranno (non dovranno) assentarsi per 5 mesi con un assegno pagato. Una misura che sarà garantita in maniera automatica a tutte le lavoratrici iscritte alla gestione separata Inps, anche qualora il datore di lavoro non abbia versato i relativi contributi (ora invece in questo caso l'indennità non viene pagata). Ancora, il padre libero professionista potrà ricevere l'indennità di maternità in caso di impossibilità della madre di goderne.

La novità si affianca al debutto del congedo di tre mesi per le donne vittima di violenza di genere. Si tratta di un congedo particolare di 3 mesi retribuito al 100% per le donne vittime di violenza di genere, che potranno anche scegliere di cambiare il loro impegno a tempo pieno in parttime ed eventualmente poi ritornare alla condizione iniziale.

Le misure hanno carattere sperimentale per il solo 2015 e sono finanziate con 222 milioni di euro prelevati dall'apposito fondo da 2,2 miliardi previsto per quest'anno dalla legge di Stabilità.

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Zedde

Il Governo presenta il decreto legislativo che riduce la precarietà. «L'area grigia del lavoro parasubordinato che in questi anni si è estesa a dismisura» ha spiegato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, «sarà cancellata».

Kamsin Con il via libera definitivo del Consiglio dei ministri al terzo decreto del jobs act, dal vocabolario scomparirà la parola co.co.pro. Una volta che il decreto avrà il suo ok definitivo (al massimo un paio di mesi), non potranno più essere attivati nuovi contratti di collaborazione a progetto. E anche se quelli già in essere potranno proseguire fino alla loro scadenza, a partire dal gennaio 2016, ai rapporti di collaborazione "mascherati" cioè quelli personali con contenuto ripetitivo ed etero-organizzati dal datore di lavoro saranno applicate le norme del lavoro subordinato. Potranno invece restare altri tipi di collaborazioni con riferimento a quattro tipologie, prime fra tutte quelle regolamentate da accordi collettivi che prevedono discipline specifiche relative al trattamento economico e normativo legate alle esigenze produttive e organizzative del relativo settore.

L'operazione secondo le stime del governo, dovrebbe far migrare nei prossimi mesi ben duecentomila finte collaborazioni dalla formula co.co.pro al contratto a tutele crescenti.

Sotto l'accetta del governo cadono anche il contratto di associazione in partecipazione e il job sharing. Resta quello a chiamata, i voucher (il tetto di reddito massimo del lavoratore passa però da 5.000 a 7.000), l'apprendistato (con la riduzione del 35% degli oneri di formazione per l'impresa); lo staff-leasing (senza causali).

Contratti a termine. Non ci sono modifiche per i contratti a termine che escono con lo stesso profilo che avevano assunto dopo il decreto Poletti dell'anno scorso. La durata massima resta a 36 mesi e in questo arco di tempo possono essere prorogati fino a cinque volte. Il numero complessivo di contratti a termine non potrà superare il 20% del numero di lavoratori a tempo indeterminato ma questo limite prevede diverse deroghe, tra cui le start up, i casi di sostituzione di lavoratori assenti o i lavoratori con più di 55 anni.

Demansionamento e Part-time. Potenziato il diritto del lavoratore al part-time, soprattutto di fronte a situazioni di patologie croniche. Via libera anche al demansionamento (al massimo di un livello), a invarianza di stipendio base.  Il provvedimento prevede che il datore di lavoro potrà modificare unilateralmente le mansioni nei casi di riorganizzazione o ristrutturazione aziendale, quando cioè sussistono ragioni tecnico-produttive oggettive.

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Zedde

Nel decreto legge milleproroghe non sono state approvate nuove deroghe alla Riforma Fornero. All'interno del Pd tuttavia cresce il fronte per chiudere i conti con il fenomeno degli «esodati», cioè coloro che erano già in quiescenza quando sono stati alzati i limiti d'età e che sono rimasti senza stipendio e senza pensione.

Kamsin L'approvazione del decreto legge milleproroghe contiene notizie positive, sul fronte previdenziale, solo per i lavoratori con partita Iva iscritti in via esclusiva alla gestione separata. Per loro l'aliquota dei contributi previdenziali verrà riportata al 27,72% quest'anno contro il 30,72% previsto dalla attuale disciplina. Un traguardo questo, raggiunto dopo una lunga maratona in Commissione alla Camera durata tutta la settimana.

Ma se a cantar vittoria possono essere i professionisti senza cassa non l'hanno invece spuntata gli esodati, nonostante i tentativi dei gruppi politici di opposizione (soprattutto della Lega Nord) di chiedere una estensione delle tutele. Il Governo ha infatti blindato il testo del provvedimento.

Finora sono stati sei i provvedimenti che hanno «salvaguardato» gli esodati, cioè consentito loro di andare in pensione con le regole in vigore prima della legge Fomero proprio per evitare che rimanessero senza reddito. L'ultima mossa è stata fatta con la legge 147/2014, la sesta salvaguardia, le cui procedure si sono chiuse lo scorso 5 gennaio 2015. In tutto le persone messe in sicurezza (o che almeno sulla carta lo saranno dopo l'elaborazione delle graduatorie da parte dell'Inps) saranno poco piu' di 170mila per una spesa stimata di 11,6 miliardi di euro.

Secondo le stime della Cgil a restare senza tutela c'è però almeno un numero pari a quello dei salvaguardati. Basti pensare che le stime fornite dal Governo alla Commissione Lavoro della Camera lo scorso 15 Ottobre hanno dimostrato che ci sono almeno altre 49.500 persone che sono rimaste escluse dalla tutela. Ma il numero non tiene conto degli esclusi "storici" come le quindicenni dimissionarie, chi ha perso il lavoro per il fallimento dell'azienda, chi ha beneficiato del trattamento edile, eccetera. E il conto si ferma a chi il lavoro lo aveva perso entro il 2011; cioè senza considerare i lavoratori che nei prossimi mesi potrebbero diventare esodati, sempre per effetto dello spostamento in avanti dell'età pensionabile e della perdita del lavoro dopo il 2011.

Per ora l'unico, seppur insufficiente, passo avanti sta nell'introduzione dell'Asdi, un sostegno al reddito che potrà scattare per chi il lavoro lo ha perso però dal 1° maggio 2015 ed ha esaurito la Naspi. La misura è contenuta nel decreto delegato sugli ammortizzatori sociali (Jobs Act) e si potrà attivare proprio per aiutare le persone vicine alla pensione. L'assegno sarà erogabile, però, solo in favore dei soggetti che siano privi di occupazione ed in condizione economica di bisogno e per i quali l'intera durata della NASpI sia stata fruita entro il 31 dicembre 2015.

L'assegno sarà erogato mensilmente per una durata massima di sei mesi e sarà pari al 75 per cento dell'ultima indennità NASpI percepita, e, comunque, in misura non superiore all'ammontare dell'assegno sociale (circa 448 euro al mese); l'importo potrà essere incrementato per gli eventuali carichi familiari del lavoratore. Come dire che solo una piccola parte delle centinaia di migliaia di lavoratori ne potra' trovare ristoro.

All'approvazione di nuovo intervento in favore di coloro che dopo la riforma delle pensioni fatta dal governo Monti, sono rimasti o rischiano di rimanere senza stipendio e senza pensione stanno comunque lavorando Maria Luisa Gnecchi e Cesare Damiano (Pd), il presidente della commissione Lavoro della Camera. L'obiettivo, condiviso anche dalla minoranza dem, è quello di addivenire in tempi rapidi all'elaborazione di un documento base per una settima salvaguardia da sottoporre all'esecutivo.

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Zedde

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