Redazione

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Il Sud a rischio desertificazione industriale e sociale: per la prima volta il numero di occupati ha sfondato al ribasso la soglia psicologica dei 6 milioni, il livello piu' basso dal 1977. Kamsin Lo annuncia Svimez nelle anticipazioni del Rapporto 2014 sull'economia del Mezzogiorno. Nel 2013, si legge nel rapporto, sono andati persi 478mila posti di lavoro in Italia, di cui 282mila al Sud. Posti di lavoro persi soprattutto tra i lavoratori giovani under 34 e al Sud (-12% contro il -6,9% del Centro-Nord).

La nuova flessione riporta il numero degli occupati del Sud per la prima volta nella storia a 5,8 milioni, sotto la soglia psicologica dei 6 milioni: si tratta del livello piu' basso almeno dal 1977, anno da cui sono disponibili le serie storiche basi di dati. Tornare indietro ai livelli di quasi quarant'anni fa "testimonia, da un lato, il processo di crescita mai decollato, e, dall'altro, il livello di smottamento del mercato del lavoro meridionale e la modifica della geografia del lavoro".

Guardando i numeri a partire dall'inizio della crisi il Mezzogiorno, come spiega Svimez, tra il 2008 ed il 2013 registra una caduta dell'occupazione del 9%, a fronte del -2,4% del Centro-Nord. Delle 985mila persone che in Italia hanno perso il posto di lavoro, ben 583mila sono residenti nel Mezzogiorno. Nel Sud, dunque, pur essendo presente appena il 26% degli occupati italiani si concentra il 60% delle perdite determinate dalla crisi. Anche i dati piu' recenti non danno segni di miglioramento: tra il primo trimestre del 2013 e quello del 2014 gli occupati scendono di 170mila unita' nel Sud e di 41mila al Centro-Nord. In altri termini, le tendenze piu' recenti segnalano che al Sud si concentra oltre l'80% delle perdite dei posti di lavoro italiani.

Da segnalare inoltre nel 2013 l'aumento del tasso di disoccupazione. Quello "ufficiale" nel 2013 e' stato del 19,7% al Sud e del 9,1% al Centro-Nord, a testimonianza del permanente squilibrio strutturale del nostro mercato del lavoro.

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Nel 2012 le donne, nel trattamento pensionistico, hanno rappresentato il 52,9% dei beneficiari (8.774.099), ma gli uomini percepiscono la quota maggioritaria della spesa (il 56%, pari a 152 miliardi di euro). Kamsin E' quanto emerge dalla rilevazione annuale sui redditi provenienti dalle pensioni e sui beneficiari condotta da Istat e Inps, a partire dai dati dell'archivio amministrativo - Casellario centrale dei pensionati.

L' importo medio delle pensioni e' piu' basso tra le donne (8.965 euro contro 14.728 euro) e si riflette anche in un piu' contenuto reddito pensionistico medio, pari a 13.569 euro contro i 19.395 euro degli uomini. Gli uomini percepiscono importi piu' elevati delle donne su tutto il territorio nazionale, ma in alcune regioni si registrano diseguaglianze piu' marcate. La Liguria e' la regione in cui il reddito pensionistico degli uomini presenta lo scarto maggiore rispetto a quello delle donne (e' del 53,9% piu' elevato), seguita da Lazio (52,1% in piu'), Lombardia (51,8%) e Veneto (51,6%). 

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Nel Decreto sulla Pubblica Amministrazione ci sono due importanti misure di correzione del sistema previdenziale targato Fornero: la prima riguarda i Quota 96 della scuola, che sana un errore madornale della “riforma” che ha intrappolati fino ad oggi oltre 4.000 insegnanti. Kamsin  La seconda, relativa alla eliminazione delle penalizzazioni a carico di coloro che vanno in pensione di anzianità prima dei 62 anni: una vera e propria vessazione a carico dei lavoratori precoci. E' quanto ha indicato oggi l'ex ministro del lavoro Cesare Damiano presidente della Commissione Lavoro della Camera nel commentare le novità contenute nel decreto legge di riforma della pubblica amministrazione in materia previdenziale.

"Queste correzioni sono molto sentite ed attese dai lavoratori e, per la scuola, si apre la possibilità di assumere 4.000 nuovi insegnanti: una bella risposta alla disoccupazione intellettuale dei giovani. Queste misure, sostenute da un ampio schieramento di forze, debbono andare a buon fine: una nuova delusione sarebbe fonte di grave conflitto politico" ha concluso Damiano.

Oggi si è infatti tenuta alla Camera la prima discussione sulle linee generali del decreto legge 90/2014 e la discussione riprenderà nella giornata di domani.

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 Aumenta il numero dei licenziamenti nell'azienda della bevanda piu' bevuta del mondo. Coca Cola ha aperto infatti in questi giorni una procedura di licenziamento collettivo per 249 dipendenti, che si sommano agli esuberi derivanti dalla chiusura della struttura di Campogalliano, in provincia di Modena, portando a "piu' di 300" i dipendenti tagliati in Italia. Kamsin E' quanto hanno indicato la Fai-Cisl, la Flai-Cgil e la Uila-Uil in una nota, con la quale annunciano uno sciopero di 8 ore e un presidio davanti alla sede di Assolombarda giovedi' 31 luglio, quando si terra' l'incontro tra sindacati e azienda. I sindacati definiscono i licenziamenti "un fulmine a ciel sereno" arrivato il 16 luglio, lo stesso giorno in cui e' stato sottoscritto l'accordo integrativo di gruppo, che prevede un premio totale di circa seimila euro per il periodo 2014-2016.

"E' il terzo anno consecutivo che Coca Cola decide di ridimensionare gli organici, una cura dimagrante che ha causato la perdita del posto di lavoro a piu' di mille dipendenti", denunciano i sindacati, dal momento che in pochi anni la multinazionale americana e' passata da oltre tremila dipendenti in Italia a poco piu' di duemila. Nel 2013, nonostante la crisi, la divisione italiana del gruppo - riferiscono i sindacati - ha generato "70 milioni di euro di utili": "Il ruolo dell'Italia - sottolineanto - e' quello di un bancomat, dove si passa soltanto a prelevare per fare occupazione in altri luoghi d'Europa, luoghi dove i diritti e i salari dei lavoratori sono nettamente inferiori".

Fai, Flai e Uila hanno avuto il 25 luglio un incontro in Assolombarda per respingere la procedura di mobilita', per convincere la societa' a mettere in campo investimenti e strumenti alternativi ai licenziamenti. Coca Cola ha ribadito pero' l'indisponibilita' a ritirare la procedura di licenziamento, dicono i rappresentanti dei lavoratori.

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Ventiquattro contratti di sviluppo, investimenti per 1,44 miliardi, 700 dei quali finanziati dallo Stato attraverso i fondi Ue, che "creeranno o salvaguarderanno 25 mila posti di lavoro". Kamsin Sono queste le cifre annunciate oggi a palazzo Chigi dal premier Matteo Renzi insieme al ministro dello Sviluppo Federica Guidi e al sottosegretario alla presidenza Graziano Delrio. L'80% dei contratti, sostiene il governo, interesserà  le regioni del Sud e sara' quindi "concentrato nelle quattro regioni dell'obiettivo Convergenza, ovvero Campania, Calabria, Puglia e Sicilia".

Il 44% dei programmi di investimento e' promosso da imprese controllate da gruppi esteri. Nel dettaglio, dei 24 contratti firmati oggi, 20 riguardano l'industria, 3 il turismo e uno il commercio. Complessivamente, si legge nel documento messo a disposizione del governo, fino ad oggi, sono stati approvati 36 programmi di investimento strategici in larghissima parte localizzati nelle regioni del Mezzogiorno. Si va dalla produzione di energia alle telecomunicazioni e tra le principali imprese coinvolte figurano Telecom, Vodafone, Bridgestone e Unilever.

Ma i contratti riguardano anche realta' come Ponti, San Marzano e Euralenergy. Sul lavoro e il rilancio dell'occupazione "la politica si gioca la sua credibilita'", ha detto Renzi. E con la firma dei 24 progetti "il governo prova a dare messaggi concreti: alla fine dei mille giorni l'Italia sara' nelle condizioni di guidare la ripresa economica e non di essere il fanalino di coda". "Il governo e' impegnato a testa alta e viso aperto per realizzare gli impegni che ci siamo dati", ha detto. "Le immagini di chi vuole bloccare, fermare, ostruire il cammino delle riforme in Italia sono le immagini di chi pensa che si possa andare avanti cosi'", ha aggiunto. Renzi, con un chiaro rifgerimento al rischio stallo sulle riforme ha aggiunto che "mentre loro fanno ostruzionismo per provare a bloccare il cambiamento, noi ci occupiamo di posti di lavoro. Piu' di un miliardo di investimenti, ventiquattro progetti, venticinquemila posti di lavoro salvati o creati.

E, soprattutto, il ritorno di una politica industriale in Italia. Questo il senso dei contratti di sviluppo oggi a Palazzo Chigi". "Le risorse pubbliche derivano in gran parte da fondi comunitari - ha aggiunto Guidi - e vengono spesi tutti i fondi disponibili". Si tratta di un segnale tangibile di cosa si puo' fare per sostenere le imprese italiane e favorire l'investimento delle imprese estere in Italia", ha aggiunto.

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