Redazione

Redazione

- Santa Margherita Ligure, 6 giu. -  Fiducia "a tempo" al governo, no alle delocalizzazioni selvagge, fiducia nella possibilita' di saper creare un milione di posti di lavoro. E' in sintesi la posizione espressa dai Giovani imprenditori di Confindustria, riuniti a Congresso a Santa Margherita Ligure. Il presidente, Marco Gay, e' tornato sul recente voto alle elezioni europee, un "voto che grida cambiamento e responsabilita'". La fiducia ottenuta dal partito del premier Matteo Renzi, per Gay, "e' una fiducia che si misurera' sulle capacita' di rispettare gli impegni". "L'Italia ha un governo a cui gli italiani hanno chiesto di non perdere tempo" e "noi Giovani imprenditori siamo qui per dire: presidente Renzi, lavoriamo uniti. Abbiamo responsabilita' distinte, ma insieme possiamo arrivare piu' lontano".

Al governo, i Giovani imprenditori, attraverso il loro presidente, chiedono "una politica industriale ambiziosa e coerente. Una strategia condivisa da decisori e da attori privati, che tenda a realizzare una visione ambiziosa e coerente del nostro ruolo in Europa, e del ruolo dell'Europa nel mondo". In particolare, ha sottolineato Gay, "vogliamo una prospettiva progettuale e decennale, perche' chi fa impresa ha bisogno di orizzonti piu' ampi per investire".

E ancora. Delocalizzare solo per cercare manodopera piu' a buon mercato "non e' un'opzione imprenditoriale" e "chi non accetta che il legittimo profitto sia indissolubilmente legato al territorio che lo genera" deve uscire da Confindustria. "Non abbiamo paura a dirlo: la delocalizzazione di quelle imprese che producono utili ma che vanno alla ricerca di manodopera sempre piu' sottopagata, sradicando ricchezze produttive che hanno segnato la storia di intere citta' e distretti, oggi non puo' piu' essere considerata una qualsiasi opzione imprenditoriale".

Marco Gay, risponde, a distanza di tempo, e senza mai citarlo, all'ex premier di Silvio Berlusconi che in passato aveva garantito la possibilita' di creare di un milione di posti di lavoro. "Qualcuno anni fa ha promesso all'Italia di creare un milione di posti di lavoro; ci ha firmato un contratto: noi come imprenditori di contratti ne firmiamo ogni giorno. E li rispettiamo". "La nostra sfida" - ha aggiunto - "e' quella di creare non solo posti di lavoro ma anche nuovi imprenditori: nel nostro movimento siamo 13mila, se ciascuno di noi incubasse o contribuisse alla creazione anche solo di una start up, in poco tempo avremmo 10mila nuove imprese.

In termini di occupazione" - ha concluso - "significa molto piu' di un milione di posti di lavoro. Molti lo stanno gia' facendo, molti altri inizieranno a farlo?". Infine un riferimento all'Europa. Il semestre europeo va abolito perche' un'Europa che ha "sprecato se stessa" diventi "veramente Europa". "Le formazioni antieuropeiste hanno sbancato ovunque ma oggi, mentre succede questo, proprio in quei Paesi che piu' degli altri hanno tratto vantaggio dal mercato unico europeo, gli italiani hanno saputo dire: facciamo l'Europa nuova", ha dichiarato Gay, "per questo oggi c'e' una coincidenza irripetibile, fra quello che si vuole e quello che si puo' fare".

"Sia chiaro, come italiani non abbiamo usato l'Europa come potevamo; abbiamo sprecato i margini di risparmio derivati dalla stabilita' dell'euro, sperperato la progettualita' offerta dai fondi strutturali, utilizzato i posti al Parlamento europeo piu' per riciclare seconde e terze linee di politici che non per mandare avanti le teste piu' competenti", ha detto ancora il presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria, "ma e' soprattutto l'Europa che ha sprecato se stessa".

"Siamo consapevoli che il nostro semestre europeo e' una buona occasione per rimediare, una grande opportunita' che l'Italia ha per dettare l'agenda", ha aggiunto Gay, "e noi vorremmo che il primo punto all'ordine del giorno fosse proprio l'abolizione del semestre stesso; non perche' vogliamo abolire l'Europa, all'opposto, perche' vogliamo che diventi veramente Europa, anzi, Stati Uniti d'Europa. C'e' un presidente del Consiglio europeo, nominato per due anni e mezzo: ci sembra che possa bastare".

"In questi giorni e' in corso la mid-term review di Europa 2020' e l'Italia ha la possibilita' di lanciare una sfida tanto chiara quanto visionaria: la guerra del 3%", ha proseguito Gay, "dopo anni di dibattito sterile e spesso deprimente sul rispetto dell'ormai tristemente famoso parametro di Maastricht, vorremmo che l'Italia e l'Europa si impegnassero al raggiungimento di un altro 3%, quello degli investimenti pubblici in ricerca e sviluppo. Non solo: vorremmo che quello che si investe per raggiungere questo 3%, simbolo di crescita, non venga computato per il calcolo dell'altro 3%, simbolo del rigore".

"Le spese in ricerca e sviluppo, percio', non possono a nostro avviso essere limitate da un vincolo di bilancio", ha concluso il presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria, "questa e' la guerra del 3% che lanciamo, una sfida per tornare a crescere".

- Santa Margherita Ligure, 6 giu. - Fiducia condizionata al governo, no alle delocalizzazioni selvagge e alla corruzione, fiducia nella possibilita' di saper creare nuovi posti di lavoro. E' il messaggio dei Giovani imprenditori di Confindustria, riuniti a Santa Margherita Ligure. Aprendo i lavori, il presidente Marco Gay, ha parlato del recente voto alle elezioni europee, un "voto che grida cambiamento e responsabilita'". La fiducia ottenuta dal partito del premier Matteo Renzi, per Gay, "e' una fiducia che si misurera' sulle capacita' di rispettare gli impegni". "L'Italia ha un governo a cui gli italiani hanno chiesto di non perdere tempo" e "noi Giovani imprenditori siamo qui per dire: presidente Renzi, lavoriamo uniti. Abbiamo responsabilita' distinte, ma insieme possiamo arrivare piu' lontano".

Al governo, i Giovani imprenditori, attraverso il loro presidente, chiedono "una politica industriale ambiziosa e coerente. Una strategia condivisa da decisori e da attori privati, che tenda a realizzare una visione ambiziosa e coerente del nostro ruolo in Europa, e del ruolo dell'Europa nel mondo". In particolare, ha sottolineato Gay, "vogliamo una prospettiva progettuale e decennale, perche' chi fa impresa ha bisogno di orizzonti piu' ampi per investire".

E ancora. Delocalizzare solo per cercare manodopera piu' a buon mercato "non e' un'opzione imprenditoriale" e "chi non accetta che il legittimo profitto sia indissolubilmente legato al territorio che lo genera" deve uscire da Confindustria. "Non abbiamo paura a dirlo: la delocalizzazione di quelle imprese che producono utili ma che vanno alla ricerca di manodopera sempre piu' sottopagata, sradicando ricchezze produttive che hanno segnato la storia di intere citta' e distretti, oggi non puo' piu' essere considerata una qualsiasi opzione imprenditoriale".

Marco Gay, risponde, a distanza di tempo, e senza mai citarlo, all'ex premier di Silvio Berlusconi che in passato aveva garantito la possibilita' di creare di un milione di posti di lavoro. "Qualcuno anni fa ha promesso all'Italia di creare un milione di posti di lavoro; ci ha firmato un contratto: noi come imprenditori di contratti ne firmiamo ogni giorno. E li rispettiamo". "La nostra sfida" - ha aggiunto - "e' quella di creare non solo posti di lavoro ma anche nuovi imprenditori: nel nostro movimento siamo 13mila, se ciascuno di noi incubasse o contribuisse alla creazione anche solo di una start up, in poco tempo avremmo 10mila nuove imprese. In termini di occupazione" - ha concluso - "significa molto piu' di un milione di posti di lavoro".

L'Italia soprattutto deve "pulire la fedina penale del Pil" per riguadagnare credibilita' internazionale e chi corrompe deve uscire da Confindustria. "Vogliamo un sistema che non tollera i corrotti e i corruttori, che non sfregia la grande opportunita' dell'Expo con l'ennesimo scandalo", ha affermato Gay, "gli imprenditori onesti hanno tutto l'interesse a che il sistema economico sia sano". "La legge sull'autoriciclaggio non ci spaventa, anzi ci aiuta a eliminare la concorrenza sleale della criminalita' organizzata che invade sempre piu' attivita' lecite dove prima non arrivava".

Infine un riferimento all'Europa. Il semestre europeo va abolito perche' un'Europa che ha "sprecato se stessa" diventi "veramente Europa". "Le formazioni antieuropeiste hanno sbancato ovunque ma oggi, mentre succede questo, proprio in quei Paesi che piu' degli altri hanno tratto vantaggio dal mercato unico europeo, gli italiani hanno saputo dire: facciamo l'Europa nuova", ha dichiarato Gay, "per questo oggi c'e' una coincidenza irripetibile, fra quello che si vuole e quello che si puo' fare".

"Sia chiaro, come italiani non abbiamo usato l'Europa come potevamo; abbiamo sprecato i margini di risparmio derivati dalla stabilita' dell'euro, sperperato la progettualita' offerta dai fondi strutturali, utilizzato i posti al Parlamento europeo piu' per riciclare seconde e terze linee di politici che non per mandare avanti le teste piu' competenti", ha detto ancora il presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria, "ma e' soprattutto l'Europa che ha sprecato se stessa".

"Siamo consapevoli che il nostro semestre europeo e' una buona occasione per rimediare, una grande opportunita' che l'Italia ha per dettare l'agenda", ha aggiunto Gay, "e noi vorremmo che il primo punto all'ordine del giorno fosse proprio l'abolizione del semestre stesso; non perche' vogliamo abolire l'Europa, all'opposto, perche' vogliamo che diventi veramente Europa, anzi, Stati Uniti d'Europa. C'e' un presidente del Consiglio europeo, nominato per due anni e mezzo: ci sembra che possa bastare".

- Roma, 5 giu. - Italia "promossa" dall'Europa,almeno fino al giugno 2015, sulla situazione del sovraffollamento delle carceri. Il Consiglio d'Europa infatti valuta positivamente i miglioramenti della situazione nelle carceri italiane e rinvia al giugno 2015 un'ulteriore valutazione sull'attuazione delle misure decise dal governo per affrontare il problema del sovraffollamento. In particolare e' stato apprezzato "l'impegno delle nostre autorita' a risolvere il problema del sovraffollamento carcerario" e "i risultati significativi ottenuti in questo campo grazie alle diverse misure strutturali adottate per conformarsi alle sentenze" della Corte, compreso "il calo importante e continuo della popolazione carceraria e l'aumento dello spazio vitale ad almeno 3 metri quadrati per detenuto". Il Consiglio d'Europa ha accolto con favore "la creazione di un ricorso preventivo nei tempi fissati dalla sentenza pilota sul caso Torreggiani" e preso nota "con interesse" delle informazioni "sulle misure prese per stabilire un ricorso risarcitorio, anch'esso previsto dalla sentenza pilota, attraverso un decreto legge che prevede la possibilita' di una riduzione di pena per i detenuti" ancora in carcere "e una compensazione pecuniaria" per quelli gia' usciti. Il ministro della giustizia Andrea Orlando ha accolto il giudizio positivo di Strasburgo sulle carceri italiane come "un riconoscimento al lavoro fatto", ma ha anche sottolineato che si tratta solo di "un punto di partenza". "C'e' ancora molto lavoro da fare. Avere risolto le urgenze, le emergenze non significa in alcun modo avere ancora un sistema penitenziario all'altezza della civilta' del nostro paese", ha detto Orlando ai giornalisti a margine di un consiglio Ue giustizia a Lussemburgo. "Credo che si debba proseguire sulla strada delle riforme. La riforma della giustizia complessiva dovra' affrontare anche questo capitolo in modo sistematico", ha concluso il ministro. "E' una notizia positiva, che pero' non deve indurci a dormire sugli allori", ha sottolineato il vicepresidente del Csm, Michele Vietti, al termine del plenum di questa mattina. "Continuiamo ad essere sotto osservazione e tutti gli allarmi lanciati, a partire dal presidente della Repubblica, rimangono nella loro drammatica attualita'". Soddisfazione anche dall'Anm: per Rodolfo Sabelli un "segnale importante" e' giunto oggi dall'Europa, ma "si tratta di un primo passo" ed ora "occorre una revisione generale del sistema sanzionatorio, al di la' della pena detentiva come cardine esclusivo". .
- Roma, 4 giu. - Con 159 voti a favore e 112 contrari il Senato ha approvato la fiducia posta dal governo alla legge di conversione del decreto Irpef. Il testo, confluito in un maxi-emendamento del governo, recepisce il decreto originario emendato dalle modifiche approvate in commissione. Ora il provvedimento passa all'esame della Camera. Ieri era saltata l'estensione del bonus alle famiglie numerose. Una intesa tra maggioranza e governo per rimandare alla legge di stabilita' tale agevolazione che era stata prevista nel dl Irpef. Il provvedimento e' passato dalle Commissioni all'Aula dove oggi il governo ha chiesto la fiducia. Sempre ieri le commissioni hanno anche approvato il rinvio della Tasi al 16 ottobre per i comuni inadempienti: entro il 20 giugno il ministero dell'Interno anticipera' ai Comuni ritardatari fondi per coprire il 50% del gettito annuo della Tasi, "stimato ad aliquota base". La copertura e' stata individuata nel fondo di solidarieta' comunale. Tornando al bonus, il capogruppo Ncd a palazzo Madama Maurizio Sacconi ha spiegato che "l'emendamento che prevede interventi per ampliare la platea del bonus Irpef e' una norma programmatica e impegna la legge di stabilita', nel momento in cui rendera' strutturali tutte le misure di restituzione fiscali, a tenere in considerazione prioritaria e quindi a sondare queste stesse norme strutturali sul cosiddetto fattore famiglia". Il rinvio che sarebbe stato concordato, secondo fonti parlamentari, fra Renzi, Alfano e Sacconi ha comunque creato piu' di qualche mal di pancia all'interno del Nuovo Centro Destra che, dell'estensione del bonus, aveva fatto un suo cavallo di battaglia al punto che sarebbe stato richiesta un'assemblea alla presenza di Alfano. Polemica politica a parte, sul bonus si e' pronunciata ieri anche la Corte dei Conti secondo cui serve una riforma vera per una riduzione dell'onere tributario e non surrogati. Nel Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica, i magistrati contabili spiegano che "evasione, erosione, 'fughe' dalla progressivita', ma anche politiche redistributive basate sulle detrazioni di imposta (in larga parte, vanificate dal fenomeno dell'incapienza) cosi' come scelte selettive, rientranti nell'ambito proprio e naturale della funzione dell'Irpef, affidate a strumenti 'surrogati' (i prelievi di solidarieta', i bonus, i tagli retributivi) sono all'origine di un sistematico svuotamento della base imponibile dell'Irpef, finendo per intaccare la portata e l'efficacia redistributiva dell'imposta". "Tutte scelte - prosegue - che allontanano e rendono piu' difficile l'attuazione di un disegno equo e strutturale di riduzione e redistribuzione dell'onere tributario". .
- Roma, 5 giu. - Il contributo Rai dei 150 milioni e' "politicamente" da ritenersi "un punto che non si tocca". Lo dice Antonello Giacomelli, sottosegretario allo Sviluppo economico con delega alle telecomunicazioni e frequenze, in un'intervista a RadioTv News (newsletter di Confindustria Radio Televisioni), preferendo quindi non commentare la lettera dell'Ebu al presidente Napolitano con cui si critica il prelievo dei 150 milioni e rilevando invece che ci sara' chi valutera' le ragioni della legittimita'. Per Giacomelli "la Rai deve contribuire con 150 milioni a una grande iniziativa di equita' promossa dal governo, cioe' i famosi 80 euro a milioni e milioni di persone e di famiglie perche' evidentemente di fronte alla situazione attuale il governo ha ritenuto centrale un segnale forte di attenzione e di fiducia che fosse, prima di tutto, una scelta politica". "Se tutti conveniamo sull'idea che occorra favorire una ripresa dei consumi incentivando una ripresa della fiducia, e' evidente - dice il sottosegretario - che l'unico sistema sono degli interventi di questo tipo. Quindi quello a cui la Rai, come ogni altro settore, deve concorrere, e' questo. lo mi meraviglio che a questo si risponda con certe obiezioni. Io non so se sia legittimo o meno ma se si pensa di rispondere a questa iniziativa del governo in questo modo vuol dire che una parte del mondo sindacale e una parte del mondo politico sono totalmente fuori sintonia rispetto al Paese". E aggiunge: "Io vorrei chiedere all'Usigrai se abbiano idea di quanto e' accaduto in questi anni in tutte le testate, in tutte le redazioni e in ogni azienda editoriale italiana. Non esiste un giornale, una televisione privata o nazionale che sia passata indenne dalla crisi. Quindi al di la' delle ragioni giuridiche che non tocca a me valutare perche' non sono il presidente della Corte costituzionale, politicamente io sono allibito che non si sia fatto sciopero negli anni passati di fronte a scelte, quelle si', che penalizzavano il servizio pubblico". Giacomelli sottolinea inoltre "noi non siamo i fautori della cultura per cui lo Stato ingessa o determina l'economia di mercato, anzi al contrario, noi pensiamo che lo Stato debba aiutare e supportare le risposte che il mercato da'. Tuttavia indichiamo una prospettiva, sia alle aziende che si misurano nel settore della comunicazione sia a chi lavora sui prodotti. Se noi non ci organizziamo in termini complessivi rischiamo di essere totalmente ininfluenti. E alla fine l'Italia rischia di essere solo un mercato di conquista. Penso alle grandi serie televisive che la rete veicola, penso alla forza di penetrazione di alcuni prodotti, penso alla capacita' di nuovi soggetti di eludere ogni rapporto con la cultura del nostro Paese. Allora rispetto a questo noi facciamo la nostra parte, cioe' quella delle regole, degli incentivi e dei supporti. Ma la parte vera la devono fare i protagonisti, cioe' le imprese. Per quello che ci riguarda c'e' un grande ruolo che puo' giocare Rai e noi abbiamo chiesto con forza che venga messo tra i primi obiettivi". Nell'intervista Giacomelli si sofferma anche sul calo del fatturato delle quattro piu' importanti tv del Paese. All'origine di cio "esistono piu' fattori. Sicuramente e' cambiato il contesto generale ma sono cambiate anche le modalita' in cui il prodotto televisivo viene consumato. Una crisi economica generale del Paese ha certamente costretto anche molte aziende a rivedere i loro progetti. C'e' poi un secondo aspetto che riguarda il cambiamento imposto dalle nuove tecnologie e dai nuovi soggetti: basti pensare alla crescita della raccolta pubblicitaria in Italia di un'azienda come Google". E a proposito del rapporto con i nuovi competitors rappresentati dai cosiddetti OTT, aziende di Internet che hanno meno vincoli e non devono sottostare a tutte quelle norme (diritto d'autore, tutela minori, licenze, privacy, etc..) cui sono sottoposte le tv, "noi abbiamo avuto un interessante incontro con Google, cosi' come con tutte le principali aziende del settore, nel corso del quale l'azienda ha ribadito di voler rispettare le regole europee. Se l'Europa vuole giocare da questo punto di vista un ruolo effettivo deve intanto trovare una univocita' di azione dal punto di vista della normativa fiscale e delle regole del settore. Io condivido l'idea di Matteo Renzi che se ogni Paese europeo producesse la sua normativa otterremmo solo un risultato sterile. La dimensione europea e' quella minima necessaria per cominciare ad interloquire con i cosiddetti over the top e anche con gli Stati Uniti. E questa e' la vera grande partita. Quindi a mio avviso lo sforzo del semestre italiano sara' quello di provare a fare sintesi fra i punti di vista dei diversi Paesi. Si tratta prima di tutto di una sfida culturale, non di un semplice problema normativo. Di fronte a questa sfida possiamo porci in due modi: in termini difensivi oppure accettando la sfida e misurandoci con essa. Io credo che dobbiamo scegliere questa seconda opzione e quindi cercare un terreno di interlocuzione nuovo in cui si creano norme comuni tra gli Stati europei". .
© 2022 Digit Italia Srl - Partita IVA/C.f. 12640411000. Tutti i diritti riservati

Accedi