Bernardo Diaz

Bernardo Diaz

Bernardo Diaz, dottore commercialista collabora con PensioniOggi.it dal novembre del 2015.  

La durata sarà pari alla metà delle mensilità contributive versate fino a un massimo di 6 mesi. Si rimanda un futuro decreto la conferma o meno della tutela dopo il 2015.

Kamsin La bozza di decreto legislativo adottata dal Consiglio dei Ministri lo scorso 24 dicembre 2014 introduce, dopo la Naspi e l'assegno di disoccupazione ordinaria (Asdi), una indennità di disoccupazione specifica per i co.co.pro, nome in codice Dis-Coll, in attesa del riordino dei contratti che porterà al superamento graduale di questa forma già oggi in fase di riduzione.

L'indennità di disoccupazione per i collaboratori coordinati e continuativi sarà operativa solo per il 2015 in via sperimentale.  Ne avranno diritto i collaboratori coordinati e continuativi con o senza modalità a progetto, iscritti in via esclusiva alla Gestione separata, non pensionati e privi di partita Iva, che abbiano perduto involontariamente l'occupazione nel periodo che va dal 1° gennaio al 31 dicembre del 2015.

Requisiti. Per il diritto alla Dis-Coll, nel 2015, occorrerà essere in possesso congiuntamente dei seguenti requisiti: a) stato di disoccupazione al momento della domanda; b) almeno tre mesi di contributi tra il 1° gennaio 2014 e il giorno di disoccupazione; c) almeno un mese di contributi oppure un rapporto di collaborazione di durata di almeno un mese (purché con compenso pari ad almeno 649 euro, cioè la metà dell'importo che dà diritto all'accredito di un mese di contribuzione nel 2015).

La Misura. La misura della DisColl dipenderà dal reddito dichiarato ai fini previdenziali (ciò in base al principio, comune anche alla Naspi, per cui chi più paga contributi ha diritto a prestazioni più pesanti). In particolare, la misura sarà pari al 75% del reddito dichiarato ai fini contributivi per l'anno della cessazione dal lavoro e per quello precedente, diviso per il numero di mesi di contributi, con i seguenti limiti: se il reddito medio non supera i 1.195 euro mensili, l'indennità sarà pari al 75 per cento di tale reddito; se si superano i 1.195 euro mensili l'indennità sarà pari al 75 per cento di tale reddito più il 25 per cento della differenza tra reddito medio e 1195.

L'indennità mensile, in ogni caso, non potrà superare i 1.300 euro mensili, l'importo, inoltre, andrà ridotto progressivamente di un 3 per cento a partire dal quarto mese di fruizione dell'ammortizzatore.

La Durata. La tutela spetterà, infine, per un numero di mesi pari alla metà di quelli di contributi accreditati dal primo gennaio 2014 al giorno di cessazione dal lavoro.

Qualora il beneficiario si impieghi con rapporto di lavoro subordinato, l'indennità viene sospesa d'ufficio a seguito della comunicazione obbligatoria presentata dal datore di lavoro. Se il periodo di sospensione duriameno di cinque giorni l'indennità riprende a decorrere dal momento in cui era rimasta sospesa.

Qualora, invece, il beneficiario intraprenda un' attività lavorativa autonoma deve informarne l'Inps e se da tale attività deriva un reddito inferiore al limite utile ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione, la DisColl è ridotta di un importo pari all'80% del reddito previsto, rapportato al periodo di tempo intercorrente tra la data di inizio dell'attività e la data in cui termina il periodo di fruizione dell'indennità o, se antecedente, la fine dell'anno. La perdita dello stato di disoccupazione comporta il venir meno dell'indennità.

Inoltre, per il periodo di vigenza, la DisColl fa venire meno il diritto all'indennità una tantum di cui all'articolo 2, commi 51-56, della legge 92/2012, prevista a favore dei collaboratori coordinati e continuativi a progetto iscritti esclusivamente alla gestione separata dell'Inps, operanti in regime di monocommittenza ed in possesso, nel 2013, di un reddito fino a 20.220 euro.

seguifb

Zedde

Una riduzione del 10% sul trattamento pensionistico in cambio della possibilità di accedere alla pensione già con 60 anni e 35 di contributi.

Kamsin Possibilità di accedere alla pensione già all'età di 60 anni con una riduzione del 10% dell'assegno, incentivi per chi resta sino a 70 anni, nuovo tetto sulle pensioni d'oro oltre i 5mila euro netti mensili. E' questa la sintesi del disegno di legge presentato da Italia dei Valori alla Camera, il ddl è nato sulla base di una proposta di legge popolare dello scorso maggio.

“Bisogna ripensare il sistema pensionistico e creare nuovo welfare sociale. Quello dei pensionati è un mondo disintegrato e fortemente squilibrato. La nostra proposta al Governo, impegnato nella discussione sulle riforme, è di introdurre una flessibilità in uscita che preveda, tra i 60 ed i 70 anni, la libertà di scegliere quando andare in pensione con 35 anni di contributi versati, con penalità decrescenti tra i 60 e i 65 anni ed incentivi fino ai 70" sottolinea Ignazio Messina, Segretario nazionale IDV.

L'impianto della proposta è molto simile alla pdl 857 (cd. pensionamenti flessibili) promossa da Damiano e dalla minoranza dem e depositata alla Camera nell'Aprile 2013. A differenza di quest'ultima (che chiedeva un minimo di 62 anni e 35 di contributi) la proposta Idv fissa a 60 anni di età e 35 di contributi i requisiti per conseguire la pensione con una penalità del 10% sull'assegno (era dell'8% nella proposta Damiano), penalità che si riduce progressivamente al perfezionamento di 65 anni di età o al raggiungimento di 40 anni di contributi con 62 anni di età. Se si resta sul posto di lavoro oltre i 65 anni è previsto un incremento che può raggiungere il 6,5%.

Nel disegno di legge si prevede inoltre l'istituzione di un "sistema di crediti di cura a fini pensionistici", sul modello di quanto già accade in diversi ordinamenti europei, allo scopo di attenuare gli effetti prodotti dall’improvviso aumento dell’età pensionabile sulle donne, consistenti in:

1) contributi figurativi legati al numero dei figli ( ed altre fattispecie di lavori di cura ) stabiliti in 24 mesi per il primo figlio e 12 mesi per ogni figlio successivo, con un meccanismo a scalare rispetto alla contribuzione già riconosciuta a titolo di indennità di maternità e di congedi parentali.

2) integrazioni contributive per i periodi di lavoro part-time, legati ad esigenza di cura particolari e certificabili, essendo i lavoratori part-time penalizzati dal passaggio al contributivo (sul modello di quanto accade per esempio in Germania).

La Separazione dell'Assistenza dalla Previdenza - Nel progetto di legge c'è anche l'obiettivo di portare a compimento il processo già avviato dalla Legge 1989, n. 88 attraverso la separazione rigorosa dei bilanci rispettivamente riconducibili alle funzioni di natura assistenziale, a carico della fiscalità generale, e a quelle di natura previdenziale, finanziate dai contributi versati dai datori di lavoro e dei lavoratori/lavoratrici.

"Per rimediare le coperture abbiamo avanzato la possibilità di una patrimoniale sui grandi patrimoni sopra i 5milioni di euro al netto della prima casa, per tre anni, con un ricavo di 10mld di euro l’anno ed un tetto alle pensioni d’oro di oltre i 5mila euro netti, per recuperare 15mld di euro l’anno. In questo modo si da lavoro ai giovani e si aiutano anche le imprese” ha indicato Messina.

seguifb
zedde

In talune circostanze una lavoratrice dipendente incinta potrebbe non essere in grado di proseguire il lavoro fino al termine del settimo mese per poi assentarsi dal lavoro nei due mesi restanti. In questo caso è utile ricordare che è possibile ottenere dalle amministrazioni pubbliche l'ampliamento del periodo di lontananza dal lavoro senza, però, perdere il diritto all'indennità di maternità pagata dall'Inps. Kamsin Questa assenza anticipata può essere disposta in tre casi: a) dalla Asl, nel caso di gravi complicazioni della gravidanza o di preesistenti forme morbose che potrebbero essere aggravate dal particolare stato della donna; b) dalla Direzione territoriale del lavoro, quando le condizioni di lavoro sono di pregiudizio alla salute della donna e del bambino, oppure quando la donna, addetta a lavori pesanti, pericolosi o insalubri, non possa essere spostata ad altre mansioni.

Questo stato precario di salute della donne potrebbe poi incidere pesantemente sul parto, che comunque è sempre un rischio non legato alle precedenti vicende di salute. Perciò il testo unico sulla maternità e paternità prevede quattro casi in cui sia il padre ad avere diritto al congedo post-partum, indipendentemente dal fatto che la madre ne abbia diritto in quanto lavoratrice. Il padre ne ha diritto quando la madre abbia una grave infermità che le consente di assistere il neonato; in caso di premorienza della madre o di abbandono del figlio; in caso di affidamento del figlio in via esclusiva al padre. In queste ipotesi passa all'uomo il diritto di restare a casa fruendo della indennità Inps. Diritto che viene riconosciuto fino al terzo mese di vita del figlio o per la minore parte residua che sarebbe spettata alla madre.

seguifb

zedde

Dal 1° maggio 2015 entrerà in vigore il nuovo sistema di misure contro la disoccupazione delineato nella bozza di decreto attuativo della legge delega sul mercato del lavoro (Jobs Act).

Kamsin Serviranno un paio di settimane di lavoro effettivo in più nell'ultimo anno come requisito per poter usufruire della nuova indennità di disoccupazione, l'anticipo del decalage del 3% mensile al quarto mese di fruizione. Con qualche modifica, il decreto attuativo del Jobs act sulla Naspi varato dal Consiglio dei ministri la vigilia di Natale è arrivato ieri in tarda serata alle commissioni Lavoro di Camera e Senato.

Il nuovo ammortizzatore, che riunirà Aspi e MiniAspi, sarà operativo per i casi di disoccupazione che si verificheranno a partire dal 1° maggio 2015. Al termine della Naspi, inoltre, se il disoccupato ha minori a carico o ha l'età vicina alla pensione avrà diritto all'Asdi, assegno di disoccupazione, di durata semestrale e importo pari al 75% della Naspi. Ma andiamo con ordine.

I Requisiti. Prima di tutto la Naspi spetterà ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente l'occupazione e che presentino congiuntamente i seguenti requisiti: a) stato di disoccupazione involontaria; b) almeno 13 settimane di contributi nei quattro anni precedenti la disoccupazione; c) almeno 30 giornate di lavoro effettivo nei 12 mesi precedenti l'inizio della disoccupazione (erano 18 nella prima versione del testo).

L'importo dell'Assegno. Diversamente da quanto accade attualmente, l'importo della Naspi sarà rapportato alla retribuzione imponibile previdenziale (quella, cioè, su cui sono stati versati i contributi) degli ultimi quattro anni. Infatti, l'importo sarà pari a tale retribuzione divisa per il numero di settimane di contribuzione e moltiplicata per il numero 4,33, con i seguenti limiti:

1) se la retribuzione non supera i 1.195 euro mensili (dato valido per il 2015 da rivalutare annualmente), l'indennità mensile sarà pari al 75% di tale retribuzione;

2) se supera i 1.195 euro mensili, l'indennità mensile sarà pari al 75% della retribuzione più il 25% della differenza tra retribuzione e 1.195. L'indennità mensile, in ogni caso, non potrà superare 1.300 euro mensili (dato per il 2015 da rivalutare), corrispondente a una retribuzione mensile di 2.810 euro. Dal quarto mese di fruizione l'indennità è ridotta del 3% al mese.

La Durata. L'altra caratteristica della Naspi è che non avrà durata prefissata: spetterà, infatti, per un numero di settimane pari alla metà di quelle di contribuzione accreditate al lavoratore negli ultimi quattro anni. Quindi può durare sino ad un massimo di 2 anni. Dal 1° gennaio 2017 non potrà mai eccedere le 78 settimane (18 mesi).

Per conseguire l'ammortizzatore sociale sarà necessario presentare domanda all'inps entro 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro. L'erogazione della Naspi, inoltre, sarà condizionata alla partecipazione del disoccupato a iniziative di attivazione lavorativa o di riqualificazione professionale anche se si rimanda ad un decreto ministeriale la regolazione di questo vincolo e delle relative sanzioni.

Cumulo e compatibilità. Il beneficiario può essere impiegato in rapporti di lavoro subordinato senza limiti di durata purchè il reddito conseguito non sia superiore a quello minimo escluso da imposizione fiscale (cioè 8.145 euro).

Se il reddito è inferiore, il lavoratore mantiene il diritto alla prestazione, a condizione che, entro un mese dall'inizio dell'attività, comunichi all'Inps il ricavato annuo che prevede conseguire. In tale circostanza la prestazione viene diminuita di un importo pari all'80 per cento dei compensi preventivati, rapportati al tempo intercorrente tra la data di inizio delle attività e quella di conclusione del periodo di fruizione della prestazione, se antecedente, alla fine dell'anno. La riduzione è oggetto di conguaglio d'ufficio al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi.

Il limite di 8.145 euro può essere superato senza dar luogo a decadenza solo laddove il beneficiario risulti occupato in un contratto di lavoro subordinato di durata massima di 6 mesi. In tal caso l'assegno viene però sospeso per il periodo lavorativo in parola.

Lavoratori Part-Time. Possono accedere alla naspi anche coloro che intrattengono contemporaneamente più rapporti di lavoro part time, qualora uno di questi cessi per una delle cause che danno titolo alle prestazioni. E' necessario, comunque, che il reddito complessivo percepito includendo anche tutti gli altri rapporti a tempo parziale, sia inferiore al limite utile ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione e chi è interessato lo comunichi all'Inps, entro un mese dall'invio della domanda per fruire della prestazione.

Le differenze con l'Aspi - Rispetto alle attuali regole ci sono diverse differenze. Oggi per accedere all'Aspi servono almeno due anni di assicurazione contro la disoccupazione e almeno 1 anno di contribuzione nel biennio precedente. La durata della prestazione viene aumenta nel tempo (nel 2016, a regime, era previsto: 12 mesi per lavoratori fino a 55 anni, e 18 mesi, oltre).

Quanto alla mini-Aspi il requisito è di avere almeno 13 settimane di contribuzione nei 12 mesi precedenti la disoccupazione, e l'indennità è corrisposta per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione nei 12 mesi precedenti la cessazione del rapporto di impiego.

seguifb

zedde

Sale a 600 euro al mese il beneficio alternativo al congedo per consentire alle mamme di fruire della baby sitter o degli asili nido. Il bonus è stato esteso anche al settore pubblico.

Kamsin Via libera al bonus bebè per contribuire alle spese che le neo mamme devono sostenere per iscrivere i figli all'asilo nido o per mettere a disposizione la baby sitter. Il governo, infatti, in questi ultimi giorni ha confermato il bonus per le neo-mamme raddoppiandolo fino a 3600 euro ed estendendolo anche in favore delle lavoratrici dello stato e della pubblica amministrazione, fino ad oggi esclusi dal beneficio.

A stabilirlo è il decreto 28 ottobre 2014 pubblicato sulla G.U. n. 287/2014 che disciplina la misura alternativa al congedo parentale per gli anni 2014 e 2015.

Vediamo quindi come è strutturata la novità.

Chi ne può beneficiare -  Possono presentare richiesta le madri lavoratrici dipendenti di pubbliche amministrazioni e di datori di lavoro privati, nonché le madri lavoratrici iscritte alla gestione separata. La richiesta si può presentare al termine del periodo di congedo di maternità e negli 11 mesi successivi, anche se intanto sia stato già in parte usufruito del congedo parentale.  Niente bonus alle lavoratrici autonome (coltivatrici dirette, mezzadre, colone, imprenditrici agricole professionali, artigiane, commercianti eccetera).

Le spese agevolabili. Il bonus può essere alternativamente utilizzato per il servizio di baby sitting oppure per far fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l'infanzia o dei servizi privati accreditati.

L'entità del bonus - Il bonus vale 600 euro mensili per un periodo massimo di sei mesi (quindi 3.600 euro totali), in base alla richiesta della lavoratrice. Per le lavoratrici iscritte alla gestione separata, invece, la durata massima si ferma a tre mesi (quindi 1.800 euro in tutto). In caso di lavoratrici a part time, il bonus è ridotto in misura proporzionale alla riduzione dell'orario di lavoro. Ma c'è una postilla. Se le risorse non dovessero bastare è previsto che, a domande già presentate, possa essere fissato un Isee per il riconoscimento del diritto o rideterminato l'importo del bonus.

Come si ottiene il bonus - Per accedere al bonus occorre presentare una domanda in via telematica sul sito inps entro il 31 dicembre di ogni anno, in cui specificare tra l'altro l'opzione scelta (servizi baby sitting o rete pubblica) e il numero di mensilità. Mensilità che poi non potranno più essere fruite sotto forma di congedo parentale e che per questo sono comunicate dall'Inps al datore di lavoro.

L'INPS pagheranno gli incentivi attraverso due modalità a seconda del servizio che viene richiesto. Nel caso in cui la mamma si voglia avvalere della baby sitter gli uffici daranno i voucher che la mamma consegnerà alla baby sitter, con i quali prendere i soldi presso qualsiasi ufficio postale. Nel caso in cui la madre voglia fruire degli asili nido l'Inps intratterrà il rapporto direttamente con le strutture in parola e pagherà le somme dietro presentazione della relativa documentazione.

In tale ipotesi si ricorda che l'Inps ha invitato proprio in questi giorni gli asili nido a convenzionarsi per gli anni 2014 e 2015. Agli asili che si iscriveranno l'Inps riconoscerà il bonus che permetterà alle mamme di evitare del tutto la retta o di pagarla in misura inferiore.

La successione degli atti è la seguente: 1) l'asilo presenta la domanda in via telematica; 2) l'Inps controlla che la struttura sia in regola con le norme previdenziali e del lavoro e abbia i requisiti chiesti dal bando; 3) in caso positivo la struttura viene inserita nell'elenco pubblicato sul sito dell'Inps. A questo punto la parola passa alle mamme: a) presentano la domanda per avere il bonus mensile; b) indicano l'asilo scelto tra quelli elencati dall'Inps; c) presentano l'attestato Isee che documenta le possibilità economiche della famiglia; d) l'Inps accetta o no la domanda.

seguifb

Zedde

© 2022 Digit Italia Srl - Partita IVA/C.f. 12640411000. Tutti i diritti riservati