Lavoro Povero, come contrastare la povertà lavorativa?

Venerdì, 04 Febbraio 2022
Uno studio commissionato dal Ministero del Lavoro fotografa la situazione della povertà lavorativa in Italia: un dipendente su quattro guadagna troppo poco. Gli esperti propongono un ventaglio di misure tra le quali il salario minimo fissato per legge, l'in-work benefit e maggiori controlli sulle imprese.

Un lavoratore italiano su quattro guadagna poco: ovvero ha una retribuzione inferiore al 60% di quella media. Un lavoratore italiano su dieci è povero, ovvero vive in una famiglia con un reddito netto inferiore al 60% di quello medio.

Questa è la grave situazione descritta nella relazione del Gruppo di lavoro sugli interventi e le misure di contrasto alla povertà lavorativa in Italia, istituito lo scorso anno dal Ministro del Lavoro Andrea Orlando con il Dm n.126.

«Il quadro che emerge dalla Relazione evidenzia come avere un lavoro non sempre basta per evitare di cadere in povertà», ha commentato in proposito il Ministro durante la presentazione della relazione avvenuta lo scorso 18 gennaio, sottolineando che «una strategia di lotta alla povertà lavorativa richiede una molteplicità di strumenti per sostenere i redditi individuali, aumentare il numero di percettori di reddito, e assicurare un sistema redistributivo ben mirato».

In particolare, il Gruppo di lavoro, composto da otto esperti e presieduto dall'economista dell'Ocse Andrea Garnero, ha avanzato cinque proposte per il contrasto del fenomeno dei cosiddetti “working poors” che ormai da anni si è imposto anche in Europa e nel nostro paese e che si diffonde sia perché le retribuzioni erogate dalle aziende sono sempre più basse, sia perché spesso il lavoro è precario e a tempo parziale.

Due sono «proposte predistributive – ha osservato Garnero - che agiscono, cioè, sui redditi di mercato, una redistributiva e due trasversali. Le proposte su cui si concentra questa Relazione non vanno intese come indipendenti una dall'altra né come alternative funzionali. Piuttosto, esse vanno considerate nel complesso, così possono completarsi e rafforzarsi a vicenda, con l'obiettivo di contrastare il fenomeno».

Andiamo a vedere le proposte degli esperti del Ministero del Lavoro più da vicino.

Contrasto alla povertà lavorativa: minimo salariale e in-work benefit

Per fronteggiare la povertà di chi pure un lavoro ce l'ha gli esperti propongono sul piano delle politiche pre-distributive o distributive “tout court”:

  • un minimo salariale adeguato. Risultato che si può ottenere con tre modalità diverse: o la fissazione del minimo per legge o l'estensione dei contratti collettivi nazionali principali a tutti i lavoratori oppure la sperimentazione di tabelle del costo medio del lavoro in un numero limitato di settori critici, ovvero particolarmente colpiti dal fenomeno;
  • la vigilanza ispettiva e documentale sulle imprese per garantire che il minimo salariale venga rispettato;
  • l'erogazione da parte dello Stato di un “in-work benefit”, ovvero uno strumento di integrazione del reddito del lavoratore che dovrebbe assorbire il Bonus dipendenti di 80 euro e altri sussidi come la Naspi, il Reddito di Cittadinanza e il nuovo Assegno Unico per i figli.

Contrasto alla povertà lavorativa: le proposte “trasversali”

Completano il “pacchetto” degli esperti del Ministero del Lavoro le proposte cosiddette trasversali che in sostanza sono:

  • l'incentivazione del rispetto delle norme da parte delle imprese e del livello di coscienza dei propri diritti da parte di lavoratori. Il primo elemento è ricercato attraverso incentivi e forme di accreditamento per le aziende, mentre il secondo è perseguito attraverso campagne informative per il lavoratori per aumentare la conoscenza dei contratti di lavoro e dei diversi strumenti di sostegno al reddito disponibili, oltre che delle diverse prospettive pensionistiche (busta arancione) per mettere in risalto i rischi che derivano dal cumularsi di situazioni svantaggiose;
  • la revisione dell'indice di povertà dell'Unione Europea che al momento esclude i lavoratori come meno di sette mesi di occupazione all'anno e dà per scontata l'equa condivisione delle risorse nelle famiglie, non consentendo di individuare i più esposti al rischio di povertà.

La raccomandazione conclusiva del gruppo di esperti per il contrasto alla povertà lavorativa è pero quella di prendere queste indicazioni come un sistema integrato di misure che si tengono l'un l'altra e che separatamente potrebbero risultare inutili o persino dannose.

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