Sergey

Sergey

Mi occupo di diritto della previdenza e del lavoro. Mi sono laureato nel 1976 in Giurisprudenza alla Cattolica. Dal 1985 lavoro all'Inps.

La gestione dei parasubordinati è l'unica dell'Inps ad essere in attivo. 

Niente da fare. Anche con il 2012 e dopo gli effetti "benefici", se così possiamo dire, della riforma Fornero approvata nel 2011 la gestione dei lavoratori parasubordinati, cioè la gestione separata, è l'unica che nel 2012, ultimo anno disponibile, ha regalato alle casse dell'Inps 8,6 miliardi. Il conto resta invece salato per la gestione lavoratori autonomi che ha perso 12 miliardi e quella dei dipendenti pubblici che ha perso 8 miliardi.

Come dire, senza questi contributi l'inps sarebbe in bancarotta. Il problema però è un altro. Questi professionisti senza cassa, associati in partecipazione, venditori a domicilio versano contributi a fondo perduto che non daranno diritto ad alcuna prestazione previdenziale. Si tratta spesso di giovani che nei prossimi anni si renderanno conto di non avere alcuna pensione maturata e che oltretutto non sono tutelati né dai sindacati ne dà lo Stato.

Insomma sono lavoratori che hanno molti doveri e pochi diritti.

Il problema risiede nel cosidetto minimale contributivo. A questi lavoratori viene accreditato un mese di contributi validi ai fini pensionistici, solo qualora dichiarino un reddito mensile di almeno 1.295 euro. Se ad esempio il loro reddito è pari ad un terzo di tale cifra questi lavoratori dovranno lavorare 3 mesi per mettere insieme un mese di contribuzione. E purtroppo sappiamo bene che la maggior parte degli iscritti alla gestione separata non raggiunge questi livelli di reddito.

In pratica si tratta di lavoratori che versano contributi senza poter concretamente riuscire a perfezionare il diritto alla pensione. Senza contare inoltre che l'aliquota contributiva attualmente al 28 per cento ed è destinata ad arrivare al 33 per cento nel 2018. Paghi  molto e ricevi poco. 

Ciò significa che un lavoratore iscritto alla gestione separata con 20 anni di contributi versati dopo il 1995 e con un reddito finale di 32.000 euro rischierà di non poter andare a riposo al compimento di 66 anni nonostante abbia versato più del doppio della media dei parasubordinati ma dovrà comunque attendere i 70 anni per avere una pensione modesta, intorno ai 6 mila euro. 

Ai comuni spetterà la possibilità di introdurre le detrazioni necessarie per non superare gli effetti della vecchia Imu. 

In molti comuni il rischio di rimpiangere il conto della vecchia Imu potrebbe essere concreto soprattutto sulle case che hanno un valore più basso.

È l'effetto dell'introduzione della nuova Tasi che non prevede le detrazioni che nell'Imu cancellavano l'imposta per oltre 5 milioni di abitazioni principali di valore basso e la diminuiva in modo importante anche per quelle di valore medio. L'Imu 2012 escludeva del pagamento infatti tutte le case fino 53 mila euro di valore catastale, una somma però che poteva alzarsi in caso di presenza di figli conviventi sotto i 26 anni concedendo una boccata d'ossigeno a moltissime famiglie italiane.

Ora invece la Tasi chiede un obolo a tutti i contribuenti: se con l'Imu un appartamento con 53 mila euro di reddito catastale non pagava nulla, ora dovrà sborsare, ad aliquota standard, ben 53 euro. Ma le cose rischiano di andare anche peggio in quanto molti comuni, per far quadrare i conti, hanno portato le aliquote vicino o in linea con il massimo valore consentito dalla legge (fissato al 2,5 per mille). Insomma un contribuente che nel 2012 era esente dall'Imu quest'anno rischia di pagare oltre 100 euro.

In verità l'esecutivo ha aggiunto nel decreto legge Salva Roma la possibilità di introdurre un'aliquota aggiuntiva pari allo 0,8 per mille da applicare sulle abitazioni principali oppure sugli altri immobili (altrimenti da dividere tra queste due categorie) per consentire ai Comuni di reintrodurre le detrazioni base.

In pratica i Comuni potranno portare l'aliquota sulla prima casa sino al 3,3 per mille oppure quella per gli altri immobili all'11,4 per mille superando i limiti massimi del 2,5 e 10,6 per mille. Ammessa anche la possibilità di spalmare a metà l'aumento sulle prime case e sulle seconde case. 

È questa ipotesi a cui sta già lavorando, ad esempio, il Comune di Bologna che vorrebbe applicare la super Tasi all'abitazione principale portando l'aliquota al 3,3 per mille e finanziando una detrazione base di 200 euro.

I sindaci potrebbero però anche finanziare detrazioni diverse a seconda dell'aumentare del valore dell'immobile. Ad esempio i Comuni potrebbero riservare sconti maggiori alle rendite catastali più basse e farle diminuire all'aumentare della rendita catastale.

Ma l'incremento della Tasi per finanziare le detrazioni è solamente un'opzione e dunque non è detto che i primi cittadini la introdurranno. E inoltre, se lo faranno, ci sarà inevitabilmente una ulteriore frammentazione della disciplina della tassazione degli immobili a livello locale in quanto ciascun comune avrà le sue regole, le sue aliquote e le sue detrazioni. Insomma per i contribuenti i problemi non sono destinati a diminuire.

I dipendenti dei ministeri e degli enti locali che hanno già perfezionato i requisiti della legge Fornero potrebbero essere collocati in prepensionamento secondo il decreto 95 del 2012.

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Le prime misure annunciate dal governo Renzi potrebbero finalmente entrare nel vivo. L'operazione di spending review annunciata nei giorni scorsi dal commissario Cottarelli che prevedeva il prepensionamento di oltre 85 mila dipendenti pubblici per liberare risorse dello Stato inizia ad essere vagliata dei ministri del nuovo esecutivo. E per iniziare il ministro della Funzione pubblica, Marianna Madia, ha rispolverato quella norma che consente di mandare in pensione i dipendenti pubblici che hanno maturato la decorrenza del trattamento pensionistico, secondo le previgenti regole, entro il 31 dicembre 2014; regola contenuta nel decreto spending review approvato da Monti nell'estate del 2012 (d l95/2012).

Il provvedimento, che in gran parte è rimasto inattuato, serviva per gestire i dipendenti dichiarati in soprannumero dall'amministrazione di appartenenza in esito a specifici piani di riduzione del personale approvato dall'amministrazione; altrimenti questi soggetti sarebbero stati avviati alla mobilità e infine al licenziamento. 

Nella relazione tecnica che accompagnava il decreto 95/2012 erano anche stati conteggiati i possibili interessati e i risparmi conseguibili per lo Stato. Numeri importanti. Nella relazione si individuavano 11 mila persone nelle pubbliche amministrazioni centrali di cui 5.600 nei soli ministeri e 13 mila negli enti locali.

Non tutti però avrebbero i requisiti per andare in pensione con le vecchie regole: secondo le stime della Ragioneria dello Stato in questa condizione, avendo già maturato i requisiti entro il 2011, si troverebbero 6 mila lavoratori di Ministeri ed enti pubblici e 2mila lavoratori appartenenti alle pubbliche amministrazioni locali. In tutto dunque solo 8mila persone.

A questi si dovrebbero aggiungere circa altre 2.000 persone che avrebbero maturato i requisiti dal 2012 in poi, sempre con le vecchie regole.

La misura indicata dal decreto 95/2012 è stata sfruttata sino ad oggi solo in parte. Secondo il sottosegretario alla Pubblica Amministrazione Rughetti, a livello locale sono già stati autorizzati prepensionamenti nel Comune di Novara.

Numeri più significativi per ora interessano solo Inps ed INAIL: gli enti infatti hanno programmato esuberi in prepensionamento rispettivamente per 3.200 e 1.100 persone per un totale di circa 4.000 lavoratori.


Ed è proprio su questi numeri che Renzi vorrebbe accelerare sfruttando una norma già prevista dai precedenti esecutivi ed eventualmente ampliando la platea dei possibili interessati. Nei prossimi giorni si attende quindi una circolare della Funzione pubblica che dovrebbe fornire indicazioni utili per le altre amministrazioni. 

La Madia tuttavia si è spinta anche oltre. Secondo il Ministro si potrebbe anche immaginare di fare uscire i dipendenti anziani per rimettere in servizio giovani. La misura in questo caso dovrà essere attentamente vagliata sotto il profilo finanziario in quanto il meccanismo non andrebbe a ridurre gli oneri per il bilancio dello Stato.

La platea dei beneficiari del taglio delle tasse per gli ultimi otto mesi dell'anno sarà inferiore a quella annunciata dal governo.

I lavoratori interessati dal prossimo taglio del cuneo fiscale previsto per maggio saranno tra  9 e 9,5  milioni di lavoratori dipendenti. Resta comunque confermato l'aumento medio di 80 euro mensili nelle buste paghe dei dei lavoratori. Bonus che potrà raggiungere anche i 90 euro nella fascia di reddito compresa tra i 20 e i 23.000 euro, quella cioè in cui le detrazioni IRPEF incidono maggiormente sul reddito.

Resta ancora da sciogliere il nodo sulle coperture. Fonti vicino alla Presidenza del Consiglio rassicurano:" le coperture ci sono, in gran parte verranno della spending review, ma non necessariamente tutto" ha affermato nei giorni scorsi il sottosegretario all'Economia Pierpaolo Baretta.

Secondo l'esecutivo infatti si potrebbero utilizzare le risorse derivanti dalla minor spesa per interessi da effetto spread. Le principali coperture al decreto, che vedrà la luce verosimilmente entro metà aprile, verranno da un taglio agli acquisti di beni e servizi nelle pubbliche amministrazioni, da cui si dovrebbe racimolare circa un miliardo nel 2014, e dai trasferimenti alle aziende di autotrasporto e alle imprese in generale con risparmi pari a  0,5 miliardi di euro.

Più limitato il contributo pagato dal settore difesa che dovrebbe essere individuato in circa 100- 200 milioni indipendentemente dal fatto di un ridimensionamento del programma di acquisto degli F35. Punto sul quale peraltro ancora non si riesce a comprendere esattamente qual'è la posizione del governo. 

L'Inps ha spiegato con la circolare 45/2014 le modalità di consegna dei CUD ai pensionati. La certificazione dei redditi del 2013 potrà essere ricevuta attraverso la PEC posta elettronica certificata o scaricata da internet anche avvalendosi dei Caf e patronati. In alternativa i pensionati potranno richiederla su carta direttamente all'Inps o alle poste ma in quest'ultimo caso dovranno pagare 2,7 euro più Iva. 

Il modello CUD è reperibile nella sezione Servizi al Cittadino nel sito dell'Istituto di previdenza dove può essere visualizzato e stampato previa identificazione con il proprio pin. L'Inps ricorda che a coloro che sono in possesso di indirizzo di posta elettronica certificata il CUD verrà comunque  recapitato nella loro casella PEC. 

I pensionati che vogliono ricevere il CUD attraverso modalità alternative dovranno, secondo l'Inps, recarsi presso le strutture periferiche territoriali dove sia disponibile almeno uno sportello dedicato al rilascio cartaceo del CUD. Oppure potranno effettuare la richiesta presso le postazioni informatiche self service ( che si trovano nelle sedi territoriali dell'Istituto).

Coloro che vogliono farsi assistere possono recarsi presso un patronato, ai caf o presso un professionista abilitati. Questi soggetti tuttavia dovranno acquisire una specifica delega o un mandato di assistenza per l'espletamento della pratica.
I pensionati potranno anche rivolgersi agli uffici postali appartenenti alla rete Sportello amico: in tal caso tuttavia gli interessati dovranno sborsare 2,7 euro più Iva. 

In favore dei pensionati ultra 85enni titolari di indennità di accompagnamento o speciale l'Inps ha attivato dallo scorso anno il cosiddetto sportello mobile attraverso il quale gli interessati possono richiedere con apposita comunicazione l'invio del CUD a casa. 

Il CUD può anche essere richiesto in forma cartacea presso domicilio ma unicamente nei casi di dichiarata impossibilità di accesso alla certificazione mediante gli altri canali. 

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