Buonuscita, il compenso incentivante la produttività non entra nel calcolo dell'indennità di anzianita'

Bernardo Diaz Martedì, 20 Febbraio 2018
La Corte di Cassazione respinge il ricorso di un funzionario dell'Inpdap che aveva chiesto il conteggio ai fini dell'indennità di anzianità del compenso incentivante la produttività.
Il Compenso incentivante la produttività riconosciuto ai dipendenti pubblici non entra a far parte del trattamento economico utile ai fini del calcolo del trattamento di fine servizio. Lo ha indicato la Corte di Cassazione con l'Ordinanza numero 3619 del 14 Febbraio 2018 con la quale i giudici hanno rigettato il ricorso di un lavoratore dipendente dell'Inpdap che chiedeva il ricalcolo dell'indennità di anzianità con l'inclusione anche delle voci incentivanti in godimento al momento della cessazione del rapporto di lavoro. 

Il Funzionario lamentava che in sede di liquidazione delle competenze di fine rapporto (nel caso di specie l'indennità prevista per gli impiegati del parastato ex art. 13 della legge n. 70 del 1975), l'Inpdap non aveva considerato, omettendo di includerlo nella base di calcolo, il compenso incentivante la produttività di cui all'art. 14 della legge n. 346 del 1983, elemento della retribuzione erogato in maniera fissa e continuativa che avrebbe dovuto essere computato nella retribuzione da porre alla base dei calcoli per la quantificazione dell'indennità. L'interessato aveva chiesto, pertanto la condanna dell'INPDAP al ricalcolo dell'indennità ma era risultato soccombente in entrambi i primi due gradi di giudizio.

La Corte d'Appello nel motivare il rigetto della domanda ha osservato che l'art. 13 della legge n. 70 del 1975, nel definire le voci da computare ai fini del TFS, fa riferimento allo stipendio e non alla retribuzione, di cui lo stipendio è una delle componenti, lasciando, pertanto, fuori dal perimetro il compenso incentivante di produttività in quanto non elemento dello stipendio.  

Il lavoratore, invece, nelle sue doglianze aveva rilevato che il compenso incentivante la produttività in quanto emolumento mensile, corrisposto tutti i mesi e tutti gli anni ha natura continua e stabile ed entra a far parte della retribuzione tabellare e non nella retribuzione accessoria, essendo correlata all'ordinario svolgimento della prestazione lavorativa, a nulla rilevando la sua inclusione fatta nelle disposizioni collettive, nella retribuzione accessoria. La Corte di Cassazione, investita in qualità di giudice di ultimo grado della vicenda, ha rigettato la tesi del lavoratore.

La tesi della Cassazione

Per risolvere la questione i giudici di Piazza Cavour si richiamano a diverse sentenze in materia della stessa Suprema Corte (Cass., n. 4749 del 2011, Cass., S.U., n. 7158 del 2010) nelle quali è stato affermato che in tema di base di calcolo del trattamento di quiescenza o di fine rapporto spettante ai dipendenti degli enti pubblici del cosiddetto parastato, l'art. 13 della legge n. 70 del 1975, detta una disciplina del trattamento di quiescenza o di fine rapporto (rimasta in vigore, pur dopo la contrattualizzazione dei rapporti di pubblico impiego, per i dipendenti in servizio alla data del 31 dicembre 1995 che non abbiano optato per il trattamento di fine rapporto di cui all'art. 2120 cod. civ.), "non derogabile neanche in senso più favorevole ai dipendenti, costituita dalla previsione di un'indennità di anzianità pari a tanti dodicesimi dello stipendio annuo in godimento quanti sono gli anni di servizio prestato, lasciando all'autonomia regolamentare dei singoli enti solo l'eventuale disciplina della facoltà per il dipendente di riscattare, a totale suo carico, periodi diversi da quelli di effettivo servizio".

Secondo i giudici "il riferimento quale base di calcolo allo stipendio complessivo annuo ha valenza tecnico-giuridica, sicché deve ritenersi esclusa la computabilità di voci retributive diverse dallo stipendio tabellare e dalla sua integrazione mediante scatti di anzianità o componenti retributive similari (nella specie, l'indennità di funzione ex art. 15, comma 2, della legge n. 88 del 1989 per la responsabilità di struttura rurale) e devono ritenersi abrogate o illegittime, e comunque non applicabili, le disposizioni di regolamenti come quello dell'Inps, prevedenti, ai fini del trattamento di fine rapporto o di quiescenza comunque denominato, il computo in genere delle competenze a carattere fisso e continuativo." Secondo la Corte , inoltre, pur se le predette sentenze si riferivano a controversie instaurate da lavoratori di enti diversi, "le argomentazioni che le sostengono hanno carattere generale" e, dunque, possono essere estese anche al caso di specie.

In conclusione la Corte ricorda che il compenso incentivante di produttività esula dallo stipendio complessivo annuo e non può essere incluso nella base di calcolo per la buonuscita per il personale del parastato. Il compenso incentivante chiosano i Giudici "non costituisce una componente fissa e necessaria dello stipendio, ma è stato introdotto al fine del conseguimento degli obiettivi di miglioramento dell'efficacia e dell'efficienza degli enti ed è subordinato alla formulazione dì programmi di attività delle singole unità organiche ed alla introduzione di tecniche di rilevazione della produttività". La sentenza della Corte non è comunque nuova in materia. Già in passato i giudici hanno statuito che i compensi accessori non possono entrare nella base di calcolo della buonuscita. 

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