Pensioni, Come si calcola l'importo della pensione di inabilità

Franco Rossini Lunedì, 12 Marzo 2018
Ai lavoratori che conseguono la pensione di inabilità l'ordinamento riconosce una maggiorazione convenzionale da calcolarsi ormai secondo le regole contributive.
Come noto il concetto di inabilità previdenziale nel nostro ordinamento è fissato dall'articolo 2, comma 1, della legge 222/1984, che considera inabile, per il raggiungimento del diritto al­la pensione nell'assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti e nelle gestioni speciali dei lavora­tori autonomi (coltivatori diretti, coloni, mezzadri, imprenditori agricoli a titolo principale, artigiani e com­mercianti), l'assicurato il quale, a causa di infermità o di difetto fisico o mentale, si trovi nell'assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa (Inps, circolare 167 del 11 luglio 1984). 

Oltre a questi i requisiti sanitari - che ovviamente devono essere certificati dalle Commissioni preposte ai sensi di legge - occorre il possesso di almeno cinque anni di anzianità assicurativa (è necessario, cioè, che siano trascorsi non meno di cinque anni dalla data di inizio dell'assicurazio­ne) e di almeno cinque anni (260 contributi settimanali) di contributi di cui almeno tre (156 contributi settimanali) nel quinquennio precedente la rela­tiva domanda. Per l'accesso a tale prestazione non è richiesto alcun requisito anagrafico. 

Il beneficio della maggiorazione contributiva
Per il calcolo della misura della pensione di inabilità il nostro ordinamento riconosce un beneficio rilevante sull'importo della pensione. L'articolo 1, comma 15 della legge 335 del 1995 riformando l'articolo 2, comma 1 della legge 222/1984 attribuisce una maggiorazione, da computarsi secondo il sistema contributivo, dell'anzianità contributiva complessiva non superiore a 40 anni, aggiungendo al montante individuale posseduto al momento della decorrenza della prestazione, una ulteriore quota di contribuzione riferita al periodo mancante fino a raggiungimento del sessantesimo anno di età. 

In sostanza all'invalido viene riconosciuta una maggiorazione contributiva pari alla distanza che lo separa dall'età di 60 anni (entro però un tetto di 40 anni di contributi). Si prenda ad esempio un lavoratore con 45 anni di età e 15 anni di contributi che abbia perso in modo permanente la capacità lavorativa. Ebbene in tal caso a questi spetterà sulla pensione un beneficio contributivo di 15 anni pari cioè all'età che lo separa dal 60° anno di età (60-45) che gli porterà una pensione calcolata virtualmente su 30 anni di contributi anziché 15, gli anni effettivamente versati. Di converso se il lavoratore avesse invece già 60 anni o 40 anni di contributi non avrebbe diritto ad alcun beneficio contributivo. 

Con riferimento ai lavoratori che hanno almeno una parte della pensione soggetta al calcolo contributivo (cioè assicurati che hanno meno di 18 anni di contributi al 1995, oppure assicurati con più di 18 anni di contributi al 1995 che chiedono la liquidazione della pensione di inabilità a partire dal 1° febbraio 2012) per quantificare l'importo del bonus si parte dalle medie contributive pensionabili possedute negli ultimi 5 anni dall'assicurato rivalutate ai sensi dell'articolo 3 comma 5 del decreto legislativo 503/92 (cfr: Circolare Inps 180/1996). Si sommano cioè le ultime 260 settimane di retribuzione prima del pensionamento - o il minor numero esistente - dopo averle rivalutate annualmente per i coefficienti di rivalutazione della Quota B della pensione come individuati dal decreto legislativo 503/1992. Il risultato ottenuto viene moltiplicato per l'aliquota di computo della gestione (33% del reddito prodotto per i lavoratori dipendenti) e diviso per 260 settimane ottenendo in questo modo la media contributiva settimanale rivalutata dell'ultimo quinquennio lavorato.

Il risultato deve essere, quindi, moltiplicato per il numero di settimane intercorrenti tra la data di decorrenza della pensione di inabilità e il raggiungimento dell'età di 60 anni fermo restando che in ogni caso non può essere computata un'anzianità contributiva complessiva superiore a 2080 settimane (40 anni). Si ottiene in tal modo la quota di contribuzione riferita al periodo mancante al raggiungimento del sessantesimo anno di età da aggiungere al montante individuale determinato in relazione ai periodi di contribuzione eventualmente fatti valere dall'assicurato tra il 1 gennaio 1996 (o dal 1° gennaio 2012 se l'assicurato è nel sistema retributivo sino al 2011) e la data di decorrenza della pensione di inabilità. La contribuzione relativa alla maggiorazione di anzianità contributiva non e' soggetta alla rivalutazione sulla base della variazione media quinquennale del PIL. 

Questo valore dovrà, quindi, essere aggiunto al montante contributivo che dà luogo alla determinazione della quota di pensione contributiva. Resto inteso che nella traduzione del montante complessivo in pensione annua dovrà utilizzarsi il coefficiente di trasformazione legato all'età di decorrenza della pensione di inabilità (e dovrà essere quello relativo all'età di 57 anni per i soggetti che accedono alla prestazione prima di tale età anagrafica).

Pubblico impiego
Appare utile ricordare che le regole appena descritte si applicano anche ai lavoratori iscritti alle gestioni esclusive dell'assicurazione generale obbligatoria (Ctps, Cpdel, Cpi, Cps e Cpug, FFSS) ai quali come noto, dal 1996, è stata estesa questa prestazione. In tal caso l'anzianità non sarà espressa in settimane bensì in giorni. Nei confronti d tuttavia l'importo della pensione con i benefici di cui sopra è soggetta ad un doppio tetto: non può superare l'80% della base pensionabile delle quote di pensione determinate con il sistema retributivo (Quota A e Quota B di pensione per i lavoratori in possesso di anzianità contributiva al 31.12.1995) nè l'importo del trattamento privilegiato che sarebbe spettato al dipendente in caso di infermità riconosciuta dipendente da causa di servizio (cfr: Circolare Inpdap 57/1997). Quest'ultimo requisito, in realtà, appare non più verificabile in quanto la Legge Fornero ha abolito, dal 6 dicembre 2011, l'istituto della pensione privilegiata per la generalità dei dipendenti pubblici civili (ad eccezione del comparto difesa e sicurezza e soccorso pubblico). 

Il beneficio può valere anche diverse centinaia di euro in più al mese, cifra che l'invalido si porterà dietro per tutta la durata della prestazione di inabilità. Tale beneficio, appare utile ricordarlo, non si applica invero all'assegno ordinario di invalidità che viene erogato ove la capacità lavorativa dall'assicurato sia ridotta in modo permanente in misura superiore a 2/3. 

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