Il licenziamento per malattia durante il periodo di comporto è nullo

Franco Fontana Domenica, 27 Maggio 2018
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione risolvendo un apparente contrasto in giurisprudenza. È nullo e non solo inefficace il licenziamento per malattia qualora il periodo di comporto non sia ancora spirato.
Il licenziamento a causa del protrarsi delle assenze per malattia intimato al lavoratore prima del termine del periodo di comporto è nullo e non inefficace. E' quanto hanno deciso le sezioni unite civili della Corte di cassazione risolvendo, con la sentenza numero 12568 del 22 maggio 2018, un apparente contrasto di giurisprudenza.

La questione riguardava un lavoratore sardo che si era visto intimato il licenziamento dalla parte datoriale a causa del perdurante stato di malattia prima però dell'esaurimento del periodo di comporto, cioè prima del termine per il quale il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto di lavoro; in violazione, pertanto, dell'articolo 2110 del codice civile.

Il Tribunale e la Corte d'Appello di Cagliari avevano appoggiato la tesi che tale forma di licenziamento fosse legittima ma inefficace sino al termine del periodo di comporto anziché nullo ab origine come invece chiedevano i difensori del ricorrente. Il licenziamento sarebbe stato di per sé valido ma la sua efficacia sarebbe stata differita ad un momento successivo. Le Corti merito erano arrivate a tale decisione sulla base di alcune pronunce della Corte di Cassazione (Cass. n. 9037/01 e Cass. n. 1657/93) che in passato avevano declinato il licenziamento durante il periodo di comporto con la sanzione dell'inefficacia anzichè della nullità come invece accaduto in altre occasioni. La questione, riproposta dagli avvocati del lavoratore, presso la Cassazione è stata quindi assegnata alle Sezioni Unite per una soluzione.

La decisione della Cassazione

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno tuttavia chiarito che la sanzione dell'inefficacia e della nullità del licenziamento non sono in contrasto tra loro in quanto sottendono a due diverse fattispecie giuridiche ontologicamente distinte l'una dall'altra. La situazione di contrasto è, pertanto, solo apparente in quanto diversi sono i presupposti. Nello specifico quando la Corte ha dichiarato il differimento dell'efficacia del licenziamento sino allo scadere del periodo di comporto lo ha fatto in relazione a "licenziamenti alla cui base vi era già un motivo di recesso diverso e autonomo dal mero protrarsi della malattia, vale a dire a licenziamenti intimati o per giustificato motivo oggettivo, per giusta causa o ad nutum". Si è trattato di evenienze, dunque, il cui perdurante stato di malattia funge non già da motivo di recesso, ma da elemento ad esso estrinseco e idoneo soltanto a differire l'efficacia del licenziamento.

Il licenziamento del lavoratore sardo ha invece tratto causa esclusivamente dal perdurante stato di malattia che ne ha costituito di per sé l'unica ragione del licenziamento medesimo. Tale forma di licenziamento, spiegano i giudici, è sostanzialmente priva di causa in quanto, non essendo spirato il periodo di comporto, non risulta integrata la fattispecie specifica prevista dall'articolo 2110 del codice civile che attribuisce al datore di lavoro la facoltà di procedere al licenziamento del lavoratore per il protrarsi dell'assenza per malattia oltre quel termine ragionevolmente tollerabile stabilito dalla legge o dai contratti collettivi.

"Ammettere come valido (sebbene momentaneamente inefficace) - proseguono i giudici - il licenziamento intimato ancor prima che le assenze del lavoratore abbiano esaurito il periodo massimo di comporto significherebbe consentire un licenziamento che, all'atto della sua intimazione, è ancora sprovvisto di giusta causa o giustificato motivo e non è sussumibile in altra autonoma fattispecie legittimante". Pertanto tale forma di licenziamento deve essere sanzionata con la nullità ab origine del provvedimento. Secondo i Giudici è prioritario, infatti, il diritto alla salute dei lavoratori che dev'essere sempre e in qualunque modo preservato.

Sulla base di questi motivi i Giudici di Piazza Cavour ha fissato il principio secondo cui «il licenziamento intimato per il perdurare delle assenze per malattia o infortunio del lavoratore, ma prima del superamento del periodo massimo di comporto fissato dalla contrattazione collettiva o, in difetto, dagli usi o secondo equità, è nullo per violazione della norma imperativa di cui all'art. 2110, comma 2, cod. civ.». È stato quindi accolto il ricorso del lavoratore sardo licenziato in malattia per superamento del comporto ancora prima dello spirare del termine.

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