L'indennità di mobilità va restituita all'Inps se la procedura di mobilità è invalida

Dario Canova Sabato, 01 Settembre 2018
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione accogliendo un ricorso dell'Inps. Se la procedura di mobilità è illegittima il lavoratore che ha beneficiato dell'indennità di mobilità la deve restituire all'Inps.
Il lavoratore deve restituire l'indennità di mobilità all'Inps ove essa sia stata erogata illegittimamente perchè la procedura da cui deriva è invalida. Lo ha deciso la Cassazione con la sentenza numero 21439 del 30 Agosto 2018 con la quale i giudici hanno accolto le motivazioni dell'Istituto di Previdenza Pubblico.

La questione riguardava una lavoratrice del settore privato che era stata collocata dall'azienda, in esito ad un licenziamento collettivo di cui alla legge 223/1991, in mobilità con diritto alla corresponsione dell'indennità di mobilità ordinaria. La procedura di licenziamento collettivo era stata, tuttavia, impugnata innanzi al Giudice Pretorile di Terni il quale ne aveva accertato l'invalidità condannando il datore di lavoro alla reintegra e al risarcimento del danno nei confronti della lavoratrice. Dopo che la sentenza è passata in giudicato l'Inps si era rivolta alla lavoratrice chiedendo la ripetizione delle somme corrisposte a titolo di ammortizzatore sociale prima della sua riassunzione in servizio in quanto indebitamente erogate. Ne è nata una questione giudiziaria con la Corte d'Appello di Perugia che, ribaltando la sentenza di primo grado, ha acclarato la legittimità della pretesa dell'Inps nei confronti della lavoratrice. Contro la decisione della Corte d'Appello i legali della lavoratrice hanno proposto ricorso per Cassazione.

Secondo la difesa della lavoratrice la richiesta dell'Inps doveva essere rigettata sulla base del fatto che la violazione della procedura di mobilità non avrebbe dovuto determinare, come invece indicato nella Sentenza della Corte d'Appello, l'illegittimità del licenziamento collettivo sotteso alla stessa procedura. Ed, inoltre, essendo stata la lavoratrice già riammessa in servizio prima dell'accertamento delle violazione della procedura di mobilità la reintegra non avrebbe potuto concretamente operare.

La decisione
La Corte di Cassazione ha, tuttavia, respinto il ricorso. Secondo gli ermellini, la tesi della difesa non regge in quanto la violazione delle regole sulla procedura di mobilità ha fatto venir meno il il licenziamento e, quindi, il presupposto del riconoscimento del diritto alla corresponsione del trattamento di mobilità da parte dell'Inps, restando irrilevante la circostanza che la reintegrazione nel posto di lavoro non fosse stata in concreto disposta perché già prima della sentenza pretorile la dipendente era stata già riammessa in servizio.

Con riferimento alla restituzione dell'indennità di mobilità i giudici si rimettono a quanto deciso a Sezioni Unite con la sentenza numero 12194 del 2002 in cui è stato affermato il principio secondo cui, "in caso di licenziamento illegittimo del lavoratore, il risarcimento del danno spettante a quest'ultimo a norma dell'art. 18 legge 300/1970, commisurato alle retribuzioni perse a seguito del licenziamento fino alla riammissione in servizio, non deve essere diminuito degli importi eventualmente ricevuti dall'interessato a titolo di trattamento previdenziale, atteso che tale diritto discende dal verificarsi di requisiti stabiliti dalla legge, sicché le utilità economiche che il lavoratore ne ritrae, dipendendo da fatti giuridici del tutto estranei al potere di recesso del datore di lavoro, si sottraggono all'operatività della regola della compensatio lucri cum damno". In definitiva la lavoratrice avrebbe dovuto proporre appello avverso la decisione pretorile qualora avesse ritenuto scorretta la liquidazione del danno, atteso che questo, secondo quanto indicato nella predetta sentenza delle SSUU, avrebbe dovuto essere comprensivo anche delle somme corrispondenti all'indennità di mobilità, che l'Inps avrebbe potuto pretendere fossero restituite una volta accertata l'illegittimità del collocamento in mobilità. Per queste ragioni la Cassazione ha respinto il ricorso della lavoratrice.



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